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Anche se presentato per la prima volta nel 2006 alla 63 mostra cinematografica di Venezia e successivamente in diverse rassegne internazionali, "Quijote" è uscito sui circuiti nazionali della distribuzione indipendente e on demand sulla rete solo il 23 marzo, forse cinicamente sfruttando l'effetto mediatico della recente scomparsa di uno dei suoi interpreti, Lucio Dalla, che impersona il fido scudiero Sancho Panza.
Il film di Mimmo Paladino, artista contemporaneo molto noto all'estero (sue opere sono esposte a New York e Londra nei maggiori musei d'arte moderna) si avvale di attori di stampo teatrale quale Peppe Servillo, che allampanato e dallo sguardo allucinato ben incarna il visionario cavaliere dalla "triste figura", come Cervantes, autore dell'immortale romanzo, definì il suo personaggio.
Alessandro Bergonzoni recita nel ruolo di un mago affabulatore e Remo Girone nei panni macabri della Morte.
Scopo di Paladino è inquadrare la figura di Chisciotte nell'atmosfera sospesa del mito, più che narrarne le gesta.
In un'ambientazione sospesa tra presente e passato, con interni ridotti all'osso o profili di palazzi moderni e senz'anima o squallide macerie che seguono alla campagna estiva e soleggiata e al sontuoso interno di un teatro, il personaggio di Don Chisciotte (accompagnato da un saggio Sancho Panza che fisicamente ben si contrasta con il suo padrone per l'aspetto tarchiato) declama, sproloquia, ma poco agisce.
Tutto è simbolo: non ha importanza quanto Cervantes scrisse, ma la sua scrittura in quanto tale viene dal regista associata ad altre scritture di varie epoche e ad altre forme d'arte.
Nel romanzo cervantiano Dulcinea Del Toboso è un personaggio creato dalla mente del povero Chisciotte, perché in realtà la dama a cui il cavaliere voleva dedicare le sue gesta era una goffa e rozza contadinotta. Nel film il personaggio viene sublimato e simboleggia la donna narrante, la donna del romanzo: eccola seduta all'aperto e biancovestita (purezza, candore da "madonna" stilnovista) che diventa la Molly di Joyce nella parte finale del magnifico monologo tratto da "Ulisse".
L'omaggio alle varie forme di scrittura prosegue: un cavallo di legno sospeso nell'aria brucia insieme ai fantasmi di Chisciotte ad omaggiare Omero e la sua epica immortale, il circo, altra nobile arte, con un Sancho equilibrista, e ancora Federico II e l'epopea delle crociate che tanta ispirazione dettero alla letteratura, poi la voce narrante di Mimmo Cuticchio, il puparo (che narra la leggenda secondo cui Cervantes pensò di scrivere la sua storia dopo aver assistito all'Opera dei Pupi durante un viaggio in Sicilia) e infine la nera cappa indossata della Morte che tanto ricorda nell'aspetto il tetro e glaciale giocatore di scacchi del "Settimo sigillo", capolavoro di Ingmar Bergman.
"Quijote" non è un racconto di un personaggio, ma assurge a racconto assoluto e a topos narrativo.
Criptico, riservato a pochi, il film è un lavoro forse pretenzioso perché poco fruibile (di qui la scelta di filtrare l'uscita in un circuito "ad hoc").
Per chi ama il teatro e l'affabulazione è consigliato, gli altri si astengano, oppure se possibile cerchino di visionarlo più volte per apprezzarne le sfaccettature.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 03/04/2012 15.20.00
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