il cappotto regia di Alberto Lattuada Italia 1952
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il cappotto (1952)

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locandina del film IL CAPPOTTO

Titolo Originale: IL CAPPOTTO

RegiaAlberto Lattuada

InterpretiGiulio Stival, Antonella Lualdi, Yvonne Sanson, Renato Rascel

Durata: h 1.35
NazionalitàItalia 1952
Generedrammatico
Tratto dal libro "Il cappotto" di Nikolaj Gogol'
Al cinema nel Maggio 1952

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Trama del film Il cappotto

Carmine, un umile impiegato, ha un sogno nel cassetto: comprarsi un cappotto. Quando finalmente riesce ad acquistare l'indumento, dopo parecchi sacrifici, viene derubato per strada da un ladro. Senza più il suo cappotto nuovo, Carmine vaga in piena notte per la città, alle prese con il freddo e il buio.

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Voto Visitatori:   8,57 / 10 (7 voti)8,57Grafico
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Voti e commenti su Il cappotto, 7 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

alex94  @  17/01/2024 23:17:10
   7½ / 10
Bel film di Lattuada che traspone il celebre racconto di Gogol (attuando alcuni sostanziali cambiamenti nella sceneggiatura, il finale per esempio ma anche l'ambientazione che passa dalla Pietroburgo ottocentesca alla Pavia degli anni 50),può contare su una grande prova di Rascel ( probabilmente la sua interpretazione migliore) e su un ottima regia, che ben gestisce i vari cambi di tono della vicenda (si passa dal dramma al grottesco, senza farsi mancare neanche alcuni accenni fantastici.
Bella anche la cupa ed efficace fotografia.
Merita d'essere ricordato, coinvolgente e con numerose scene azzeccate.

topsecret  @  06/09/2017 14:04:49
   7½ / 10
Per smuovere la coscienza dei politici arrivisti ci vogliono i fantasmi in cerca di giustizia.
Buona la regia di Lattuada e super interpretazione di Renato Rascel in questo dramma grottesco basato sull'omonimo racconto di Gogol.
Il messaggio critico politico e culturale è evidente, sorprende anche il suo essere attuale e senza tempo, raccontando con forza, e con sprazzi di ironia, una storia ricca di emozioni tangibili.
Si segue bene fino alla fine, senza cali di attenzione ma con interesse e assoluta partecipazione. Difetta leggermente nel ritmo in alcuni momenti ma nulla di inficiante o di fastidioso.
Un film che merita la visione.

Goldust  @  14/12/2016 18:27:17
   8½ / 10
Tratto dal libro di Nikolaj Gogol, una storia grottesca e dolorosa intrisa di un umorismo sottile, illuminata dall'interpretazione ora comica ora tragica di uno stupefacente Rascel ( che al primo ruolo serio della carriera ricorda in certi passaggi lo Charlot di Chaplin ) e splendidamente ambientata in una nevosa Pavia degli anni '30. Il rammendo distratto fatto alla finestra, la continua lotta con il sarto Giulio Calì, la scena del funerale ed il finale "ultraterreno" sul Ponte Vecchio

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rendono il film indimenticabile.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  12/02/2015 22:01:02
   9 / 10
Uno dei migliori film di Lattuada, probabilmente il migliore in assoluto. Il cappotto non sembra una cesura con il neorealismo, anche se stilisticamente può darlo a pensare, quanto ad una sua evoluzione in chiave più letteraria. Il cappotto, come in fondo la bicicletta di Maggiorani, è il mezzo per raggiungere il sogno di un riscatto sociale. Rascel nell'intepretazione migliore della sua poco prolifica carriera cinematografica, è il fisico perfetto per il personaggio di questo piccolo uomo continuamente umiliato, cui basta tuttavia il cambio del "look" del cappotto nuovo per essere percepito dagli altri in maniera diversa e positiva. Essere accettato dagli altri, sia pure con un simbolo di pura apparenza. Un film straordinario con una grande intepretazione di Rascel, perfetta nell'equilibrare con una vena comico malinconica, una tragedia personale già in atto. Peccato che non gli siano state date altre possibilità del genere.

Invia una mail all'autore del commento marco986  @  07/07/2014 13:32:46
   9 / 10
Bel film.Rascel grande in versione grottesca

Invia una mail all'autore del commento Elly=)  @  19/10/2012 22:41:36
   10 / 10
Il genere fantastico in Italia non è mai stato approfondito al cinema come nella letteratura ma IL CAPPOTTO sa essere un valido concorrente insieme a LA CORONA DI FERRO del genere a livello internazionale. Un film che ha ancora le influenze del neorealismo ma che sa uscire da esso percorrendo nuove strade, un film che tocca la commedia e il dramma ma che mantiene i suoi toni fantastici, specialmente nell'ultima parte del film.
Lattuada è uno dei maggiori registi italiani della storia che ha saputo affrontare diversi generi altalenandosi fra commerciale e cinema d'autore ma la pellicola che ho amato di più è sicuramente questa, una pellicola che vede protagonista il sottovalutato attore Renato Rascel, che grazie alla sua capacità di mutare personaggio con interpretazioni di spessore Policarpo, De Carmine, ...) dovrebbe essere messo al pari di attori come Mastroianni, Tognazzi, Gassman. Un Rashel qui nei panni di De Carmine, un pover uomo che non chiede altro che rimettere a posto il suo cappotto tutto rattoppato e per ottenere il denaro necessario si farà calpestare la propria dignità, diventando un po' lo zimbello dei colleghi, un uomo che esprime tenerezza, un uomo con una certa dose di innocenza e di ingenuità, un uomo in pena che chiedeva solo giustizia per il suo cappotto, fonte di tanto dolore. La furbizia di Lattuada o meglio dello scrittore Gogol da cui è tratto il film ("La mantella") sta nel non trasformare questo ometto per bene in un assassino spietato proveniente dall'oltre tomba, infatti contrariamente a quanto ci si aspetta il fantasma di De Carmine mantiene il suo candore e questo rende il personaggio finale la perfetta reincarnazione del leggendario fantasma, quello con le catene che vaga disperato nelle strade desolate della città da qui all'eternità, tormentato da quel suo cappotto che tanto aveva desiderato e amato. Un capolavoro che sa toccare il cuore, una storia triste ma con un'umanità che rare volte si è vista al cinema, una storia che sa essere anche una tagliente denuncia, perchè no attuale, di una politica che pensa ad abbellire la propria immagine ("deve essere tutto perfetto per l'arrivo del santo padre") e non si degna di capire i veri problemi dei propri cittadini (i due compassionevoli e quasi comici pensionanti che continuano a chiedere una pensione più alta, "so stato in guerra, sa"), Non ci si stupisce se De Carmine impazzisce dalla disperazione e decide di porre fine alla sua povertà e alla sua tristezza: ha lottato "tutta la vita" per ottenere quel cappotto così bello che in un secondo gli è stato portato via, un colpo insostenibile per un uomo che viveva in una situazione di insoddisfazione generale data dalle continue martellate provenienti da una società in cui l'indifferenza rivolta a tutte quelle persone non appartenenti all'elite vengono derise pubblicamente ignorando ogni forma di giusnaturalismo. Il film nella sua drammaticità sa essere piuttosto sarcastico, l'emblema del film che lo rappresenta è forse un'inquadratura che la maggior parte della gente ha sfortunatamente dimenticato: ad un certo punto del film vediamo De Carmine felice e soddisfatto del suo cappotto ma l'inquadratura successiva fa un PP ai piedi, o meglio alle scarpe, di De Carmine, le quali sono tremendamente vecchie e rovinate! Una malinconia di fondo magistralmente elaborata da Zavattini e Lattuada che non si ferma solo alle inquadrature, ai personaggi e alla loro psicologia ma risiede nello sfondo in cui è ambientato, è cioè una fredda Pavia sotto il periodo di Natale e Capodanno.
Il tagliente dialogo finale, ambientato nelle fredde e desolate strade di Pavia, tra De Carmine e il sindaco risulta molto pirandeliano in questa situazione di amore gotico e se si attua una certa introspezione alla superficie filmica si può notare come il film nel suo misto di commedia e dramma sociale riesca ad essere molto surreale e gotico, una specie di horror gotico con accenni al surreale fiabesco. Il film venne ritenuto per lungo tempo un film di serie B, così come il filone di cui è parte. Pasquini in un'intervista recente ricorda che nemmeno con Argento questi filoni o sottogeneri vennero presi seriamente, bisognerà aspettare veramente i decenni successivi perchè essi vengano rivalutati. Si era tentato di sperimentare, di aprire le porte ancora sigillate di questo genere ma fu stroncato in breve tempo. Zavattini è probabilmente stato il più grande sceneggiatore di tutti i tempi ma la critica fu recidiva a rifiutare il film a cui lui prese parte insieme a Malerba e Lattuada, in fondo bisogna riconoscere la bravura e la cura che ha avuto nell'adattare un racconto così lontano alla nostra realtà e viene da pensare che non sia un caso se in alcuni tratti il film ricorda MIRACOLO A MILANO. E' giusto sottolineare questo aspetto visto che a distanza di sessant'anni giusti il cinema italiano non è ancora riuscito a spaccare quelle catene che tengono chiusi i cancelli del genere fantastico, una vergogna che dovrebbe far pensare, specialmente in tempi come questi dove la fabbrica dei sogni italiana si è soffermata sulle scarne commediole commerciali e i filmoni drammatici del cinema d'autore.

Lazzaro  @  04/11/2009 18:03:57
   8½ / 10
Assolutamente da vedere. E' un film perfetto.
Mi manca Lattuada.

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