Voto Visitatori: | 8,08 / 10 (187 voti) | Grafico | |
Questo film di Polanski del 1976 è un thriller un po' insolito. Originale per tecniche narrative e psicologia dei personaggi, il racconto suscita però, per tutta la durata della pellicola, un interesse troppo intessuto di ansie metafisiche.
Le scene si snodano lungo un credibile e avvolgente mistero noir ma lasciano un po' inappagati dopo l'enigmatico finale, anche se la conclusione non criptica consente di rimanere piacevolmente pensosi.
Il film si avvale di un impianto linguistico molto curato e riuscito nei suoi aspetti temporali e spaziali. Un impianto fertile di sviluppi di espressioni visive: quelle più idonee a dare spessore al genere thriller.
Il dispositivo messo in moto da Polanski è mirabile per la scioltezza semantica che consente all'andamento e per l'eccezionale capacità di produzione di sentimenti di paura. Una paura che, grazie al contenimento non dispersivo dei significanti visivi, si esalta da sé divenendo terrore, inquietudine incommensurabile, incubo; sfuggendo forse in alcune caratteristiche al controllo delle reali intenzioni di Polanski.
La sceneggiatura è molto curata e puntuale nelle scelta di quelle parole chiave che sciolgono i nodi del racconto. Riesce a dare un ritmo in cui predomina, in una crescente stranianza di immagini, un senso di alienazione. Le scene si strutturano in una linearità discorsiva semplice ed efficace che non fa mai perdere l'effetto thriller del racconto neanche nei momenti dove l'immagine è più convulsa e caotica.
L'opera, avvalendosi di una buona credibilità scenica, trasporta lo spettatore da un inizio del racconto vissuto in un rassicurante quotidiano condominiale, in cui riconosce aspetti della propria vita abitudinaria, a un finale di assoluto altrove immaginifico: tragico e inaspettato.
Altrove costellato da enigmi interpretativi: come ad esempio il senso che riguarda alcuni eventi. E' prevalentemente paranormale o psichiatrica la lacerazione della normalità che il thriller propone da metà film in poi?
I fantasmi nevrotici, legati alle frequenti fobie e conflitti con lo straniero, generati dall'ambiente condominiale sono il primo passo verso un'evoluzione imponderabile della nevrosi? E in quali circostanze si perde il controllo totale della propria nevrosi? Cioè quando si passa da un disagio ancora decifrabile al buio della follia?
Perché l'oscuro ma ben presente mondo del paranormale può far breccia solo attraverso le debolezze psichiche della vita quotidiana?
Il film non dà risposte ma pone correttamente queste questioni consentendo ulteriori riflessioni.
Al centro del film un vecchio appartamento di Parigi che diventa teatro di una misteriosa morte per suicidio dell'inquilina Simone. Il nuovo occupante Trelkovky (Polansky) si trova all'improvviso coinvolto in fenomeni sia paranormali che psichiatrici.
Trelkovsky, impiegato archivista di origine polacca, è un single raffinato e colto a cui piacciono le compagnie delle donne e la frequentazione di amicizie rumorose. Occupato l'appartamento dopo breve tempo diventa oggetto di rimproveri da parte dei vicini. Dapprima le proteste degli inquilini contro i rumori provenienti dall'appartamento sono chiare e plausibili, in seguito l'ostilità dei vicini diviene sempre più pretestuosa e strana interagendo in modo patologico con la personalità di Trelkovsky (Polanski).
Un giorno Trelkovsky mentre rientra nella sua abitazione è oggetto di un attacco alla gola eseguito da invisibili mani. Un'aggressione condotta con metodi di magia nera eseguita da una vicina cui ha rifiutato il proprio consenso a perseguire una persona rea di molestie al vicinato. Dopo il grave fatto paranormale Trelkovsky terrorizzato si rende conto della sua impotenza di fronte a certi fenomeni e dell'isolamento in cui si trova nell'ambito condominiale. Sulla scia di una profonda insicurezza Trelkovsky comincia a manifestare deliri paranoici di persecuzione e allucinazioni di sempre più grave entità.
L'idea ossessiva di tipo delirante riguarda un complesso di colpa che ruota intorno alla presenza di una propria componente femminile, una diversa personalità che nella crisi sembra prendere il sopravvento, un buco nella normalità tramite il quale Trelkovsky pensa possa coalizzarsi il condominio per danneggiarlo.
La tendenza al travestitismo femminile diventa compulsiva, irrefrenabile. Una pulsione aliena che si volge in masochismo. Una coazione tesa a compiere ciò che immaginariamente ritiene essere la volontà del condominio (l'Altro lacaniano?): portarlo al suicidio come è accaduto a Simone, la precedente inquilina trovata morta nel cortile.
Il delirio di persecuzione di Trelkosvky coinvolge anche la sua recente fidanzata con cui rompe la relazione a seguito di piccoli eventi che ne incrinano la fiducia. Con lei perde l'ultima sicurezza esistenziale e sprofonda velocemente nell'incubo della follia paranoica che lo porterà al suicidio nelle stesse modalità con cui è stato eseguito da Simone.
La scena del suicidio è da antologia cinematografica perché avviene in due sequenze distinte altamente drammatiche e di straordinaria regia. Nella prima scena Trelkosvky vestito da donna dopo essersi lanciato dalla finestra rimane ferito ma non gravemente. Ripresosi ma sanguinante e delirante riesce a riportarsi, seppur con molta fatica, nel suo appartamento situato al terzo piano.
Giunto esausto nei pressi della finestra trova ancora la forza di alzarsi e lanciarsi nel vuoto finendo in fin di vita all'ospedale nello stesso modo di Simone: la precedente inquilina del terzo piano.
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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 18/07/2006
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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