Rèmy, cinquant'anni, divorziato, si trova all'ospedale. L'ex moglie Louise, chiama il figlio Sébastien a Londra per convincerlo a tornare a casa in questo momento. Sébastien prima esita, poi parte per Montreal per aiutare la madre e sostenere il padre.
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Un tema scottante come l'eutanasia trattato con mano delicata e dissimulato in un incontro/scontro tra padre e figlio che fagocita anche famigliari e amici. Pur servito da dialoghi generalmente brillanti esagera spesso nei toni quando parla di sesso e politica ma resta un film intelligente e che sa coinvolgere.
Sicuramente meglio dell'età barbarica .. film che tratta un tema difficile e delicato senza troppa retorica buonista e con una buona dose di autoironia . Parte finale molto commovente e dolorosa . parte centrale invece un pò priva di idee e con qualche situazione forzata . Buona comunque la miscela tra i vari sentimenti dei personaggi il che lo rende un film gradevole e a tratti spiazzante
Film intelligente che tratta con brillante ironia un tema delicato, ma non si limita a ciò, è anche un ritratto sulla società di inizio millennio. Davvero buono.
Difficile da giudicare, un film strano. Pur nella profondità di tematiche però, devo dire che mi ha lasciato troppo fredda. Eppure i dialoghi sono spesso brillanti quando non divertenti (anche se troppo snob forse. ma è l'ambiente stesso ad esserlo, comunque), e non calca la mano sulle lacrime facili ad ogni situazione che ci si poteva ben prestare. Non so, mi è arrivata solo cupezza e angoscia. Ma vuote, senza significato. Meno male che il protagonista era un gran bel personaggio, con cui facilmente empatizzare, a prescindere, e interpretato molto bene.
Il predominante tema che marchia "Le invasioni barbariche" è correlato alla morte; al capezzale di un uomo arrivano una manciata di persone, fra cui il figlio ormai distante dal padre. Anche la locandina del film è abbastanza chiara, attraverso il disegno e quindi a delle caricature è espressa un po' la forma di tale produzione di Denys Arcand. Nonostante il fondale mortuario il film cerca di vivere attraverso cose diverse, fra il filosofico e il simbolo politico. Aiuta in tutto una durata relativamente breve e quindi "Le invasioni barbariche" si fa senza troppe esitazioni accettare da più fette di pubblico.
Il rapporto padre/figlio è con il film di Arcand tirato in ballo con una sorta di dinamismo che verte anche in una decente spensieratezza che fa rima con serenità e lucidità. Il dramma è ammortizzato da un alone che possiamo definire notevolmente positivo. Senza queste peculiarità il prodotto cinematografico del 2002 sarebbe stato il solito film serioso e tremendamente stereotipato. L'operazione è portata al termine con onestà e disinvoltura.
Le invasioni barbariche contrariamente al Declino dell'impero americano si sposta dal microcosmo limitato di un ristretto gruppo di personaggi ad un livello più generale, a tutta la società, dove le invasioni dei barbari del denaro hanno omologato tutto, dove ogni cosa si esprime con un valore monetario. L'atmosfera del film è più caotica ed è percepibile una certa aria di disfacimento. Il declino enunciato circa venti anni prima sta proseguendo inesorabilmente il suo percorso, insieme alla malattia irreversibile di Remy, docente universitario e donnaiolo impenitente. Il film di Arcand ha toni più cupi che accompagnano verso una morte inevitabile, ma anche una certa leggerezza nella maturità acquisita negli anni dello stesso Remy. Una maturità che significa in fondo la consapevolezza dei suoi errori e del proprio essere imperfetto. Non è stato l'uomo che voleva essere, tante scelte sono state sbagliate ma l'importante è ammetterlo. Rispetto al declino, Le invasioni barbariche offrono uno scenario più allargato e di conseguenza più complesso. Risente di qualche piccolo schematismo dovuto all'abbondanza dei temi messi sul tavolo, ma la struttura narrativa è estremamente fluida, i personaggi ti rimangono impressi ed è ciò che conta.
Dimostra un certo coraggio il film di Denys Arcand,pregio che lo rende un film discreto,ma che non riesce ad elevarlo maggiormente.
I temi trattati e i riferimenti sono tanti e variegati,alcuni sono molto interessanti,come quello sul numero di morti accettabile nel Novecento rispetto allo sterminio dei nativi americani.Risultano divertenti e piacevoli alcune delle conversazioni fra questo gruppo di amici,nostalgici e idealisti.Idealisti falliti forse,perché "Le invasioni barbariche" sembra volerci dire che con l'età non si fa che peggiorare,sia nel corpo che nello spirito,e l'unica ancora di salvezza sono i giovani e il tanto tempo che rimane loro,come se i vecchi volessero rubarlo.
Ma in questo tentativo di essere colto,profondo e versatile,il film di Arcand rischia di essere in fin dei conti un prodotto piuttosto schematico che non riesce a catturare davvero,si è spettatori lontani,quasi distaccati.E soprattutto nel finale si avverte tutto questo,quando il momento potenzialmente più emozionante lascia ben poco,forse anche per una regia un po' troppo semplice che ha paura di sottolineare le scene più forti.Se si pensa a film come "Million dollar baby" o anche prodotti più imperfetti che hanno una tematica simile,"Le invasioni barbariche" risulta inevitabilmente inferiore,nonostante una sceneggiatura di livello.
Insomma,un buon film,con pregi di scrittura e di recitazione(Marie Josée Croze è assurdamente brava e versatile)ma che risulta poco incisivo in tanta verbosità e snobismo.Opinione personalissima,capisco chi l'ha lodato,ma a me non ha colpito fino a quel punto..
Film molto diverso da quasi tutti. Ci sono spunti molto forti su vari argomenti, la visione delle cose è tutt'altro che manichea e contiene anche originalissime proposte di sceneggiatura (vedasi la presentazione del sindacato e del suo funzionamento, in Italia nessuno ha mai avuto il coraggio di mettere nulla del genere in un film). Ben recitato e ben girato. Certo è un film complesso, suggerisco di astenersi appassionati di sparatutto o dark movies, non c'è nulla per voi e perdereste tempo. Mezzo voto in più per compensare le varie ideologie di chi non riconosce alcun valore a questo film fortemente illuministico e lo banalizza come concentrato di luoghi comuni. Per me un capolavoro assoluto
Alcuni concetti e dialoghi risultano molto interessanti senza essere forzati all'interno della vicenda. Per altri aspetti risulta invece un po' troppo schematico e legato a banalissimi luoghi comuni e situazioni cosiddette "tipiche". Per me è comunque sufficiente.
Un'umanità alla deriva post 11 settembre (evento citato durante il film) dove le invasioni barbariche sono rappresentate dalla incapacità di comunicare, elaborare il passato e programmare un futuro. Il vecchio protagonista (e i suoi amici) sono forse troppo snob per un'empatia davvero profonda, più interessanti gli altri personaggi (il figlio post yuppie, la figlia navigante e la giovane tossicodipendente). La regia non ha guizzi, ed è un bene, lascia parlare i volti e i bei dialoghi, lasciandoci un senso di amarezza mai davvero cinico, dove il calore è sul fondo del bicchiere, ma c'è.
Un bel film di un'epoca di passaggio (nel cinema come nella società). Da vedere.
Un film per niente triste nonostante i temi trattati, mi è piaciuto come venga trattata la morte senza esagerare in solennità: la morte è un evento naturale nella vita di tutti, come la nascita e la crescita. Alla fine mi è comunque scesa una lacrimuccia. In certi momenti mi è sembrato di vedere un film tv, forse per la resa visiva della telecamera, il filtro? Il fatto che vengano trattati così tanti temi durante la visione non mi sembra una caratteristica negativa, ed è normale che non siano stati sviscerati in modo esaustivo: vengono, diciamo, esposte in modo quasi neutro certe situazioni e sottoposte al giudizio dello spettatore. Non spicca nessun attore in particolare, forse il padre e la tossica sopra la media.
Commedia amara che ha il difetto di essere fin troppo colta. Però rimane un perfetto esempio di grandissima sceneggiatura e messa in scena, senza mai strumentalizzare il dolore per ruffianarsi gli spettatori dalla lacrima facile.
Bravo il protagonista, geniale la storia che ti riporta, attraverso gli occhi ed i discorsi dei personaggi che si avvicendano, ad un rapporto tra individuo e società sin troppo triste
film con un grande significato "sussurrato" dalle dinamiche abilmente descritte. il figlio del vecchio, quasi un berlusconi alla prima maniera, in ogni caso morfologicamente in sintonia con quel modo di essere, oggi, dopo anni dalla mia prima visione, appare quasi come un clichè della società contemporanea, anche leggendo la sua parte positiva. vedendo la pellicola unirete "i puntini" di quanto da me detto. La rappresentazione dell'inevitabile decorso del cammino umano; in tal modo sintetizzar oserei. Tinte fioche, opache, in linea con l'atmosphera da rappresentare. Buon lavoro quello svolto dalla coreografa. Ripeto, una riflessione ex post, oggi, aggiunge forse un tono blu e grigio al lavoro del figlio incravattato, indipendentemente dalla positività dell'intento. All is good to save him! Buona visione a chi, come me, ama i film francesi...a prescindere dalla leggerezza!
"E' paradossale, ma solo invecchiando ci attacchiamo alla vita, quando iniziamo a sottrarre: mi restano 20 anni, 15 anni, 10 anni, quando sappiamo che facciamo le cose per l'ultima volta: sto comprando la mia ultima macchina, è l'ultima volta che vedo Genova, Barcellona"
Capolavoro intenso ed imperdibile, intellettuale ma non intellettualoide, efficace ed intelligente nei discorsi, incisivo e mai banale nei tanti temi affrontati, anche solo con una frase. Due generazioni a confronto che incarnano due formae mentis: il socialismo utopistico del padre che si rivela un fallimento e il capitalismo del figlio, che si impone come ideologia dominante nel mondo moderno. Marie-Josee Croze, che già avevo visto ne Lo scafandro e la farfalla, è assolutamente divina. Probabilmente il miglior film sull'eutanasia mai realizzato, nonchè una delle migliori riflessioni filmiche sulla morte.
Arcand porta in scena un film con tematiche attuali. Rèmy, professore cinquantenne, è ormai arrivato al capolinea della sua vita e così la moglie richiama al suo capezzale il figlio con cui non ha mai avuto un ottimo rapporto a causa delle diverse ideologie e studi dei due personaggi. Rèmy si mostrerà molto contrariato per l'arrivo del figlio che deciderà così di andare via. Verrà convinto dalla madre a restare. La madre racconta a Sebastien come nel corso degli anni, il padre si sia sempre dedicato alla crescita del figlio, accudendolo con tutte le sue forze. Così Sebastien, per poter ricambiare ciò che il padre ha fatto per lui, inverte il suo ruolo, diventando genitore del suo stesso genitore, per accompagnarlo nell'ultimo tratto di quel viaggio chiamata vita. Così poterà da lui tutti i suoi vecchi amici ed inoltre lo porterà anche in luoghi, da lui visitati in gioventù per poter affrontare meglio la morte. I dialoghi tra Rèmy e i suoi amici sono tematiche attuali, affrontate con distacco e con un linguaggio molto forbito. Remy così avrà una riscoperta del senso della vita, da lui vissuta con divertimenti sessuali, ai suoi occhi ormai futili. Molto toccante la scene finale, con Rèmy che saluterà la moglie, i figli e suoi amici.
invasioni barbariche houellebecq fusione con Arcand D. tutto torna, questa passione smodata per la vita, lo scontro con il capitalismo nel gene di famiglia da allontanare, tuttavia è l’amore a suggerire questo ossimoro canadese e maginifico di speranze fucilate, rintocchi di vita fra le gambe della rassegnazione, un socialismo morto a cui ci aggrappa con una cricca di amici ancora insepolti, magnifico e imperfetto, pera d’eroina da terzo millennio, epilogo da apocalisse silenziosa, gioco di ruoli, nostalgia, magari si potesse morire davvero non da soli in questa sagra delle verità a tutti i costi come appare la vita.
Non è il genere che preferisco in assoluto, ma questa mi è sembrata una discreta pellicola intrisa di malinconia e un po' di fine ironia, ben recitata ed abbastanza interessante. Un film che permette una riflessione sulla malattia e su quanto sia importante avere una famiglia alle spalle e tanti amici con cui condividere i ricordi, fino all'ultimo respiro. Non un grande ritmo, dialoghi piuttosto prolissi ma che non mancano di colpire positivamente ed una discreta prova attoriale.
L'ho trovato a tratti conciliante e consolatorio rispetto al capolavoro ' l'Età barbarica ' . In ogni caso Arcand rimane un regista geniale. Cinico e pungente.
Dopo “Il declino dell’impero americano”, Denys Arcand ripropone la solita parata di intellettuali allupati e frustrati (e invecchiati), senza però quel piglio caustico e mordace che aveva caratterizzato l’opera dell’87. Più blando, dunque, ma comunque apprezzabile per le numerose (pure troppe) tematiche toccate e spesso enfatizzate dalla traboccante verbosità dei vari personaggi (ma il suo, piaccia o non piaccia, è un cinema incentrato sui dialoghi): si passa dalla critica sociale al fondamentalismo religioso e non (siamo in pieno post-2001), dall’amicizia all’amore filiale, dalle speculazioni sui cambiamenti generazionali ed epocali alla finale riflessione sulla morte, che offre pure la stura per inserire il tema dell’eutanasia. Insomma, tanta tantissima carne al fuoco, che viene proposta senza particolari approfondimenti, ma anche con leggerezza e senza moralismi: ed è questo il pregio principale dell’opera di Arcand. Forse eccessivamente osannato dalla critica, ma si tratta comunque di un film da vedere.
Oscar e David di Donatello meritatissimi!! Un film che è tutto una metafora da interpretare, a partire da titolo. I BARBARI sono le nuove generazioni (rappresentate in questo caso da Sebastian) che hanno perso i valori davvero importanti per farsi travolgere da una materialità malvagia che spinge tutto verso la decadenza. Il protagonista è colui che riesce ancora a vedere tramite quelle idee alte che fanno un uomo semplice un grande uomo, anche se ha commesso degli errori nella vita. Una profonda riflessione sulla morte ma anche sul senso dell'esistenza e un calcio nel sedere a tutti i bigotti e perbenisti, che parlano ma forse conoscono poco la realtà e la sofferenza. Assolutamente da vedere, davvero intenso e pieno di spunti.
Un film che si potrebbe definire drammatico ed infatti lo è, però contiene anche dei momentini di pura commedia alla W.Allen. Premiato come miglior film straniero a diversi festival, incluso oscar; un nome abbastanza conosciuto; una storia che ha alla base il tema della morte, in questo caso essere cosciente di morire cercando il senso della vita come fa il protagonista ("... avrei lasciato una traccia, è importante nella vita riuscire in una cosa per quanto modesta sia, poter dire di aver fatto del proprio meglio, questo rende la morte più accettabile ... e io ho fallito in tutto." dice lui). Vivere una vita in pieno, godersela, amarla e capire che ormai manca poco alla fine, perchè c'è un fine per tutto e per tutti.
Nelle interpretazioni in tutto il cast si vede l'impegno, anche il regista molto attento a certi dettagli, colonna sonora assente quasi, le ambientazioni un pò troppo claustrofobiche a parte il finale, la sceneggiatura ed i dialoghi tra gli amici del malato sono al top (tutta gente di alta classe/dei grandi intellettuali), in linea di massima fatto benone, unico dettaglio da aggiungere è la scorrevolezza ed il ritmo del film - troppo veloce/rapido perchè ti dà quella sensazione di come non si deve pensare nemmeno a certe cose (forse quello fosse l'intento al fin di evitare di stare sulle stesse tematiche ? mah ... ).
Questa pellicola deve essere vista almeno una volta nella vita per capire alcune questioni della nostra esistenza, in più ci sono dei momenti forti/commoventi come il bicchiere di vino che non può essere "gustato" quasi alla fine del film, oppure il rifiuto di prendere soldi da parte di una allieva e parecchi altri ancora.
Film duro, con un pizzico di crudeltà, ma senza eccessi sgradevoli. Che i personaggi siano tutti intelligenti, colti, abili e dotati di self-control non mi infastidisce, anzi. Il senso del film sta proprio in questo. Atmosfere ambivalenti, grigie, mediane, come è tipico della cinematografia di Denys Arcand (vedi anche "La natura ambigua dell'amore"). Ambivalente anche il comportamento dei protagonisti, sospeso tra un cerebrale, forse insincero senso di pietas verso l'uomo malato e il timore, probabilmente più istintivo, ma difficilmente dichiarabile, nei confronti delle 'invasioni barbariche' , della progressiva e forse inevitabile perdita di civiltà. Molto convincente Sébastien, cinico e provvido personaggio chiave della vicenda.
Lo ritengo uno dei migliori film usciti in questi ultimi anni. Può essere visto ed interpretato secondo innumerevoli chiavi, ogni volta che lo rivedo mi sorprende. Lo ritengo ad elevato contenuto metaforico: il titolo descrive appieno il signifiato del film, dove la caduta dell'impero romano non è stata causata dalla potenza dei barbari, ma dalla corruzione e dalla caduta degli ideali dello stesso impero. Nella narrazione cinematografica si affacciano molteplici figure che interpretano le differenti umanità e psicologie. L'ammalato, il protagonista, non è altro che lo specchio della passata generazione (la stessa del regista) che malgrado ingenua e inconcludente ha una fede (non certo in Dio), una fiducia ed un'etica di vita, a confronto con la rampante violenza, spregiudicatezza e determinazione dei nuovi Principi (il figlio), la porta verso il nuovo medioevo culturale dell’occidente.
Credo che l'Oscar sia più che meritato. Un film apparentemente di facile comprensione che segue il filo di una storia normale, quotidiana. Il ritmo non è incalzante o adrenalinico ma, i dialoghi, i personaggi e la costruzione dei luoghi è sicuramente raffinata e precisa. Un film forse un po' d'èlites per le sue battute e i suoi rimandi a eventi culturali.
Si puo' essere d'accordo con la visione ironicamente nichilista, amare un umanesimo assediato o rifiutare ed odiare le prese di posizione del regista... tuttavia merita il 9 semplicemente perchè scatena emozioni e pensieri contrastanti (lo schizofrenico dentro ognuno di noi...) e per una regia magistrale. Siamo immersi in film noiosissimi, fatti con lo stampino, per quelli che dicono che questo sia lento... ...andate a vedere l'ultimo di Muccino...
Ecco un vero esempio di commedia drammatica con gli attributi (in tutti i sensi): pungente, realistica, sarcastica, analitica, critica, profondamente ancorata allo sfondo storico-sociale nel quale si svolge (il post-11 settembre) ma fondamentalmente intimista. La sceneggiatura è quanto di più sofisticato e completo abbia trovato in un film, affronta i temi più disparati (sesso, morte, perdono, qualsiasi genere di rapporto interpersonale, questioni morali e politiche di attualità - come la malasanità e la corruzione) con un continuo ondeggiare tra uno stile e l''altro: dapprima commedia irriverente con fulminanti botta e risposta fra personaggi (ha un qualcosa di teatrale in questo senso), dopo dramma commovente e profondo. Straordinariamente emozionale e "cerebrale" al tempo stesso (come ben detto dal dizionario di Maltin) ha vinto l''Oscar come miglior film straniero nel 2004 (premio strameritato).
Uno di quei rari casi in cui rivedendo un film per la seconda volta se ne apprezzano ancora di più le qualità. Sceneggiatura colta e ben fatta. Strepitoso senso dell'umorismo pur trattando temi così drammatici. Recitato come si deve (spicca fra tutti l'interprete della giovane ragazza della quale non ricordo il nome). Ovviamente un film che fa storcere il naso a tanti neo/pseudo/critici di provincia, ai quali verrebbe voglia di rispondere: perché non provate voi a fare un film così? P.S. In un paese soffocato dal cattolicesimo come il nostro, un film come questo non solo nessuno riuscirebbe mai a farlo, ma forse neanche a concepirlo.
Arcand si mostra, come sempre, bravo a trattare tematiche difficili come droga, società corrotta, declino culturale e perdita dei veri valori della vita, mostrando abilità e delicatezza, il film scorre via tra dialoghi cerebrali (mi ha colpito particolarmente il concetto di "intelligenza collettiva"), momenti drammatici e altri divertenti al limite del comico. Bravi tutti gli attori del cast, straordinaria l'interpretazione di Stéphane Rousseau.
Esempio di film che riesce ad essere ricco di dialoghi intelligenti e profondi e di situazioni sceniche coinvolgenti grazie a una sceneggiatura superlativa che indovina l'idea di fondo.
La narrazione si concentra sulla malattia di un intellettuale in un ambiente piccolo-medio borghese che lo riguarda e in mezzo alla propria famiglia.
Pensieri, contraddizioni, egoismi, autoironia ben dosata, le verità più pesanti espresse con umorismo e grande senso della realtà nelle relazioni che caratterizzano i suoi giorni di sofferenza.
Un ritorno alle grandi commedie drammatiche ma con molta più ironia e senso dell'umorismo.
Metti un personaggio che ricorda Michel Simon, imbastisci uno script à la Big Fish (ci mancano i giganti di cinque metri e i pesciolini d'argento) meets Il grande freddo, ed ecco l'evento inarrivabile del cinema degli ultimi anni. Una corsa spasmodica a lodarlo, un successo di pubblico inaspettato, osanna della critica, per un'opera di buone intenzioni lastricate pero' sia da un soggetto piuttosto anacronistico (i reducismi generazionali non servono piu' ormai) sia da una storia piuttosto costruita e abilmente (troppo abilmente) confezionata. Intendiamoci, il film è divertente, ha dialoghi spassosissimi, coinvolge e a volte fa anche pensare (inutile dire che ne penso di chi procura droga per una ragazza tossicomane). Ma è proprio la vicenda a non saper cogliere i tempi, epoche in cui da Kasdan e dal suo indimenticabile film si passa oggi a... Houllenbecq (perchè è questo che il mondo di oggi ci insegna). Tantopiu' che il personaggio piu' moderno e meglio costruito (ehm) mi sembra quel figlio rampantino che ha fatto un sacco di soldi e si vanta di non aver mai letto un libro in vita sua. Eloquente almeno questo
Nonostante tratti temi molto delicati come la droga impiegata per fini terapeutici, la malasanità e l'eutanasia, il film riesce a non scadere mai nel banale, descrivendo gli ultimi giorni di Remy con elegante leggerezza, ma anche con cinica durezza. Un cast di bravissimi attori accompagna questa pellicola che parla della malattia e della morte senza essere triste, anzi conservando una giusta dose di humour e di ironia che lo rende toccante, ma piacevole.
Un film ben scritto, che scorre, in cui si piange e si ride. Mai banale, colto, fa riflettere e suggerisce nuove strade, nuovi modi di leggere le cose. Ottima la prova del protagonista.
Col senno di poi, a freddo, si tratta di un film un po' sopravvalutato che comunque si merita un buon voto. L'argomento trattato, l'eutanasia, è gestito con sapienza e non viene né mitizzata, né condannata. Al capezzale del padre giungono tutti i figli e i relativi consorti in una rimpatriata generale, anche per fare un po' il bilancio della loro esistenza, chi ha avuto più fortuna e chi ha ricorso alla droga o alla solitudine per ritrovare se stesso. In molti tratti si ride, anche di gusto, ma il film è pervaso da un forte senso di malinconia (come è giusto che sia, in questo caso), malinconia positiva, come di una partenza per un luogo migliore. E' questo il significato che Arcand dà alla "dolce morte".
Stiracchiato in alcune parti, un po' autocelebrativo, qualche attore scelto male (Rousseau) e attori bravissimi (Croze - Girard), Le Invasioni Barbariche resta un buon film consigliatissimo.
Film dal realismo avvincente, sagace e tagliente. È così commuovente la storia di questo pensionato acculturato, un pò cinico ma grande amatore della vita che muore circondato dai suoi affetti, ritrovando la comunicabilità persa col figlio per affrontare al meglio la morte... veramente strappa lacrime. Ma la storia non si ferma certamente qui. Come nel "Declino dell'impero americano" la storia è arricchita immensamente dai dialoghi che si tengono in questa combriccola..., anzi, sono loro a dare propriamente un corpo (e un anima soprattutto!) al film. Un prodotto stimolante, che ti fa venir voglia di interloquire coi personaggi... e provare forse a intrattenere qualche discussione valida in più, solo per il gusto di mettersi alla prova
ottimo film ke, nonostante sia palesemente realizzato cn scarsi fondi, riesca ugualmente in un'epoca in cui solo le grandi produzioni trovano successo a trarre un senso dalla vita e dal problema ontologico. già dal titolo si riesce a comprendere come qst film sia scomodo..subito ci si pone la domanda di chi siano i barbari..e, in definitiva nel film non si ha una risposta compatta e concreta a qst interrogativo..ma si evince cmq da molti elementi ke oltre agli estranei, anke dentro di noi si può nascondere un barbaro, ma ce ne accorgiamo troppo tardi.e tutto svanisce in un nulla. trattato splendidamente il tema delle droghe..sarebbe ora ke ci si desse una scossa verso la via della legalizzazione terapeutica degli oppiacei (anke se x fortuna almeno l'erba mi pare sia legale adesso)..adorabili le taglienti battutine su bush, sull'americanismo, il capitalismo, e soprattutto quella su berlusconi. dialoghi potenti e incisivi..film semplice e molto profondo.
divertente, delicato, tragico, ironico, irriverente, profondo, travolgente e tanto altro. è veramente un gioiellino di intelligenza e tenerezza, un cucchiaio di miele dal retrogusto amarognolo..
concordo in toto con quaker, questo è quello che considero solitamente un "film esperienza". Migliore del precedecessore "il declino dell'impero americano", a mio parere con un ottimo messaggio di vita. Si drammatico ma con quell'alone di ilarità che non disturba e si sposa benissimo con l'andamento del film. Concordo anche quando quaker dice che fa parlare troppo gli attori, ma essendo un film lento, è giusto dare più spazio alle parole che ai momenti di riflessione.
Da vedere assolutamente DOPO avere visto il declino dell'impero americano. i due film sono (secondo me) parte di un'unica opera. Qui cìè più dramma che commedia; Arcand però è bravissimo, anche se forse fa parlare troppo i suoi attori. Però riguardate la scena iniziale dopo avere visto il film e ditemi se non è geniale. Ho dato una scorsa ai commenti, molti piuttosto negativi. Francamente non li capisco: che possa non entusiasmare è un conto, ma che sia un filmaccio, proprio noooo.... . Io lo consiglio moltissimo, ma soprattutto credo importante vedere i due film in ordine (prima il declino e dopo le invasioni). Non è tempo perso.
Un film da lacrime, risate e soprattutto applausi. Un film politicamente scorretto, per lo meno riguardo al sollievo dato dalle droghe per le sofferenze fisiche e psichiche. Un film intelligente, un film che parla di memoria, ciò che Nathalie fa nel film è "conservare i manoscritti come nel medioevo": conservare la "memoria" è il solo modo per sopravvivere alla morte.
Totem generazionale condito da maestria superiore, amministrata con con l'alta sapienza che soltanto agli antipodi più estremi all'ignoranza si attesta.
Bellissimo film dove generosi dialoghi si intrecciano ad ignobili quanto palesi realtà sullo scacchiere della politica internazionale.
Film maturo, toccante ed intenso.
Graffiante e disarmante come soltanto la Verità può!
Cast superbo.
Un ennesimo distinguo gallico sulla broda holliwoodiana.
Nella valigetta con le pellicole da portare con noi... su verso Andromeda!
Ottimo film davvero!Sceneggiatura graffiante,divertente ed elegante...attori tutti molto bravi ed affiatati,la trama(molto realistica) ruota attorno ad un evento principale,ma spazia davvero dappertutto!Un film che consiglio a tutti.
un film molto molto bello!! sicuramente c'è la necessità di munirsi di una caffettiera piena, ma ne vale la pena. un film molto triste, molto pessimista, di una crudezza disarmante, una crudezza non visiva, ma intellettuale. molto complessi i rapporti tra i personaggi di questo film diretti molto bene da Denys Arcand. non da tutti, preparatevi psicologiacamente prima di vedere questo bellissimo film!!
l'immagine del protagonista morente è quella di un uomo che scopre forse il senzo della vita troppo tardi, come se scoprisse proprio in punto di morte che tutto ciò in cui credeva si rivelasse futile e inutile, come se tirrando le somme con "l'oste" si accorgesse di aver creduto in un mond lontano da lui. la babilonia personale che crolla, senza pietà e senza un'altra possibilità.
Tocca forse troppi temi ma tutti in modo garbato, ironico ed estremamente intelligente. Con dialoghi raffinati, affronta senza censure temi delicati con un'apertura mentale sconcertante ma assai lucida. Ottimi i consigli di lettura finali.
Sicuramente uno dei più bei film che abbia mai visto: Intelligente, divertente e mai banale. Arcand ha sicuramente fatto un balzo da "Il declino dell'impero americano".
Lo consiglio vivamente a tutti gli amanti del buon cinema come me.
Questo film è ottimo, tocca un argomento delicato come la malattia per descrivere la vita di un uomo e coloro che lo circondano, ma soprattutto per descrivere l'amicizia e il differente modo di vedere il mondo tra il padre che ha vissuto il 68 e il figlio yuppie. Molto commovente.
Il titolo, che inizialmente non capivo cosa centrasse con la trama, è preso da una frase azzeccatissima e carica di significato del protagonista.
Uno sguardo alla realtà dei nostri giorni messa a confronto con le tradizioni e i costumi del passato...Una riflessione cinica sull'uomo e sul suo eterno conflitto interiore. "Le invasioni barbariche", è una pellicola innovativa, dolce e riflessiva che, con sguardo cinico, invita lo spettatore ad analizzare gli aspetti più infimi e le abitudini più nobili dell'intera razza umana. Il "dualismo" è l'elemento di connessione principale nella vicenda: estremo, costante, vigliacco...Un film a cui non si può concedere una sola visione al fine di cogliere le mille sfaccettature e gli innumerevoli significati nascosti: alla narrazione primaria viene infatti affiancato un corrispettivo resoconto storico, che mostra come anni di evoluzione non abbiano in fondo cambiato di troppo le nostre abitudini...Numerosissimi i temi affrontati più o meno direttamente. Dialoghi superbi, attori eccellenti e ottima regia rappresentano solo alcuni dei tanti pregi di questo titolo...
Film bello e raffinato (molto fancese) sempre in bilico tra commedia e dramma. La forza del film sta tutta nella bellissima sceneggiatura che con qualche rischio si propone di mettere al fuoco moltissimi temi trattandoli con grande intelligenza e modernità. Un film statico che forse alla lunga stanca ma fa riflettere senza mai dimenticare un tocco di ironia. Ottimi gli attori per un oscar più che meritato.
Tengo a precisare che il voto giusto sarebbe stato 8 ma do 10 per alzare la media....
Toccante ! Uno tra i pù interessanti film visti negli ultimi anni, ottimi gli attori e la regia, ogni scena e ben recitata e lascia motivi pr cui riflettere: sociètà, sanità, vita in comune, sesso, etc.... d'effetto la scena in cui il figlio va dalla polizia per sapere dove trovare l'eroina; in bilico tra tristezza per la morte del protagonsita e comicità con il contorno di amici che sono al suo capezzale, il finale molto commovente e per nulla patetico...in fondo come sempre "la vita continua"........ Meritatissimi i premi !
L'ho trovato un film molto bello, su una sceneggiatura decisamente ottima. Sempre in bilico tra dramma e commedia, i temi sono molti , i vari personaggi parlano di tutti i movimenti le mode del secolo facendone un bilancio. Bellissimo il dialogo in cui si tira in ballo anche Berlusconi, e molto incisivo Arcand nel delineare la famiglia e gli amici come unico punto di riferimento, di fronte al "capitalista bigotto", che crede di poter cambiare qualcosa ( illudendosi) usando i soldi. Ottimi gli interpreti, e meritatissimo l'oscar!
E' davvero un bellissimo film, l'oscar è meritatissimo. La bellezza del film sta nel suo equilibrio sempre perfetto tra commedia e tragedia come è, credo la parabola, di ogni vita. I temi, la carne al fuoco, è davvero tanta, forse troppa ma ogni argomanto è affrontato intelligenza, mai superficialmente. Non capisco perchè molti in questo forum si ostinino a dire che gli attori fanno pena, io li ho trovati tutti azzeccatissimi. Immagino che i voti negativi derivino più che altro dalla posizione politica del film; altrimenti non me lo spiego. Posso capire che si abbiano idee divergenti da quelle del regista ma per il resto il film non ha davvero punti deboli. Bellissimo, andate a vederlo.
A mio parere sono due i temi che tratta questo film, uno è la decadenza, lo sfacio della società, burocrazia, meschinità sulla pelle dei malati, lotta comunque persa alla delinquenza... insomma una serie di elementi macro che ci mostrano la disgregazione della ns. società (neppure le ideologie massacrate tra l'altro in un dialogo formidabile tra gli amici ed il malato), i barbari sono alle porte, ed il medioevo sta per iniziare. Se si abbandonano le due torri e si prende una lente d'ingrandimento si vede il secondo tema, quello più intimo; narra della resistenza delle persone, l'unica difesa individuale, amici a cui avvinghiarsi nella sofferenza, bellisssimo il rapporto padre figli, le amicizie, la ragazza tossicodipendente e l'infermiera dell'ospedale. Questi due temi sono accompagnati da dialoghi splendidi, che mi sono piaciuti tantissimo, la chiusura della "storia" sentimentale è toccante, mentre la ragazza vaga in una biblioteca ricolma di libri e testi, pensieri e romanzi... forse l'ultima riduzione dell'umanità assediata
Una cosa è certa: i francesi sono davvero pessimi nel fare i film: rendono tutto estremamente pesante. Per fortuna nel secondo tempo le azioni sono leggermente più vivaci anche per il cambio più frequente di scenari.Nel contesto è a mio parere un buon film, soprattutto grazie alla forte e realistica trama e alla enorme bravura del protagonista.
non male come contenuti..la pecca più gustosa di cui soffre questo film, ed in generale anche altri film di stampo francese, è che la recitazione è pessima e troppo forzata; fateci caso, ogni battuta viene scandita con un tempo calcolato al millesimo di secondo. gli scambi nei dialoghi sono troppo perfetti ,troppo veloci e troppo calcolati..ne risulta un effetto totale di forzata espressività ed impersonalità degli stessi attori...che paiono robottini con la precisione di un orologio svizzero e vuoti !!!.troppo vuoti..si salva solo il figlio del vecchio...che sembra naturali 10 spanne sopra a tutti gli altri...
...mi chiedo come mai i francesi non sanno recitare ne hanno una pallida idea del tempo narrativo di un film...anche tanguy soffre dello stesso problema..solo che li era ancora peggio ..sembrava di guardare psicopatici maniaco-ossessivi anziche attori...sorry
Bellissimo.. Toccante all'inverosimile. Recitazione erfetta. Dialoghi taglienti ed intelligenti. Oscar meritatissimo! L'ho visto un po' prevenuto visto che al suo posto a mio avviso doveva starci Io non ho paura.. Ma mi sono dovuto ricredere! Splendido..Un gioiellino