l'uovo del serpente regia di Ingmar Bergman USA, Germania 1977
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l'uovo del serpente (1977)

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locandina del film L'UOVO DEL SERPENTE

Titolo Originale: THE SERPENT'S EGG

RegiaIngmar Bergman

InterpretiLiv Ullmann, David Carradine, Heinz Bennent

Durata: h 1.59
NazionalitàUSA, Germania 1977
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 1977

•  Altri film di Ingmar Bergman

Trama del film L'uovo del serpente

Berlino, 1923. Due acrobati americani vengono irretiti da uno scienziato folle che anticipa i terribili esperimenti medici dei nazisti. Bergman nella già folle Germani pre-Hitler.

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Voto Visitatori:   7,03 / 10 (19 voti)7,03Grafico
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Voti e commenti su L'uovo del serpente, 19 opinioni inserite

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Filman  @  03/12/2020 12:28:16
   8½ / 10
THE SERPENT'S EGG è sicuramente uno dei migliori film sul nazismo, originale nella sua prospettiva decisamente insolita, volta a illuminare l'odio verso gli ebrei nella sua fase recondita e crescente, in una società piegata e arrabbiata che covava il nazismo.
Grande assente è un filo conduttore o un genere in grado di cucire le angoscianti e tetre situazioni che coinvolgono il depresso protagonista. Ingmar Bergman dirige così questi meravigliosi isolati indizi di un mondo ai limiti dell'orrore carnale e psicologico.

Zanibo  @  01/02/2014 10:39:20
   9 / 10
Il film ha un'atmosfera inquietante e surreale, ma i continui agganci "profetici" ai futuri orrori della seconda guerra mondiale, fanno si che uno non lo possa prendere alla leggera e si ha la sensazione di una inesorabile discesa agli inferi.

JOKER1926  @  02/05/2013 19:03:26
   5½ / 10
Ingmar Bergman è ricordato, giustamente, come una delle varie "roccaforti" del Cinema; nel 1977 il regista è padre di un'altra produzione, "L'uovo del serpente", dopotutto si tratta di un lavoro cinematografico meno famoso degli altri della regia. Ma è la stessa regia, comunque, a portare in alto, anche attraverso dichiarazioni postume, tale film. Per Bergman il prodotto del '77 è sponsorizzato come il film più "sentito". Per i critici, insomma, si apre uno spaccato di critica abbastanza complicato.

"L'uovo del serpente" si scompone ,in modo evidentissimo, su una lunga e tetra scia di critica circa la politica nazista che nel film si carpisce totalmente; viene, a più riprese, citato Adolf Hitler nel nome, secondo la regia, della sciagura di un popolo…
L'alone emanato da Bergman è di quelli pesanti, varie sono le cose che emergono dal film: depressione, delusione, morte e orrore.
Questa ultima componente, quella inerente all'orrore, è più psicologica che pratica.
A questo punto, sicuramente, "L'uovo del serpente", si autocelebra come pellicola chiusa e pesante. A tratti emergono le situazioni di nevrosi di Zulawski e l'effetto sembra essere palese, l'inquietudine domina soavemente.
Agli occhi di chi osserva il tutto, però, traspare, alquanto facilmente, un grigiore di contenuto e di elaborazione troppo carico, difficile da apprezzare. I ritmi si arrestano ad una lentezza mastodontica, la sceneggiatura fa gran parte del lavoro; la storia si smarrisce quasi sempre e cerca, invano, di darsi un senso in un finale suggestivo. "L'uovo del serpente" è polemica e simbolo ma scena troppo oscura e mortuaria.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  19/10/2012 10:40:15
   8 / 10
Non lo considero neanche per idea un minore di Bergman; figurarsi poi brutto!
Ma è senza dubbio una delle sue opere più atipiche: vedi il grandissimo uso di esterni che lo svedese ha utilizzato, scelta necessaria perché (e anche questa è una particolarità per lui) il film è storicamente e geograficamente delineato, anzi la Germania anni '20 è il fulcro centrale della sceneggiatura.
Lo stile del regista svedese è comunque riconoscibile nel rapporto di coppia cosi ben diretto tra il protagonista Carradine e la cognata vedova Ullmann, nella deriva che prende il protagonista, e nelle sequenze orchestrate con una maestria insuperabile (specie il discorso dello scienziato nel finale).
Non sono d'accordo invece con lo stesso Bergman quando parlava de "L'uovo del serpente" come del film più forte che avesse mai fatto; è certamente inquietante, da brividi quando si capisce dove vuole andare a parare e le atmosfere kafkiane labirintiche e grevi sono perfette (merito anche della fotografia bellissima) ma continuo a considerare altri suoi film molto più spaventosi di questo (Persona, L'ora del lupo, L'immagine allo specchio).
E pur raccontando strettamente di orrore proprio è lontano dall'horror, o comunque se lo è sicuramente i tre film citati più su ne gli sono superiori in tal senso.
Altro elemento estraneo è la scelta di Carradine, che si rivela comunque bravo nel complesso ruolo di un alcolista ebreo, specie quando poi diventa egli stesso il Serpente del titolo...
"...nitido e preciso: proprio come l'interno dell'uovo di un serpente. Attraverso la sottile membrana esterna, si riesce a discernere il rettile già perfettamente formato." Sta qui il senso ultimo di un film forse sottovalutato e non capito nella sua lucidità ed intelligenza storica, un'opera che racconta la genesi del nazismo con una coerenza cinematografica che pochi altri sono riusciti a seguire (e pensiamo appunto alle scene di esterni di quella Germania umiliata e horror, con cavalli scuoiati per strada, poveri a chiedere elemosina, giovani in divisa e fischietto che massacrano ebrei).
Pensandoci bene ci vorranno 32 anni prima che un certo Michael Haneke ci faccia vedere il suo uovo di serpente cinematografico.

Manticora  @  28/08/2012 18:16:36
   8½ / 10
Ingmar Bergman un regista poliedrico e complesso, che ha saputo affrontare praticamente tutte le tematiche dei problemi del genere umano, un autore che sto riscoprendo, soprattutto quando riesco a vedere per caso film che neanche sapevo esistessero nella sterminata filmografia del regista svedese. Un film angosciante, livido, opaco, sulla miseria, l'indifferenza, la solitudine, in cui la coppia Ullmann e Carradine va alla deriva in quello che si rivelerà qualcosa di abominevole, un esperimento di lucida follia e crudeltà. Il tutto mentre la società tedesca si sfalda, a Berlino i nostri protagonisti cercano di arrabbattarsi a vivere, ma il degrado sociale e umano li spinge verso il baratro, mentre l'inflazione galoppa, uomini e donne cercano di sopravvivere, anche staccando la carne da una carcassa di cavallo abbandonata per strada. La Repubblica di Weimar è al suo apice, ma già i nazisti strisciano da dietro gli angoli, irretiti dal caos, pronti a sfruttare ogni occasione per avvelenare una società già malata. Aggressioni agli ebrei, in un terribile esempio di violenza, nella paura e indifferenza generale, mentre Carradine si stordisce con il gin. L'epilogo spietato è terribile sembra quasi horror, in un climax Carradine scopre di essere stato una cavia, privato della sua volontà, nell'allestimento degli esperimenti medici

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Portando alla disperazione, alla rabbia e alla follia i pazienti, volontari ma senza esserlo veramente....
La morte è l'unica liberazione, perchè nessuno si ribellerà come dice il folle medico.
"li guardi, non reagiranno, non faranno niente, sono prigionieri della loro indifferenza, pronti a seguire la prima bandiera che gli sventolerà davanti, senza volonta."
E sarà la croce uncinata che li renderà schiavi, mentre il mondo precipita nella guerra.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  30/03/2011 22:39:06
   7½ / 10
E' forse il film più cupo e spaventoso che abbia mai girato Bergman. E' pure il film più "politico" del regista, dove prende decisamente e con forza le distanze da ideologie di natura razzista e anti-umanista.
Fin dalle prime immagini silenziose in bianco e nero al ralenti di volti di gente comune che cammina si ha come la sensazione di straniamento, angoscia, spersonalizzazione. Come nel film "La vergogna" si vuole indicare che gli individui presi in sé sono solo oggetti senza valore, senza identità, senza dignità, vittime di forze, eventi, idee su cui non hanno il minimo controllo e che possono solo subire.
La storia si svolge a Berlino durante i tristissimi giorni del 1923, quando la moneta perse completamente valore, regnava la paura, il panico e la sensazione di disastro imcombente. Era la Germania di Brecht, dei quadri di Grosz e Kokoschka: pochi ricchi e tanti poveri, mendicanti, prostituzione, violenza e rassegnazione, senso di impotenza.
E' questa atmosfera tetra, claustrofobica, di disgrazia collettiva a cui nessuno sfugge che domina dalla prima all'ultima scena. Bergman si adegua ai gusti "liberali" e dark del tempo (i tardi 70) e infarcisce il film fin dall'inizio di scene e immagini al limite del gore, piuttosto insolite per la sua filmografia. Dove non viene apertamente mostrato, viene raccontato e l'effetto non è meno orripilante e angosciante.
I protagonisti ricalcano quelli di tanti altri film di Bergman, sono cioè artisti disoccupati o in decadenza. Sono ritratti però in maniera più "degradata" del solito. Abel (un David Corradine fuori parte) si ubriaca di continuo e fa vita scioperata, frequentando i bassifondi di Berlino. E' un carattere che non disdegna opportunismi anche a danno di chi si prende cura di lui (come il protagonista di "La vergogna"). Insomma nemmeno lui è esente dalla decadenza generale. Se c'è un carattere buono è quello di Manuela (Liv Ullman), buona, altruista, subisce umiliazioni ma non smette di sorridere, di essere gentile, di aiutare. Ma anche lei però ad un certo punto non regge la tensione (la solita insonnia e le cose che vanno sempre peggio) e scoppia in uno sfogo isterico. E' una situazione già vista nei film con la Ullman e Max von Sidow.
Di diverso c'è però l'ambiente che li circonda, il vero protagonista del film. C'è una Berlino tetra, cupa, impoverita, impaurita, preda di fanatismi e violenze contro gli ebrei. C'è la polizia impotente a mantere l'ordine ma che perseguita e vessa il singolo cittadino. C'è infine l'inquietante, labirintica e rabbrividente clinica del dottor Vergerus.
Nel finale il film (che spesso si è perso in scene interlocutorie) ha una specie di impennata e diventa decisamente horror. Ci sono discorsi, immagini, scene che non si scordano. Ancora una volta Bergman ci ricorda che tutto (scienze, politica, destini collettivi) è nelle mani di un essere debole e imperfetto quale quello umano, il quale spesso rincorre sogni folli dove la sete di conoscenza e di potere si trasforma in morte e dolore. Il dottore, che studiava e filmava persone sottoposte a situazioni estreme e orribili, si suicida guardandosi allo specchio per studiare le proprie reazioni. E' una scena che non dimenticherò mai. Anche la mdp (con il suo voyeurismo latente) viene quindi messa sul banco degli accusati come complice della follia umana.
Il film lascia addosso un'angoscia fortissima, è carico di avvertimenti, di presentimenti di catastrofi, di distruzioni. E il presente non è certo rassicurante!

marfsime  @  27/10/2010 15:26:58
   6 / 10
Sicuramente uno dei meno conosciuti e apprezzabili di Bergman..un film abbastanza monotono che risulta anche eccessivamente lungo (quasi 2 ore) per ciò che vuole mostrare e dire. Le vicende vivono situazioni di alti e bassi in cui spesso si finisce per annoiarsi..troppi momenti morti o situazioni ripetitive (il Carradine spesso ubriaco o le "crisi" tra lui e la Ullmann). Si risolleva in parte nel finale quando la vicenda viene svelata nella sua completezza e a tal proposito è bello anche il discorso finale del dottore promotore degli esperimenti. Complessivamente alla sufficienza c'arriva..ma se volete esplorare il mondo di Bergman consiglio altre pellicole.

Dosto  @  18/08/2010 11:18:18
   3 / 10
Il peggiore di Bergman...di una noia mortale, i personaggi si muovono a caso, di questo film non salvo quasi niente. Solo il finale, in minima parte, si fa ricordare ma veramente nulla di che.

Invia una mail all'autore del commento EnglishRain  @  20/08/2009 15:01:54
   5 / 10
Tremendamente noioso. La trama è interessante ma con dei limiti. Il finale non mi è piaciuto per niente..

dave89  @  12/06/2009 10:39:57
   8 / 10
film poco conosciuto di bergman ma cmq bel film

andreacinico  @  29/04/2009 12:24:56
   7½ / 10
Questa volta mi sono trovato leggermente spaesato nel riconoscere come autore di questo lungometraggio il grande Ingmar Bergman.
Certo, alcuni elementi non lasciano dubbi come la sempre bellissima fotografia del fidato Sven Nykvist (creatore, nello specifico, di atmosfere cupe ed angoscianti), la presenza di Liv Ullmann (una delle attrici feticcio del regista) e le tematiche filosofiche e psicologiche tanto care a Bergman.
Però, in questo caso, sembra insinuarsi un tessuto narrativo di più ampio respiro venendo, quindi, a mancare quei momenti più contemplativi sulle immagini tipici della sua filmografia.
Quasi un film dell’orrore a detta dello stesso autore, dove però l’orrore è l’argomento trattato cioè una Germania in crisi che si avvia verso l’inevitabile avvento nazista (anche se nel film nessuno dei personaggi ci crede ed, anzi, la figura di Hitler viene trattata in maniera piuttosto ironica).
Sembra quasi che Bergman voglia trasmetterci l’angoscia di quel periodo storico utilizzando anche gli espedienti del cinema tedesco di quegli anni, quindi attraverso un espressionismo ben riproposto dalle luci tagliate di Nykvist.
Altro riferimento potrebbe essere l’opera di Kafka soprattutto nella sequenza in cui il protagonista viene condotto tra i labirintici corridoi della clinica per svolgere un lavoro di archiviazione assurdo! Probabilmente le situazioni surreali in cui si ritrova il signor K. nel romanzo “Il processo” trovano il corrispettivo nelle vicende legali che coinvolsero e sconvolsero Ingmar Bergman per molti anni a partire dal 1976.
Nonostante lo stile anomalo per l’autore, la pellicola riflette bene il pericolo di diffusione di ideologie antiumane e come sia facile, per una società, avviarsi verso tale male partendo da un’intolleranza nei confronti del “diverso”.

Gruppo COLLABORATORI Compagneros  @  20/04/2009 12:14:56
   7½ / 10
Non è certo uno dei migliori lavori del grande Bergman ma è comunque un buon lavoro.
Molto angosciante dall'inizio alla fine con ambientazioni che calzano perfettamente.
Spiega bene la situazione molto disagiata della Germania, una situazione che permetterà il folle regime nazista.
Buon film, da vedere per gli appassionati del cinema d'autore.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  06/01/2009 00:36:54
   8 / 10
Anche se viene considerato un film "minore" di Bergman è pur sempre un film di Bergman!
E a me è piaciuto come molti altri suoi film...non ho visto delle pecche particolari!Anzi mi ha coinvolto dall'inizio alla fine questa vicenda che si svolge negli anni 20' ma e' una chiara metafora su quello che succedera' molti anni piu' avanti con la seconda grande guerra!
Da ricordare il monologo del professore non tanto pazzo in realta'!

"Quei ragazzi tramuteranno la rabia in odio!"

Invia una mail all'autore del commento wega  @  20/10/2007 09:33:30
   9 / 10
io invece l'ho trovato molto bello,certo forse uno dei film meno conosciuti del regista,meno importanti,ma è sempre comunque uno sguardo alla germania anni '20 dove un pacchetto di sigarette costava 3miliardi di marchi,dal punto di vista di bergman,quindi con un'attenta analisi interiore dei protagonisti a dispetto della denuncia in sè che probabilmente verteva questo film.Una logica spiegazione,storicamente non so se reale,di quello che avverrà in seguito con hitler.Un punto in più alla ancora una volta superba fotografia di Sven,apprezzabile in sè maggiormente se vista in dvd,(ricordo che il passaggio in tv non mi soddisfece particolarmente per quanto riguarda la fotografia),qui la fotografia è veramente sublime una delle più belle dei film di Bergman,ho sempre sentito che Leone ne tirava fuori i migliori primi piani,beh credo invece Bergman con Nykvist abbia fatto vermente il capolavoro sotto questo aspetto,ancora meglio di Leone.

2 risposte al commento
Ultima risposta 05/01/2009 12.38.51
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  04/08/2007 00:52:40
   6½ / 10
Definito da molti "un incidente di percorso ambientato in Germania", ed effettivamente in questo film è difficile riconoscere lo stile del regista svedese, che emerge solo a tratti.
Quando eravamo ragazzini lo si guardava unicamente con lo scopo di capire quel Bergman che si addentrava in parametri a noi sconosciuti, che forse ci annoiava e che in questo caso, ammettiamolo, ci sembrava un mezzo più fruibile per capirlo.
Comunque nel complesso è un film discreto (insolita comunque la scelta di Carradine) ma un pò troppo confuso ed enfatizzato

1 risposta al commento
Ultima risposta 04/08/2007 00.55.58
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Beefheart  @  14/07/2007 16:28:41
   7 / 10
Una commedia drammatica abbastanza angosciante, firmata da un Bregman meno cerebrotico del solito ma sempre intenso e grave. La storia è ambientata a Berlino, nel 1923, dove imperversa la svalutazione del marco e, mentre un certo Hitler muove i suoi primi passi politico-militari, in un clima di paura generale si manifesta una preoccupante deriva sociale. Particolarmente scabroso è il fenomeno degli esperimenti scientifici sulle cavie umane, portati avanti dai precursori del delirio nazista, nei quali incapperanno inconsapevolmente i protagonisti. Contrariamente a quanto si possa pensare l'effetto più efficace del film non è il raccapriccio per le immagini, o i racconti, delle brutture consumate, ma la mortificazione per la consapevolezza di tutte quelle che avverranno, innumerevoli, atroci ed inevitabili. Infatti, armato di cinismo, spirito di denuncia sociale, fine conoscenza dell'animo umano e senno di poi, il regista non lascia speranze. Cupo (a volte sin troppo buio), oppressivo e disagevole inizia sin da subito a "disturbarci" con atmosfere malsane, sinistre, personaggi vittimizzati, messi all'angolo, spacciati. La percezione che la Storia stia incubando qualcosa di tremendo è palpabile; ecco perchè l'efferatezza degli esperimenti umani, non va oltre alla connotazione di "naturale" evoluzione degli eventi in corso e fatale prologo dei futuri. Indubbiamente la netta prevalenza del cinismo sul dramma fa di questo un film che merita di essere visto. Consigliato.

Crimson  @  14/01/2006 11:59:11
   6 / 10
Tra i film che ho visto del regista, questo è uno dei meno belli. Si perde in particolari futili sul protagonista, piuttosto che mettere in risalto gli elementi di denuncia che comunque appaiono (il tema di fondo non è affatto malvagio), ma solo a tratti. Tra l'altro la Ullmann mi è sembrata decisamente fuori ruolo.
Il finale delucidatorio ma piuttosto prevedibile non risolleva le sorti di questo film "giallo" decisamente poco Bergmaniano, dalla sceneggiatura assai impacciata (ma è di Bergman??).

1 risposta al commento
Ultima risposta 14/01/2006 12.03.26
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Mpo1  @  10/05/2005 00:41:23
   6 / 10
Di tutti i film di Bergman che ho visto, questo è senza dubbio il meno bello e l'unico che non mi sia piaciuto. Girato in Germania e prodotto da De Laurentiis, il film sembra essere un corpo estraneo nella grande filmografia di Bergman. In effetti, se non fosse per la presenza di Liv Ullmann, non sembrerebbe neanche un film di Bergman, ma solo uno dei tanti film degli anni '70 zeppi di orrori nazisti e atrocità varie.
Ci sono tanti grandi film di Bergman da vedere, questo invece si può tranquillamente evitare.

dragonfly  @  16/12/2004 21:55:48
   7 / 10
La grande delusione... Un film ambizioso, che però non riesce a concludersi, a sfondare. Resta a metà tra thriller e denuncia. Bergman non realizza tutti gli aspetti che si era proposto all'inizio, gli attori sembrano alquanto spaesati (veramente deludente la Ullman) e il ritmo è molto altalenante.
Ad ogni modo, è pur sempre un film del grandissimo Igmar, e quindi c'è tutta la sua poetica, la sua cura del dettaglio e si vede spesso la sua mano (mai pesante e sempre attenta all'atmosfera di ogni scena). Un film che inquieta e che coinvolge, ma personalmente è stata una vera delusione.

p.s. mentre soffro con Parma-Besiktas (2-1, maledetto rigore!), ricordo che sta per uscire un nuovo film di Igmar (probabilmente il suo ultimo), che riprende molto Scene da un matrimonio .

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Ultima risposta 23/12/2005 11.22.45
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