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È il 1966. La Paramount Pictures prova a distribuire per intero negli USA quella che verrà chiamata in seguito "La trilogia del dollaro": Per un pugno di dollari (titolo americano: A Fistful of Dollars), Per qualche dollaro in più (For a Few Dollars More), Il Buono il Brutto il Cattivo (The Good, The Bad and the Ugly). Le tre pellicole vengono immesse sugli schermi statunitensi a pochi mesi di distanza l'una dall'altra con un minimo d'investimento in migliaia di dollari di pubblicità.
Neanche il più ottimista dei produttori poteva aspettarselo: l'uomo senza nome sbanca i botteghini del Nord America, a nessun film europeo era riuscito prima di allora. Sommando i tre film si ha un incasso totale vicino ai 160 milioni di dollari di oggi (in rapporto al cambio d'inflazione), il maggior incasso della stagione. La sigla de "Il buono il brutto il cattivo" risulta secondo sondaggi conosciuta dal 90% degli statunitensi, Sergio Leone diventa un mito, Ennio Morricone una celebrità, Eastwood (mai più se lo sognava) un divo. Inutile dire che a questi tre personaggi iniziano a fioccare centinaia di proposte da ogni angolo del pianeta. Tanto più che la trilogia del dollaro registra ottimi incassi anche nel 1967 (circa 30 milioni di dollari solo negli States). Per la Paramount si tratta del suo miglior risultato in base alla proporzione costo-ricavi di sempre (aveva messo non più di un milione di dollari per il lancio dei tre film). Eastwood, nonostante le diatribe, non potrà più non essere in debito con Leone (il rapporto fra i due si addolcirà durante la fase di doppiaggio a Los Angeles de "Il buono il brutto il cattivo", come vedremo più avanti). Le altre case di distribuzione che hanno rifiutato di distribuire in America i tre film si mangiano le mani.
A questo punto la Paramount Pictures vuole battere il ferro ancora caldo e propone a Leone un nuovo western, da girare interamente in America, a budget pressoche' illimitato e con un ingaggio così alto che permetterà al regista, per sua stessa ammissione, di poter vivere di rendita per il resto dei suoi giorni. Il giusto minimo riconoscimento per il Genio Leone. Non più quindi solo l'Almeria iberica o le pampas maremmane di casa nostra, bensì la leggendaria Monument Valley dove aveva girato John Ford.
Dopo la trilogia del dollaro il regista romano progettava una sorta di "trilogia della nostalgia", un film che avrebbe forse essere diviso in tre episodi, da intitolare "Once upon in America". Un progetto kolossal che non dispiaceva affatto ai distributori americani senonchè non si trattava di un western.
Perciò prima un altro film sui cowboys, poi via col progetto (che invece vedrà la luce solo nel 1984).
Leone perciò si trova "obbligato" ancora una volta a girare un western, cosa che farà egregiamente, anche se i suoi successivi tre lavori (ahimè, solo tre film in quasi vent'anni, che scempio per il cinema mondiale) saranno tra i meno capiti nella storia del cinema. Si può dire che se "Giù la testa" rappresenta un film di passaggio e "C'era una volta in America" la summa di tutta la poetica leoniana e del cinema mondiale, "C'era una volta il west" può essere considerata l'opera capolavoro meno capita insieme, parere del sottoscritto, a "Salò" di Pier Paolo Pasolini e "Il posto delle fragole" di Bergman, della filmografia di tutti i tempi. Prendiamo infatti i tre film insieme: il primo, "Salò", è una denuncia nostalgica per il tempo che fu (vedi la "trilogia della vita" pasoliniana, ovvero "Le mille e una notte", "Il Decameron" e "Medea") e che non può tornare: e che non torna proprio per una mancanza di progettualità da parte dell'uomo: sia che viva di un potere forte, che nella totale anarchia. I protagonisti dell'ultima opera di PPP sono già perdenti dall'inizio, proprio perché non trovano una loro progettualità.
"Il posto delle fragole" può essere letto in senso diametralmente opposto: il tempo che fu, nella cosiddetta recherche proustiana (che troverà il suo apice a livello cinematografico proprio in "C'era una volta in America"), può essere recuperato, solo però attraverso una progettualità della persona. E il professor Borg, il protagonista del film, ha una doppia progettualità: una reale (il viaggio da Stoccolma a Lund per essere premiato in onore di una vita dedicata allo studio) ed una psicanalitica (il recupero, partendo da "Il posto delle fragole", dei molteplici suoi io per ritrovare così sé stesso e il suo contatto con l'Io-Dio dell'esistenza).
Possiamo quindi accostare "C'era una volta il west" a questi due capolavori universali. Proprio perché prende il meglio/peggio delle due pellicole: laddove c'è una progettualità da parte dell'umanità (vista però ancora una volta attraverso un progresso-storia: e, laddove vi è la storia, cade la preistoria-leggenda, che nel caso del film di Leone, è il mito) e vi è una progettualità da parte dell'uomo (sia che sia Harmonica, Frank, Morton, Cheyenne), questi però sono già dei perdenti. Il tempo che fu non può essere recuperato, ed infatti Armonica, il "teorico" vincitore, si allontana all'orizzonte, al termine del film, mentre la ferrovia, indice del progresso che distrugge il Mito (non solo nel west) prende il suo posto. Forse la salvezza è affidata a Jill McBain cioè alla donna, che angelo salvifico (ripreso da Ferreri nel "La grande abbuffata", altro film denuncia sulla fine di un tempo che fu, dovuto ad una mancanza di progettualità da parte dei quattro straordinari protagonisti) sacrifica sé stessa e nutre i nuovi arrivati, portatori di Storia, ovvero i lavoratori della ferrovia... (c'è da dire che anche in questo film Leone non aveva pensato ad un personaggio femminile di spessore, e fu convinto al ruolo della Cardinale dallo sceneggiatore Sergio Donati solo dopo interminabili discussioni).
La nascita di "C'era una volta il west" è quasi casuale. Leone incontra due giovani semisconosciuti amanti del cinema: Dario Argento e Bernardo Bertolucci. Intuendo, da grande Genio, la genialità dei due futuri registi, affida loro la stesura del soggetto del film. In seguito, pienamente soddisfatto del trattamento che gli viene sottoposto da Argento e Bertolucci, scrive la sceneggiatura insieme a Sergio Donati. Revisionata la screenplay da Mickey Knox, il progetto parte: Henry Fonda e Charles Bronson accettano subito di lavorare con Leone, così come Claudia Cardinale. Inizialmente il cineasta romano aveva pensato ad una parte anche per Eastwood (sembra quella che verrà poi presa da Henry Fonda, di certo non quella di Armonica)... tra i due era cominciato a sbocciare l'amore dopo tre anni di contrasti e litigi. Poi però sia Eastwood che Leone capirono una cosa: Eastwood avrebbe dovuto rimanere "l'uomo senza nome", il mito andava alimentato e non modificato... E così avvenne.
Il film esce nella primavera del 1968 e registra degli ottimi incassi in tutto il mondo, Italia e America comprese. Tuttavia la risposta del pubblico è nettamente inferiore a quella ottenuta con "La trilogia del dollaro". Si puo' dire che, in rapporto ai costi-ricavi, la pellicola negli Stati Uniti è un relativo insuccesso. Costata (in rapporto sempre all'inflazione di oggi) circa 25 milioni di dollari, ne incasserà sul mercato nordamericano circa 30. Ci metterà 4 anni (guarda caso, lo stesso tempo che impiegherà Stanley Kubrick, grande ammiratore di Sergio Leone, a recuperare i soldi con un'altra Pietra Miliare del cinema uscita nello stesso anno: "2001: Odissea nello spazio") a recuperare i soldi spesi negli Stati Uniti. I detrattori del grande Sergio accuseranno il cineasta di avere speso milioni di dollari per realizzare un film troppo epico e "lento".
Ma il concetto di "lentezza" (non ancora chiaro e semmai esaltato anche da gente del calibro del candidato Nobel Milan Kundera in un suo celebre romanzo) sarà invece altamente celebrato dai cinofili di tutto il mondo: tutt'oggi la parte iniziale (quando Armonica arriva in treno e fa fuori i tre pistoleros, interrotto di tanto in tanto dai titoli di testa) di "C'era una volta il West" è studiata nelle Università di cinema di tutto il mondo come esempio più alto di fusione di montaggio, musica e tempo.
Kubrick l'ha definita il più alto momento di "balletto epico portato sul grande schermo".
In alcuni paesi invece, come la Francia e l'Australia, "C'era una volta il west" incassa addirittura più della trilogia del dollaro. Dai cugini d'oltralpe incassa cifre sbalorditive. Oltre 5,5 milioni di dollari solo sul mercato transalpino (100 circa rapportati ad oggi), il terzo maggior incasso degli anni '60 in terra francese. Nessun film di Leone incasserà mai più così tanto in Francia. Un successo così da non credere che gonfierà le tasche di Aldo Grimaldi (produttore di Leone) e dei distributori statunitensi che, nonostante il relativo insuccesso in madrepatria, saranno così soddisfatti da lasciare mano libera al Grende Regista anche per i lavori successivi.
L'unico veto sarà dato, ahimè, per "Once upon in America". Sia la Paramount che la Warner Bros, i due colossi americani che si contendevano Leone a suon di miliardi, non credevano al progetto. Leone aveva dimostrato di saperci fare con la trilogia del dollaro, ma un progetto così costoso, che avrebbe rischiato un investimento tre volte maggiore di quanto era costato "C'era una volta il West", e che per lo più non sarebbe stato un western, avrebbe rischiato di trasformarsi in un flop colossale. Venne invece proposta a Leone la direzione de "Il Padrino". Ma il regista declinò l'offerta, sembra su consiglio dei suoi più stretti collaboratori. In fondo si trattava di un film di italiani, lui aveva sempre in testa la storia di Noodels...
Cosa farà allora il grande Sergio negli anni successivi? Un solo film (sigh) e produzione nonché collaborazione alla regia di altre pellicole, quasi per hobby.
Nel 1971 uscirà il già citato "Giù la testa": la pellicola non doveva essere diretta da Leone, bensì dal suo aiuto regista Albero De Martino. Leone telefono' a Coburn (uno dei due protagonisti del film) e gli disse: «Guarda James, io do tutte le istruzioni a De Martino, gliele detto per telefono, quindi è come se ci fossi io». Risposta di Coburn: «Okay Caro Sergio, io do tutte le istruzioni ad un mio assistente, interpreterà lui il film, gliele detto al telefono. E' come se ci fossi io»)... così diresse lui il film a malavoglia. "Giù la testa" è come detto un film di passaggio. Uscito nel 1971 andò malino in America e non così bene nel resto del mondo. Però ancora una volta riuscì col tempo a recuperare gl'investimenti.
Nel 1973 uscirà "Il mio nome è nessuno" con Terence Hill e Henry Fonda. Questo, secondo molte fonti attendibili, avrebbe dovuto essere il vero secondo capitolo della trilogia "nostalgica" leoniana. Ed infatti in tutto il film si respira questo sentimentodi malinconia per un passato che fu, con un finale struggente quanto "C'era una volta il West". La pellicola, girata in gran parte negli Stati Uniti, fu diretta invece da Tonino Valerri, anche se Leone firmò il soggetto e girò alcune scene sostituendo il regista.
Tre anni più tardi, sempre interpretato da Terence Hill, ecco "Un genio due compari un pollo", per la regia di Damiano Damiani. Una pellicola che cerca di riprendere lo spaghetti western farsesco lanciato proprio da Hill e Bud Spencer con Trinità.
Poi la produzione di alcuni film come "Il Gatto" di Luigi Comencini e delle pellicole iniziali di Carlo Verdone (con un piccolo cameo dello stesso Leone in "Troppo Forte").
E, finalmente, nel 1984 "Once Upon in America", con Robert De Niro, James Woods, Joe Pesci, Jennifer Connelly. Ma quella è tutta un'altra storia...
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Recensione a cura di paul - aggiornata al 07/04/2006
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