Recensione il clan regia di Pablo Trepero Argentina 2015
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Recensione il clan (2015)

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locandina del film IL CLAN

Immagine tratta dal film IL CLAN

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La storia dei Puccio è sintomatica dell'epoca vissuta dalla nazione e dal popolo argentino. I Puccio ed in primo luogo il terribile capofamiglia, Arquimedes, sono degli ingranaggi impazziti, un tragico lascito della dittatura militare che si riverberano sulla neonata democrazia con a capo il neo presidente eletto, Raul Alfonsin.
Lo sguardo sconsolato di Arquimedes Puccio durante il discorso alla televisione di Raul Alfonsin è la fine di un'epoca e soprattutto del suo lavoro. Legato a doppio filo con i servizi segreti, organizzava e metteva in atto i rapimenti di tanti uomini e donne dissidenti della dittatura militare, finiti successivamente nel tragico calderone dei desaparecidos.
Volendo sintetizzare, i servizi segreti argentini appaltavano a gruppi limitati di persone i sequestri di persona e la gestione delle prime fasi del rapimento. Un legame stretto, ben remunerato, che ha consentito alla famiglia dei Puccio di prosperare dal punto di vista economico e che, con la fine della dittatura, segnata dalla disastrosa sconfitta militare nella campagna delle Falkland/Malvinas, si ritrova sull'orlo della disoccupazione o perlomeno nell'eventualità tutt'altro che remota di non riuscire a sostenere un certo tenore di vita.

Quindi in un periodo di incertezza, determinata dalla transizione tra la fine della dittatura militare e la nascita della democrazia, che il film di Trepero descrive appunto una zona d'ombra dentro al quale i Puccio sviluppano una terribile variante, contando ancora sulla protezione dei militari: non più rapimenti su commissione, ma veri propri sequestri di persona a scopo di estorsione, né più né meno di una anonima sarda o calabrese di italica memoria.
Analogamente alle bande italiane, vengono fissati autonomamente nuovi obiettivi che non sono rapimenti a scopi politici su commissione, bensì ai danni di rampolli delle famiglie alto borghesi argentine. In un'epoca dove i rapimenti purtroppo erano all'ordine del giorno (basta guardare al numero dei morti accertati, oltre a quello dei desaparecidos) ed inoltre contando sulla complice passività delle autorità del regime che ne garantivano la copertura, i Puccio hanno avuto gioco facile per un certo periodo di tempo.

Arquimedes Puccio, il capofamiglia, è la figura dominante. Tutti gli altri membri della famiglia si muovono ed agiscono secondo il suo volere. L'abitazione dei Puccio diventa una casa degli orrori in cui convivono in una perversa alchimia le normali vicende familiari e l'antro/prigione dove vengono rinchiuse le vittime dei sequestri. Molte bello in tal senso il piano sequenza che penetra nella casa dei Puccio con i membri della famiglia intenti a normali faccende, fino alla prigione dei reclusi dove la musica ad alto volume copre le grida dei sequestrati.
Un carismatico Guillermo Francella, che interpreta magistralmente il personaggio di Arquimedes, si trova magnificamente a proprio agio nel ruolo. Noto in patria per essere principalmente un attore comico, il suo Arquimedes è un essere umano privo di qualsiasi morale e questa amoralità si rispecchia in ogni membro della famiglia che assimila il male dietro la facciata di un'apparente famiglia piccolo-medio borghese. Non si fa scrupoli della popolarità del figlio Alejandro, stella della squadra di rugby dei Pumas, a servirsene sia come fonte per individuare nuove potenziali vittime, sia come complice per le sue stesse imprese.

In un contesto simile dove la figura paterna annulla qualsiasi individualità nei confronti degli altri componenti familiari vi è solo la fuga come soluzione. Una soluzione, appunto, che verrà attuata dal membro più giovane Guillermo, partito per una tourneè con la squadra juniores dei Pumas, per non fare più ritorno a casa.
L'impotenza a ribellarsi nei confronti del padre è riassunta nel personaggio di Alejandro. Il giocatore di punta delle giovanili dei Pumas e proprio per questo aspetto di popolarità, frequentatore dei circoli esclusivi dell'alta borghesia argentina, rappresenta il cavallo di Troia dello stesso Arquimedes per la scelta di nuove vittime. Alejandro nella sfera pubblica è sicuro di sé, ha successo con le donne ed è un punto di riferimento per i suoi amici e compagni di squadra, ma non c'è alcuna corrispondenza nella sfera privata, dove è completamente soggiogato dal padre ed incapace di ribellarsi o affrancarsi totalmente dalla volontà paterna. Benché sia arrivato ad un livello di saturazione nei confronti degli atti perpetrati dal padre, le sue piccole velleità di rivalsa sono subito soffocate dalla forte dipendenza, anche economica, che Arquimedes esercita nei suoi confronti. In un certo senso rivela anch'esso una certa predisposizione manipolatoria nei confronti degli altri, richiamando dal suo rifugio neozelandese, il fratello maggiore Maguila, fuggito anni prima. Lo scopo non è quello di avere un aiuto dal fratello, quanto cercare di smarcarsi dal padre con un nuovo braccio destro.
Non mancano nemmeno le occasioni per fuggire, non ultima stabilirsi in Svezia con la sua fidanzata e promessa sposa Monica, ma anche in questo caso la personalità del padre soffoca ogni tentativo. Persino nel drammatico confronto finale nel carcere, dove picchia selvaggiamente Arquimedes, questo stesso atto era stato diabolicamente predisposto dal padre stesso. Anche di fronte ad un atto di palese ribellione, esce nuovamente sconfitto e nella disperazione spicca un salto nel vuoto dentro il palazzo del tribunale, da cui, ironia del destino, sopravviverà.

La tragica e perversa epopea dei Puccio è in fondo il riflesso della tormentata storia argentina di quel periodo. Un contesto drammatico che ha partorito dei mostri, che ha applicato su scala minore ciò che la dittatura argentina su scala decisamente maggiore. Il lavoro pregevole di Trepero è nel riuscire a creare il giusto equilibrio tra questi due elementi: il tremendo quotidiano di una famiglia all'apparenza rispettabile e la situazione di un paese che stava cambiando, Quest'ultime, a volte suggerite dai cinegiornali d'epoca, sono piccole sottolineature utilissime a far intuire il cambiamento del quadro argentino che si riflette a sua volta nelle dinamiche familiari, con Arquimedes che sente la terra mancargli sotto i piedi, data la mancanza dell'appoggio goduto durante il regime dei generali.
"El Clan" è sicuramente una delle migliori pellicole approdate alla 72° edizione del Festival di Venezia, meritevole del premio per la migliore regia, spiace un po' per la mancata Coppa Volpi a Francella, senza nulla togliere al Luchini de L'Hermione, ma purtroppo il regolamento attuale non permette gli ex-aequo. Bisogna anche considerare che il ruolo dell'attore non è molto dissimile al malvagio patriarca di "Miss Violence", quindi è probabile che due Coppe Volpi per due ruoli simili a poca distanza di tempo può aver influito in qualche misura. Se i ruoli fossero stati invertiti forse era un altro discorso.

Puccio, qui le domande le faccio io. Se ti chiamo é perché non posso più proteggerti. E' chiaro?

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Recensione a cura di The Gaunt - aggiornata al 23/08/2016 11.34.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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