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L'incontrollata irriverenza del grande John Waters resta anche in questa pellicola più controllata, ma non meno sadica e sconfortante verso i suoi personaggi. è innegabile il talento grottesco dell'autore di mettere in scena una vera e propria tragedia greca (perchè di questo si tratta) e di raccontarla con una strafottenza e una voglia cinica e perversa di umorismo che ne smorzano i toni. Perchè una storia del genere (casalinga brutta e paffuta subisce il tradimento del marito e si vendica trovandosi un amante che la usa, con due figli che sono il primo un feticista dei piedi che agisce con violenza contro gli arti inferiori delle donne e la seconda una ragazza di facili costumi che spera nell'aborto), in mano ad un regista neorealista sarebbe stato un mattone dritto sugli zebedei, una caterva di sfi.ghe umane come non se ne sono mai viste prima e che toccherebbero vertici di disperazione come non mai.
John Waters sradica ogni patetismo e mette in scena un carnevale orribile, dove infarcisce denuncia, cinismo e irriverenza in ogni inquadratura, puntando il dito contro tutto e tutti: dal bigottismo, alla borghesia, fino ai malati e ai vogliosi di potere. Il finale è amaro e inverosimile, ma va bene così, portandoci ad un happy ending ambiguo, dove tutto "profuma molto meglio". Perchè l'odore qui non è solo una tecnica pubblicitaria (il film fu proiettato nelle sale con un cartoncino che permetteva agli spettatori di di sentire gli stessi profumi che percepivano i personaggi nella pellicola), ma un vero e proprio leitmotiv della narrazione: è un continuo scavare nella ***** e nella disillusione della vita, per poi risorgere e andare verso l'adorata perfezione. Ma è davvero perfezione quando hai due cadaveri nel cortiletto?
Resta la risposta lì nell'aria, tra una recitazione calcatissima e oltre il teatrale e un'esagerazione visiva che sfocia nel kitsch. "Polyester" è una delle più grandi e struggenti tragedie mai raccontate, ma è paradossalmente anche la più divertente, capitanata da una straordinaria Divine, attrice transessuale, imperdibile in ogni sua performance e qui ancora più se stessa e adorabile.
Sicuramente un film da vedere, orgoglioso della sua bruttezza e delle sue imperfezioni. Si ride e si piange addosso, illudendo lo spettatore che è così che vanno le cose, mentre gli getta contro tutto lo schifo di questo triste mondo. Il cinema di John Waters è l'assolutezza della carne, che sotto la faciloneria di questo teatro del cattivo gusto nasconde riflessioni ben più terribili.
Buona prova alla regia di Waters, che fa questo film di "transizioen" fra il suo vecchio modo di girare film (Pink Flamingos, Nuovo Punk Story) e quello nuovo, più "leggero". Il film e' molto gradevole, anche se in alcuni punti si sente la mancanza di idee, ma comunque non c'e mai noia e i concetti sono azzeccati.
Incubo tragicomico spesso geniale ed esilarante con cui Waters fa a pezzi senza pietà la famiglia americana. Tra mamme avide, figli sciroccati e feticisti, mariti disgustosi e pornofili, suore anti-abortiste da lager nazista, cliniche di rara aggressività e chi più ne ha più ne metta, si consuma il calvario della povera Francine, casalinga disperata con l'olfatto di un segugio alla sospirata ricerca di un pò di normalità. Sul tutto regna una serie indescrivibile di puzze (chissà come sarebbe stato il famoso Odorama in sala...). Sebbene la dissacrazione tocchi punte di sottile malvagità, la narrazione sembra un tantino forzata e ripetitiva. Straordinario Divine, indimenticabile icona trash, e impagabile la presenza dell'ex fusto biondo Tab Hunter (per anni compagno di Rock Hudson), sex symbol delle teen ager degli anni '50.
Polyester cambia il registro di Waters, ma in fondo si tratta di modificare la forma, renderla in apparenza più rassicurante, ma la sostanza del contenuto non cambia. La famiglia media americana viene messa a soqquadro dal regista di Baltimora, da qualunque parte si guardi c'è sempre qualcosa di tarato in ogni suo componente. La tanto agognata normalità, invocata dalla madre Divine è qualcosa di irraggiungibile e ce ne vorranno tanto di deodoranti per ambienti per far odorare gradevolmente qualcosa che in fondo non è.
Waters si avvicina al mainstream, ma facendolo a modo suo, creando la prima opera in Odorama, ovvero dei cartoncini da grattare ed annusare quando il film lo richiede, segnalandolo con un numero che appare sullo schermo che corrisponde ad una particolare casella (si passa dalle torte, ai piedi, alle scorregge...). Il film è una sorta di spartiacque tra passato e futuro, e per questo non venne visto di buon occhio dai fan più hardcore del regista di Baltimora, venendo ingiustamente criticato di essersi venduto, anche se secondo me questo suo cambio di rotta è di una grandissima importanza storica, dato che unisce ciò che viene definito di cattivo gusto al commerciale (che non è altro che cattivo gusto elevato all'ennesima potenza con tutti i loro buoni (e falsi) sentimenti, la retorica vomitevole...), aprendo la strada a future pellicole quali "Tutti pazzi per Mary, American Pie" e via dicendo, prodotti mainstream zeppi di sconcezze fino a pochi anni prima confinate a pochi (divertendo poi tutti essendo prodotti per la massa, un po' come accade nella moda), e questo lo si deve solamente a John "the King of Puke" Waters, perché "ci vuole molto buon gusto per apprezzare il cattivo gusto".
D'accordo con i commenti precedenti. Waters, a 9 anni di distanza dal cult"fenicotteri rosa" gira questo film che, seppur lascia i vari aspetti disgustosi e trash che lo avevano reso celebre col film sopraccitato , rimane comunque un buon prodotto. Si toccano temi importanti come l'aborto, ma il tutto è trattato con la solita ironia. Spassoso Divine, attore ricorrente nei film del regista. Azzeccato il finale, un film che consiglio:D
Innanzitutto partiamo dal titolo, visto che nel film non ne viene nemmeno chiarito il significato; Polyester credo sia un riferimento al tipo di materiale con cui sono fatte le calze dell'amante del marito di Divine.
Essenziale informazione a parte, in questo film ci sono tutte le tematiche e gli elementi principali del modo di intendere il cinema da parte dell'acuto ed intelligente Waters: critica al perbenismo, regia non troppo curata nè troppo ricercata, scene disgustose (ma mooolto più contenute rispetto al passato, basta andare a recuperare Multiple maniacs o il cult Pink Flamingos), bravi attori, finale incisivo.
Apprezzo molto Waters, i suoi film ed il suo modo di pensare.
Una pura follia demenziale degna di un Grindhouse, ma ricca di nobilissimi spunti dissacranti: è un pò il marchio di fabbrica di John Waters. Che per l'occasione ricicla "la" sua Icona favorita, Divine, rozza e strasbordante madre alle prese con i problemi dei figli, morale (anti?)abortista compresa. Il tutto, filtrato dagli strani espedienti tipo Odorama (memorabile e disgustoso/a Divine quando vomita dentro la sua borsetta bleah) e interpretato da un ex-bellone gay del cinema anni cinquanta (Tab Hunter) e dall'ex leader dei Dead Boys (poi Lords of the New Church) Steve Bators, punkettone trapiantato al cinema in un ruolo assai gustoso: il cosiddetto "killer dei supermarket" che si diverte a prendere a calci nelle gambe di alcune malcapitate vecchiette. Un vero spasso, peccato che alla lunga la linea di demarcazione tra satira e parodia rischi di stancare. Ma un film così cattivo, così paradossale ed eccentrico, non si vede poi tante spesso: la scena miglliore? Quando la figlia di Divine decide di abortire e viene maltrattata e insultata da un'associazione cattolica antiabortista