germania in autunno regia di Rainer Werner Fassbinder, Volker Schlöndorff, Alexander Kluge, Bernhard Sinkel, Edgar Reitz, Alf Brustellin, Hans Peter Cloos, Maximiliane Mainka, Katja Rupé Germania 1978
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germania in autunno (1978)

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locandina del film GERMANIA IN AUTUNNO

Titolo Originale: DEUTSCHLAND IM HERBST

RegiaRainer Werner Fassbinder, Volker Schlöndorff, Alexander Kluge, Bernhard Sinkel, Edgar Reitz, Alf Brustellin, Hans Peter Cloos, Maximiliane Mainka, Katja Rupé

InterpretiRainer Werner Fassbinder, Helmut Griem, Katia Rupe, Angela Winkler, Mario Adorf

Durata: h 2.04
NazionalitàGermania 1978
Generestorico
Al cinema nell'Agosto 1978

•  Altri film di Rainer Werner Fassbinder
•  Altri film di Volker Schlöndorff
•  Altri film di Alexander Kluge
•  Altri film di Bernhard Sinkel
•  Altri film di Edgar Reitz
•  Altri film di Alf Brustellin
•  Altri film di Hans Peter Cloos
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Trama del film Germania in autunno

Radiografia collettiva della Germania nell'autunno 1977 dopo il sequestro e l'uccisione dell'industriale Hans-Martin Schleyer; il dirottamento di un Boeing della Lufthansa a Mogadiscio con l'intervento di reparti specializzati che liberano gli ostaggi; la morte, nel carcere di Stammheim, dei terroristi Andreas Baader, Gudrun Esslin, Jan Carl Raspe e Ulrike Meinhof.

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Voto Visitatori:   7,86 / 10 (7 voti)7,86Grafico
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Voti e commenti su Germania in autunno, 7 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Filman  @  01/04/2023 08:53:46
   7½ / 10
Regalare alle persone un documentario come questo, nel cui viene ricreata questa immersione totale nell'attualità tedesca di quegli anni e nella frammentazione sociale che l'ha segnata, è un contributo umano e culturale non di poco conto. DEUTSCHLAND IM HERBST (Germania in Autunno) appassiona ulteriormente contestualizzando anche chi racconta e come lo racconta, conferendo tridimensionalità ad un film dalla natura oggettiva. Quello di Rainer Werner Fassbinder, da sempre coinvolto come protagonista nello studio psicoterapeutico della sua nazione, è un servizio per la collettività ammirevole.

DarkRareMirko  @  12/08/2013 11:35:21
   8 / 10
Visione un pò difficile per tematiche ed avvenimenti che, quando capitarono, non mi vedevano ancora nato.

A prescindere da questo, il tutto mi è sembrato comunque un pò troppo personale e relativo ai tedeschi, checchè altri dicano.

Storico e semidocumentaristico, mi coglie un pò impreparato su più fronti e, a dire il vero, dei vari registi conosco solo Fassbinder e Reitz (quello degli Heimat).

Fra tutti i capitoli mi è rimasto più impresso il Fassbinder metacinematografico, che interpreta sè stesso mettendosi in gioco; tutti gli episodi sono comunque di valore, seppur, come detto, gli avvenimenti non siano tra i più ricordati e trattati.

Da vedere e rivedere.

Crimson  @  07/05/2013 13:35:59
   8 / 10
"Il fascismo degli anni trenta era una mobilitazione a scopi eversivi, che faceva leva sull'attivismo, mentre oggi il pericolo consiste in una mobilitazione che si basi sulla passività della gente. Come lavoratore mi trovo costretto in una realtà molto dura. Lo stesso mi capita come cittadino privato, uno che ha una famiglia e dei figli e vive in un certo ambiente. Sono confinato tra quattro pareti. Da questa realtà dipendono tutte le mie fantasie e frustrazioni, tutti i miei desideri. Sentimentalmente desidero qualcos'altro, qualcosa che mi dia l'illusione dell'esistenzialismo dei sovversivi: "libertà o morte". Sentimentalmente è un'idea molto suggestiva. Ma non posso realizzarla sul posto di lavoro. Per esempio, se cerco di portar fuori dalla fabbrica una chiave inglese è molto probabile che il custode mi peschi con le mani nel sacco. Proprio questa considerazione mi fa ritenere una cosa assolutamente fantastica riuscire a introdurre pistole e dinamite in una cella (riferimento a Stammheim, ndr). Se sperimento costantemente una dissonanza tra quello che sento e quello che posso fare nel mio angolo di realtà, sarò portato a odiare tutti quei fatti che disturbano il mio equilibrio precario, perché io ho bisogno di questo equilibrio per andare avanti. Quando qualcosa lo minaccia, il mio odio si dirigerà sulla causa di questo turbamento. A seconda delle circostanze potrà essere lo stato o il terrorismo. Questo è il vero motivo della passività delle persone; l'interesse che le proprie sofferenze non vengano acuite, non essere lacerati da contrasti interiori. Quindi uno non ha interesse a diventare la cavia di un esperimento, che gli provocherebbe delle sofferenze. Ogni volta che si verifica un mutamento, soffro, perché viene meno quell'equilibrio che mi sono faticosamente costruito. Se qualcuno riesce a mettere in moto questo processo e spingerlo verso destra, è in grado di provocare un movimento di massa, aizzandolo contro una minoranza. Questo che ho appena cercato di descrivere è il nuovo fascismo, che non è nemmeno lontanamente paragonabile a quello che l'ha preceduto. Il nuovo fascismo non sfila nelle strade ma sta seduto nei tinelli e nei posti di lavoro; si annida nei cervelli della gente e costituisce per così dire un avallo allo sfruttamento dall'alto. Questo fascismo non ha ancora raggiunto l'acme. Ma è particolarmente pericoloso perché conduce alla più totale indifferenza verso i soprusi e le violenze che accadono sotto i nostri occhi."

(Renate Klett, Germania d'autunno – Repressione e dissenso nello spettacolo della R.F.T. Ubulibri/Edizioni Il Formichiere, 1979)


Pochi giorni dopo "i fatti" di Stammheim e il ritrovamento del corpo senza vita di Schleyer quasi ai confini con la Francia, la Filmervag der Autoren decide di finanziare un progetto che coinvolga i maggiori esponenti del Nuovo Cinema Tedesco. Il Cinema deve dare quel contributo che per varie ragioni è mancato fino a quel momento.
Quello "di papà", destituire il quale era il proposito principale del Nuovo Cinema Tedesco, si era instaurato negli anni '50 perchè in Germania non era avvenuta una elaborazione delle responsabilità del regime nazista. Nulla era cambiato, e solo dal 1965 in poi si comincia a parlare di crescente ribellione. Una nuova generazione, quella che comprende anche i nuovi cineasti, nell'anno cruciale 1968 ha una reazione ancor più vigorosa rispetto al resto dell'Europa perchè quella dei loro genitori non ha preso le distanze "come si doveva" da quanto accaduto venti-trent'anni prima. In maniera molto semplificata, la RAF nasce da questa lacerazione insanabile.
Fino al 1977 non è stato girato nessun film sul terrorismo. Alcuni cineasti hanno sfiorato il tema o lo hanno rappresentato in maniera metaforica, tuttavia focalizzandosi su altri aspetti (Schlondorff, Fassbinder). In altre circostanze i progetti sono stati abortiti per mancanza di finanziamenti o comportamenti ai limiti della censura (Hauff). A teatro e in televisione le cose vanno peggio. La fortuna del Nuovo Cinema Tedesco è stata di nascere e crescere in maniera indipendente. Quando si tratta di essere finanziati dallo stato, nel biennio 1976-77 il clima diventa soffocante, invivibile. E' il riflesso di ciò che accade nel tessuto della società. Tutto ciò viene puntigliosamente riportato nel libro di Renate Klett - Germania d'autunno. Repressione e dissenso nello spettacolo della R.F.T.
Alexander Kluge riceve l'incarico di radunare cineasti e artisti; ha già in mente un progetto ben formulato. Diversamente dalle intenzioni ciò che ne consegue è tutt'altro che istintivo e immediato. Germania in Autunno, questo autentico documento che rappresenta il momento più critico della RFT, è un film collettivo che integra in maniera diseguale ma genuina frammenti di "finzione" (sostantivo da prendere con le molle a giudicare dallo straordinario contributo di Fassbinder) a riprese documentarie e interviste.
Il compito diventa arduo perchè Herzog e la von Trotta in quel momento stanno lavorando ai loro rispettivi film, e Wenders è negli Stati Uniti.
Kluge e Schlondorff girano la maggior parte dei contenuti. In particolare hanno il permesso di riprendere "a caldo" i funerali di Schleyer e in seguito quelli di Baader, Ensslin e Raspe. Al materiale immediato si unisce il contributo di Fassbinder. Quanto girato dagli altri registi si integra in ritardo e il film può uscire solo nel 1978, quando ormai molte persone non volevano far altro che rimuovere quel mese di ottobre catastrofico.
Viene dunque mancato l'obiettivo principale di interrogare e scuotere a caldo. Ma guardando il materiale raccolto ancora a distanza di anni si riceve l'impressione di un lavoro importante e molto sentito. Senz'altro ricco di difetti, ma autentico. Occorre precisare che questo film può essere un valido approfondmento, a patto che si conosca già l'argomento trattato.
In apertura c'è una delle lettere inviate da Hanns-Martin Schleyer al figlio, letta mentre scorrono le immagini del funerale (uno dei leitmotiv della pellicola).
Dalla lettera emerge un linguaggio metacomunicativo che alla luce di quanto poi accaduto suona spettrale. Il presidente degli industriali tedeschi in sostanza riferisce al figlio che se morirà le responsabilità saranno anche condivise da uno Stato reo di temporeggiare eccessivamente. Il sequestro Schleyer si protrae per sei settimane e benché l'intelligence tedesca abbia individuato quasi con certezza il primo covo dei rapitori già nella seconda settimana, non é mai intervenuta.
Per 25 minuti si articola quanto girato da Fassbinder, tra le mura domestiche. Vive col compagno Armin Meier (suicida pochi mesi dopo e inconsapevole ispiratore del capolavoro Un anno con 13 lune) che sembra completamente apatico rispetto a ciò che sta accadendo. Durante il dirottamento del boeing della Lufthansa non ascolta gli aggiornamenti per radio. La sua filosofia molto spicciola e priva della volontà di riflettere è di far saltare in aria l'aereo. Fassbinder gli ricorda che oltre al commando palestinese (due uomini e due donne) ci sono 90 passeggeri.
Il regista tedesco coglie esattamente il nocciolo della questione sia attraverso il linguaggio che il sentimento. L'obiettivo del film è suscitare una serie di riflessioni sul comportamento dello stato in relazione a quello dei terroristi della RAF in modo da avere un'istantanea di cosa è la democrazia nella RFT del 1977. Ciò viene affrontato in una serie di dialoghi intensi con Lilo Pompeit, sua madre, intervallati alle sequenze con Armin. Con impeto e volontà di scuotere la madre, RW affronta il tema delle leggi speciali, prendendo posizione dal terrorismo (nel 1979 rappresenterà cinicamente la RAF ne La terza generazione) ma anche dalla reazione dello Stato. Fa riflettere la madre sul concetto sbagliato che ha di libertà e di democrazia, che non si fa "dall'alto" ma "dal basso", e che dai suoi discorsi non sta facendo altro che sostenere la "legge del taglione". Nelle sequenze con il proprio compagno il regista si identifica con lo spettatore tedesco. Vuol comunicargli "ecco cosa facevo io in quei momenti terribili per le sorti della nostra democrazia". Sa che quei giorni (dal 13 al 18 ottobre 1977) sono indimenticabili per qualunque tedesco e vuole ricondurre lì, a che punto si è giunti. Barricati in casa, in ansia per le notizie, increduli (tutt'ora) sulla dinamica delle morti nelle celle di Stammheim. Uno stato che ha alimentato la cultura del sospetto nei confronti degli estranei.
Il regista già aveva affrontato il tema nel suo meraviglioso La paura mangia l'anima, che faceva riferimento alle conseguenze di quanto accaduto durante le Olimpiadi di Monaco. Ma quello era solo l'inizio. In quegli anni si erano moltiplicate le leggi speciali che per colpire pochi minavano la libertà di tutti.
Nel film ad un certo punto Fassbinder mentre cerca inutilmente di concentrarsi su un copione ascolta una sirena della polizia. Temendo un controllo fa sparire la cocaina che aveva su un vassoio e dice ad Armin che "se quelli entrano basta una mossa falsa e ti sparano". Edgar Reitz nel suo Heimat 2 alcuni anni dopo avrebbe inserito una sequenza simile di una gambizzazione frutto dell'isteria.
Successivamente Armin ospita un ragazzo per la notte, senza sapere nulla sul suo conto. La reazione di Fassbinder è rude e ostile, e gli intima di farlo uscire. Per poi scoppiare a piangere e nella solitudine abbracciare disperatamente il compagno.
Un frammento di straordinaria intensità. In 25 minuti questo artista fuori dal comune è riuscito a far vivere sulla pelle dello spettatore l'isteria, la paranoia e la depressione di un momento storico in cui nessuno capisce più cosa stia accadendo.
All'episodio di Fassbinder segue il primo di Kluge, che si ripropone in diversi momenti del film. Protagonista una delle sue muse, Hannelore Hoger, nelle vesti di una insegnante di storia che ha un'idea della materia di insegnamento diversa da quella degli organi scolastici. Kluge centra un altro tema attuale, la reticenza ad affrontare la questione della violenza per la paura infondata di suscitare chissà quale riflessione altrettanto violenta o deleteria sui depositari delle informazioni.
Col suo stile inconfondibile di associazione di materiale storico all'attualità espone due casi di "suicidio di stato" (Rommel e Rodolfo d'Asburgo-Lorena), con chiara allusione ai tre detenuti di Stammheim.
La parte centrale del film perde d'interesse nei contributi di finzione di Brustellin e Sinkel prima, e di Rupé e Cloos in seguito, registi non all'altezza dello spessore dei vari Schlondorff, Kluge e Fassbinder, tanto da non lasciare il segno con i loro frammenti volti a suscitare ancora quel clima di tensione e angoscia dilagante. In tutto ciò devo dire che ho trovato assolutamente fuori luogo l'intervista a un personaggio come Horst Mahler.
Il contributo di Reitz è breve ma significativo. Ad un posto di frontiera una coppia viene fermata da uno spocchioso agente che insinua sospetti, anche lui portavoce di quell'isteria di massa che aveva raggiunto un acme insopportabile.
Tra i frammenti successivi sono degni di nota l'intervento sulla democrazia dello scrittore Max Frisch e la lettura di un'altra lettera inviata da Schleyer durante la prigionia.
A questo punto c'è l'episodio girato da Schlondorff che è uno dei miei preferiti, pur nella sua brevità (circa 15 minuti). Con alcuni dei suoi attori feticcio (Angela Winkler, Mario Adorf...) e con il contributo di Heinrich Boll il regista inscena a Berlino (evidente l'antenna televisiva all'inizio e alla fine dell'episodio, simbolo non solo di una città ma anche del potere mediatico) una riunione redazionale di un'emittente televisiva (verosimilmente la principale) volta a visionare una versione dell'Antigone di Sofocle. Nonostante il regista abbia girato ben tre versioni dell'incipit, prevenuto dinanzi alla possibile censura dei committenti, viene deciso di non mandare in onda lo sceneggiato. E' una vera e propria censura camuffata come al solito con altri sinonimi.
Ritengo che tuttora sia il frammento del film più attuale e sconcertante, e descrive fedelmente situazioni che all'epoca erano all'ordine del giorno. Il timore è che lo spettatore dello sceneggiato possa associare Antigone alle moderne terroriste (Meinhof, Ensslin, Moller, Mohnhaupt...).
In Antigone c'è tutto. C'è già la legge dello stato opposta alla legge della morale.
La coppia Schlondorff-Boll rivendica la pietas nei confronti di "quelle persone". Lo scrittore s'era reso impopolare proprio per questa presa di posizione già nel 1972, venendo stigmatizzato e perseguitato (l'irruzione e la perquisizione in casa del figlio) come "simpatizzante dei terroristi". La sua è una storia celebre che esemplifica molte altre storie più comuni. All'epoca essere di sinistra era giunto ad equivalere a "difendere i terroristi". Non si distingueva più l'uomo dall'azione, la legge dalla morale. La censura ai danni della rappresentazione dell'Antigone è l'ennesimo esempio di una nazione che ha paura di affrontare la realtà, evitandola a priori, determinando dei tabù. Sembra incredibile a pensarci, ma persino una tragedia di secoli e secoli precedente era divenuta tabù.
L'episodio di Schlondorff è il più appropriato per lasciare spazio all'ultimo frammento di film, girato dallo stesso regista e da Alexander Kluge, in cui alle riprese del funerale dei tre terroristi della RAF a Stoccarda si alternano interviste e resoconti. Il parallelo con Antigone è ovviamente la polemica scatenata dalla decisione di seppellire Baader, Ensslin e Raspe in un cimitero "accanto alla gente normale". Per loro si profilava la stessa sorte di Polinice.
Per fortuna hanno prevalso la ragione e la democrazia.


Emone: Padre, di tutti i beni che gli dei hanno concesso agli uomini, il bene più grande è la ragione. Io non potrei, io non saprei dire se quello che hai detto è giusto: altri potrebbero parlare altrettanto bene. A me spetta osservare al posto tuo tutto quello che si dice, che si fa, che si critica; i cittadini temono il tuo sguardo e non dicono ciò che potrebbe dispiacerti. Ma io, nell'ombra, posso udire, so come piange la città per la sorte di questa fanciulla, la più innocente fra le donne, condannata a morire in modo indegno per il più nobile dei gesti: perché non ha voluto che il fratello, caduto nella lotta sanguinosa, rimanesse insepolto e finisse in pasto ai cani voraci e agli uccelli. Essa è degna dell'onore più alto. Queste sono le voci che corrono, in segreto.
Padre, non esiste per me bene più grande della tua buona fortuna. La gloria dei padri è per i figli la gioia maggiore, come per i padri la felicità dei figli. Ma tu non coltivare quest'unico pensiero: solo quello che dici tu, e nient'altro al mondo, è giusto. Chi ritiene di essere il solo ad avere intelligenza e spirito e parola superiori a ogni altro, se lo osservi bene si rivela vuoto nel cuore. Un uomo, anche se è saggio, non deve vergognarsi di essere duttile, per imparare sempre di più. Tu sai: lungo i torrenti in piena gli alberi che si piegano salvano i rami, quelli che resistono sono sradicati. Se il marinaio tiene le scotte troppo tese e non le allenta, fa rovesciare la sua nave e prosegue il viaggio a chiglia capovolta. Cedi, dunque, accetta il cambiamento. Io sono giovane, ma, se posso darti un consiglio, ebbene, eccolo: la cosa migliore sarebbe che l'uomo avesse, innata, la perfetta sapienza; ma poiché le cose non stanno così, è giusto imparare da chi dice cose giuste.

(Sofocle, Antigone)

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Ultima risposta 07/05/2013 19.16.49
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Gruppo REDAZIONE amterme63  @  28/10/2012 23:11:45
   7 / 10
Necessario prima di vedere questo film è documentarsi sui fatti trattati. Se non ci si immedesima nella tensione molto forte, nel momento molto difficile che stava vivendo la Germania all'indomani del rapimento e dell'uccisione di Schleyer (ottobre 1977), sfuggirà molto del significato del film (un po' come nei film sul sequestro Moro).
E' composto per lo più da episodi slegati fra di loro. Alcuni sono in pratica ricostruzioni documentaristiche dei funerali di Schleyer e dei terroristi suicidati (o "fatti suicidare"). Sono gli episodi più prolissi e noiosi, certamente quelli meno significativi. Altri invece cercano di riprodurre i timori di molti intellettuali che questi fatti potessero portare a censure e a limitazioni della libertà (l'episodio di Antigone). L'episodio più bello e più riuscito è senz'altro l'episodio girato da Fassbinder.
Prima di tutto si tratta di un piccolo gioiello cinematografico, un equilibrio perfetto di stile di ripresa, ambientazione e recitazione, sapiente montaggio alternato, esposizione perfetta di uno stato emotivo di eccitazione febbrile, di confusione, di paura e incertezza. Anche in questo episodio Fassbinder si rivela il miglior regista in assoluto nel raccontare lo spirito di una nazione intera attraverso i fatti privati di una singola persona (come ha fatto ad esempio in "Il matrimonio di Maria Braun").
L'episodio filmato è costituito da un montaggio alternato fra momenti di vita privata del regista con il suo compagno e una discussione di politica fra il regista e sua madre.
In questo episodio Fassbinder opera un sottilissimo gioco stilistico fra recitazione e verità. Vedendolo nel proprio appartamento con il proprio compagno, siamo portati a considerare quello che vediamo come la realtà effettiva (anche se riprodotta), quando forse si tratta semplicemente di una ricostruzione voluta e razionale di atteggiamenti e pensieri che Fassbinder sentiva molto diffusi e non solo suoi.
Con la sua recitazione ha voluto riprodurre il sentimento di tutte le persone sensibili e impegnate che in qualche maniera capivano e forse condividevano le ragioni dei terroristi, ma che ne aborrivano i metodi. La paura (vissuta in maniera angosciante) era che lo stato prendesse occasione dal moto di indignazione collettiva per trascendere i propri principi fondanti e instaurare una forma autoritaria di democrazia, una vera e propria caccia alle streghe (la paura di Fassbinder che venga la polizia, il non fidarsi degli sconosciuti).
Il suo compagno e sua madre rappresentano invece rispettivamente i cittadini indifferenti e dinteressati (per loro la vita continua come prima), e i cittadini conservatori anti-idealisti, pronti a rinuciare alle libertà democratiche per la difesa del sistema.
Fassbinder (e non solo lui) pensava che la Germania non si fosse completamente liberata dal nazismo e che sotto la superficie liberale operasse ancora una forma di autoritarismo e di arbitrio pronta a uscire fuori alla prima occasione.
Al di là del clima riprodotto egregiamente, l'episodio è caratterizzato dal tipico stile distaccato e claustrofobico di Fassbinder nel rappresentare gli interni (le riprese dalla porta socchiusa, le ombre, gli spazi stretti, l'incombere delle pareti). Anche la propria casa non si sottrae a questa stilizzazione.
L'episodio rimane impresso anche per il forte pathos e la perfetta riproduzione di uno stato d'animo. Si tratta di una delle più belle opere filmate di Fassbinder. Peccato che il resto del film non sia all'altezza.

4 risposte al commento
Ultima risposta 07/12/2012 13.47.52
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Beefheart  @  21/12/2011 18:05:15
   6½ / 10
Lunga riflessione sugli avvenimenti, ed il clima da anni di piombo che ne deriva, che sconvolgono la Germania degli anni '70. Un film inevitabilmente frammentato che vede la parte firmata Fassbinder subito in apertura, con il regista, la madre ed il compagno che appaiono interpretando loro stessi alle prese con frustrazioni, depressioni e rabbie da disagio sociale. Il tutto si svolge tra le quattro mura della casa di Fassbinder, il quale non si risparmia prolungate inquadrature di nudo maschile suo e del convivente. Nel complesso può anche risultare noioso, ma pur sempre efficace per realismo nel trasmettere inquietudine e dubbi nelle coscienze di chi prova a farsi domande.

CitizenKane  @  08/09/2011 11:15:27
   10 / 10
Difficilmente ho visto film così belli e profondi. Una pellicola in bilico tra il documentario e la poesia, tra la rabbia ed il silenzio. Un film che riesce ad elevarsi dalla RAF, dalla Germania Ovest degli anni 70, dai vari Schmidt e Kohl e diventa documentario di un'esistenza

bulldog  @  05/10/2009 22:34:11
   8 / 10
Vari registi tedeschi tra cui Fassbinder in cooperazione per questa notevolissima raffigurazione della germania ovest negli anni del terrorismo.
Sullo stesso argomento non ero riuscito ad apprezzare 'la terza generazione'.

Il film è strutturato in una serie di episodi se così li possiam chiamare in cui si alternano interviste,minifilm con raccontini allegorici e excursus storici documentaristici.

Subito dopo il prologo troviamo la sezione girata da W.Fassbinder che interpretando se stesso ci porta nella sua vita privata col suo compagno A.Meier e qui vi ritroviamo spezzoni di quotidianità e interviste in cui il tedesco esprime il suo concetto di matrimonio(definito convivenza artificiosa) il tutto spezzato da alcune conversazioni 'politiche' con la madre.
Successivamente troviamo tutta un altra serie di mini-regie molto scarne tecnicamente(solo macchina fissa sempre a distanza) che trasmettono un senso di impotenza fino ad arrivare nell'ultima mezzoretta dove vi è un intervista all'allora sindaco di Stoccarda.

Descritto così può sembrare un accozzaglia di frammenti messi assieme ma in realtà tutti i segmenti si amalgano ottimamente tra loro formando uno strepitoso affresco sulla germania di quegli anni ma più in generale sulla globale involuzione culturale europea.

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Locandina del film LA ZONA D'INTERESSE Regia: Jonathan Glazer
Interpreti: Christian Friedel, Sandra Hüller, Medusa Knopf, Daniel Holzberg, Ralph Herforth, Maximilian Beck, Sascha Maaz, Wolfgang Lampl, Johann Karthaus, Freya Kreutzkam, Lilli Falk, Nele Ahrensmeier, Stephanie Petrowitz, Marie Rosa Tietjen, Ralf Zillmann, Imogen Kogge, Zuzanna Kobiela, Julia Polaczek, Luis Noah Witte, Christopher Manavi, Kalman Wilson, Martyna Poznanski, Anastazja Drobniak, Cecylia Pekala, Andrey Isaev
Genere: drammatico

Recensione a cura di Gabriele Nasisi

MARILYN HA GLI OCCHI NERI
Locandina del film MARILYN HA GLI OCCHI NERI Regia: Simone Godano
Interpreti: Miriam Leone, Stefano Accorsi, Thomas Trabacchi, Mario Pirrello, Orietta Notari, Marco Messeri, Andrea Di Casa, Valentina Oteri, Ariella Reggio, Astrid Meloni, Giulia Patrignani, Vanessa Compagnucci, Lucio Patané, Agnese Brighittini
Genere: commedia

Recensione a cura di Severino Faccin

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