Voto Visitatori: | 6,32 / 10 (117 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 8,00 / 10 | ||
Che senso ha difendere ciecamente certi valori, quando tutto il resto del mondo sembra perdersi in una indifferente superficialità?
E' questa la disillusione che frana addosso a Giulio Verme, uomo estremamente rispettoso degli altri e dell'ambiente, che non riuscendo a combattere le sue battaglie decide di arrendersi, subendo lo stile di vita che una società svuotata ha cucito addosso all'italiano medio. La via gli viene suggerita dal vecchio amico Alfonzo Scarabocchi: una pastiglia in grado di ridurre l'uso effettivo del cervello al due per cento.
Il 2015 ha ripagato la curiosa e annosa attesa dei fan di Maccio Capatonda, finalmente approdato per davvero sul grande schermo col suo primo film, "Italiano medio".
La sfida decisiva per Maccio era innanzitutto una questione di tempi: una metodologia comica avvezza alla durata di uno sketch, o tutt'al più di una puntata di serie televisiva (vedi le stagioni di "Mario"), avrebbe retto la dilatazione temporale imposta dal lungometraggio? Troppo grande il rischio di deludere, rivelandosi una comicità da trailer inopportunamente annacquata, oppure appiattendosi in un antologico polpettone di tormentoni divertenti ma già visti.
"Italiano medio" ha vinto questa sfida?
Il geniale contenitore "Mai dire..." è sempre stato il fratello politicamente scorretto del mondo cabarettistico orbitante intorno allo Zelig. In tale contenitore è maturata una comicità più demenziale e più spinta, ma non per questo immatura o sterile: nomi come Crozza, Hendel, De Luigi, Albanese (per dirne alcuni) hanno guadagnato la definitiva consacrazione televisiva proprio negli anni d'oro del programma.
La stessa strada è stata calcata da Maccio Capatonda (al secolo Michele Macchia, classe '78), da sempre impegnato nel parodiare usi e costumi, idoli e vicende dell'italiano medio. Ecco perché questo film non è mero avvio di una carriera cinematografica, bensì pure punto di arrivo e consacrazione di un percorso comico. Qui si incontrano le più note ed apprezzate creazioni di Maccio: le decine di finti trailer di improbabili uscite al cinema (dallo storico "La febbra" a "L'uomo che non reggeva l'alcol", da "L'uomo che usciva la gente" a "Il vecchio conio") incontrano lo sguardo disilluso del cantante della tristezza Mariottide (il… con-pianto autore di "Tristezza a palate").
Imprescindibile il contributo di tutti gli storici personaggi di questo microcosmo: da Herbert Ballerina a Rupert Sciamenna, da Anna Pannocchia a Ivo Avido. Un cast dal comprovato affiatamento, a cui si affiancano, seppur per brevi comparsate, volti noti della televisione come Nino Frassica, Raul Cremona e Pierluigi Pardo (giornalista sportivo dotato pure di capace scrittura e spirito umoristico).
"Italiano medio" ha vinto la sfida.
Non spicca per originalità e non è un'eccellenza tecnica, ma certo non è opera di sprovveduti, tanto che al montaggio si trova l'esperto Giogiò Franchini. E' pure pervaso da una comicità che sa essere aggressiva, banale e volgare, che non tutti apprezzano o perdonano, ma il pensare che il film punti a far ridere con un peto o con dei nomi bizzarri è estremamente riduttivo.
"Italiano medio" è figlio innanzitutto di Maccio Capatonda, irriverente ed arguto artista della risata, che conosce alla perfezione i meccanismi di quella televisione in cui s'è fatto le ossa. Regista e protagonista, stende anche soggetto e sceneggiatura esuberanti (scritti però a più mani), il cui ritmo vivace e costante dà respiro ad un ampio spettro di comicità, con continua variazione dei registri. Si spazia dalla geniale demenzialità di personaggi bislacchi (come il "passante di professione" Pino Cammino) alla sagace intelligenza parodistica, di cui è culmine l'attualissima provocazione celata nella figura del clochard che non chiede spiccioli, ma una connessione wi-fi.
E' un mondo in cui trovano posto caricature che fanno parte dell'immaginario collettivo, della vita quotidiana, del mondo dello spettacolo. Caricature di genere, come i vari personaggi televisivi, l'attore fallito, persino la pacifista violenta. Caricature sociali, come l'imprenditorialità spietata e l'onnipresenza televisiva, la patologica dipendenza dal web e l'idolatria dello scontato e dell'appariscente.
Tutto questo è contorno e corollario della vita di Giulio Verme, l'idealista perfetto, l'integralista moralizzatore che predica nel deserto. Quando si accorge che il buon agire nel suo piccolo non è sufficiente per cambiare il mondo, cade sotto i colpi dell'indifferenza che la società gli riserva, e Giulio diventa Verme. Nel paradosso contemporaneo, l'eroe diventa l'antieroe, la macchietta diventa cult, e le note di Mariottide cantano l'inno dell'italiano che diventa medio: un uomo solo davanti allo specchio, schiacciato da una società su cui sente di non poter agire in alcun modo, che rinuncia agli ideali di cui si era nutrito.
Tutto fa il verso alla realtà vissuta, perché tutti sono (o sono stati) qualche volta frammenti di Giulio Verme, quando la volontà di spegnere per un po' il cervello si è sublimata nell'andar per locali allo scopo di "copulare" o s'è attaccata appassionatamente e smodatamente ad un reality televisivo. Questo è l'italiano medio, che piaccia o meno, che lo si riveda in sé stessi o tra le proprie conoscenze. E' un dato di fatto.
Il film sviluppa una serie di citazioni tutt'altro che banali. Sono palesi le caricature cinematografiche, irriverenti ed irresistibili, di "Limitless" e "Lucy", ma sono da rilevare anche i riferimenti a titoli come "Arancia meccanica", "Fight club", "Ritorno al futuro" e (come dice lo stesso Maccio) pure "Shining".
La questione della salvaguardia del parco, inoltre, tema caro a Giulio Verme, chiude un cerchio iniziato nel 2008: Maccio Capatonda compariva nel video di "Parco Sempione", di Elio e le Storie Tese; brano di denuncia ad opera del gruppo milanese, apertamente critico nei confronti della Regione Lombardia (e in particolare di Roberto Formigoni) per l'abbattimento del bosco di Gioia, voluto per erigere in quel luogo edifici della Regione.
"Italiano medio" si inserisce con successo in un genere che, purtroppo, non è mai stato vituperato come oggi. La commedia italiana nel nuovo millennio è stata data in pasto a scrittori commerciali improvvisatisi registi (come Federico Moccia, figlio "artisticamente indegno" di Pipolo), belli di professione spacciati per attori (come dimenticare "Troppo belli"?), comici di imbarazzante caratura (vedi gli orribili film interpretati dal cast di "Colorado") e vecchie glorie oggi restie al pensionamento (Vanzina, Boldi & c.).
In questo sfacelo, in questo malriuscito passaggio generazionale di consegne, sono da salvare quelle pellicole che sanno osare e divertire, quelle facce nuove che rinfrescano l'ambiente e magari sanno dire qualcosa di sensato, senza scadere nella retorica di un moralizzatore.
"Italiano medio" probabilmente non sarà ricordato come un capolavoro, e ai posteri l'ardua sentenza, ma oggi restituisce alla commedia italiana post duemila un po' di vigore e credibilità. Gli va soprattutto riconosciuto il merito di aver riproposto spezzoni di realtà con uno sguardo critico e divertito, ma sincero, lavorando sugli stereotipi contemporanei come a suo tempo aveva fatto splendidamente la saga di "Fantozzi". E quello, nei decenni, è assurto giustamente a capolavoro.
Maccio Capatonda ci prende tutti un po' in giro e purtroppo, spesso, ci azzecca. Ma è anche vero che non ci importa troppo: la prima reazione quando ci deridono è rispondere "ammechecazzomenefregamme". Così tipico dell'italiano medio.
Commenta la recensione di ITALIANO MEDIO sul forum
Condividi recensione su Facebook
Recensione a cura di ilSimo81 - aggiornata al 20/02/2015 17.53.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
Ordine elenco: Data Media voti Commenti Alfabetico
in sala
archivio