Voto Visitatori: | 8,29 / 10 (76 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 10,00 / 10 | ||
"A single crash of cymbals and how it rocked the lives of an American family".
Benjamin e Jo McKenna sono una coppia di americani in viaggio con il loro piccolo Hank. Lui è un chirurgo dell'ospedale del Buon Samaritano a Indianapolis, lei è la famosa Jo Conway, una cantante di musical che ha lasciato il palcoscenico per formare famiglia. Approfittando di un convegno a Parigi, la famigliola coglie l'occasione per visitare un po' di Europa e di paesi del Mediterraneo, giungendo prima a Casablanca e poi a Marrakech in Marocco.
La storia de "L'uomo che sapeva troppo" inizia proprio qui, a bordo di un autobus nel quale Benjamin e Jo incontreranno - per "caso" - un tale Louis Bernard, che stringerà velocemente amicizia con loro approfittando di un fortuito incidente capitato al piccolo Hank. Sin dalle prime battute il signor Bernard appare estremamente misterioso a Jo, contrariamente a quanto invece pensa il dottor McKenna.
Il giorno dopo, invece, costui sarà vittima di un brutale omicidio, ma prima di morire riuscirà a trovare Ben McKenna e a dirgli qualcosa nell'orecchio: "Un uomo, un uomo di stato, sarà ucciso, assassinato, a Londra, presto, molto presto. Dite a Londra di trovare Ambrose Chapel".
Da questo istante, la famiglia McKenna non avrà più un attimo di pace: il piccolo Hank verrà rapito per costringere Ben a non parlare, e la spensierata famigliola americana si trasformerà in una coppia di perfetti agenti segreti il cui unico scopo sarà quello di tornare a casa tutti insieme.
Avvisiamo i lettori della recensione che saranno citati alcuni dettagli rivelatori.
"L'uomo che sapeva troppo" appartiene al gruppo di film della cosiddetta "collezione privata" di Alfred Hitchcock (gli altri li ricordiamo brevemente: "La finestra sul cortile", "La donna che visse due volte", "The rope", conosciuto come "Cocktail per un cadavere" o "Nodo alla gola", e "La congiura degli innocenti") che fu concesso in distribuzione dalla figlia Patricia negli anni '80; il medesimo film rappresenta un caso molto singolare, poiché preceduto da quello omonimo del 1934 che si rivelò un grande successo dell'epoca.
Come disse Patricia, secondo Alfred Hitchcock il film del 1934 fu opera amatoriale, mentre quello con James Stewart e Doris Day, fu il lavoro di un professionista.
Se si sia amanti o meno del genere, o se si preferisca Lang o Welles a Hitchcock, obiettivamente "L'uomo che sapeva troppo" è un film che rasenta la perfezione e perfino oggi, nell'epoca del 3D e degli effetti speciali che tolgono il respiro, dimostra di non essere secondo a nessuno: azione, mistero e suspense, mescolati ogni tanto a un sottile humor, sono elementi che lo caratterizzano.
Il complotto internazionale costituisce la struttura portante del film, ma in sottofondo la storia si intreccia con una tipizzazione familiare mai ripetuta dal maestro del brivido.
Infatti, se il fattore "madre" è un filo rosso tra molti film hitchcockiani - lieve in "Caccia al ladro", divertente e ironico in "Intrigo internazionale", opprimente in "Notorius" e ne "Gli uccelli", fobico in "Marnie", patologico in "Psyco" - soltanto qui abbiamo una perfetta simbiosi tra uomo e donna, tanto meglio se estremamente diversi: il dottor McKenna grazie al suo lavoro è un tipo razionale e riflessivo, il classico "uomo perbene", Jo Conway è solare ed intraprendente, famosa al punto da essere accolta rumorosamente dai vecchi ammiratori all'aeroporto di Londra anche dopo anni dal suo addio alle scene.
Eppure, ognuno darà il proprio contributo in contrasto all'aspetto esteriore che immediatamente leggiamo. Jo si dimostrerà più acuta del marito, sin dal primo incontro con Louis Bernard, mentre il dottor McKenna arriverà perfino a commettere alcune imprudenze. Tuttavia, laddove uno sembrasse prevalere sull'altro, riemerge la perfezione e il completamento: il limite dell'uomo si completa con la donna e viceversa.
Un cerchio perfetto che si evidenzia mentre i coniugi McKenna si preparano per andare a cena con l'appena conosciuto Louis Bernard, all'inizio del film: Jo canta, seguita dal fischiettare del bambino e pervasa dallo sguardo compiaciuto e protettivo del marito.
Quello che accade in seguito è di una violenza che in altri contesti avrebbe minato il forte equilibrio preesistente: appunto, la rottura del cerchio. E non tanto l'assistere all'assassinio del malcapitato francese, quanto il rapimento di Hank; ma Ben (in questo frangente alquanto riflessivo e solido come roccia) non ne farà cenno alla moglie se non al più tardi, quando saranno rientrati in camera.
In quella scena si riversa tutta la tragicità effusa nella pellicola e il forte contrasto caratteriale dei due; è in questo momento che l'angoscia, l'ansia e il senso di smarrimento prendono corpo e determinano nello spettatore il livello massimo di commozione. E anche da qui che avviene una graduale mutazione nei due genitori, che mostreranno abilità e limiti opposti a quelli iniziali.
Doris Day si dimostra un'attrice versatile, a dispetto della fama di "fidanzatina d'America" che decine di film brillanti le avevano attribuito: perfino Hitchcock dovette ricredersi, perché non si aspettava una performance tanto equilibrata ed efficace.
Se il dubbio aveva lasciato spazio alla meraviglia con la Day, per James Stewart si era andati a colpo sicuro: dovendo portare avanti la tesi secondo cui, in caso di necessità, la famiglia più normale del mondo può arrivare a fare cose che non avrebbe mai pensato di fare, l'unico che avrebbe potuto esprimere nell'arte recitativa questo intendimento era lui. A volte qui si scatenano aspre disquisizioni e critiche: "assurdi" gli atti eroici commessi dai due genitori? Ma di fronte al pericolo di perdere il proprio figlio, siamo così certi che due genitori non possano reagire in questo modo? Tali domande e dubbi si pongono di continuo, allo spettatore, ed è il tema sul quale Hitchcock pone fortemente l'accento, divertendosi appunto a stravolgere i due genitori: il riflessivo diventa cedevole e avventato, la sensibile trova un coraggio inaudito di affrontare il pericolo da sola.
La pellicola scorre secondo una logica non continua: l'idea di tenere il pubblico sotto pressione per tutta la durata del film non era da prendere in considerazione e ad Hitchcock certi scherzetti piacevano da matti.
Per questo motivo troviamo alcune "pause": una cena in un locale tipico del Marocco (dove il turbinio dei contrasti tra pavimento a scacchi, arabeschi alle pareti, stoffe damascate dei divani e fiori di campo del vestito della Day, formano un tutto paradossalmente armonico che dona movimento a una scena statica) durante la quale Ben non riesce a trovare la giusta sistemazione delle gambe (superlativa la ripresa del volto di Jo che osserva il volteggio delle gambe del marito dal basso); i Parnell e le due amiche di Jo che irrompono simpaticamente nella stanza d'albergo a Londra (e tra queste possiamo riconoscere la futura celeberrima Morticia Addams) e pur discorrendo di varie amenità riescono a dare la giusta ispirazione a Jo sul luogo dove può trovarsi il piccolo Hank; la piccola avventura di Ben dal tassidermista, altro non è che uno stratagemma ideato per permettere allo spettatore di prendersi una pausa dalla suspense creata fino a quel momento.
Le prospettive sono perfette, le linee oblique che spezzano lo schermo sono un elemento ricorrente: i banchi al mercato in Marocco, le spezie, le macchine da cucire, le costruzioni a schiera, le scale, i marciapiedi, le persone, il coro della Albert Hall, disegnando linee convergenti verso il centro dello schermo quasi catturano lo sguardo in un vortice traditore. Anche in ciò troviamo una delle tante caratteristiche hitchcockiane: una sorta di anteprima, di prova generale di quello che sarà il film successivo.
Le musiche di sottofondo che colorano i momenti cupi, infatti, sono simili nella ritmica a quelli che accompagneranno Kim Novak nella sua interpretazione di Madeleine; anche il perfetto tailleur grigio indossato da Doris Day, realizzato dalla pluripremiata Edith Head, si ripropone ne "La donna che visse due volte", per non parlare della citazione degli animali impagliati che ritroveremo nel salottino del Bates Motel in "Psyco".
Ancora un altro effetto Hitchcockiano: l'arrivo a Londra segna uno spartiacque fondamentale della storia. Fino a Marrakech i coniugi McKenna erano dei semplici turisti, giunti in Inghilterra si trasformano in "agenti speciali" e Jo muta sia nel viso che nel dress code (altro elemento sempre ricorrente in Hitchcock: ricordate Grace in "Delitto perfetto"?): in Africa la vediamo spumeggiante nel vestito a disegni floreali che richiama un po' il mitico "abito di Parigi" indossato da Grace ne "La finestra sul cortile". A Londra Jo invece indosserà per tutto il tempo il tailleur grigio e non sorriderà più se non alla fine, quando udirà di nuovo il fischio di Hank, così come al principio del film, chiudendo il cerchio.
E veniamo alla scena alla Albert Hall, che merita una particolare digressione per come è stata concepita sin dalle sequenze del primo film.
Così come amava Hitchcock, l'ambientazione è in un luogo famoso del mondo (ricordate il monte Rushmore di "Intrigo internazionale"?). Lo smisurato coro e l'orchestra occupano tutto lo schermo e sono disposti in modo da formare una croce decussata nel cui centro si colloca Bernard Herrmann il quale, da serio professionista quale era, rinunciando a manie di protagonismo, decise di riproporre esattamente il brano composto da Arthur Benjamin ("Storm Clouds Cantata") nel film del '34, modificandone solo l'arrangiamento.
Per questo lavoro la London Symphony Orchestra gli conferì un dono con la dedica "To the man who knew so much"! La stessa croce di Sant'Andrea è nella bandiera che adorna il palchetto d'onore dove è seduta l'illustre vittima designata del complotto.
L'atmosfera è tesissima, perché tutti noi, come Jo, sappiamo che qualcosa di terribile dovrà accadere. Sembra che ogni persona che si trovi di fronte al pubblico sappia e a noi resta l'amara consapevolezza di non poter fare nulla.
La musica inizia a invadere la sala; i primi minuti sono strumentali, di ampio respiro, con archi impegnati in movimenti lunghi, le note sono intense, richiamano immagini aperte, paesaggi sconfinati con cieli azzurri e sereni: un'atmosfera di quiete, in cui sembra impossibile che accada qualcosa di funesto, eppure Jo sa che accadrà.
Infatti inizia a portarsi le mani allo stomaco; l'ansia diventa consapevolezza della propria impotenza e inizia a procurare dolore; il dolore si fa materia e inizia a rigare le guance; nel frattempo il soprano ha iniziato il suo pezzo, cantando "There came a whispered terror on the breeze, and the dark forest shook, and on the trembling trees came the nameless fear and panic overtook", proprio come accade in Jo. Le parole non sono scritte a caso: la solista e il coro sembrano sapere tutto, sembrano complici del misfatto. Man mano i volti si ingrandiscono, la regia indugia con primi piani sempre più ravvicinati, mostrando i coristi e le coriste in un atteggiamento altero, di sfida, quasi di ghigno, come se volessero dire a Jo "Non puoi cambiare il corso delle cose, sei sola".
Ad un tratto la musica cambia, intervengono le percussioni e i corni, come una carica di cavalleria di rinforzi: in quel preciso istante irrompe Ben all'ingresso della Albert Hall e trova Jo, la quale con gesti chiarissimi illustra come stanno le cose: anche qui, con gesti lineari disposti secondo diagonali precise, coperti dalla musica sempre più incalzante.
Ben sale le scale (e le rampe sono oblique, sempre secondo le linee della croce di Sant'Andrea) al ritmo perfetto del coro maschile.
Adesso la musica è cambiata, è arrivato l'uomo di casa che risolve tutto! Eppure l'ansia continua ad avanzare: i corridoi dei palchetti sono infiniti, non si riesce a trovare la porta giusta.
Intanto la pistola dell'orribile killer inizia a farsi strada dietro la pesante tenda di velluto rosso, un rosso acceso come sangue; il ritmo aumenta, le note si moltiplicano, non più quarti e ottavi, ma sedicesimi e trentaduesimi, biscrome e semibiscrome, arriviamo a leggerle sfuggenti sul pentagramma, mentre sta per arrivare il punto esatto che è stato convenzionalmente scelto per sparare il colpo mortale.
Sembra che lo sappia anche Herrmann, anche lui incalzante, anche lui complice del complotto; la sua bacchetta sembra frustare cavalli al galoppo, sul pentagramma proietta un'ombra che si muove come la pinneggiata di un nuotatore che sta andando a conquistare la vittoria olimpica, eppure non sta facendo altro che tenere il ritmo voluto per quell'esecuzione, e tale sembra essere: un'esecuzione!
I cimbali sono inquadrati dapprima brevemente, poi sempre più insistentemente: restiamo orripilati al vedere avvicinarsi il punto in cui dovranno battere, poiché sarà il punto designato per sparare. E qui ricordiamo perché con tanta insistenza i titoli di testa sono stati accompagnati dalle percussioni e dai cimbali che suonavano in tono marziale, altero: questi suoni sarebbero stati protagonisti della storia! A single crash of cymbals...
Ma i piani sono progettati per essere alterati e l'urlo disperato di Jo scompagina il congegno di una perfetta macchina di morte: il colpo non è riuscito, l'imperturbabile killer perde la lucidità e si proietta verso l'uscita, dove trova Ben con gli occhi iniettati di sangue, rabbioso come un leone al quale si minaccia il suo territorio.
La sua spinta è tale da scaraventare il killer all'indietro, verso la balaustra, l'equilibrio è precario e si perde, la caduta è inevitabile e perfettamente accompagnata dalle note finali della Cantata, che si chiude in sincronia con il tonfo del corpo sul pavimento; un sincronismo migliore di qualunque finale di balletto classico, di qualunque gruppo di equilibristi di trapezio, di qualunque squadra di nuoto sincronizzato.
Perfino il pubblico, fino a quel momento composto e tranquillo, si agita all'atto della caduta, ma sempre seguendo le due diagonali della croce di Sant'Andrea. Non può essere un caso: il fenomeno si ripete troppe volte.
L'attentato non è riuscito, il diplomatico si è salvato, eppure Jo non ha ancora riacquistato il sorriso. È necessario chiudere il cerchio che si era aperto cantando "Que serà serà" insieme ad Hank, e il piccolo Hank si trova proprio presso l'ambasciata dove alloggia la vittima del complotto! Ben sa che l'unico modo per rintracciare il figliolo è fargli sentire la voce della mamma e così propone a Jo di sollecitare un invito in quell'edificio.
Inizia così una sequenza più volte citata in altri film: il canto di Jo percorre i corridoi e le scale dell'ambasciata, fino a oltrepassare la porta che separa Hank dalla sua famiglia. Il bambino riconosce la mamma e inizia a fischiare e i due genitori ne percepiscono la provenienza: il volto di Jo cambia colore e inizia a sorridere, riprende a cantare con maggior vigore. Ben manifesta lo stesso sguardo compiaciuto che aveva prima che si rompesse il cerchio: la famiglia sta per essere ricomposta, anche se gli imprevisti sono sempre in agguato. Il cerchio si sta per richiudere. Ma occorre un altro colpo di cimbali...
Commenta la recensione di L'UOMO CHE SAPEVA TROPPO sul forum
Condividi recensione su Facebook
Recensione a cura di antoniuccio - aggiornata al 30/11/2011 16.31.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
Ordine elenco: Data Media voti Commenti Alfabetico
in sala
archivio