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Film a episodi diretto dai fratelli Coen da cui era lecito aspettarsi di piu'.
Simpatici e drammatici allo stesso tempo i primi due episodi che ritengo i migliori. Troppo lungo quello della carovana dove salvo solo il finale.
I dialoghi sono la vera forza del film, e vorrei ben vedere, ma spesso ci si distrae ripensando alla storia precedente.
Nel complesso un prodotto che vale la pena di vedere per alcune genialate sparse qua e la' in quasi tutti gli episodi ma nel complesso è un po' stancante.
L'ultimo Coen, almeno di quelli fatti assieme, è un discreto western ad episodi, che funge da raccolta antologica per il genere, ha sicuramente tanti pregi, a partire da una raffinata base tecnica, fino alla curatissima scenografia e un cast dai nomi altisonanti sparpagliato per i vari episodi, l'opera nel suo insieme sembra voler essere un ennesimo omaggio dei registi al genere, mostrando con stili e soggetti diversi una sorta di sfilata dei principali topos del vecchio west. Così tramite una cornice letteraria, ci introducono a diversi episodi, dalla natura abbastanza differente, si passa dai primi due episodi colmi di ironia, addirittura il primo, che poi dà il titolo a tutto il film sfocia spesso e volentieri anche nel musical, che possono rimandare allo spaghetti western, con una rappresentazione della morte e della violenza tendenzialmente caricaturale, così come può esserlo il personaggio di Buster Scruggs stesso, nel suo ruolo da pistolero - quasi - infallibile.
I successivi episodi sembrano invece proporre un ritorno al western classico, sia quello riguardante Neeson alle prese col suo fenomeno da baraccone, che quello con Tom Waits cercatore d'oro, entrambi mi hanno ricordato un po' quelle pellicole con tematiche di avarizia e introspezione dell'oscuro animo umano che potevano essere trattate da diverse opere di Anthony Mann, ma anche Daves - "The hanging tree" - o Huston - "The treasure of Sierra Madre" che probabilmente viene citato esplicitamente dell'episodio del cercatore d'oro - ben più seriose e lontane dall'ironia dei primi due episodi, così come aumenta esponenzialmente il realismo e la recitazione si fa più sentita e meno caricaturale.
Gli ultimi due, meno collocabili, sembrano omaggiare più il western fordiano, il primo riporta in voga lo scontro con gli indiani e la dura sopravvivenza in un west insidioso, che non agevola le condizioni di vita, il secondo dai toni inaspettatamente più gotici e macabri ha l'abilità di catalizzare l'attenzione in acuti dialoghi non uscendo mai dall'ambiente della carrozza.
Alla fine ne risulta un western dagli episodi molto eterogenei, che spazia tra ambientazioni, personaggi, stili, tematiche, non l'ho trovato particolarmente geniale ma ha dei buoni momenti, alternati da altri che sembrano un po' stagnare su se stessi, comunque anche grazie ad un'ottima tecnica risulta godibilissimo.
Sì, oggettivamente poca roba rispetto agli standard dei Coen. A distanza di tempo, resta davvero poco, ho giusto vaghi ricordi dell'episodio con Neeson.
Bella l'idea degli episodi. Al posto che trattare i personaggi insieme, in una sorta di macedonia/minestrone western, spacchettare il film in episodi dà una maggiore caratterizzazione ai personaggi. Gli episodi consentono di svolgere storie diverse, ma tutte accomunate da un senso di ironia (critica forse è + aderente) nei confronti del filone western.
Sei racconti tratti da un libro che all'inizio di ognuno ci presenta la storia con un'immagine simbolica e le prime frasi dello stesso. Il selvaggio west descritto alla maniera dei fratelli Coen, i pistoleri, gli indiani, le carovane ed i cercatori d'oro. Bellissima la fotografia e suggestive le locations. Mi sono piaciuti un pò tutti i capitoli in particolare "Il Canyon Tutto D'Oro" con un perfetto Tom Waits e "Vicino Ad Algodones" con il rapinatore maldestro James Franco. Il meno interessante senza dubbio quello conclusivo "Le Spoglie Mortali" che vira allegoricamente sul sovrannaturale e c'entra poco con gli altri. "La Giovane Che Si Spaventò" la prima parte un pò lento ma grazie a "President Pierce" si ravviva nella parte finale. Lo sfruttatore e senza scrupoli Liam Neeson in "La Pagnotta" ci mostra come sia meglio una gallina oggi che un uovo domani...
Se la morte non fa sconti a nessuno, allora non è chiaro se sia più corretto che le storie si succedano intercambiabilmente così come la loro ventina di film o se sarebbe stato meglio soffermarsi solo s'una dando allo spettatore la possibilità d'identificarsi non con un'atmosfera metafisica ma con un singolo destino. Ancor meno chiaro è perché i Coen godano fin dall'inizio a sciorinare la loro misantropia, quasi che volessero attribuire a noi e al nostro brutale abbrutimento la causa della mortalità invece del contrario.
L'episodio del cercatore d'oro vale l'intero film, e da solo vale 9, per la particolare magia tra il favolistico e il metafisico che riescono a creare i Coen, in parte casualmente. A tutti gli altri do un voto più basso ma con sprazzi notevoli. Il pistolero cantante, quello dell'impiccato, il freak, la carovana, il viaggio in diligenza. Il pistolero è divertente, come anche quello con Franco. Quello dell'impresario teatrale è riuscitissimo per gli attori e la resa di certi dettagli drammatici, ma i dialoghi e i canti (anche nel resto del film) sono troppo lunghi. Quello della carovana è buono, ma in sordina, come tanti film dei Coen. Il più debole per me è l'ultimo.
Il film ad episodi dei fratelli Coen prodotto da Netflix è il classico film che funziona appunto ad episodi, sicuramente il primo dedicato appunto al protagonista è un piccolo gioiello di humor, violenza e musica, assolutamente adorabile, in cui c'è un epilogo duro in linea con l'atmosfera delle storie. Vicino ad Algodones è una metafora sul destino che rivela come sia crudele anche con chi è innocente. La pagnotta è sicuramente molto particolare, l'idea del Tordo senza ali, un ragazzo praticamente ridotto ad un torso umano con la testa che tramite il suo monologo e la sua condizione scatena la pietà degli spettatori che versano l'obolo per lo spettacolo, sfruttato dall'impresario interpretato da un convincente Liam Neeson fino a quando non trova un attrazione meno costosa e più convincente: un pollo. Il canyon tutto d'oro è un episodio che si avvale della presenza di Tom Waits, cercatore d'oro alla ricerca della vena d'oro perfetta, per quanto mi riguarda l'episodio perfetto, un singolo uomo che si muove nella natura incontaminata, scoprendo una valle perfetta, attraversata da un fiume, dove con fatica e metodo scavando e filtrando l'acqua del fiume si imbatte alla fine nella vena d'oro perfetta, lo scontro con un cowboy sciacallo porta il protagonista
a fingersi morto, eliminando il rivale per poi dopo aver riempito i sacchi di pepite enormi andarsene per la sua strada, lasciando alla natura di nuovo lo spazio intero della valle, senza nessuna presenza umana, altra metafora della vita.
La giovane che si spaventò è un pò debole secondo me, però la seconda parte che coinvolge gli indiiani rialza l'interesse, soprattutto per il finale non lieto. L'ultimo episodio le spoglie mortali è risultato il più debole, vuoi per l'idea sul soprannaturale che sinceramente non mi ha convinto del tutto, comunque a parte l'ultimo La ballata si rivela un film ad episodi interessante, che va preso in considerazione, soprattutto perchè reinventa il genere western in maniera non scontata.
I fratelli Coen ripercorrono la storia americana raccontando la frontiera nelle sue varie declinazione geografiche. Lo fanno mescolando generi e stili cinematografici (l'ambientazione è western ma si passa con agilità dalla commedia allo black humour, dal dramma al grottesco). Il risultato è quello di un'opera interessante e anche spassosa, sebbene alcuni episodi sono più riusciti di altri (ho trovato quello del menomato il meno riuscito). Minimo comun denominatore delle storie raccontate è la violenza e lo sfrenato individualismo che ha caratterizzato (caratterizza) la storia americana: sono tutte storie di violenze, tentativi di arricchimento, ruberie (anche le uove di gufo!), risvolti tragici. Un pastiche coinvolgente senza però avere quella forza poetica e drammatica che ha contraddistinto le precedenti grandi opere dei fratelli, ormai da un po' di tempo tarati su uno standard di buoni film che non riescono più a toccare le vette che furono. Nota di demerito stavolta per la fotografia: quella di Delbonnel è talmente sparata e esibita in molti punti che sembra praticamente di guardare un film visivamente finto.
Uno spassoso mix di dramma, fiaba, poetica ed ironia, in salsa western. Sei episodi, uno meglio dell'altro, ben diretti e ben interpretati. Ottimi soggetto, sceneggiatura e fotografia. Due ore abbondanti di divertimento, sogno ed ammirazione.
Ero partito con grandi aspettative perché è un film dei fratelli Coen. Bella l'idea ma mi hanno convinto solamente 2 degli episodi proposti (quello con James Franco, quello della carovana e soltanto a metà quello del cercatore d'oro). Per il resto, un film inconcludente che avrebbe dovuto essere più incisivo.
Western a episodi che alterna momenti classici del genere con altri più beffardi conditi da humor nero. Regia e interpreti sono affidabili, manca un po' il ritmo in alcune circostanze dove la ripetitività e l'eccessiva durata fanno perdere un po' di fascino alla storia in corso, ma tutto sommato è un prodotto godibile, coinvolgente quanto basta per meritare un voto positivo.
Chi mai poteva azzardare, nel 2019, di girare un film western addirittura ad episodi? Solo i fratelli Coen onestamente, che dopo "Il Grinta" tornano sulle piste polverose del west con sei storie diverse che abbracciano le tematiche e gli stereotipi classici del genere ( dal cowboy infallibile al cercatore d'oro, all'assalto alla banca alla compagnia di mormoni in viaggio verso l'Oregon c'è proprio tutto ). Il primo episodio quasi musical con il pistolero dandy Buster Scruggs è il più riuscito e mi aveva fatto sperare, per il prosieguo, a qualcosa di meglio. Gli altri racconti hanno invece più bassi che alti, tuttavia sono accomunati dalla meravigliosa fotografia naturalistica di Bruno Delbonnel, che spesso prende il sopravvento sulle storie. Nel complesso il film risulta essere abbastanza scorrevole e ben diretto; ma se il tentativo dei fratelli era quello di ringalluzzire un genere ormai messo in naftalina da troppo tempo, la mission non la si può considerare riuscita.
Buon film, forse non il migliore dei Coen, ma di sicuro in grado di soddisfare le aspettative.
Personalmente non credo che il film si proponga come western, ma come serie di racconti favolistici che lasciano comunque posto a un'acuta analisi del genere western. Si possono scorgere i tatti dello spaghetti-western, del mito della frontiera, della corsa all'oro, del western classico e di quello revisionista. Lo spettatore fin da subito (con il libro che si apre e il protagonista che si rivolge direttamente alla camera) dovrebbe capire che ciò che sta per vedere non deve essere preso sul serio, ma con leggerezza, la stessa di un bambino che ascolta una favola. Infatti proprio come una favola il film deve essere interpretato. L'abilità dei Coen si vede in questo caso nell'associare il genere favolistico (quasi di derivazione biblica) ai molteplici aspetti del western, mantenendo sempre e comunque lo stile inconfondibile che caratterizza la loro intera filmografia.
Lampi di genio qua e là (il finale dell'episodio con Franco, il finale dell'episodio con Neeson, il dialogo nel calesse dell'ultimo episodio), le solite morti fuori scena, ma l'insieme è veramente poca cosa se paragonato agli standard dei Coen. Interessante comunque la commistione tra favola ebraica (già esplorata dai Coen in A serious man) e mondo western, con la morte a fare da filo conduttore. Sarà per la prossima volta.
Il peggior film dei Coen tra quelli che ho visto. L'idea antologica basata sul western mi intrippava, ma ogni storia risulta deludente, guardi le prime due sperando che poi migliori, ma alla fine risultano le migliori del lotto (soprattutto la seconda). Finiscono pure per annoiare nonostante la breve durata (circa 20 minuti ad episodio). Un buco nell'acqua per quanto mi riguarda di questi due registi che di solito il buon film lo fanno sempre.
Non ho mai amato i Coen e questo pseudo-western, che di western ha molto poco, non fa eccezione. Diviso in episodi, super citazionista e di una durata non indifferente non entusiasma mai se non incuriosendo con qualche riflessione nemmeno così degna di nota.
Film a episodi molto "Coen", dove le loro riflessioni sulle assurdità della vita vengono collocate in un far west meravigliosamente fotografato. I vari episodi hanno temi ed animi molto diversi, ma su tutto regna una grande malinconia. L'epica americana sullo sfondo, e in primo piano le miserie e le sfortune di piccoli protagonisti di quel tempo.
Altra fatica dei fratelli Coen concentrata sul West dopo Il Grinta. La struttura del film è particolare, e questo per me costituisce un pregio anzichè un difetto. 6 storie totalmente slegate fra loro accumunate solo dalla locations: il vecchio "far" West. Ciò che ne deriva è una pellicola godibile e piacevole, dalla fotografia sublime e sapiente che ne cattura l'essenza, i colori perfino gli odori quasi. I personaggi sono in pieno stile Coen, andiamo dal cowboy gradasso e spaccone, al concentrato cercatore d'oro passando per il fuorilegge canterino, il cinico teatrante ambulante e il conduttore di carovane navigato accompagnato dall'ambizioso partner più giovane. Personalmente a me è piaciuto parecchio, le storie in sè sono tutte significative e trasmettono qualcosa di profondo e non sempre immediato. Musiche azzeccate che cambiano e si presentano in ogni novella, dando al film un tono sempre allegro. Non sarà di sicuro il capolavoro dei fratelli Coen ma a mio avviso merita assolutamente di essere visto e apprezzato!
raccolta di spezzoni di vita quotidiana nel west.. I Coen partono dal presupposto che il west sia una gigantesca finzione e elaborano il film in episodi ironici,drammatici,violenti,cinici e grotteschi. Risultato buono non al livello dei loro migliori ,un buon merito va anche alla fotografia bellissima che avvolge lo spettatore catapultandolo nel pieno dell'azione .
Dalla demenziale caricatura del cowboy alla cura nel dettaglio. Per quanto sia arcinota l'assenza di definizione per i film scritti e diretti da Joel ed Ethan Coen, THE BALLAD OF BUSTER SCRUGGS può vantare di essere il più schizofrenico dei loro capolavori, sebbene il caso, che ha spintonato il film da un formato televisivo ad uno cinematografico, ne sia la principale causa. Ma d'altronde la filosofia dei fratelli Coen è quella dello scagliarsi dell'imprevedibile sull'esistenza, cioè quello che avviene quando durante la visione si è colti impreparati nello stravolgente passaggio da un episodio all'altro, con balzi narrativi raccontati in una maniera sopraffina, intelligente e originale che bacia lo stile da cantastorie dei due registi e trasforma il western in una favola mitologica. Cowboy, saloon, poker, duelli, rapine in banca, indiani, cacciatori d'oro, impiccati, circensi, carovane, diligenze, e tutti gli altri cliché del genere vengono calati di peso in un bignami dell'intero immaginario cinematografico del far west il cui risultato sono non una ma sei diverse versioni post-moderne del genere, tutte e sei pressoché mai viste e che, nonostante tutto, trasudano amore verso l'America di frontiera. Il discorso sulla varietà trova senso nei diversi modi in cui ogni aspetto semi-storico di quel mondo è arrivato a noi, filtrato dal tempo, dagli ideali e da un romantico racconto artistico secolare. In un profondo scorrere di malinconia, i Coen racimolano i rudimenti del wetsern e fanno in un solo film quello che hanno fatto col noir in un'intera carriera. Sei storie formalmente perfette e cinematograficamente interessanti bastano a renderlo un film a episodi capolavoro, uno dei pochi nella storia del cinema, ma non può passare in secondo piano l'introduzione e la conclusione dei racconti mediante prologo ed epilogo anche figurativi, un'idea semplice che apre l'episodio incuriosendo e lo conclude riassumendo, dando forza a ciò che si vedrà e a ciò che si è visto, sempre all'interno di uno stile saggio e ammaliante che racconta con nostalgia qualcosa che necessita di essere tramandato.
Piacionata dei Coen che, d'altronde, non di rado, indulgono all'autocompiacimento. Sufficienza per via della splendida fotografia di Delbonnel che non fa rimpiangere un mostro sacro come Roger Deakins.
Non sono mai stato un grande estimatore del cinema dei fratelli Coen , stavolta è andata un pochino meglio , forse per l' ambientazione western , genere che io prediligo particolarmente . Questo film consta di sei episodi di circa 20 minuti ciascuno , totalmente slegati tra loro , accomunati solo da bellissime locations e da una fotografia superlativa di Bruno Delbonnel , oltre che dal gusto sardonico , cinico e grottesco tipico dei fratelli Coen . Anche se non nuovissima , carina l' idea di presentare ogni episodio con un incipit ed una illustrazione a colori , come se fosse tratto da una classica raccolta di racconti di una volta . Il mio gradimento personale dei vari " capitoli "è ovviamente diversificato : diciamo che ho apprezzato maggiormente quelli con più azione , nel più tipico stile western . E quindi il primo racconto ( quello che dà il titolo al film ) , solare , scanzonato e divertente ( anche se avrei evitato l' angioletto ! ) più di quello tetro e cinicissimo del " tordo senza ali " . Quello ironico con un ingenuo James Franco ( nobilitato da un fulmineo attacco indiano ) più di quello bucolico e quasi elegiaco con Tom Waits nell' incantevole valle incantata . Quello beffardamente crudele (e forse il più realistico ! ) della carovana di pionieri verso l' Oregon ( con un altro bellissimo , classico attacco Comanche ) più di quello goticheggiante della diligenza carontica . Cast assortito e ricco di facce note , tra le quali si fanno notare maggiormente Tim Blake Nelson , Tom Waits e Zoe Kazan , oltre alla " rediviva " Tyne Daly . Probabilmente questa pellicola è stata per i due fratelli del Minnesota poco più di un elegante " divertissement " , ma a me è piaciuta più di alcuni loro films più celebrati ... e quindi gli do 7 .
Sei racconti dal Far West firmati dai fratelli Coen. Alcuni racconti (i primi due, ma anche l'ultimo) puntano decisamente sull'ironia, mentre altri hanno un taglio decisamente più drammatico. Produzione curata e pellicola assolutamente godibile.
Sicuramente vale la pena vederlo, tuttavia una visione è più che sufficiente. Diverse storie che riprendono i tempi classici western con il tocco dei Coen, anche se neanche troppo. Magnifica la fotografia, si merita l'oscar di diritto. Pochi film oggi giorno hanno una fotografia cosi curata e affascinante.
Sembra quasi un bignami del selvaggio West, visto con l'occhio dei fratelli Coen e il loro tipico umorismo nero. Col poco tempo a disposizione non si poteva fare molto di più, ma il risultato è decisamente riuscito, essendo alla fine più di un esercizio di stile. Fotografia stupenda.
Sei episodi che in qualche modo raccontano la storia di un intero genere, quello western. Un viaggio a ritroso nel tempo che inizia dai primi due, marcatamente dal carattere spaghetti, fino alla sua classicità alla John Ford, gli ultimi due episodi in particolare. Il tutto comunque filtrato dalla personale visione dei Coen, fatta da dialoghi brillanti nella volontà di destrutturare il genere e quel marchio di pessimismo marcato, caratteristica peculiare della loro filmografia. Parlando di western, personalmente ritengo che le cartucce migliori siano i due primi episodi, senza tuttavia sminuire eccessivamente gli altri. A mio parere non è uno dei loro migliori film, comunque meritevole di una visione.