Pietro Paladini, manager di successo, rimane vedovo all'improvviso. Non riuscendo ad elaborare il suo lutto, inizia a passare le giornate fuori dalla scuola della figlia…
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VINCITORE DI 3 PREMI DAVID DI DONATELLO: Miglior attore non protagonista (Alessandro Gassman), Miglior colonna sonora, Miglior canzone (L'amore trasparente)
Sapete quando da un film vi arriva qualcosa ma questo non è chiaro, non è diretto? Il Caos calmo è la reazione alla morte, alla realtà che ci viene sbattuta in faccia ogni volta che qualcuno che conosciamo scompare. La morte, il convitato di pietra di ogni nostra cena, l'occhio della cinepresa verso cui non bisogna mai volgere lo sguardo, pena la rottura della convenzione che regge l'equilibrio del gioco, pena la definitiva presa di coscienza del nostro essere e della nostra fine. Ognuno reagisce a suo modo, e ogni reazione è lecita. Anche lasciare tutto, scappare dal mondo e rifugiarsi nei giardinetti davanti alla scuola di nostra figlia, dopo che siamo rimasti improvvisamente noi vedovi e lei orfana, e naufraghi nella nostra esistenza. Imparando a vivere in un microcosmo a noi ignoto, conoscendo gente nuova anche solo attraverso uno scambio di sguardi, scoprendo l'importanza di gesti apparentemente (per noi) banali, costringendo il nostro vecchio mondo (lavoro, amici, parenti) a venire fin là a fare i conti con la nostra nuova visione delle cose, piccola, minima, ma forse più umana e profonda di quanto gli altri non abbiano mai immaginato. L'eccentricità dà spesso da pensare, fa riflettere, spinge oltre i limiti del consueto, del volutamente non detto: quante volte al giorno vi trovate a pensare veramente ai massimi sistemi, al destino vostro e del mondo, alla caducità delle cose, per dirla all'antica? Lo fareste se leggeste sul giornale la storia del padre che decide di vivere ai giardinetti etc. etc.? Probabilmente sì. Questo è Caos calmo. Meglio, avrebbe voluto essere. Perchè affidarne la messa in scena al regista di "Distretto di polizia" e "Le stagioni del cuore"? La risposta non la so, ma il risultato è davanti agli occhi di tutti: totale mancanza di sensibilità al tema, totale mancanza di quel rigore stilistico che la storia avrebbe richiesto, totale mancanza di cura cromatica nella fotografia, scialba e piatta come non mai. Tutto è affidato, televisivamente, allo svolgersi della storia (ahimè, troppo lieve e interiore per bastare a sopperire peggiori carenze) e agli interpreti. Senza contemplazione, senza sguardo, senza indagine nè spessore. Questa è la risposta alla domanda che ho fatto all'inizio. Un film che fa pensare. A quello che avrebbe potuto essere.