Justine e Michael stanno per sposarsi, il ricevimento si terrà nella casa della sorella di Justine, ma proprio in quei giorni un evento catastrofico minaccia la terra ed i suoi abitanti...
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Questi, gli elementi di Melancholia che mi hanno convinto a considerarlo a pochi passi dal capolavoro:
- il prologo: spiazzante per la sua bellezza estetica e l'uso magistrale del ralenti. Da qui scaturisce una fascinosa inquietudine, premonitrice del tragico finale, che carica la molla dell'attenzione per le due ore a seguire (personalmente non mi sono mai annoiato);
- l'uso della camera a mano: congeniale e appropriato per trasmettere tensione, dinamismo e realismo, a sostegno del presagio apocalittico;
- la fotografia: sublime e avvolgente, dai contrasti di luce forti e coerenti col tema;
- lo scardinamento del microcosmo familiare dal resto del mondo (e dall'action sterile e standardizzata dei disaster movie): il dramma è totalmente intimo e poco importa dove ci troviamo e cosa succede "fuori" da questo microcosmo;
- la donna al centro: dispensatrice di vita, affronta a viso aperto la morte, con un inaspettato e liberatorio coraggio (Justine) o una forza dirompente di umana autoconservazione (Claire). L'uomo resta vittima di un'ingenuità o di una meschina vigliaccheria.
Il 2011 è stato anche l'anno di The tree of life, spesso menzionato come termine di confronto con Melancholia. Sinceramente, per quanto entrambi criticati per l'eccessivo estetismo fine a se stesso, il film di Lars von Trier, pur nel medesimo autocompiacimento (però molto meno enfatizzato), mantiene una linearità di tempo e un finale leggibili a tutti e questo è, senza dubbio, un merito.