Voto Visitatori: | 7,86 / 10 (42 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 8,50 / 10 | ||
Alla XXIX Mostra di Venezia del 1968 venne presentato "Teorema", scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. Le riprese del film erano avvenute tra marzo e maggio del medesimo anno e oltre a essere un'opera visiva è divenuta anche un'opera letteraria.
Il termine "teorema" trova la sua etimologia in un verbo greco, theorein, che allude al significato di guardare. Il tema visivo, quello degli occhi e dell'ossessività del guardare è predominante in questo film.
La struttura essenziale di quest'opera è piuttosto semplice e si tratta della descrizione della vita quotidiana di una famiglia borghese di Milano. Con borghesia Pasolini intende non uno status economico o perlomeno non solo questo, per lui si tratta più che altro di uno status ideologico. La famiglia, soggetto delle attenzioni del regista, è composta da persone normali con atteggiamenti e comportamenti coerenti alla media. Il titolo del film allude al centro nevralgico della vicenda raccontata: cosa viene a succedere quando un elemento "straniero", un affascinante e misterioso ospite, entra in un nucleo famigliare all'improvviso e con la medesima rapidità ne esce inghiottito dal nulla.
La struttura del film è frammentaria, divisa quasi in capitoli, proprio come nel libro, e inframmezzata da squarci di poetico e biblico deserto. "Dio fece quindi piegare il popolo per la via del deserto" (Esodo, 13, 18): questo è l'incipit del film (e anche del romanzo) e l'immagine del deserto accompagnerà per novanta minuti lo spettatore; deserto come luogo unico al di fuori delle città abitate, lontano dalle convenzioni, spazio libero e aperto, pieno di luce ma anche solitario. Il deserto è quel non-luogo in cui l'ospite trasporterà a uno a uno i membri della famiglia per trasfigurarli in altro da ciò che apparentemente dimostrano di essere.
Il capofamiglia (Massimo Girotti) è un imprenditore che viene inquadrato nella scena iniziale mentre esce dal cancello della sua fabbrica a bordo di una Mercedes scintillante. E' un uomo di mezza età, di bell'aspetto, dai capelli brizzolati, che si sta dirigendo verso la sua villa; il suo sguardo è a dir poco indecifrabile.
Quindi c'è Pietro (Andrés José Cruz Soublette), un giovanotto dall'aspetto debole e sicuramente meno tonico del padre e che veste in maniera buffa con abiti troppo larghi; lo vediamo mentre rincasa attraverso parchi milanesi corteggiando in maniera forzata una bella compagna di scuola.
La sorella minore di Pietro si chiama Odetta (Anne Wiazemsky) ed è una ragazza dal volto dolce e dalla corporatura esile, di carnagione molto chiara e dai lineamenti non particolarmente attraenti. La giovane ragazza sembra molto chiusa in se stessa e nella sua adorazione per la figura paterna.
Lucia (Silvana Mangano) è la madre, una donna molto bella dedita alla vita sedentaria e annoiata, tipica delle ricche signore borghesi; cura molto il proprio aspetto e la propria casa; ogni suo gesto sembra rallentato dalla sua apatia finché qualcuno o qualcosa la risveglierà da questo ricco torpore.
Emilia (Laura Betti) è la governante, una contadina trasferitasi dalla provincia alla città, una donna quasi senza età, dallo sguardo profondo; i suoi occhi sono famelici, timorosi e impauriti. Sarà lei, dopo aver ricevuto un messaggio dal postino Angiolino, a recare alla tavola della famiglia il telegramma che annuncia l'avvento prossimo del misterioso giovane ospite. Da questo momento termina la presentazione e inizia la mutazione.
Angiolino è una figura chiave, non è un semplice postino, poiché è l'unico a rimanere lontano ed estraneo all'ospite. Interpretato da Ninetto Davoli, Angiolino è buffo, sempre allegro e ha un fare favolistico, quasi magico.
Questa è la descrizione della famiglia che sarà conquistata, devastata e liberata dall'Ospite (Terence Stamp).
Teorema è un film complicato, disorganico, che annovera, oltre alle forti componenti descrittive fatte di volti e sguardi, un discorso teorico sull'irrimediabilità della borghesia costretta a soccombere a se stessa e ai propri dogmi comportamentali.
Pasolini nel 1968 durante un colloquio con Jon Hallyday affermò: "La borghesia italiana è stranissima: è simultaneamente laica e cattolica, liberale e controriformistica, ossia non è niente." In "Teorema" il regista propone in maniera allegorica il sesso come unica via di fuga da questo vacuo status sociale. Quando a uno a uno i componenti della famiglia si confrontano con l'elemento estraneo, il contrasto sarà talmente forte da fare smarrire a ognuno di loro il proprio senso di identità. Accadrà al padre, perduto e finalmente libero, protagonista nell'integrale sua nudità nel deserto dell'urlo che si protrarrà oltre la parola "FINE"; alla madre, non più silente e sedentaria ma rapace e sempre alla ricerca di nuovi incontri sessuali con ragazzi molto più giovani; al figlio che finalmente potrà rivelare il suo intimo disagio provato fin dall'infanzia; alla figlia che per reagire ai propri impulsi si rinchiuderà totalmente in se stessa fino alle estreme conseguenze; a Emilia che dopo essere diventata una guaritrice per il suo piccolo paese di contadini si seppellirà in un pianto che "non sarà di dolore ma sarà una sorgente, una sorgente non di dolore".
All'interno del film sono visibili e rintracciabili citazioni letterarie e artistiche, dal libro di Francis Bacon, di cui Pietro ammira le opere, a quello di Rimbaud che l'ospite misterioso legge comodamente seduto in giardino. Non è casuale la scelta dell'opera di Rimbaud, un poeta ribelle, sempre dedito alle fughe e soprannominato "il viaggiatore cencioso".
"Non dirò più parole, non farò più pensieri: ma un amore infinito mi salirà nel petto, e andrò molto lontano, sarò come uno zingaro, come con una donna per i campi contento." (Rimbaud, "Sensazione")
L'ospite è un meraviglioso zingaro che arriva tocca e scappa; inevitabilmente, poiché quello non è il suo ambiente.
Gli attori scelti dal regista si dimostrano tutti all'altezza dei personaggi interpretati e i costumi sono scelti in maniera pressoché perfetta. Le riprese, realizzate in esterno a Milano e in interno nei teatri di posa Elios di Roma, riescono a far percepire allo spettatore l'idea di quell'imbellettata e cristallizzata borghesia che richiede un confronto-scontro per potersi liberare da sé.
Pasolini sofferma più volte la telecamera sui volti dei protagonisti, zoomando spesso sullo sguardo o su parti del corpo. L'intento non è assolutamente provocatorio; il fine è piuttosto quello di non utilizzare dialoghi, quando tramite un'immagine si può far percepire una sensazione o un sentimento più intenso di quello trasmesso da un discorso.
Il film è prodotto da Franco Rossellini e Mauro Bolognini. Le musiche del film sono di Ennio Morricone dirette da Bruno Nicolai, mentre il Requiem di Mozart è eseguito dalla filarmonica di Mosca. Per terminare una piccola curiosità: Laura Betti vinse l'ambita Coppa Volpi per la sua interpretazione di Emilia.
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Recensione a cura di foxycleo - aggiornata al 21/10/2010 10.18.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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