film regia di Alan Schneider, Samuel Beckett USA 1964
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film (1964)

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locandina del film FILM

Titolo Originale: FILM

RegiaAlan Schneider, Samuel Beckett

InterpretiBuster Keaton

Durata: h 0.22
NazionalitàUSA 1964
Generedrammatico
Al cinema nel Dicembre 1964

•  Altri film di Alan Schneider
•  Altri film di Samuel Beckett

Trama del film Film

Un uomo imbacuccato cammina, incontra due vecchi e una donna, entra in una stanza, caccia fuori il cane e il gatto, oscura la finestra, lo specchio, straccia le fotografie della sua vita.

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Voto Visitatori:   8,79 / 10 (24 voti)8,79Grafico
Voto Recensore:   9,50 / 10  9,50
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Voti e commenti su Film, 24 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  07/05/2021 14:22:23
   9 / 10
"Film" rappresenta a mio avviso uno dei mogliori cortrometraggi di sempre.
Misterioso, onirico e con il ritorno da protagonista del grande Keaton che gira uno delgi ultimi ruoli prima di spegnersi per sempre.
Il suo personaggio tenta di fuggire dall'occhio della telecamera che con l'avvento del sonoro ha distrutto la sua immagine, infatti il film è privo di qualsiasi suono se non in una sola occasione.
Abbiamo uno spezzone anche del Keaton "comico" con la gag con gli animali ma abbiamo soprattutto il desiderio di un uomo di cancellare la sua vita senza farsi vedere da nessuno.
Chissa' se abbiamo trovato il significato del film proprio nel personaggio di Keaton.
Un capolavoro sperimentale tanto pessimista quando splendido.

JOKER1926  @  15/04/2020 14:28:33
   7 / 10
"Film" è un coraggioso prodotto ideato da Beckett, parliamo di una pellicola di venti minuti con protagonista Buster Keaton.
Il plot è minimo e funge da apripista ad un gioco simbolico e filosofico.
"Film" è basato sulla totale assenza dei dialoghi, a parte uno "shhh", in questa produzione manca qualsiasi concetto di sonoro. Avanza, dunque, su tutti i fronti una massiccia incomunicabilità, non c'è spazio (ma neanche il bisogno) di alcun tipo di contraddittorio.
Per questi motivi, "Film" resta un'audace proposta degli anni sessanta, oltre ad un lavoro tecnico interessante, traspare qualcosa di importante dalla mente dello stesso Beckett. Dal teatro dell'assurdo, possiamo carpire nozioni di mera filosofia.
Il protagonista è impelagato in una lotta (personale) eterna, vuole scomparire, non vuole essere percepito. I simbolismi e le dinamiche (talaltro anche abbastanza evidenti) risaltano la situazione e il processo di alienazione.
Il tracollo umano descritto in una fuga senza ritorno, una tentata (ma fallita) ricerca della dispersione o della cancellazione dei ricordi e del proprio io.
Questi sono gli argomenti (grosso modo) affrontati in questa proposta artistica, per cultura, "Film" vale la visione.

JOKER1926

7219415  @  01/12/2014 23:54:01
   6 / 10
Molto enigmatico..

Kit Carson  @  15/11/2013 16:39:22
   9 / 10
Opera dalle notevolissime implicazioni filosofiche, con un uso grandioso della macchina da presa che diviene essa stessa coprotagonista, una sceneggiatura eccellente di Samuel Beckett (che seguì anche le riprese), ed un protagonista, il grande Buster Keaton, che, seppure non entusiasta dell'idea intrinseca del film, si dimostra perfetto per la parte, da grande Attore qual'era. "Il tentativo di non essere, nella fuga da ogni percezione estranea, si vanifica di fronte all'ineluttabilità della percezione di sé" (Samuel Beckett). Eccellente lavoro.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Freddy Krueger  @  07/12/2012 21:28:54
   7½ / 10
Enigmatico, angosciante e profondo. Un film sperimentale di Samuel Beckett, una perla. C'è questo personaggio che sfugge a qualsiasi cosa e davanti a lui c'è sempre un muro imponente; un uomo evidentemente ostacolato dal suo mal de vivre. Poi c'è lo sfascio totale con le fotografie strappate.
Stupefacente.
Ottimo anche com'è girato, può essere però un pelo pesantino.

sweetyy  @  08/11/2012 04:48:15
   8½ / 10
lupin 3  @  03/11/2012 04:46:32
   7½ / 10
Filosofico e riflessivo, da vedere.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  11/12/2010 12:33:29
   9½ / 10
Invia una mail all'autore del commento Steppenwolf  @  02/10/2010 10:05:13
   10 / 10
Questo cortometraggio è un'opera filosofica che riesce ad esprimere in soli 17 minuti concetti estremamenti complessi.
Gilles Deleuze lo ha definito il più grande film irlandese e non si può non essere d'accordo con una simile definizione. Si tratta forse del mio cortometraggio preferito(e certamente del più significativo mai visto).
Descriverne la trama è relativamente semplice: un uomo - Buster Keaton - cerca di nascondersi dalla vista altrui, sia quest'altro un uomo, un animale o un oggetto inanimato.
Questo perché "esse est percepi", essere è essere percepiti, quindi è necessario occultarsi alla vista altrui per cessare d'essere. Questo riprende il concetto del filosofo Berkeley, secondo cui noi esistiamo fintantoché esiste qualcuno a percepirci.
Ma è un tentativo fallimentare quello di oscurarsi del tutto: il protagonista alla fine, dopo essersi sbarazzato d'ogni oggetto, perfino delle foto(del suo passato)e delle immagini sacre(Dio vede tutto), resta solo con se stesso ed è inevitabile il confronto con il proprio Io(che è la macchina da presa, alternativamente: il protagonista ha un occhio bendato, perché l'altro è rappresentato dalla cinepresa, monoculare).
Il fatto che Keaton interpreti questo personaggio - nonostante è risaputo che la sua scelta fu frutto di precedenti rifiuti da parte di altri attori - rende alla perfezione il contesto filosofico di questo cortometraggio.
Al di là della comicità di Keaton, la più adeguata ad interpretare questa parte, vi è infatti il punto principale su cui è basata quest'opera.
Buster Keaton, grandissimo attore del cinema muto(a mio avviso anni luce superiore al melodrammatico, moralista e nostalgico Chaplin), fu rovinato dall'avvento del sonoro, fallì e la sua vita amara non superò di molti anni la realizzazione di "Film". Accettò questo incarico inconsapevole del valore di quest'opera, solo per ragioni economiche. Anni prima, nel 1950, avrà anche un cammeo nel capolavoro di Wilder, Viale del tramonto.
Così il cortometraggio diviene anche l'impossibilità da parte di questo grande attore di fuggire da se stesso e dal proprio passato e, dunque, di sfuggire al co-protagonista di questo cortometraggio: la macchina da presa.
Dunque vi è il protagonista che fugge, inseguito, e l'antagonista, proiezione del protagonista stesso, la m.d.p. che insegue l'obiettivo, riuscendo alla fine ad avere la meglio. Il film si apre e si chiude con il dettaglio dell'occhio di Keaton... che alla fine si chiude.
Un saggio sulla visione(il titolo in origine doveva essere "The eye"), sul voyeurismo e sulla ricerca del non-essere, illustrando l'impossibilità di occultarsi alla propria stessa percezione. Ed è anche divertente, anche se indubbiamente non è per tutti. Può essere letto a diversi livelli, è immediato il significato(anche lo stesso Beckett lo ha spiegato), ma coglierne le diverse sfumature ed implicazioni filosofiche è estremamente complesso.

rob.k  @  28/09/2010 22:04:00
   7 / 10
Ottima la realizzazione, per fortuna hanno avuto il buon gusto di farne un corto. Altri registi hanno fatto film di due ore con una trama della medesima complessità.

Yosseph  @  20/06/2010 14:17:00
   9 / 10
"Esse est percipi, essere è essere percipiti". (Gilles Deleuze)
L'artista irlandese identifica l'esistenza con la percezione; quindi, la propria esistenza con la percezione di sé. L'assunto di partenza è anche il punto d'arrivo del discorso beckettiano: esistiamo se veniamo percepiti; dunque, non è semplicisticamente la morte ad annullarci, bensì è l'annichilimento della percezione che gli altri hanno di noi, e naturalmente noi di noi stessi.

dave89  @  18/02/2010 16:15:31
   8 / 10
corto da vedere....inquietudine di un uomo e angoscia di vivere

Gruppo STAFF, Moderatore Lot  @  08/01/2010 16:24:42
   8 / 10
-What's he doing?

-He's crying.

-...Then he's living.

Gabo Viola  @  08/01/2010 12:41:13
   9 / 10
Beckett e Keaton, basterebbero queste due leggende. Uno dei mediometraggi più ficcanti e ansiogeni mai creati, il dsgusto per gli occhi, il disgusto verso la lente di ingrandimento verso la propria inettitudine. è come se gli oggetti figliassero in continuazione bulbi oculari, come se il cane e il gatto ritornassero in uno sketch keatoniano vestito a lutto. "Cosa sono i figli se non una amplificazione, un faro sulla nostra pigrizia di uomini?". Ai muri si sostituiscono esseri con il martello del giudice (cervelli, labbra, sociale, disprezzo pubblico e privato). Gli occhi sono l' anticamera dello scherno.

leonida94  @  07/10/2009 20:02:39
   9½ / 10
Difficile da votare.
Messaggio molto duro, Beckett ci mostra in 20 minuti la vita di un uomo dilaniato dal proprio essere e tremendamente complessato.
Un esperienza visiva assolutamente sconcertante con un finale paradossalmente grottesco e straziante (finalmente l'uomo viene messo a confronto con il proprio essere e il caos regna).
Si notano subito le doti del regista che colpisce con un uso della telecamera impeccabile.
Il corto migliore che io abbia mai visto, una metafora equivalente a un pugno nello stomaco.
(Il titolo è ineguagliabile, non che l'astrattismo in persona)

Gruppo COLLABORATORI Compagneros  @  14/08/2009 14:17:26
   9½ / 10
Beckett un decennio dopo "Aspettando Godot", partorisce questa opera unica e irripetibile.
C'è poco da dire, il grande Buster Keaton interpreta splendidamente un uomo che cerca di annientarsi.
E' un'esperienza visiva da provare, difficile da descrivere. Imperdibile.

bulldog  @  09/08/2009 11:38:40
   10 / 10
Mostruoso,non ci sono parole per descriverlo.
Masterpiece gigante.

1 risposta al commento
Ultima risposta 23/08/2009 02.53.42
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pinhead88  @  06/04/2009 13:58:01
   8 / 10
cortometraggio sperimentale decisamente interessante.la scelta di Keaton non è affatto casuale,Beckett scelse proprio questa grande icona del cinema per attirare maggiormente il suo pubblico.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  28/03/2009 20:25:57
   10 / 10
Uno dei migliori cortometraggi che mi sia capitato di vedere in assoluto. Un preludio alla morte attraverso l'annullamento della percezione di sè stessi negli uomini, negli animali e negli oggetti. L'occultamento sistematico della propria identità a tutto tranne che alla visione monoculare della macchina da presa. Se esisterà ancora il cinema fra 100 anni, questo corto non verrà mai dimenticato. Grandissimo Keaton, praticamente perfetto.

statididiso  @  18/03/2009 01:10:31
   10 / 10
cinema sperimentale: tanti occhi e diverse possibilità di essere dell'immagine, e la stessa sensazione di vertigine già avvertita per 'The Flat' (Svankmajer), ma senza lasciare un retrogusto ilare.
L

DarkRareMirko  @  01/11/2008 13:02:32
   10 / 10
Magnifico corto di Alan Schneider, codiretto da Samuel Beckett (mica bruscalini, quindi).

La sua intenzione è dichiarata ed ambiziosa: riuscire a rappresentare e a fornire un controllo totale dell'immagine.

Ci riesce?
Credo di sì; fenomenale Keaton, nonchè indicatissimo per la parte.

E' un corto muto, ma un urlo o un verso lo esprime ad ogni modo uno dei passanti ad inizio opera.

Quando il cinema veniva utilizzato ancora per qualcosa di geniale ed interessante...

Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  08/06/2008 13:07:57
   9 / 10
Straordinario esempio di cortometraggio sperimentale. Samuel Beckett passa con disinvoltura dal “Teatro dell’assurdo” al “cinema dell’assurdo”, mettendo in scena il confronto tra due sguardi: quello (opaco) del protagonista, incarnato da un inedito Buster Keaton ormai al crepuscolo della sua vita, e quello (nitido) del regista che osserva il percorso del primo, seguendone tutti i movimenti quasi come se ne fosse l’ombra. E infatti alla fine la soggettiva del regista e quella di Keaton collimeranno: il primo non è altro che la proiezione del secondo, la sua coscienza inorridita dalla miseria del presente, che ha preso il posto di un passato fastoso, “abbruttendolo” agli occhi propri e di chi si imbatte in lui. Keaton vuole eliminare ogni traccia di sé, cercando di sfuggire per sempre allo sguardo altrui (anche degli animali e degli oggetti inanimati). Ma alla fine tutto risulterà vano: non si può scappare dal proprio passato e soprattutto dalla propria coscienza di sé. Meravigliosa la sequenza finale in cui l’occhio della cinepresa gira vorticosamente nella camera al cui centro si trova il protagonista (fino a quel momento ripreso di spalle), fino a quando non gli si posiziona davanti immedesimandosi nello stesso.
Il cortometraggio si apre e si chiude emblematicamente con il primo piano di un’iride.

Gruppo COLLABORATORI Zero00  @  04/04/2008 18:23:37
   10 / 10
Questo è un capolavoro, questo è cinema, ma nel vero senso della parola: questo corto è una metafora, una rappresentazione del cinama, in cui cui grande importanza ha la camera da presa e i suoi movimenti. Buster Keaton come non lo si è mai visto e alla regia un certo Samuel Beckett, che è tutto dire.

ds1hm  @  27/12/2007 15:09:20
   10 / 10
incubo o sogno....sono frammenti di cinema inarrivabili, fulminanti ed intensi che regalano a chi osserva una discesa spianata nel buio dell'esistenza umana. titolo sublime, indefinibile come le ombre di questo cortometraggio.
da vedere....da custodire....da preservare come cose preziose che nessuna "tecnica" cinematografica moderna potrà eguagliare, pellicole senza artifici.....semplicemente FILM.

3 risposte al commento
Ultima risposta 08/06/2008 13.30.25
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