Nel settembre del 1944, con la forza della disperazione, Varsavia insorge contro gli occupanti tedeschi, che contrattaccano con tutto il peso della loro struttura militare. Un gruppo di patrioti cerca di sfuggire all'accerchiamento tedesco attraverso le fogne ed è una terribile odissea che si carica progressivamente di toni da tragedia, man mano che le fila di questi ardimentosi si assottigliano.
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Wajda non ci risparmia nulla nel descrivere la tragica resistenza di questi uomini, accerchiati ormai dal nemico nazista. Con la medesima straordinaria capacità espressiva, entra nelle fognature della città distrutta, si immerge nei canali maleodoranti e allo stesso tempo negli aneliti e nelle speranze dei protagonisti, nonostante la spossatezza e le avversità non li abbandoni. Il ritmo narrativo cattura l’attenzione, la tensione diventa palpabile, la resa visiva è perfetta. Wajda padroneggia in modo eccellente la cinepresa, come nel bellissimo piano sequenza iniziale. Persino il "bianco e nero" della pellicola diventa un valore aggiunto, facendo eco all’estenuante lotta tra la speranza e la morte. Apparentemente pessimista, il film si chiude volgendo lo sguardo alla forza morale e al coraggio: un sottile, ormai dilaniato, ma ancora VIVO, spirito di solidarietà e di umanità. Ora, si può anche morire.