dov'e' la casa del mio amico? regia di Abbas Kiarostami Iran 1987
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dov'e' la casa del mio amico? (1987)

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locandina del film DOV'E' LA CASA DEL MIO AMICO?

Titolo Originale: KHANE-YE DOUST KODJAST?

RegiaAbbas Kiarostami

InterpretiBabek Ahmadpoor, Ahmad Ahmadpoor, Kheda Barech Defai

Durata: h 1.25
NazionalitàIran 1987
Generedrammatico
Al cinema nell'Agosto 1987

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Trama del film Dov'e' la casa del mio amico?

Il piccolo Ahmad si accorge di aver preso per sbaglio il quaderno dei compiti di Mohammed, il suo compagno di banco; sfugge così alla sorveglianza della madre per raggiungere il villaggio dell'amico, restituirgli il quaderno ed evitargli il castigo. Il piccolo protagonista sa che deve compiere il viaggio spinto dalla forza dell'amicizia in opposizione all'autoritarismo che caratterizza i rapporti con gli adulti.

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Voto Visitatori:   7,69 / 10 (8 voti)7,69Grafico
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Voti e commenti su Dov'e' la casa del mio amico?, 8 opinioni inserite

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stratoZ  @  06/08/2024 16:11:17
   8 / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Gran bel film di Kiarostami, a ragione una delle sue opere più famose, che con una
sceneggiatura scarna e uno stile tendente all'essenziale riesce a raccontare il mondo
dell'infanzia e il complesso rapporto con gli adulti, visto dalla prospettiva di Ahmed, un
bambino che vuole a tutti i costi riportare il quaderno al suo compagnetto di scuola,
consapevole che se l'indomani si dovesse presentare senza, potrebbe venire espulso, come
si intuisce fin da subito dalla scena iniziale e dalla severa figura del maestro.
A colpire del film è soprattutto l'incomunicabilità che vi è da parte degli adulti nei confronti
dei bambini, Ahmed fin da subito, appena tornato a casa, prova a comunicare alla madre la sua intenzione di andare a cercare il compagno di scuola per ridargli il quaderno, in una
scena volutamente lunga e ripetitiva la madre continua a ripetergli di fare i compiti e poi
andare a giocare, a nulla servono le spiegazioni, anche dettagliate, di Ahmed, la madre non
lo guarda nemmeno, continua a sbrigare le sue faccende mentre gli ripete lo stesso mantra,
è così che Ahmed parte da solo e senza dare spiegazioni alla ricerca di Mohamed che abita
in un piccolo e rurale paesino abbastanza lontano dalla città, qui iniziano le avventure del
giovane che non riesce quasi mai a trovare le informazioni che cerca, quasi tutti gli adulti
sembrano non dargli minimamente conto, Ahmed deve ripetere le stesse domande più volte,
le risposte degli adulti sono secche e sbrigative, come avessero priorità più importanti,
nessuno si dedica ad ascoltare Ahmed, ne le sue intenzioni.
Altro momento emblematico è il confronto col nonno, uomo all'antica che si impone sul
nipote e agisce per principio, volendogli dare un'educazione "come ai suoi tempi",
esplicitando anche il fatto di voler trattare volutamente male il ragazzino per abituarlo e
perché i bambini devono fare quello che gli dicono gli adulti, non c'è altra logica dietro, come
dimostra la richiesta di andare a comprare le sigarette nonostante le abbia già e prima del
pane, nonostante il fornaio chiuda a breve, diventando uno dei dialoghi più esplicativi del
film.
O ancora, il momento in cui Ahmed pedina quel signore sull'asino credendo sia il padre di
Mohamed e il signore fa finta di nulla, sembra proprio non vederlo, non si accorge che
Ahmed è dietro di lui e se se ne accorge non gli interessa affatto, ma il trattamento
noncurante degli adulti è ripetuto costantemente, creando quell'aura di presunta superiorità
che fa passare in secondo piano ogni richiesta dei bambini.
L'unico adulto che aiuta Ahmed, in realtà neanche tanto, ma almeno ci prova, è il vecchio
falegname, che sta vedendo scorrere il mondo veloce di fronte a se, colpito probabilmente
da una forma di nostalgia e con la sensazione di non essere più utile al mondo perché tutti
stanno iniziando a comprare le porte di metallo, prova ad aiutare Ahmed nella ricerca della
casa del suo amico, anche se alla fine sarà solo di intralcio per l'eccessiva lentezza dovuta
all'età, entrambi, Ahmed e il falegname, sono in due fasi della vita in cui sembra che
l'impegnato mondo degli adulti non abbia tempo per loro e non li faccia sentire per nulla
considerati, Ahmed perché troppo piccolo, il falegname perché troppo vecchio.
Kiarostami dirige un'opera delicata, toccante e che trasmette la forte innocenza del periodo
dell'infanzia, con una scenografia minimale ma molto suggestiva, fatta perlopiù delle casette
rurali di questo paesino in Iran, e una regia relativamente statica che privilegia i campi
lunghi, come a mostrare Ahmed disperso in questo mondo ancora troppo grande per lui, una
piccola perla e probabilmente uno dei film più accessibili dell'autore.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Edgar Allan Poe  @  14/02/2022 22:45:04
   8½ / 10
Forse uno dei picchi raggiunti da Kiarostami, a detta di molti, almeno. La vicenda riesce ad essere "avventurosa" nel senso giusto, sebbene il ritmo non sia rapidissimo. Il contesto in cui si ambienta la vicenda viene tratteggiato molto bene, così come i personaggi al suo interno. Il finale, poi, riesce anche ad essere abbastanza teso, proprio come era evidentemente nelle intenzioni di chi lo ha realizzato. Insomma, a mio parere un gran bel film con pochi o nessun difetto.

kafka62  @  26/02/2018 16:46:37
   7½ / 10
In un articolo apparso su Cineforum (n. 312, pag. 67), Emanuela Imparato, per introdurre il film di Kiarostami, prendeva spunto da un racconto di Franz Kafka, "La passeggiata improvvisa". Proseguendo questo gioco, apparentemente incongruo, di citazioni e rimandi, a me sembra doveroso richiamare almeno altri due brani dello scrittore praghese, "Il messaggio dell'Imperatore" e "Il colpo contro il portone": il primo per l'insuperabile, ontologica difficoltà (comune a film e racconto) di attivare una comunicazione qualsivoglia con l'Altro (sia esso un'entità trascendente o semplicemente il nostro vicino di casa), il secondo per la descrizione di un castigo immotivato o del tutto sproporzionato alla colpa commessa. Quest'ultimo parallelismo ci introduce alla connotazione inequivocabilmente autoritaria, repressiva, e al tempo stesso straniante, del mondo degli adulti quale rappresentato dal regista iraniano: a scuola i bambini vengono terrorizzati con paternalistico sadismo per cose da nulla (come dimenticare il proprio quaderno a casa di un amico), in famiglia vengono loro continuamente e ossessivamente intimate raccomandazioni assurde (ad esempio, togliersi le scarpe per salire le scale o comprare le sigarette al nonno anche se questi non ne ha bisogno). Ad essere chiamata in causa è la stessa tradizione (per altri versi contrapposta come termine positivo alla disordinata avanzata dei tempi nuovi), in quella gustosissima scena della conversazione tra due anziani del villaggio sull'educazione delle giovani generazioni, nel corso della quale viene auspicato e difeso il sistema pedagogico delle "botte" come l'unico in grado di portare sulla retta via i fanciulli indisciplinati. D'altra parte, il fatto che l'unico aiuto nel paese sconosciuto giunga ad Ahmad da un vecchio falegname, disponibile ed umano, è trattato ironicamente da Kiarostami, in quanto la sua esasperante lentezza risulta alla fine d'impaccio al bambino nel suo tentativo di trovare la casa dell'amico prima che scenda la sera.
Ancor più grave della subdola prepotenza che caratterizza il mondo degli adulti (vedi anche la sprezzante arroganza con la quale l'uomo con il mulo strappa una pagina del quaderno di Ahmad), è la totale incomunicabilità tra questi ultimi e i bambini. Il piccolo protagonista non riesce mai a farsi "ascoltare" dai grandi: la madre lo zittisce continuando a ripetergli meccanicamente "va' a fare i compiti", senza dare mai l'impressione di avere, anche solo distrattamente, udito le parole del figlio (ed è bellissima l'ingenua ostinazione con cui Ahmad continua a reiterare le sue preghiere per cercare – invano – di penetrare quel muro di indifferenza), mentre l'uomo sul mulo addirittura non lo vede, lo ignora come se fosse un fantasma. Nel film di Kiarostami non c'è un discorso immediatamente politico sulla condizione dell'infanzia nella società odierna, eppure esso dice tantissimo (e sicuramente più di molte serie ed accurate indagini sociologiche) sull'emarginazione che i bambini subiscono quando, in nome della gravità e dell'importanza degli affari dei grandi, viene loro tolta ogni voce in capitolo, salvo tornare utili nel momento in cui servono due braccia in più per lavorare nei campi.
Alla mancanza di comunicazione nei confronti degli adulti fa da contrappunto l'isolamento dei bambini fra di loro. Raggiungere un compagno di scuola che vive a pochi chilometri dalla propria abitazione è un'impresa improba, quasi impossibile. Tentare di stabilire questo contatto assume per ciò stesso un significato di ribellione all'assurdo sistema di vita che segrega i bambini nel contesto familiare o scolastico (non c'è una grande differenza tra la madre di Ahmad ed il maestro di scuola), negando loro qualsiasi possibilità di indipendenza ed autonomia. Ciò che alla fine emerge dal film è un anticonvenzionale e provocatorio invito alla solidarietà reciproca, magari clandestina, magari in palese contravvenzione alla Legge (familiare, sociale o religiosa, poco importa), perché l'unica soluzione è, come sosteneva anarchicamente Jean Vigo più di mezzo secolo fa nel suo "Zero de conduite", farla in barba ai grandi.
"Dov'è la casa del mio amico?" è un film dalla sintassi estremamente semplice ed elementare, sia dal punto di vista scenografico e cromatico, sia da quello della posizione della macchina da presa rispetto agli attori (con una netta prevalenza dei campi medi e lunghi). Eppure esso è cinematograficamente molto stimolante. In primo luogo, lo sguardo documentaristico del regista non impedisce a questi di fare, anche e soprattutto, della finzione: anzi, l'idea iniziale di sceneggiatura (facile ma non per questo meno azzeccata) fa assumere al film i connotati di una vera e propria detective story, con tanto di investigazioni (suggerite del resto dal titolo stesso), di pedinamenti (l'uomo sul mulo è creduto da Ahmad il padre dell'amico e perciò seguito a distanza) e di suspense (l'arrivo del buio fa temere il cattivo esito dell'impresa). Il ritmo è incalzante e rivela, nella sistematica eliminazione dei tempi morti, un'ottima capacità di raccordare le distinte sequenze tra di loro. All'esposizione chiara ed essenziale (ma mai semplicistica o schematica) dell'assunto giova altresì la presenza di personaggi facilmente riconoscibili e dall'inequivocabile spessore realistico. Il realismo della pellicola non permetterebbe però da solo di ottenere risultati apprezzabili se non ci fosse l'abilità di Kiarostami di creare delle atmosfere che (come nei migliori film dell'infanzia) vengono sentite anzitutto secondo la sensibilità soggettiva del piccolo protagonista (vedi a questo proposito l'arrivo dell'oscurità), e di introdurre con discrezione nella storia un tono civile che non cade mai, neppure nelle sue premesse teoriche, nel moralismo o nel didascalismo.

TheLegend  @  15/07/2013 04:21:17
   6 / 10
Non è tra i film di Kiarostami che più mi hanno intrigato.
Forse un pò troppo semplice.

paride_86  @  27/07/2010 23:23:08
   7 / 10
Da una trama semplice un film denso e ben costruito.
Cercando il suo amico per restituirgli un quaderno, il piccolo Ahmad esce dal suo microcosmo familiare per addentrarsi nel mondo, stupendosi del modo in cui ragionano gli adulti e imparando i propri limiti.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Gatsu  @  29/06/2009 14:05:55
   7½ / 10
Temi caldi e ben costruiti e sviluppati in questo bel film di Kiarostami. Colpisce e incanta la storia incentrata anche sull'amicizia dei bambini. Ho molto gradito il modo di raccontare questa storia che nonostante può non essere interessante, risulta comunque godibile. Bravi tutti i protagonisti.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  09/08/2007 13:59:32
   8½ / 10
Eravamo tutti innamorati di questo cinema... cinema che ti costringe a soffermarti ai piccoli particolari, al riverbero dei silenzi, alle mutazioni della natura... questo è il kiarostami più lirico, ma al tempo stesso più fruibile di sempre (non ancora del tutto ancorato all'uso della metafora, del simbolo castrante dei suoi film successivi). Secondo me il suo più bel film

Dick  @  09/08/2007 09:56:33
   8½ / 10
Simpaticissimo, ma allo stesso tempo toccante film sulla piccola odissea del protagonista tra dulti indifferenti che parlano di cose anche che ad un bambino non interessano che trova anche toni fiabeschi

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER e acui onestamente nessuno o quasi può restare indifferente.

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