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"Giulietta degli Spiriti", molti faticheranno a crederlo, è uno dei film più travagliati e problematici su cui Fellini lavorò in vita. Per quanto all'epoca non ebbe molto successo rispetto al precedente "Otto e Mezzo", oggi viene visto come il suo film più sottovalutato da molti, certamente incompreso alla sua uscita.
Andando con ordine, sarebbe bene delineare COME "Giulietta degli Spiriti" ha cominciato a delinearsi nella geniale mente del regista riminese. Ebbene, se il titolo è come al solito un improvvisazione data sul momento ad un giornalista curioso (Fellini non sarà nuovo ad inventare titoli e storie completamente falsi anche mentre girava i suoi film), qualcosa scatterà effettivamente nel magma creativo di Fellini. I fasti di "Otto e Mezzo" non si sono spenti (per non parlare poi de "La Dolce Vita"), il suo nome è diventato famoso in tutto il mondo anche ai non addetti ai lavori e suo malgrado già nella storia del cinema.
È curioso notare come proprio la vita di Fellini sia diventata, successivamente alla lavorazione di "Otto e Mezzo", una sorta di corrispettivo di Guido Anselmi. C'è una caotica confusione attorno alla sua persona, una giostra di personaggi che vogliono attenzioni, sparlano, consigliano, urlano, e al centro come prigioniero c'è lui; ma se dal lato artistico vi è un furore esplosivo che non avrà più fine sino alla morte, la vita privata di Federico è in un momento drastico. Con la moglie Giulietta Masina si attraversa una crisi cui poi usciranno entrambi rinforzati ma che sul momento pare grave. Da quando lavora col marito lei ha rinunciato a ruoli di un certo rilievo ("La Notte" di Antonioni su tutti) e non certo per suo ordine ma perché stare insieme ad un marito tanto impegnato e poi all'improvviso sulla bocca di tutti ti trascina inevitabilmente in un vortice di impegni, e la carriera viene trascurata; senza dimenticare le consuete scappatelle del marito che in questo periodo verrà anche fatto seguire da un detective privato dalla Masina, avvenimento che spudoratamente inserirà nel film a venire.
Fellini le costruisce su misura il ruolo di protagonista anche come atto d'amore nei suoi confronti, e non sarà (né è stato) l'unico regalo che le farà in carriera. Sul versante lavorativo si sfaldano con "Giulietta degli Spiriti" alcuni rapporti che durano da anni: in primis con Gherardi, nominato all'oscar per scenografie e costumi; poi con un insofferente Flaiano che sempre più si dimostra astioso nei confronti di Fellini in fase di sceneggiatura, forse perché questa storia di morale borghese con spruzzate di soprannaturale non lo interessa molto.
Centrale sin dal titolo, lo spiritismo è la vera novità nel film di Fellini; la pratica spiritica era entrata nella sua vita da qualche tempo, causa amici sempre più numerosi nella villa di Fregene (cui Gherardi si ispira per modellare la stessa che si vede nel film) e l'interesse di Giulietta e Fellini stesso. Fellini aveva infatti già avuto modo di conoscere maghi e di restarne affascinato per l'impossibilità di capire i trucchi; e se inizialmente lo spiritismo da salotto praticato da Giulietta e amici lo affascina, però presto se ne stanca e decide di liquidarlo in maniera definitiva: anche questo è "Giulietta degli Spiriti" e il suo messaggio finale.
Eppure il film viene spesso giustamente liquidato come un Otto e Mezzo al femminile, il che in parte è verissimo ma in parte anche falso; se la crisi di mezza età della protagonista riflette quella di Guido Anselmi (e di Giulietta Masina stessa, cosi come Guido era Fellini), si inserisce nella storia fatta di quotidiano e sogni la variabile impazzita dello spiritismo.
Che questi fantasmi o spiriti siano quelli che affollano e tormentano interiormente Giulietta si capisce presto, ma raramente Fellini è stato cosi ferocemente malizioso ed inquietante: le visioni della protagonista sono infantili ma anche spaventose, la trama assume connotati via via più deliranti. In quegli anni Fellini provò come esperimento medico anche l'LSD, evento che alcuni (compreso Kezich nella biografia sul Maestro) sottolineano in rapporto a questo film. Difficile dire se quell'unica seduta medica, peraltro liquidata in fretta da Fellini come dimenticata, abbia avuto conseguenze nelle visioni che ha trasportato nel film; certo è che secondo testimonianze sotto l'effetto della sostanza il regista parlò per mezza giornata con i suoi spiriti personali. In un angolo della sua mente certo Fellini, cosi naturalmente curioso e affascinato, deve aver avuto vita facile a trasportare gli spiriti della sua mente "regalandoli" alla Giulietta del film. Diventa comunque difficile dire quanto sia labile il confine tra realtà e finzione nella pellicola, dal momento che la verità anche più nuda e cruda (la crisi tra Fellini e la Masina, l'infanzia cattolica di quest'ultima, la crisi di mezz'età e l'inseguimento del detective privato) è mischiata a visioni di suprema finzione.
Nel film Giulietta è circondata da amici che si fanno via via più insistenti, cosi come l'adulterio di un marito fedifrago, cosi come le tentazioni (ma non del dottor Antonio…) di tradirlo, cosi come una famiglia formata da sorelle pettegole e una madre fredda, autoritaria e distante; Giulietta è completamente bloccata in una prigione, che è la sua villa, e tutto ciò a partire da quando era bambina: i flashback sono certamente i momenti culmine dell'opera, in cui la protagonista rievoca una rappresentazione di martirio e un nonno libertino pecora nera della famiglia che la libera dalle catene. Il nonno che poi scappa con la soubrette circense (Sandra Milo in un triplo ruolo di soubrette, spirito e vicina tentatrice), su un aeroplano, rompendo le barriere con la società che lo aveva criticato per non adattarsi al suo ruolo.
È, il nonno, una figura bellissima e amorevole, che Giulietta ricorda sempre con affetto e Fellini dipinge questo rapporto con una maestria grandiosa in poche scene e con pochissimo dialogo tra i due (quando da bambina lei accarezza la sua barba, o da adulta dialoga con lui). Ma una volta cresciuta dovrà essere la stessa Giulietta a liberarsi simbolicamente dalla graticola cattolica-borghese in cui sta lentamente cuocendo, dove gli spiriti del suo delirio si uniscono agli amici e al marito: forse entrambi sono la stessa cosa, e qui Fellini rompe la barriera tra soprannaturale e reale rendendo il tutto più realistico.
Laddove in "Otto e Mezzo" però il sogno che si unisce alla realtà in un tutt'uno permetteva al protagonista di compiere il suo girotondo di libertà e gioia (creativa), in "Giulietta degli Spiriti" il finale è ambiguo, poco incline ad un ottimismo completo: Giulietta si libera dei fantasmi cacciandoli via, ma la solitudine è il prezzo da pagare per essere sé stessa. Ne sarà valsa la pena?
Eppure dovrà cavarsela da sola perché come le dice il nonno "non hai più bisogno di me", ha finalmente imparato. E le visioni si allontanano e disperdono. Forse, annotava Kezich nella sua esauriente biografia su Fellini, quest'ultimo pur compiendo un percorso di maturità artistica e personale non era ancora giunto alla risposta che poi troverà successivamente: con gli spiriti bisogna imparare a convivere, cacciarli non serve a nulla.
Questo è interessante, ma lo è altrettanto notare come il silenzio del finale di "Giulietta degli Spiriti" e la ricerca (magari inutile) di una serenità in vita dalla stessa vita, sia corrispettivo poi a quello del suo ultimo film "La voce della Luna" in cui un Benigni matto cercava un silenzio che forse avrebbe aiutato a "capire".
Visto oggi, "Giulietta degli Spiriti" appare audace nella storia, intelligente, anche provocatorio. I cattolici non perdonarono a Fellini l'interesse spiritico né tantomeno l'ennesima critica alla severa morale cattolica, né le immagini lussuriose (in effetti la Milo sprizza sesso da tutti i pori qui).
Certamente non si tratta del miglior lavoro del regista ma che sia tra i suoi più potenti ed interessanti è fuor di dubbio. Ma è anche uno dei più deliranti e meno omogenei e dispersivi: laddove la dispersività può essere "perdonata" in altre opere come "Roma" o "Amarcord" che non intendono concentrarsi su UNA sola storia individuale ma su tante e tante storie, spesso si perde un filo già di per sé labile. D'altro canto le immagini sono strabordanti (non troviamo altro aggettivo per descriverle, e ci pare si adatti particolarmente con Fellini) ed essendo il primo lungometraggio a colori del regista il caleidoscopio cromatico è affascinante. Inoltre, la pellicola rappresenta un altro punto di svolta per il regista: idearlo non fu difficile ma girarlo non fu semplice viste le rotture che si ebbero sul set. Da adesso in poi Fellini continuerà a rimarcare uno stile sempre più unico e personale, continuando a trasmettere l'orrore quotidiano dei fantasmi nel suo mediometraggio più orrorifico ("Toby Dammit") o concentrandosi su riletture storiche ("Satyricon"). Ci vorranno anni prima che torni a centrare un intero film su un solo personaggio (o almeno ci provi) come nel "Casanova", e molti anni ancora prima di tornare a lavorare con la moglie/musa Giulietta Masina che nel frattempo si unirà ancora di più a lui in una salda fede religiosa, e lui con lei.
Chi l'ha detto che tramutare gli spiriti della crisi in arte poi non porti benefici? Fellini è riuscito a fare del cinema magia e cura, pochissimi altri possono dire lo stesso.
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Recensione a cura di elio91 - aggiornata al 08/10/2012 15.32.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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