La relazione distorta dello scrittore e interprete Richard Gadd con la sua stalker e l'impatto che ha su di lui, che alla fine è costretto ad affrontare un profondo e oscuro trauma sepolto.
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Mini-Serie Netflix di cui si è parlato, giustamente, per settimane. Può sembrare un thriller di fine anni 80 inizio 90, con la stalker che tormenta un bravo padre di famiglia, ma se in Attrazione fatale o in Misery (per citare i casi meglio riusciti) l'attenzione (e la fascinazione) era tutta per l'antagonista carismatica, Baby Reindeer fa un lavoro aggiornato, più interessante: qui il focus (e la fascinazione) è quasi interamente sulla vittima, sulla sua introspezione psicologica. Un uomo fallibile, tormentato, che cade di continuo in errore (errori anche sciocchi se visti in maniera oggettiva). È questa introspezione della vittima degli abusi (attuali o passati, sepolti), senza mai cadere in giudizi o pietismi, senza mai fare victim shaming, a rendere questa serie così interessante, in una contemporaneità in cui sentiamo fin troppo spesso le frasi "Se l'è andata a cercare" o peggio ancora "Perché non ha denunciato prima?".
Si può dire tutto di questa miniserie, ma ti fa percepire lo stalking in maniera così tangibile che quasi lo respiri. Senti il disagio di una vita invasa, in cui il tutto è nato da un puro e semplice atto di cortesia. Ti fa capire il meccanismo in cui lo stesso protagonista Donny attua una specie di percorso autolesionista per paura di perdere l'unica persona che in fondo soddisfaceva il suo bisogno di visibilità e di essere amato. Un bisogno narcisistico pagato a caro prezzo e che ha dei precedenti dolorosi che il quarto episodio farà emergere come un pugno nello stomaco. Poi il bisogno di esorcizzare il tutto, di strappare per sempre quel legame perverso che l'ottimo monologo alla fine del sesto episodio fungerà da catarsi per Donny. Non conoscevo questi attori e devo ammettere che sono eccellenti sia nella recitazione, sia nella scelta delle facce, perfette per ogni ruolo. Un prodotto che sa raccontare, che ti coinvolge, che ti fa anche arrabbiare e che ti colpisce come un maglio al momento giusto. Difficile rimanere indifferenti.
Serie non facile da digerire e che tocca le corde profonde dell'anima, ci sono argomenti trattati davvero forti : si parte dal tema dello stalking ,il cyberbullismo, alle droghe , allo stupro e le molestie...offre ovviamente tanti spunti di riflessione e più va avanti la storia più si va in un crescendo di emozioni; La narrazione profonda e l'interpretazione intensa di Richard Gadd rendono la serie un'esperienza incredibile e sapere che si tratta di una storia vera rende la cosa ancora più terribile e disturbante. Regia incalzante nei ritmi, azzeccata anche la colonna sonora, una serie confezionata molto bene; finale spiazzante e straziante ma allo stesso tempo potente che non lascia indifferenti e lascia riflettere.... Bello!!
Posso solo ripetere quello detto dai colleghi sotto. Il disagio è palpabile, la riflessione a visione ultimata è inevitabile, e ci induce a scavare in noi stessi. Tutto merito della bravura di ogni singolo attore... LE: Lavoro Eccezionale, e perfetto montaggio visivo / sonoro. E' vero che il finale non è convincente al 100%, come se non desse giustizia ai temi finora tratti, però è molto simile alla realtà. Se ne parla ovunque di questo Baby Reindeer... non a torto. Ragazzi, vedetelo.
Una miniserie, ispirata a fatti reali, che ha fatto tanto clamore per via della tematica sensibile ed attuale. E' realizzata molto bene ed interpretata altrettanto bene riuscendo a colpire lo spettatore. Peccato che dopo un inizio riuscitissimo alterni dei momenti meno interessanti ed un finale non proprio entusiasmante. Comunque serie decisamente da vedersi.
Mica male questo "Baby Reindeer", miniserie sulla bocca di tutti in queste ultime settimane e non a torto. il suo più grande pregio è anche la sua più grande s****: è prodotto da Netflix. Per gli standard a cui ci sta abituando negli ultimi anni, è una bellissima ventata di aria fresca che spero faccia bene alla piattaforma e soprattutto ai produttori. Purtroppo le solite netflixate ci sono tutte: se non mettono il trans, il protagonista dalla sessualità dubbia e tutti quei cliché che anche basta, non sono contenti, ma va bene così. Che poi, sia chiaro: il trans va benissimo, Lynch lo faceva più di 30 anni fa in Twin Peaks, figuratevi se è un problema.
Il problema è se in una puntata fai vedere il protagonista che si vergogna ad uscire con un trans e nella puntata successiva frequenta solo trans e froci, perché glielo hanno ordinato i produttori.
Sempre lì andiamo a parare: la sceneggiatura va rispettata, specie in una serie di 7 episodi da 30 minuti cadauno. Capirei fossero 7 stagioni di 22 episodi da 45 minuti, ma così a me personalmente girano solo le palle. Storture produttive a parte, per il resto siamo davvero di fronte ad una serie coi controglioni: fa male, fa schifo, è in grado di farti vivere un disagio palpabile. Con una certa disinvoltura ti fa switchare da sentimenti di compassione ad odio, di fastidio ad empatia verso ogni singolo personaggio. Bravissimi tutti gli attori (meno il trans, sorry: si vede che è buttata lì proprio perché è trans e anche come costruzione del personaggio è chiaramente quella che funziona di meno), scenograficamente e fotograficamente è perfetto, a livello di montaggio è fresco e bello. Guardatevelo, a parte quei due elementi critici, ne vale davvero la pena.