L'allenatore olandese Thomas Rongen tenta l'impresa quasi impossibile di trasformare la squadra di calcio delle Samoa Americane da perennemente perdente a vincente.
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Piacevole commediola ispirata ad una particolare storia vera... Nel complesso mi ha strappato qualche risata ed è stata una visione piacevole seppur abbastanza scontata. Waititi è capace di ben altro...
31-0. Veramente difficile fare di peggio, ma le Samoa americane dopo quella batosta allucinante avevano solo il desiderio non tanto di vincere una partita, ma di segnare almeno un gol. Quindi viene assunto un allenatore professionista in caduta libera, sia personale che professionale, che sia palesa in Thomas Rongen, impersonato da Michael Fassbender. Il film di Waititi non si discosta molto dai vari film di questo genere. Non ricerca particolari soluzioni registiche per la partita in sè, tutte molto scontate e banalotte, quanto ciò che accade fuori dal rettangolo di gioco, con atleti da dopolavoro di livello amatoriali, giocatori trans e soprattutto la rinascita di un uomo che sposa un filosofia semplice senza particolari pressioni mentali. Basta divertirsi. Il film è molto ironico, non provoca la grassa risata, ma risulta piuttosto divertente nella sua semplicità.
C@zz0 il mio voto va oltre il fottuto film.che e' la classica storia di redenzione e rivincita legata al mondo dello sport.Ma quel 31-0 dell'Australia al danno delle Isole Samoa e' stato il tormentone di quegli anni delle partite di calcetto con gli amici.Ricordero' per sempre quella sera in pizzeria quando JBL,vedendo sul telefonino la notizia di quel risultato se ne usci con una delle sue frasi storiche "Ma se ci giochiamo noi contro l'Australia non li prendiamo 31 gol" ,frase che e' rimasta scolpita nel libro delle "Citazioni sotriche del gruppo" insieme a "ma se ci giocano Imbriani e Balleri,in Serie A ci posso giocare anch'io".Beh quella semplice frase e' diventata l'oggetto di discussione non solo di quella serata ,ma di tutto l'anno calciistico.Con lui che diceva "ma certo che non li prendiamo 31 gol,battiamo,la passiamo all'indietro,stiamo sulla nostra linea di fondo e quando arriva Viduka la buttiamo in calcio d'angolo,e intanto i minuti passano"e l'altro "ma non abbiamo neanche il tempo di passarla all'indietro,che ci passano addosso come un camion e ci portano via il pallone,ce ne fanno 50 di gol".Quelle belle serate quando le preoccupazioni piu' grandi erano queste.e adesso ci hanno fatto un film,na robba increddibbile !! Quindi sicuramente sono stato influenzato da questo ricordo nella mia valutazione e nel mio emozionarmi a veddere il discorso finale del coach prima della partita,quindi ci levo mezzo c@zzo di voto dal 7 che volevo dargli,pero' dai,aldila' di questo non e' un brutto film sul calcio,come quella c@gata di "Viavan San Isidro" per dire il primo titolo che mi viene in mente.E dopo tanti film,in questo periodo,che mi hanno solo fatto inc@zzare e innervosire,finalemnte uno che mi ha fatto staccare e divertire per un'ora e mezza,e lasciatemelo dire e vi chiedo scusa,badate bene scusa,ma Dio cane, se ne avevo bisogno!!
Il maschio bianco etero occidentale col pallino per la vittoria e la competizione sbarca in un luogo letteralmente ai confini del mondo e cerca di infondere la sua aggressiva visione del mondo, della vita e dello sport. Un luogo che però aggressivo e competitivo non lo è affatto. Waititi si muove da un documentario che tratta luoghi e tematiche a lui congeniali (specie per i suoi primi film) e incastona il tutto in un filone cinematografico ben preciso: i perdenti e disadattati che si avventurano in uno sport a loro decisamente poco adatto (vedi i celeberrimi Cool Runnings, Machan, Dodgeball, gli italiani Lo chiamavano Bulldozer o I Cinghiali di Portici fino ad arrivare, in senso lato, anche al recente Ted Lasso). Il film però non ha la forza delle pellicole/serie succitate perché, oltre le premesse su carta, si perde un elemento chiave presente negli altri film: i personaggi e l'empatia che sono capaci di suscitare nello spettatore. In questo film non si sente mai un senso di squadra perchè c'è letteralmente solo un componente più approfondito (poi ne parliamo) mentre gli altri sono solo mere comparse, sia i membri originali della squadra che le varie aggiunte che via via si uniscono alla brigata. Lo stesso Fassbender risulta sfocato e scritto senza precisione. Tanto per dirne una: viene allontanato dalla sua federazione perchè è un perdente o perchè è un coach troppo aggressivo che viene spesso alle mani? Pare che neanche Waititi lo sappia con precisione. E se nel finale c'è una rivelazione commuovente sul suo personaggio, il tutto lascia l'amaro in bocca perché la suddetta rivelazione arriva troppo tardi, a mo' di colpo di scena, impedendo di fatto l'immedesimazione verso il personaggio per tre i quarti di film precedenti. Quello che scalda il cuore (o quanto meno ci prova) è il rapporto padre/figlia che si crea tra il protagonista e la giocatrice transgender, ragazza incredibilmente ben vista e amata dal resto della comunità... ma non dal solito maschio bianco etero occidentale. Peccato, poteva essere un film molto più bello su una comunità lontanissima e affascinante, come Waititi ci aveva abituato coi gli splendidi Boy o Reservation Dogs.