i racconti della luna pallida d'agosto regia di Kenji Mizoguchi Giappone 1953
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i racconti della luna pallida d'agosto (1953)

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locandina del film I RACCONTI DELLA LUNA PALLIDA D'AGOSTO

Titolo Originale: UGETSU MONOGATARI

RegiaKenji Mizoguchi

InterpretiSakae Ozawa, Kinuyo Tanaka, Masayuki Mori, Machiko Kyo

Durata: h 1.37
NazionalitàGiappone 1953
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 1953

•  Altri film di Kenji Mizoguchi

Trama del film I racconti della luna pallida d'agosto

Tratto dai racconti "L'albergo" di Asaji e "La lubricità del serpente" di Akinari, un capolavoro della storia del cinema. Nel Giappone del XVI secolo, un contadino (Ozawa) e un vasaio (Mori) abbandonano il loro lavoro e le rispettive famiglie per andare incontro alla gloria. Mentre gli eserciti imperiali si scontrano, uno viene sedotto da una malefica e bellissima principessa, l'altro ambisce alla statura eroica del samurai. Quando torneranno a casa, tutte le illusioni cadranno.

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Voto Visitatori:   9,17 / 10 (33 voti)9,17Grafico
Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
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Voti e commenti su I racconti della luna pallida d'agosto, 33 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

BigHatLogan91  @  17/12/2023 15:57:42
   9½ / 10
Capolavoro del cinema giapponese. Da vedere.

topsecret  @  09/09/2020 14:32:27
   7½ / 10
Una regia sobria per un film garbato, forse un po' enfatico in alcuni momenti dovuti all'interpretazione di alcuni attori, ma discretamente interessante per come racconta questa storia apparentemente semplice ma di un certo spessore umano.
Il ritmo narrativo mi è sembrato altalenante: cadenzato in alcuni momenti e piuttosto lento in altri, ma riesce comunque a non far scemare l'attenzione dello spettatore che assiste a questo dramma delle illusioni di uomini in cerca di gloria e di donne che invece anelano alla semplicità di una vita tranquilla.
Buon film, meritevole di visione.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  27/05/2020 01:38:31
   9½ / 10
Con questo film posso sicuramente annoverare Kenji Mizoguchi tra i miei registi preferiti, forse addirittura sopra a Kurosawa per stile di regia.
La poesia delle immagini, finalmente una buona colonna sonora e una storia triste e coinvolgente.
Il fatto che i protagonisti principali siano due uomini inizialmente distoglie lo sguardo dalle "donne" che come sempre hanno una rilevanza fondamentale nel cinema del regista Nipponico. Mano a mano che va avanti il film queste figure prendono la scena diventando anche figure mistiche, fantasmi...
Insomma davvero come dicono i titoli di testa questo film è diverso dagli altri.
Merita sicuramente una seconda visione che non puo' far altro che nobilitare ancora di piu' il mio giudizio.
Capolavoro assoluto del cinema!

zerimor  @  03/05/2020 22:06:01
   9½ / 10
Ho sempre avuto un debole per il Giappone tradizionale e questa pellicola incantevole incarna a pieno quel particolare periodo storico. Un film meraviglioso che termina con un messaggio di fondo tanto amaro, quanto vero. La scena che precede la scritta "the end" poi è da lacrimuccia...

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Romi  @  22/06/2018 13:16:14
   10 / 10
I racconti della luna pallida d'agosto rappresenta ancora oggi una delle visioni irrinunciabili per ogni cinefilo degno di questo nome. Racchiuso all'interno di una regia di rara compostezza formale ed eleganza, mai attirata dal superfluo ma in grado di restituire un vero e proprio senso di meraviglia, si cela un racconto morale dolorosissimo, in cui l'avidità e la brama di possesso sono il motore dell'esistenza stessa nonché le responsabili della sua distruzione. Come tutti i veri capolavori, ha molteplici chiavi di lettura (storica, sociale, romantica, psicologica, spirituale), è soprattutto un sentito elogio della condizione femminile, ma anche, al tempo stesso, una lucida ma appassionata esaltazione della semplicità della vita, massimo obiettivo a cui aspirare e raggiungibile attraverso il valore delle relazioni umane. Un film molto poetico, dal finale struggente e dolcissimo.

kafka62  @  16/05/2018 10:23:15
   9 / 10
Nonostante la sua derivazione letteraria (il soggetto è tratto da alcuni racconti popolari di Akinari Ueda), il suo andamento picaresco, la sua struttura frammentata e apparentemente centrifuga, "I racconti della luna pallida di agosto" è un film profondamente, inconfondibilmente mizoguchiano. Anche se sono le avventure dei due vasai Genjuro e Tobei ad avere il maggior spazio narrativo, al suo centro c'è infatti, autentica guida spirituale e saggia depositaria della morale del regista, ancora e soltanto lei: la donna. Per questo ennesimo excursus sulla condizione femminile nella società giapponese, Mizoguchi sceglie di smembrare la figura classica dell'eroina in due personaggi diversi ma tra loro complementari: quello di Miyagi, il quale incarna l'aspirazione a un solido nucleo di valori e di ideali – la famiglia, il lavoro, l'umile accettazione della propria condizione – come unico antidoto contro la barbarie e l'irrazionalismo del mondo, e quello di Ohama, che è invece la donna incolpevolmente destinata, come tante altre "donne galanti" di Mizoguchi, alla caduta, alla perdizione e al peccato. Sia Miyagi (uccisa da un gruppo di soldati ubriachi) che Ohama (stuprata paradossalmente proprio da coloro – i samurai – le cui gesta lo sciocco marito invidia e intende emulare) finiscono col diventare, emblematicamente, martiri innocenti della società maschilista, costrette come sono a soggiacere alla brutalità e allo sciovinismo di un sistema che si ostina a trattare la donna alla stregua di un oggetto di piacere e di possesso o a relegarla nel migliore dei casi al riduttivo ruolo di procreatrice. Al cospetto degli uomini, irrimediabilmente stupidi e vanagloriosi (come Tobei, personaggio ai limiti della caricatura, la cui unica ragione di vita è quella di procurarsi un'armatura e una lancia per diventare samurai) o accecati dai sogni di ricchezza e dalle lusinghe dell'eros (come Genjuro, che prima lascia la moglie e il figlio soli al villaggio per precipitarsi a vendere la sua merce nella lontana città, e poi si innamora perdutamente di una donna misteriosa e bellissima), persino la principessa Wakasa, incarnazione di uno spirito diabolico, merita una considerazione e un rispetto maggiori: in fondo anche lei, fantasma appassionato che rincorre il suo legittimo sogno di amore ingiustamente negatole in vita, è, non diversamente da Miyagi e Ohama, una vittima della violenza e della fallocratica ipocrisia insite nelle relazioni umane e nella struttura sociale. Più che la condanna della guerra o la critica della società giapponese (le quali sono comunque presenti e molto sentite dall'autore), interessa a Mizoguchi evidenziare l'ineluttabilità, l'ontologicità della miserrima condizione della donna (non importa se del passato o del presente), e vagheggiare per contrasto, nostalgicamente, un ideale di felicità legato al ritorno alle radici e alla terra (che non a caso rimanda simbolicamente alla fertilità femminile e alla figura della madre).
"Il faut cultiver notre jardin" sosteneva Voltaire nel suo "Candide", e in fondo "I racconti della luna pallida di agosto" è anche una sorta di "Candido" in versione orientale, in cui la tragica e dolente visione mizoguchiana della vita sostituisce il pungente sarcasmo dello scrittore illuminista francese. Ma la filosofia di Mizoguchi, nonostante tutto, finisce per lasciare abbastanza freddi e insoddisfatti, tanto risulta genericamente passatista e antistorica (o forse sarebbe meglio dire a-storica), venata di un inoffensivo populismo alla Manzoni e inguaribilmente schematica da un punto di vista sociologico. Una qualche modernità il film la riacquista solo nella sua tendenza (peraltro non evidentissima) alla autoriflessività, laddove nel mestiere del vasaio Genjuro Mizoguchi adombra un discorso sull'arte e sulla creazione artistica. Nell'atteggiamento di Genjuro verso i suoi oggetti ("In essi sono rinchiusi i sogni della vostra anima" gli dice la principessa) si indovina in fondo l'orgoglio del regista nei confronti delle sue opere, la sua ansia instancabile di perfezione e la sua oscillazione tra un'aristocratica alterità e l'aspirazione a un consenso il più possibile universale.
Se "I racconti della luna pallida di agosto" è (a mio avviso indiscutibilmente, ma c'è chi gli preferisce "La vita di O-Haru") il miglior film di Kenji Mizoguchi non è però in virtù di quanto detto finora, bensì per l'incomparabile valore estetico che contraddistingue ogni sua singola inquadratura. Tra i massimi estimatori dell'opera c'è, non a caso, Alexandre Astruc, che proprio in quegli anni rivendicava per il regista cinematografico le stesse libertà tematiche ed espressive dell'autore letterario. In fondo, il concetto di caméra stylo ben si adatta alla grande mobilità della macchina da presa di Mizoguchi. Stando ben attento a non abbandonarsi mai a virtuosismi stilistici gratuiti o a freddi giochini d'alto manierismo, il regista giapponese tende costantemente a realizzare un grado di perfezione dell'inquadratura che oserei definire "pittorico". Personaggi e oggetti si collocano entro i margini del "quadro" in maniera non casuale né immotivata, bensì in un equilibrio armonico di piani e di forme, di linee e di volumi, di pieni e di vuoti, cui non è estranea, a mio avviso, la secolare tradizione del teatro Nô. Questi "quadri" non sono per nulla statici, ma cambiano in continuazione con i movimenti delle figure in campo ed il mutare delle condizioni di illuminazione. E' in questo che Mizoguchi si dimostra davvero un maestro: la sua camera non dà mai l'impressione di rincorrere i personaggi, ma sembra preparar loro la scena, anticipandone in maniera quasi inavvertibile gli incessanti spostamenti. Sequenze come i delicati terzetti all'interno del palazzo principesco tra Genjuro, Wakasa e la governante di quest'ultima fanno intuire a un occhio attento il meticolosissimo lavoro di organizzazione spaziale e di direzione degli attori che sta dietro a ogni inquadratura. Per garantire in ogni momento il perfetto equilibrio plastico, il rispetto delle proporzioni e delle simmetrie e i corretti valori cromatici delle scene, i movimenti di macchina sono molto elaborati, anche quando magari si risolvono in piccolissimi aggiustamenti o cambiamenti di prospettiva. Certi carrelli creano, ad esempio, ragguardevoli effetti a scoprire: nel sogno ad occhi aperti di Genjuro, la macchina da presa carrella all'indietro seguendo il passaggio della moglie dalla semi-oscurità alla luce del sole, e contemporaneamente allarga l'inquadratura fino a farvi entrare entrambi i coniugi davanti alla esposizione delle sete preziose. In modo non del tutto dissimile, Mizoguchi usa altri artifici tecnici per contestualizzare la scena, cioè per calare i personaggi nella loro cornice socio-ambientale, come fa alla fine del film con la gru che dalla tomba di Miyagi si alza ad inquadrare i campi del villaggio oppure con quell'altra gru che dapprima riprende dall'alto una affollata via cittadina, quindi scende lentamente in mezzo alla gente fino ad arrivare a inquadrare (con un bel passaggio dal generale al particolare) i nostri eroi intenti a vendere la loro merce. Gli ambienti, in generale, sono tutti caratterizzati con estrema precisione. Per farlo, il regista ricorre spesso a una originale dialettica immagine / suono: così, lugubri colpi di tamburo accompagnano la traversata del lago in barca e il viaggio di Genjuro alla volta del palazzo della principessa, tintinnii irreali risuonano nella residenza di Wakasa, mentre una musica tra l'estatico e l'elegiaco (campanellini, motivi favolistici) fa da contrappunto al sogno ad occhi aperti di Genjuro e alla scena del suo ritorno a casa.
Dalle gru e dai carrelli, di cui si è parlato più sopra, ai piani sequenza, per i quali Mizoguchi è giustamente famoso, il passo è breve. Se è vero che il regista ottiene risultati sorprendenti anche con la macchina immobile, specie se collocata al livello del terreno o dell'acqua (basti pensare alla meravigliosa scena, ripresa a filo d'acqua, in cui l'imbarcazione dei quattro protagonisti – con la silhouette di Ohama al remo che oscilla flessuosamente – emerge lentamente dalla nebbia del lago, in un'atmosfera sospesa e rarefatta), sono proprio questi ultimi a regalare i momenti più belli dell'intero film. In una lunga, accuratissima scena, ad esempio, la macchina da presa dapprima riprende in primo piano Miyagi che assiste a degli episodi di violenza perpetrati fuori campo dai soldati; mentre la donna, spaventata, si allontana nascondendosi tra il fieno, la cinepresa si sposta a inquadrare i soldati che fanno irruzione nella casa per abbandonarla subito dopo; infine, una vecchia che entra in campo dirigendosi verso Miyagi per invitarla a lasciare il villaggio, chiude il cerchio e ci riporta in un certo senso al punto di partenza, il tutto senza che vi sia stato alcuno stacco. Grazie all'uso sistematico della profondità di campo (quando poco dopo Miyagi, colpita a morte, agonizza, sullo sfondo si vedono distintamente i soldati ubriachi allontanarsi) e alla qualità della fotografia (giochi di ombre e di luci, chiaroscuri, cambiamenti di illuminazione dovuti all'entrata in scena di nuove fonti di luce, ecc.), Mizoguchi riesce a dare a questa e ad altre sequenze una varietà di modulazione incredibile. La duttilità e la fluidità delle sue sequenze rivelano anche che, nonostante l'andamento lento ed elaborato, Mizoguchi è perfettamente padrone dell'arte dell'ellissi narrativa. In un caso, poi, il regista giapponese cerca addirittura (cosa che non mi sembra appartenere alle sue abitudini stilistiche) di creare ellitticamente una (falsa) impressione di continuità, fondendo tra loro inquadrature distinte: così, dall'interno del palazzo si passa, con uno stacco impercettibile, al bosco con il laghetto e da qui, seguendo l'acqua che scende in mezzo all'erba, ci si ritrova, altrettanto impercettibilmente (e funzionalmente alla natura fantastica del contesto) nel prato in cui si sta consumando l'idillio tra i due amanti.
Il discorso investe qui, direi quasi inevitabilmente, l'uso della tecnica cinematografica per suscitare emozioni e sentimenti profondi: il piano sequenza in cui è racchiusa la dolorosa riconciliazione tra Tobei e Ohama all'esterno del bordello, ad esempio, dà, proprio per il fatto di essere costruita in un unico blocco, una fortissima impressione di disperazione (di cui i piedi di Ohama che scavano furiosamente la terra costituiscono una splendida sintesi). In un film giocato su più piani paralleli (reale / fantastico, naturale / soprannaturale), Mizoguchi riesce inoltre nel miracolo di fare coesistere tutti questi piani l'uno accanto all'altro, nella maniera più naturale possibile. Emblematica è la scena in cui Genjuro, novello Ulisse, ritorna a casa, dopo essere sfuggito al maleficio di Wakasa. Ad aspettarlo non c'è però nessuna Penelope, la casa è malinconicamente vuota e abbandonata. Genjuro esce, fa il giro della costruzione, mentre la macchina da presa lo segue dall'interno in piano sequenza. Quando rientra dall'altra parte, accade il miracolo: tutto è tornato normale, come una volta; Miyagi accoglie festosamente il marito (anche se noi sappiamo che ella è solo un fantasma), il figlio dorme serenamente in un angolo, la pentola con la minestra bolle sul fuoco. Per una notte, l'ultima, a Genjuro è concesso di godere del dolce tepore del nido familiare, vegliato dalla sua consorte-angelo custode (è commovente come, addormentatosi il marito, Miyagi compia, prima di andarsene definitivamente, i consueti, piccoli gesti di moglie e di madre, come rammendare con ago e filo o togliere la polvere dalle pantofole). Il resto, fino alla fine, ha un sapore fastidiosamente moralistico, ma questa sequenza resta uno di quei rari casi in cui né la letteratura, né la musica, né la pittura sono in grado di ottenere effetti di pari suggestione: grazie a registi come Mizoguchi, il cinema può vantare la più completa e indiscussa autonomia nei confronti delle altre, assai più considerate, forme di espressione artistica, e concede anche a distanza di tanti anni, agli occhi non ancora rovinati dalla omologazione e dall'appiattimento televisivi, un piacere unico, raffinato e irripetibile.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  29/01/2015 22:19:19
   8½ / 10
Dopo "Vita di O-Haru", Mizoguchi ritorna di nuovo a rappresentare il medioevo giapponese attraverso le (dis)avventure degli ultimi nella scala sociale.
Messe da parte le virtù militari e cavalleresce dei "47 Ronin", la guerra ha in questo film la faccia feroce, rozza e crudele dell'arbitrio, della rapina e dello stupro. Ne paga le conseguenze soprattutto l'anello più debole: le donne, sia subendo violenza direttamente sul proprio corpo, che affrontando le conseguenze della fame e dell'abbandono della famiglia da parte degli uomini.
Sono le donne le vere protagoniste e le eroine dei "Racconti della luna pallida di agosto"; sono loro quelle più dotate di senno, che non si fanno sviare da ambizioni materialistiche (la sete di denaro del protagonista e la sete di potere del suo compare), ma che capiscono qual è la vera ricchezza, cioè l'amore reciproco, la semplicità, la solidarietà. Nonostante posseggano coscienza e discernimento, finiscono poi per essere loro quelle che pagano per le follie degli uomini.
La donna poi possiede arti di magia e ammaliamento che riescono facilmente a incantare un uomo e a fargli perdere il senno. Insomma per Mizoguchi il sesso femminile non è assolutamente un sesso "debole", non senz'altro rispetto all'arte di vivere.
Mizoguchi lascia lo stile concentrato e intenso di "Vita di O-Haru" per passare a uno stile narrativo di tipo picaresco, con vivaci descrizioni di ambiente e interludi di sapore folkloristico. Si sente un po' l'atmosfera dei film in costume tipici di quegli anni. Solo che la tensione etica ed emotiva è sempre presente e non cala mai in nessuna scena.
In ogni caso, secondo me, è stilisticamente inferiore a "Vita di O-Haru". Rimane pur sempre un grande e bellissimo film.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  22/12/2013 12:30:55
   7 / 10
Un gran film che personalmente ho visto in un momento sbagliatissimo. Mi riservo un commento più approfondito e con differente voto a suo tempo.

La regia mi è piaciuta molto, di grande modernità cosi come la storia profondamente morale e semplice.

vieste84  @  23/10/2013 18:15:37
   8 / 10
Capolavoro, nn dimenticherò mai la moglie che aspetta impazientemente suo marito, forse la donna che più mi è rimasta impressa nella storia del cinema, una pellicola che ti rimane dentro.

manuakacoach  @  30/05/2013 23:50:02
   9½ / 10
Una storia stupenda raccontata con una raffinatezza impressionante. Gli appassionati della cultura Giapponese devono vederlo.

Ciaby  @  24/02/2013 16:27:35
   9½ / 10
Indimenticabile, elegante, straordinario. Innegabile è la capacità di Mizoguchi di suscitare emozioni, di raccontare storie d'ambizioni e sconfitte, di fotografare personaggi femminili indelebili. Un rigore impressionante, una misura inimitabile e la completa empatia con i personaggi fanno di questo film un gioiello prezioso.
Considero "Sansho" decisamente superiore, ma anche "Ugetsu" ha il cuore della bestia in mano. Da non perdere.

Invia una mail all'autore del commento nocturnokarma  @  07/02/2013 20:24:33
   10 / 10
Su un canovaccio tradizionale Mizoguchi crea un'opera davvero indimenticabile per rigore formale, ambizione dei contenuti e qualità di risultato. Il destino di due uomini e le loro spose durante la guerra (XVI secolo in Giappone), diventa metafora senza tempo delle ambizioni personali (e pulsioni erotiche) dell'animo umano frustrate dall'ingannevole bellezza del desiderio stesso. Parlando anche - se non soprattutto - dell'inganno e significato ultimo dell'arte (il vasario), il film va ben oltre la precisione storica o il ritratto di personaggi verosimili.

E dopo una prima parte preparatoria (guidata dal fascino del b/n, le musiche e la messa in scena spoglia eppur colma di suggestione), il film entra in una sorta di meditazione metafisica, affrontando i temi dell'amore e della morte, unendo il piano del reale con quello del fantastico (le anime dei defunti), senza calar mai di ritmo o tensione narrativa.

La critica ha osannato questo film e il suo autore - poco visto anche tra gli appassionati - mai giudizio è tanto condivisibile.

Tra i grandi capolavori della storia del cinema, uno di quei "film assoluti" come "2001" o "Apocalypse Now", come "Sussurri e grida" o "Dies Irae",

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento Zazzauser  @  10/01/2013 02:06:39
   9 / 10
Sicuramente uno dei lavori più belli ed importanti del cinema nipponico classico.
Un potente dramma di sapore epico e spirituale, rielaborato da Mizoguchi sulla base delle Ugetsu Monogatari di Akinari (fine del '700). Il demone della terribile Guerra Civile che sconvolse il Giappone nell'epoca feudale (dopo la caduta di Nobunaga e la scalata al potere di Toyotomi Hideyoshi) fa il paio con i fantasmi personali dei due protagonisti, dimentichi dell'importanza degli affetti e votati alla continua ricerca del successo, della gloria e del danaro.
Influenzata dalle ghost stories della tradizione letteraria cinese, particolarmente toccante è la vicenda del vasaio Genjuro, abbagliato dalla prospettiva degli affari e di una vita nobile ed agiata: un viaggio di perdizione e di purificazione, che si configura come un'Odissea moderna in chiave orientale.
Lo sguardo di Mizoguchi è critico nei confronti della venalità e dell' imprudenza degli uomini così come si dimostra celebrativo nei riguardi della donna come moglie e madre, la cui forza, valore morale e dignità non crollano neppure nel degrado della prostituzione - un tema caro a Mizoguchi, già affrontato nel precedente "Vita di O'Haru" e soprattutto in "Donne della notte" del '48 - seppure esse non riescano ad impedirle di diventare vittima della Storia, martire delle guerre e dell'odio.
Meravigliosi i piani sequenza, la gestione degli spazi filmici e soprattutto la fotografia nelle scene in notturna.
Intriso di poesia e lirismo, "I racconti della luna pallida d'agosto" è e resterà una delle opere immortali della Settima Arte.

Invia una mail all'autore del commento luca986  @  14/12/2012 19:34:45
   8 / 10
Speravo mi prendesse di più. Comunque giù il cappello, film bellissimo!

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  11/07/2012 18:32:22
   9½ / 10
I racconti della luna pallida d'agosto è uno dei migliori film di Mizoguchi, un apologo sull'ambizione di una scalata sociale ad opera dei due personaggi maschili, i quali restii ad ogni avvertimento delle rispettive consorti danno inizio alle loro disavventure nutriti da un estremo individualismo distruttivo. Mizoguchi innanzitutto tende a toglire ogni respiro epico alla guerra, portatrice di distruzione fisica e morale dell'umanità e attraverso una messa in scena quasi irreale descrive l'ascesa e la caduta dei due protagonisti maschili, caduta che trascina anche le rispettive mogli, vittime sacrificali della loro ambizione. Splendida la fotografia, ammaliante come le tentazioni cui cade il vasaio Genjuro, carnefice di se stesso e vittima di una bellezza assoluta quanto ingannatoria e mortale.

deadkennedys  @  10/06/2012 11:50:20
   9 / 10
Sembra quasi di assistere a un mito sconosciuto dell'antica Grecia. Mizoguchi si ispira invece ad alcuni racconti brevi di Guy de Maupassant e a L'albergo di Asaji e La lubricità del serpente di Ueda Akinari.
Strano constatare i punti in comune fra culture così lontane come la nostra e quella giapponese. Questo film ha rafforzato la mia convinzione che fondamentalmente l'uomo è sempre lo stesso, a prescindere da quando e dove esso sia nato.

incubodimorte  @  09/04/2011 13:32:36
   7 / 10
Buon film, piacevole da vedere. Ma il messaggio è veramente banale, non lascia niente. Kurosawa è su altri livelli.

_Hollow_  @  12/02/2011 23:38:36
   8 / 10
Sicuramente un bel film, ma la sua visione non m'ha lasciato nulla di importante.
Al contrario di quanto è stato scritto sotto, a parere mio, per i miei gusti, quello che è ritenuto capolavoro di Mizoguchi non m'è sembrato al livello di opere "secondarie" di Kurosawa oppure di Ozu.
La storia narrata è interessante e fiabesca, permeata di una "magia" che non lascia indifferenti, ma non lascia particolari spunti di riflessione (l'orrore della guerra e l'avidità di ricchezza non sono certo temi particolarmente originali, ne trattati particolarmente bene) né momenti particolarmente poetici.
Mi dispiace, ma m'aspettavo decisamente qualcosa di più ... forse la "ghost story" più bella che abbia visto però.

carriebess  @  13/05/2010 14:18:17
   10 / 10
Indimenticabile ritratto della natura umana, delle sue debolezze, e di come la sete di gloria, potere e denaro possano sabotare un intero progetto di vita e oscurare i valori veramente importanti e vitali.
Malinconico e toccante.
Una perla di rara bellezza e autenticità.

2 risposte al commento
Ultima risposta 23/05/2010 12.46.18
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wooden  @  27/03/2010 18:14:17
   9 / 10
Un capolavoro argenteo. Indispensabile.

pinhead88  @  13/02/2010 15:39:38
   10 / 10
Poetico,malinconico,coinvolgente.l'atmosfera fantastica viene alternata perfettamente a quella reale.Il capolavoro di Mizoguchi,e mi permetto di dire anche meglio di Kurosawa.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR jack_torrence  @  23/11/2009 17:07:37
   10 / 10
La prima volta che (finalmente!) riesco a vedere un film di Mizoguchi.
Colpo di fulmine.
Mi aggiungo alla lista dei pregevoli commenti che precedono il mio.
E' un film che contiene talmente tante suggestioni da meritare una seconda, piacevolissima visione.
Come tutti i capolavori assoluti (questo film ha il pregio di presentarsi come tale in maniera limpida, serena, di manifestare la sua grandezza alla prima incantata visione), il film è senza tempo, sia nei suoi significati, sia nello stile.
Il film è infatti parabola universale, nel senso di una parabola valida in ogni luogo, e in ogni epoca, nel senso più lato che si riesca a immaginare.
E dal punto di vista stilistico...be', che meraviglia! Mizoguchi ha un estro straordinario, i posizionamenti della macchina da presa posseggono una magnifica forza espressiva senza alcuna forzatura e sottolineatura estetizzante. La fluidità del racconto è classica nel senso più alto di questa parola: il racconto si intende e si segue senza che mai si denunci in alcun modo "datato". Musica e sonoro sono di quelli che resistono alla prova del tempo.
Vedendolo, ho inevitabilmente pensato ad alcuni capolavori di Kurosawa, come Ran, e ne ho trovato i temi già in questo film, non già come una fonte (sono temi universali), ma come questo film fosse un piccolo universo all'interno del quale sono racchiuse suggestioni, echi e rimandi che mi piace immaginare "infiniti".

3 risposte al commento
Ultima risposta 09/03/2010 01.27.10
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  25/07/2009 11:56:34
   10 / 10
Come il chiarore della discreta luna (già il titolo di per sé è significativo: si è nel limpido Agosto, ma la luna è pallida) Mizoguchi rischiara le campagne devastate dalla guerra, inargenta l'acque desolate e spettrali del lago; alle cui rive opposte, destini differenti s'intrecciano, spiriti convivono con personaggi reali, e vi si trovano assorti simboli quotidiani e assieme magici come i meravigliosi vasi.
Ma gli uomini non sapranno avvalersi in maniera felice della fortuna (o dono divino) offerto loro; trascinando nella rovina le proprie mogli, in un epilogo cupo, crudele, truce.
Ma non è quello il vero epilogo; e nella magnifica parte finale (la figura femminile, nell'opera di Mizoguchi, è sempre la più pregnante) torna la delicatezza delle donne, e l'umiltà, e l'abnegazione al lavoro, e la casa, e gli spiriti dolci, e le mogli, che con le loro compassionevoli voci, riconducono l'uomo verso la mite serenità smarrita.

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Invia una mail all'autore del commento wega  @  23/07/2009 22:10:54
   10 / 10
Capolavoro. Capolavoro assolutissimo, personalmente il 3° film di tutti i tempi dopo "2001" e "8 1/2". Come viene anticipato didascalicamente, è una storia raccontata con uno stile nuovo, immersa in un' atmosfera tra il fantastico, l' onirico e il reale, per lo più illuminata dalla luce di una Luna piena. I fantasmi delle guerre, il valore dato al denaro. Mizoguchi indietreggia di circa un secolo rispetto al precedente "Vita di O-Haru, donna Galante", e qui le barriere di classe sembrano scomparire, l' arrivo di Samurai banditi può portare con sè un miracolo (i vasi verranno trovati cotti e così belli come mai accadde prima di allora), se si chiede un' armatura, un cavallo e un piccolo esercito al proprio servizio, viene dato; purtroppo, quasi sempre c' è l' amarezza di scoprire come tutto sia stato solo un sogno, e di come, dietro la corsa ad un futile benessere, possa nascondersi la tragedia di una famiglia trascurata. Bellissimo, una colonna sonora incredibile.

9 risposte al commento
Ultima risposta 12/09/2009 20.53.07
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bulldog  @  22/07/2009 00:14:35
   9 / 10
Capolavoro senza tempo.

Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  18/04/2008 02:23:47
   8½ / 10
Una grande parabola che ammonisce contro le tentazioni generate da falsi valori (come il denaro e la gloria nelle armi), i quali ci distolgono dalle cose più importanti della vita: prima fra tutte la famiglia. Ma anche un supremo elogio alla donna quale soggetto consacrato alla devozione ed al sacrificio nella sua incrollabile fede verso il proprio uomo ("la più bella delle sue scelte appassisce e si dissolve come farebbe la mia vita, o beneamato, se tu mi tradissi..."). Essa ci viene mostrata in tutta la sua forza, che si traduce nella straordinaria capacità di saper tollerare i vizi e i capricci dell'amato, ma soprattutto di saperlo attendere nonostante le difficoltà estreme che deve affrontare nella solitudine. Sulla donna, dunque, si concentra tutta la forza della famiglia, nell’ambito della quale l’uomo è il soggetto da proteggere e tutelare (l’anima della moglie morta che veglia sul marito dormiente è di una bellezza straordinaria ma è anche densa di significato) non solo dalle avversità esterne ma anche dalle sue stesse debolezze.
Ugetsu monogatari è, in definitiva, una straordinaria e fascinosa pellicola che, mescolando mirabilmente realismo e fantastico e ricorrendo a immagini pregne di lirismo (pura poesia l’ultima struggente sequenza), rappresenta in tutta la sua grandezza la donna, al cospetto della quale l’uomo appare uno stolto e un miserabile.

Peppo81  @  03/03/2008 14:44:42
   10 / 10
il mio secondo film preferito!

che BELLO! che storia......

di più............POESIA

CAPOLAVORO CAPOLAVORO CAPOLAVORO

InSaNITy  @  23/12/2007 01:03:53
   9 / 10
Un film dotato di un fascino irrestibile; emana per tutta la sua durata un strano magnetismo che tiene incollati allo schermo. Un film Assoluto per le tematiche che tratta, ed imperdibile per come lo fa.
Le speranze, le ambizioni, i fallimenti e i rimpianti degli uomini prendono forma e sono esemplificati da presenze dolci e rassicuranti, spettri che scompaiono al mattino lasciando i protagonisti storditi ed con l'unica compagnia della loro disillusion, come metafora delle vicissitudini della vita. Un finale perfetto.
Bellissimo, per me non può non piacere.

vitocortesi  @  18/11/2007 20:30:53
   10 / 10
Un Capolavoro. Questo è il primo film che vedo di Mizoguchi e credo che presto diventerà uno dei miei registi preferiti (insieme a Kurosawa, Sergio Leone e Kubrik). Questo film ha qualcosa di magnetico che ti tiene incollato alla poltrona
nonostante sia in bianco e nero e di più di cinquanta anni fa (inoltre la qualità del dvd era pessima) e pur essendo ambientato nel Medioevo giapponese è una storia quanto mai attuale sull'avidità dell'uomo che non esita a sacrificare i suoi affetti più cari con il miraggio di poter migliorare la propria esistenza.

3 risposte al commento
Ultima risposta 27/11/2008 16.59.14
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Mizoguchi  @  05/10/2007 22:29:10
   10 / 10
Innegabilmente uno dei più grandi film del cinema mondiale ed ingiustamente ancora poco riscoperto nel panorama cinematografico nostrano. Si parla di fantasmi e demoni percepibili, l'immaginario di Mizoguchi si rifà moltissimo, più che negli altri suoi film, alla ricca mitologia giapponese, ma si parla anche di quegli spettri di gloria e benessere che l'essere umano, a faccia a faccia con la tragicità della vita, insegue disperatamente rendendosi conto mano a mano di quanto siano inconsistenti ed illusori e a quali sacrifi essi costringano. Un grande saggio sulla tragicità della guerra e della lotta per la sopravvivenza, che Mizoguchi, in epoca diversa, ha vissuto sulla sua pelle, ed un omaggio commosso alla dignità umana sempre pronta a risollevarsi.

Credo che non ci sia nulla di più commovente del pianosequenza finale:

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER

Rusty il Selvag  @  06/06/2006 20:30:44
   10 / 10
L'arte è poesia della vita.

Questa è un opera d'arte risplendente di luce apollinea che trasfigura la vita rendendola visione.

Crimson  @  07/04/2006 21:58:45
   9 / 10
Film di grandissimo spessore.
I racconti sono di due coppie di coniugi le cui vicende sono inizialmente intrecciate. Si dividono, ma vengono condizionati tutti dalle modificazioni comportamentali dei due mariti, accecati dall'avidità, dalla sete di potere che non si ferma davanti a nulla. E' possibile analizzare i comportamenti di tutti i personaggi anche da un'angolazione diversa: è la guerra a determinare modalità di reazione totalmente differenti. La preoccupazione della moglie di Tobei è di condividere ogni momento con il proprio marito; quella della moglie del vasaio va oltre, dal momento che hanno un figlio piccolissimo che richiede cura per procacciare il cibo necessario per la sua sopravvivenza prima di ogni altra cosa.
Non mi soffermo su cosa sono capaci di combinare i due mariti, per non anticipare troppo; mi limito a sottolineare come sia interessantissimo cogliere le conseguenze dei loro comportamenti in una parte finale di grande impatto emotivo. La vicenda che mi ha toccato maggiormente è quella del vasaio... la proiezione della sua colpa, il tentativo di rimediare a livello inconscio (la scena più bella ed emozionante del film..).
Una pellicola che lascia profondi interrogativi su molti aspetti della vita, e in particolar modo in relazione agli sbagli: in che misura e fino a che punto si può davvero rimediare ai grandi errori della vita e cosa si può fare concretamente per ricominciare da capo, laddove sia possibile?

Gruppo COLLABORATORI bungle77  @  09/01/2006 16:40:19
   10 / 10
Capolavoro assoluto del cinema mondiale. Questo film è il summa di tutta l'opera di Mizoguchi, narra le vicende di due poveri uomini che lasciano il paese d'origine e la famiglia con l'ambizione di migliorare le proprie vite.
In questo film sono ricorrenti tutte le tematiche della cinematografia di Mizoguchi, l'uomo e le sue illusioni, la prostituzione, la ciclicità degli avvenimenti e un certo pessimismo storico in cui solo l'amore può condurre l'uomo alla salvezza.
Veramente da vedere, in particolare la vicenda del vasaio e della principessa raggiunge picchi di poesia assoluti

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