Tashi, una giocatrice di tennis diventata allenatrice, ha trasformato suo marito Art da un mediocre giocatore a un campione del grand slam. Per risollevargli il morale dopo una scia di partite perse, lo porta a giocare a un evento “Challenger” – uno dei tornei di livelli piů bassi nel tour pro – dove si ritrova ad affrontare quello che una volta era un giocatore promettente e ora č totalmente esaurito: Patrick, suo ex migliore amico ed ex fidanzato di Tashi.
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Un triangolo amoroso sui generis ambientato nel mondo del tennis di serie B, con la donna come figura culminante e ispiratrice delle sorti degli altri amici / nemici ( una specie di pigmalione moderno ) in un continuo gioco di rimandi tra passato e presente. L'idea dei continui flashback - per quanto possa stancare alla lunga - definisce a poco a poco le circostante intorno alle quali i tre ragazzi vivono la loro vita professionale e personale ed obiettivamente gli interpreti sono convincenti; quello che non è capace di fare il pur talentuoso Guadagnino è abbandonare gli stucchevoli orpelli registici di certo suo cinema ( sono presenti una marea di ralenti inutili, per dire ) e di rendere appassionante lo scontro finale tra i due contendenti, azzoppato anche qui nell'azione dai continui rimandi al passato ed assistito da musiche rintronanti firmate da Trent Reznor. Nonostante tutto l'opera in sè risulta essere in ogni caso compatta e pone lo sguardo, se non su di una tossica storia d'amore già vista tante volte al Cinema, almeno su alcune dinamiche sportive da dietro le quinte del gioco, quelle sì, che non si vedono tutti i giorni.
Guadagnino sopravvalutato o talentuoso regista nostrano? Una via di mezzo secondo me ed ho visto solo tre suoi film, "Suspiria" una delusione, "Bones And All" che non mi è dispiaciuto soprattutto per il tema trattato e "Challengers" che sinceramente mi ha lasciato alquanto indifferente. Una storia d'amore lunga tredici anni che causa la rottura dell'amicizia tra i due protagonisti per il loro oggetto del desiderio, la carinissima Zendaya. Pellicola che inevitabilmente annoierà chi non è appassionato di tennis, il triangolo amoroso senza scene di sesso è abbastanza banale come la storia in se stessa. La musica mi è sembrata troppo invadente e la finale del torneo challenger tra "Zweig" e "Donaldson" che rappresenta il fulcro portante del film, è portata troppo alle lunghe con troppi rallenty. Il cast maschile abbastanza anonimo e Zendaya aldilà dell'indiscussa bellezza esotica è ancora acerba. Penso la visione dei film del regista palermitano per me finisca qui.
A tratti di una vera noia, per non parlare degli ultimi 5 minuti, sembrava una partita di holly e Benji, interminabili. Purtroppo non mi ha entusiasmato più di tanto.
Una vera sorpresa! difficile da raccontare; non è l'ennesimo film stucchevole che parla di triangoli amorosi, non è una storia di intrecci erotici alla Bertolucci (anche se qualche scena di sesso si intravede) ne tantomeno una storia sul tennis, anche se questo sport è fondamentale nello sviluppo della trama. E' una storia che mette in campo tanti sentimenti come : amicizia, fragilità, ambizione, agonismo, amore e passione...una passione travolgente che lega in maniera dissolubile tutti e tre i protagonisti. Trama che si svolge su tre piani temporali e che come una palla da tennis va avanti e indietro raccontandoci come i protagonisti arrivano dove sono all'inizio del film. Protagonista assoluta Zendaya, sensuale e sexy, bravi anche gli altri due protagonisti che insieme dimostrano una chimica perfetta. Regia e montaggio ottimi con tanti virtuosismi e che tiene incollati fino alla fine in un crescendo di emozioni. Memorabile gli ultimi istanti del film che ti lascia in un finale aperto e col fiato sospeso. Unica cosa che non ho apprezzato è questa musica tecno pompatissima che accompagna buona parte delle scene e che a mio avviso non c'entra niente con quello che si vede e che un pò ti butta fuori dalla storia...sarebbe stata più azzeccata una colonna sonora più maestosa e coinvolgente. Comunque un ottimo film !
Deluso da alcune opere di Guadagnino, il massacro di "Suspiria" su tutti, mi ero ripromesso di non guardarlo più. Ma (ahimè) ci sono ricascato...Lento, noioso, e con musiche fuori luogo. Verboso alla Woody Allen. Ma lui non è Woody Allen...
Recuperato Challengers, buon film, mi è piaciuto. Bravo Guadagnino a guadagnarsi sempre più spazio con la produzione più "hollywoodiana" della sua filmografia, tanti mezzi accompagnati da un attrice che trascina da sola un carrozzone ben confezionato. Tralascio i dubbi sulla funzionalità del finale e arrivo dritto al punto: Trent Reznor e Atticus Ross. La qualità delle loro colonne sonore è talmente elevata che se qualcuno nel 2013 mi avesse detto che il progetto Nine inch nails sarebbe entrato in stand-by in favore di questa nuova incarnazione musicale, mi sarei messo a ridere. E invece il genio di Reznor coadiuvato da Ross pulsa più forte che mai. Un (due) gigante/i assoluto/i.
Una finale di tennis diventa la metafora di uno scontro epocale tra due ex amici che cercano i guadagnarsi i favori di una donna.
L'affascinante Zendaya è molto brava nel suo ruolo di femme fatale ma alla fine della storia la sua antipatia raggiunge ogni limite e forse il messaggio che alla fine vuole lanciare il regista è che quello che conta di piu' è l'amicizia.
Tecnicamente valido con musica furba incalzante, montaggio frenetico e...Zenaya...che riesce ad ipnotizzare non solo i due contendenti.
Tolto questo resta un film appena sufficiente che non porta nulla di nuovo e che probabilmente finisce in rete...
Il vero mistero dei nostri giorni è l'inspiegabile infatuazione della critica verso un incapace come Guadagnino....guardate come mette a membro di segugio la colonna sonora mediocre di Reznor (che cerca di imitare Vitalic) ....incredibile....poi tralasciamo tutto il resto, le interpretazione penose degli attorie una sceneggiatura vergognosa che sembra ignorare i grandi menage a trois della storia del cinema
Patinato film su una storia a 3, sullo sport, sul successo e sul fallimento e sull'amicizia. Molto piacevole, musica elettronica incalzante. Molti primi piani. Molto moderno. Piacevole, anche se non si può annoverare certo tra i capolavori del cinema.
L'immagine della finale è emblematica di questo particolare triangolo amoroso giocato non nei campi dei tornei del Grande Slam, ma un torneo challenger come tanti fra due amici, l'uno opposto all'altro ed in tribuna, perfettamente in linea con la rete divisoria delle due parti del campo, del loro oggetto del desiderio. Meno talento ma più costanza di uno, fra l'altro vincitore di tornei del Grande Slam, l'altro più talentuoso ma rimasto inespresso tanto che tornei di grande livello ne ha visti pochi. L'oggetto del desiderio è una donna dall'immenso talento tennistico ma che un grave infortunio al ginocchio le ha impedito di intraprendere la carriera sportiva. La voglia di vincere è rimasta ma la esprime per interposta persona. Challengers ha l'intelaiatura di film di genere sportivo, ma lo sport rimane sullo sfondo per tessere un racconto che descrive l'evoluzione questo particolare rapporto a tre che travalica lo sport stesso. Ben delineati i personaggi ed ottimo ritmo del racconto che malgrado l'uso di molti flashback, non influisce sulla linearità dello stesso.
Non mi ha convinto granchè . Il tennis come scusa per mascherare un triangolo dove la protagonista fa la gattamorta tra quello che la sua parte razionale vorrebbe e quello che l'istinto più immediato le dice .. Alla fine ne esce un pasticcione che rimbalza tra un muro e l'altro fino a una conclusione che vuol sembrare allegorica ma che invece mi ha lasciato indifferente . Meglio i due attori maschi che Zendaya
Mah...inverosimile fino al midollo!!! ..IN TUTTO e per tutto una grande operazione commerciale basata sull' attrice del momento e sul discorso del trangolo amoroso.. Anche dal punto di vista del tennis è assolutamente inverosimile...lo apprezzo per l'inclusività dell'allenatrice femminile.....ma poi questi 2 ebeti che corronno dietro e menano la coda dietro ad una tipa del genere...lo posso capire a 16-18 anni... Poi ques'ultimo, il cornuto, sicuramente tra i primi 10 del mondo che va a fare un challenger da 4 soldi con una tribuna da 3 categoria... ma per piacere!!!
Boh andrò controcorrente ma questo film mi ha deluso parecchio. E' una classica e trita storia di un triangolo amoroso, come ce ne sono migliaia di variazioni, l'unica novità è che è ambientato nel mondo del tennis. L'ho trovato abbastanza scialbo e poco interessante, anche la recitazione mi è sembrata a tratti dilettantesca (la scena in cui Patrick chiede a Tashi di fargli da coach, mi ha provocato una fortissima sensazione di cringe e risate involontarie). L'unico interesse è ammirare le grazie di Zendaya: ma onestamente, provate a chiedervi, se al posto di Zendaya ci fosse stata un'altra attrice meno "magnetica" e affascinante, ma quanto vi sareste rotti gli zebedei a guardare sto film? Anche perché è troppo, davvero troppo lento; si salvano le musiche elettroniche, che sembrano fuori luogo ma alla fine funzionano quantomeno a risvegliare lo spettatore dal torpore e dal piattume di dialoghi e situazioni. Spesso mi ha dato poi la sensazione di una fiction di Rai1, molto televisivo come impostazione e fotografia.
Beh, ragazzi, filmone incredibile. Era da secoli che aspettavo un lavoro simile sul tennis. Poco da dire, è proprio tutto notevole: dallo script alla fotografia, dalla regia al montaggio questo è Cinema con la c maiuscola.
Può essere un'esperienza noiosa per chi non capisce niente di Tennis e non lo ama (infatti del tennis non me ne frega un *****) ma come al solito Guadagnino gira splendidamente e gira una storia dove il Tennis ha lo stwsso rigore morale del Jazz di "Whiplash", che cone termine di paragone mi sembra più consono di un Truffaut. Diciamo che la cifra stilistica del film - stupendi gli esterni girati in macchina tra Patrick e Tashi - è tale che potrebbe diventare il film di Guadagnino più amato anche da chi non lo ama particolarmente. Diciamo anche che sulla carta è un film calcolato - fin troppo - proprio come le regole del Tennis ma non disdegna momenti molto belli e soprattutto un Eros che, per quanto possa sembrare patinato, ci mancava eccome nel cinema contemporaneo d'autore. Epilogo che vorrebbe consegnarsi alla storia e non ci riesce, tuttavia commovente nella sua logica sulle potenzialità umane, attori bravi e ben diretti. Preferisco il Guadagnino che va oltre le aspettative e rischia di più ma "Challengers" resta un "prodotto" assolutamente rispettabile
Quello non è un vizio. È una routine di servizio. C'è chi fa rimbalzare la palla 6 volte, chi si toglie le mutande dal cul.o, chi avvicina la pallina al piatto corde. Poi ci può stare come risvolto di sceneggiatura per dare un senso al triangolo misto, va bene.
Zendaya può essere che sia stata scritturata perché dimostra di avere un rovescio bimane bellissimo, e risulta davvero attraente e credibile in kit da tennis. Sul versante agonistico maschile la situazione crolla drammaticamente e vengono messi in scena scambi improbabili per gente che dovrebbe essere pro. Ciò che succede poi nella sequenza finale, considerando gesto tecnico e atletico, è un disastro di rara tristezza. Neanche Fantozzi e Filini al Park Tennis erano arrivati a tanto.
La regia si difende, con ottime scene quando la telecamera è posizionata sulla rete e la pallina avanza veloce. Il montaggio crolla miseramente nella finale quando Zweig è al servizio per andare al tie break e serve due volte dallo stesso lato: la prima fa doppio fallo, la seconda è quando cambia routine e riporta alla luce vecchi messaggi in codice.
Sul triangolo amoroso non mi sento di esprimere giudizi eclatanti. Da eterosessuale, Zandaya mi lascia abbastanza indifferente, mentre quei Nargiso e Pescosolido lì mi sembrano al limite dell'insignificante. Insomma, tutto questo clamore erotico mi pare fuori scala. Per fortuna ci sono Reznor e Ross che picchiano duro da fondo campo a dare un senso a questa visione.
Dopo Bones and All Guadagnino costruisce sapientemente il secondo film per MGM-Amazon su commissione, ma riesce comunque a mantenere integritŕ di scrittura e anche visivamente. NON č un film sul mondo del tennis, e NON č un film su un triangolo amoroso tra due ragazzi e una ragazza. In realtŕ č uno spaccato della vita di tre persone che si cercano, si amano, si scontrano e si manipolano dall'inizio alla fine, tutto questo ovviamente ha delle conseguenze. Guadagnino usa una regia semplice, in cui la forma e la sostanza vanno a braccetto. Complice una ispiratissima colonna sonora Tecno-house di T. Reznor e Atticus Ros il film non annoia, anzi, rilancia. Anche la narrazione non lineare funziona tramite un montaggio rigoroso ed efficace. Ovviamente Zendaya ruba letteralmente la scena con la sua Tashi Duncan, giovane promessa del tennis, iscritta ad un ottima universitŕ e bellissima, ma con un caratterino per niente facile, che sfocia nel manipolatorio e nel essere una s234nza. I due ragazzi ovviamente pendono dalle sue labbra, e chi sta con chi cambierŕ nel corso della storia, Patrick č piů rozzo(forse) loquace ma anche indipendente . Art invece č il classico bravo ragazzo che fa tutto giusto e ovviamente si fŕ imporre da Tashi TUTTO . Infatti
si sposano e hanno anche una figlia, lui diventa un giocatore di tennis professionista, e Tashi riversa su di lui tutta la sua attenzione e capacitŕ manipolatoria per farlo diventare il campione che lei non č mai stata
La partita finale delinerea il destino dei tre personaggi, tra scontri, tradimenti, riavvicinamenti fino
all'abbraccio finale tra i due ragazzi, che secondo me abbandoneranno entrambi Tashi al suo destino di solitudine
Io la vedo cosě come finale. Comunque il film merita, Guadagnino si conferma un regista capace, che riesce a inseguire le storie domandole senza tanti fronzoli, e oltretutto si trova a suo agio con lo star system di hollywood e non č poco.
La storia è in secondo piano, sommersa da suono, fotografia e dalla straripante bellezza e sensualità di Zendaya. Si segue con piacere ma si dimentica dopo cinque minuti.
Questo film è un susseguirsi di inquadrature studiate minuziosamente. La storia passa in secondo piano. Le musiche danno potenza alle immagini. Zenday è super sexy.
Guadagnino gioca col solito tridente amoroso e con la classica metafora dello sport, "In campo come nella vita" diceva Nereo Rocco, ecco che questo film potrebbe essere la perfetta materializzazione di questa citazione, anche se non è assolutamente il primo, il cinema americano ci ha già invaso con i vari film pugilistici in cui l'ascesa e la caduta dello sportivo corrispondono all'ascesa e alla caduta dell'uomo, il che mi pare quasi ovvio dato che è un dato di fatto che le vittorie sportive influenzano la fama e il denaro, e la fama e il denaro influenzano lo status, qui Guadagnino lo fa col tennis e ci aggiunge una donna carismatica e manipolativa come pivot, i due personaggi uomini girano attorno a lei, fin dall'inizio, una Zendaya magnetica che catalizza l'attenzione tutta su di sé, non soltanto per le doti fisiche innegabili, ma per un carisma strabordante che sembra schiacciare i due uomini e ridurli a dei burattini nelle sue mani, ma è una semplice reazione a catena, anche lei nei suoi comportamenti sintetizza tutte le pressioni che ha ricevuto, mi spiego meglio, nell'atto di cercare sempre di avere l'uomo di successo, sportivo ed economico, vi è una necessità inculcata da quello che probabilmente è stata la sua formazione, essendo lei stessa stata una giovane promessa proveniente da una famiglia benestante, più o meno inconsciamente riversa tutte le sue aspettative, poi non rispettate anche a causa di una tremenda sfortuna, sull'uomo che l'accompagna durante il suo percorso di vita, e tra i due uomini si instaura quella competizione atavica che però rispetta comunque le regole dello sport, un po' meno dell'amicizia, d'altronde il tennis è forse lo sport perfetto per la rappresentazione, per eccellenza quello in cui la condizione mentale influenza enormemente la prestazione e nel quale si passa velocemente dall'euforia del successo, dalla consapevolezza dei prori mezzi alla più totale declabe, come si vede nel percorso di Art, è molto semplice passare dal vincere gli Slam al gareggiare ai challenger, così è la vita stessa, ma diciamocelo, caro Guadagnino, per quanto apprezzi il messaggio e l'atmosfera di sana competitività, non ho trovato particolari guizzi di originalità.
Poi, parere personalissimo, il malus del film sta nello stile, però magari sono io, l'ho trovato eccessivamente carico e patinato, con quella colonna sonora che parte dal nulla, della serie: dico una frase epica, e poi parte la colonna sonora, e tutte quelle sequenze videoclippare che raggiungono il climax nella scena finale in cui la camera impazzisce e prende la soggettiva dei giocatori, del terreno, della palla, tutto tecnicamente splendido sì, ma così carico da risultarmi indigesto e concedetemelo, sfociare nella tamarraggine, vero è che probabilmente si vuole volutamente trascinare delle reminiscenze degli anni ottanta reganiani in cui successo e status erano all'ordine del giorno e così applica uno stile simile.
Detto questo, è un film sufficiente, con un tridente di attori in formissima, con una buona componente socioantropologica, ma per quanto riguarda lo stile non è la mia cup of tea.
Ai titoli di coda mi son alzato e sceso verso l'uscita accompagnato da questa fantastica colonna sonora e vi giuro che andavo al rallenty come i protagonisti.
Challangers è un film che trasuda di bellezza del cinema. Magari la storia non è di quelle che ricorderemo, ma come è fatto è qualcosa che per gli amanti di cinema va assolutamente guardato. Assisteremo ad una partita di due tizi in un campetto di cui non sembra che ci possa fregare più di tanto. A colpi di flashback Luca Guadagnino crea sostanza, ma soprattutto cinema. Le inquadrature, l'impostazione, le vicende e la colonna sonora riempiono piacevolmente le due ore di film in modo abbastanza appassionato. Sì, è vero, a volte abusato di rallenty. E quel finale che riscatta una sceneggiatura non troppo scorrevole. Non pensavo ma questa partita me la son proprio goduta, aspettando il prossimo Guadagnino.
Secondo me la pandemia e il fermarsi, se nei mesi successivi è stato purtroppo un disastro, ora sta giovando di parecchio al cinema.
devo dire che Guadagnino mi ha piacevolmente colpito con questa toria, prima di tutto per ritmo inquadrature montaggio ed effetti..non sembra di stare di fronte ad un film italiano .. prevalentemente molto più verista per stile di regia, ma di fronte ad una produzione hollywoodiana.. la storia è emozionante e la resa della tensione da match point è piena ed efficace. bravo
Quando sai travolgere, svolgere, narrare, piegare e guidare le svolte narrative con la sola forza del montaggio, della regia e del sonoro potendo così sfanculare tutte le verbosità allora puoi dire che sai fare cinema e Luca Guadagnino sa decisamente fare cinema. I know [mixed]: parliamo di un rettangolo di gioco dove si giocano x vite in x anni, dalle casse Atmos martellano le capacità spaziali di Trent Reznor e Atticus Ross e se notate bene nel loro cyber-punk elettronico c'è spazio anche per i rimbalzi della palla sulla rete della racchetta perché Challengers è un film in perenne erezione (e "il tennis è una relazione"), egoriferito, avanti e indietro, un coito interrotto continuo capace di costruire il desiderio e la tensione del desiderio stesso anche solo con i flashback, sia esso per una carriera, per una donna, per una rivincita, che per un gioco, cinema moderno e sensuale, che non sai di dover davvero giocare fino a quando non sei tu la pallina (vedrete soggettive pazzesche). Rapporti umani e potere, umani, troppo umani, dalla gravità di una prospettiva impossibile.
Sono andato a vedere il film perché ho letto recensioni molto positive e vedo che anche quella che mi precede, ben argomentata, è molto positiva. Evidentemente si tratta di quei film che potranno suscitare commenti controversi, anche se il mio sospetto è che essendoci dietro Guadagnino ci sia la tendenza a sopravvalutarlo. Io l'ho trovato semplicemente noioso e ripetitivo, e non vedevo l'ora che finisse, brutto segno quando sei al cinema. Emozioni trasmesse zero, salvo solo la Zendaya davvero brava e sexy.
Da appassionato di tennis che ha visto migliaia di partite posso dire che è il vero sport del diavolo: sport di testa se ne esiste uno. Con "Challengers" Guadagnino filma innanzitutto i "mind games" (più volte citati) tra i tre protagonisti: è un intreccio inestricabile, una relazione continua, proprio come in quel tennis che finisce per creare una relazione tra i due avversari anche se separati dalla rete e pronti a sfidarsi fino all'ultimo colpo. Anche se nato come film su commissione si percepisce tutta la cura che Guadagnino ha dedicato al film: questo è totalmente un suo film, ed è riconoscibilissimo come tale. Nel triangolo amoroso/mentale/sportivo che dura più di un decennio, Guadagnino esplica e allo stesso tempo nasconde, dice e non dice, fa intendere e mescola carte ricreando a livello di attrazione fisico/mentale il gioco che si crea sul campo: ne viene fuori una sorta di lunga partita a scacchi scandita dalla musica di Ross e Reznor, tanto potente quanto a volte - come nel finale - abusata a coprire i momenti in cui lo screentime si dilata oltre il dovuto (in questo senso azzeccata la critica di Paul Schrader sul suo profilo facebook).
In questo gioco di ragazzini che vorrebbero diventare adulti e di adulti che sono ancora ragazzini Guadagnino muove di nuovo - e di nuovo sottilmente - una critica al mondo della ricchezza che arriva con poco, mettendone a nudo alcune ipocrisie comportamentali ma anche rifiutando (colpevolmente) di muovere una critica organica ad un certo modo di vita dietro il tennis che pur esiste: il nostro regista sceglie di rimanere nell'ambito di un cinema prepotentemente pop (nel senso migliore del termine), catchy, postmoderno, un cinema di corpi nudi, eroticità, sensualità, superfici (fino a giocare con la stessa composizione del campo da tennis nel finale): insomma la superficie è la prima cosa che vediamo. Dietro di essa tante mosse di scacchi e forse chi crede di muovere i fili a proprio vantaggio è in realtà la vera marionetta che tutti muovono (e il finale, in tal senso, apre a diverse interpretazioni).
Un film pienamente nella mani di Guadagnino, dentro il suo stile, ormai quello di un cinesta che flirta con i modi, i nomi e gli stilemi del cinema hollywoodiano. Peccato per la gestione dello screentime un po' troppo diluita e per quel non affondare mai veramente il coltello dentro il mondo che decide di raccontare (avrà influito il fatto che sia una produzione Amazon)?