Voto Visitatori: | 8,24 / 10 (25 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 7,00 / 10 | ||
Roberto Rossellini nasce a Roma agli inizi del secolo scorso; in ambito cinematografico muove i primi passi nel 1936 come montatore, scenotecnico e sceneggiatore. Non ancora trentenne, inizia a dirigere i primi lavori, soprattutto documentari per l'Istituto Luce; bisogna aspettare però il 1941 per veder apparire sugli schermi il suo primo lungometraggio ("La nave bianca") ed il 1944 per dare al grande pubblico l'opportunità di scoprire questo interessante regista con "Roma città aperta", film di stampo neorealista, dallo stile nuovo, in cui gli elementi del dramma sono presi direttamente dalla dura realtà.
Si sentono ancora gli echi della seconda guerra mondiale quando nell'aprile del 1946 Rossellini comincia a lavorare su "Paisà", quello che verrà definito da molti critici il suo capolavoro; in edizione Italo-Americana il film racchiude, in sei episodi, il periodo tra lo sbarco degli alleati in Italia e la vigilia dell'insurrezione partigiana sul delta del Po poco prima della fine della guerra.
Fu per merito dei rapporti instaurati con gli inglesi e gli americani durante la lavorazione di "Roma città aperta" che il regista riuscì ad avvalersi della collaborazione degli alleati per girare in poco più di sei mesi questo ambizioso lavoro che ha avuto come sceneggiatori gente come Federico Fellini, Sergio Amidei e Vasco Pratolini nonchè lo stesso Rossellini.
Diviso in sei episodi indipendenti, distinti sotto il profilo narrativo, il film racconta dell'avanzata in territorio nazionale delle truppe alleate durante la seconda guerra mondiale, partendo dall'estremo sud e salendo attraverso tutta la penisola fino ad arrivare al delta del Po; gli avvenimenti narrati si fondono con la realtà di quel periodo descrivendo efficacemente il rapporto tra l'universo dei grandi eventi e la quotidianità dell'individuo.
L'aver narrato vicende che disegnavano un quadro di grande attualità vista la vicinanza degli avvenimenti, avvalendosi per le interpretazioni di attori non professionisti, diede al film un'impronta documentaristica molto marcata passando di fatto quasi inosservato alla mostra del cinema di Venezia.
Le sei storie, pur mantenendo come tema costante la guerra, non si occupano unicamente del conflitto, alternando alla tragicità dei fatti episodi dalla connotazione sentimentale ed anche spirituale, guidandoci attraverso l'italia dei dialetti e dei costumi, martoriata dalla guerra ma goliardicamente vivace nonostante il drammatico contesto.
In terra di Sicilia, Carmela a guardia di un fortino conosce un giovane soldato americano e nonostante le difficoltà della lingua riesce a comunicare con lui, tra i due nasce una tenera amicizia ma l'imboscata di una pattuglia tedesca interrompe drammaticamente i sogni dei due ragazzi.
Lungo le strade di una Napoli in fermento anche in mezzo alle macerie, un piccolo lustrascarpe stringe amicizia con un soldato di colore affascinato dalla simpatia del bambino, la fiducia che il militare ripone nel giovane sciuscià gli costerà un paio di scarponi ma, quando l'uomo rintraccerà il piccolo per farseli restituire verrà a conoscenza di un problema molto più grande, l'infanzia negata.
All'ombra del Colosseo Francesca è costretta a prostituirsi, il destino le fa incontrare un giovane soldato che tempo prima si era innamorato di lei, ricambiato; la gioia di quei giorni non avrà più modo di tornare.
E' Firenze ad accogliere la storia di un'infermiera inglese che, giunta nel capoluogo toscano con gli alleati, cerca disperatamente di raggiungere, sull'altra sponda dell' Arno, il suo uomo capo dei partigiani, ma i soldati inglesi si limitano ad osservare la battaglia con il cannocchiale lasciando la città infestata dai cecchini.
Un convento di frati Francescani tediosamente appoggiato sull'appenino emiliano ospita tre cappellani militari americani, uno cattolico, uno protestante ed uno ebreo, il digiuno dei Francescani affinché la divina provvidenza faccia retrocedere i cappellani dalle loro "eresie" aprirà le porte ai tre per comprendere il vero significato della fede sottolineando l'eterno conflitto tra i dogmi e il relativismo.
Chiude la serie di episodi la resistenza dei partigiani e degli alleati contro gli attacchi dei nazisti nel lugubre paesaggio paludoso del delta padano, il cadavere di un partigiano che in un silenzio irreale galleggia sul fiume è l'emblema di una partecipazione drammatica assurta a sacrificio.
Indipendente da ogni scuola ed allergico a qualsiasi condizionamento di espressione, Rossellini analizza la condizione umana tracciando l'immagine di un paese martoriato dalla tragedia della guerra facendoci respirare la stessa polvere delle macerie che vengono calpestate dai protagonisti, accompagnandoci durante tutto il protrarsi degli eventi; non supportato da una trama ben delineata, il film risulta essere un rincorrersi di immagini che sottolineano costantemente il confronto tra la cultura della morte e quella della vita, i carri armati contrastano con la lirica atmosfera del convento, le nere imbarcazioni a motore dei nazisti con le barche dei pescatori, le abitazioni ridotte in macerie con i giochi di strada dei bambini.
Non tutto è perfetto; la modesta recitazione dei "non attori" e la banalità di alcuni dialoghi sono un po' la spina nel fianco di un'opera che alla sua uscita è stata comprensibilmente ignorata da un pubblico che di guerra non ne voleva proprio sentir parlare, rifiutandone anche solo il ricordo. Oggi possiamo dire che "Paisà" è uno spaccato della nostra storia, sicuramente triste ma che non va dimenticato.
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Recensione a cura di Marco Iafrate - aggiornata al 20/06/2008
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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