prenom carmen regia di Jean-Luc Godard Francia 1983
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prenom carmen (1983)

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locandina del film PRENOM CARMEN

Titolo Originale: PRÉNOM CARMEN

RegiaJean-Luc Godard

InterpretiJean-Luc Godard, Myriam Roussel, Maruschka Detmers

Durata: h 1.25
NazionalitàFrancia 1983
Generedrammatico
Al cinema nell'Agosto 1983

•  Altri film di Jean-Luc Godard

Trama del film Prenom carmen

Una ragazza di nome Carmen (Detmers), invischiata in un gruppo terrorista, sta organizzando un sequestro di persona. Chiede aiuto a uno zio stralunato (Godard), regista cinematografico, perché crei un diversivo con la troupe. Il piano però non funziona…

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Voto Visitatori:   7,11 / 10 (9 voti)7,11Grafico
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Voti e commenti su Prenom carmen, 9 opinioni inserite

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Oskarsson88  @  21/06/2016 22:55:44
   4½ / 10
Faticosissimo film tutto pazzo di Godard, difficile da seguire e comprendere, da vedere solo se altamente intellettuali. PEccato perche di solito il regista mi gasa.

Guy Picciotto  @  20/09/2013 14:55:53
   7½ / 10
Uno dei picchi creativi del maestro, bislacco e glaciale da par suo, salone degli specchi dove ogni sospiro , ogni smorfia, viene stirata, alterata fino allo stravolgimento totale del "set". Ma è anche grande cinema / musica da camera, flashes incorporei come in un opera dei primi tuxedomoon, requiem incompiuto.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  10/03/2013 21:45:53
   7½ / 10
Chi conosce Godard trova in "Prenom Carmen" un po' tutti i temi tipici delle opere del famoso regista franco-svizzero.
Quello principale del film è la rappresentazione del fascino conturbante della bellezza giovanile femminile. La protagonista Maruschka Detmers è bravissima nel prestare il suo meraviglioso e splendido corpo di ragazza in fiore, nonché le sue espressioni decise e volitive, per creare un personaggio affascinante e ammaliante. Difficile restare indifferenti. Ed è proprio questa forza quasi irresistibile che riesce a incatenare e a sconvolgere un poliziotto, nonché lo zio-regista, interpretato dallo stesso Jean-Luc Godard.
Su questo rapporto si innesta uno dei temi classici del cinema di Godard, cioè l'impossibilità di un rapporto stabile fra un uomo e una donna, nonostante la forte attrazione reciproca. In "Prenom Carmen" questo aspetto è trattato in maniera meno giocosa e più drammatica rispetto ai film degli anni '60. A brevi tratti ci sono pure qui i famosi dialoghi-intervista (anche se mimetizzati nella storia come confessione reciproca) che cercano di presentarci in maniera "tipica" la personalità dei personaggi. Godard pure qui non rinuncia alla sua caratteristica di rifiutare il campo-controcampo, lasciando la mdp fissa su di un personaggio, a caccia di ogni suo piccolo mutamento rivelatore.
A fare da cornice a questa storia travagliata d'amore è la finzione cinematografica dell'azione gangsteristica, qui trattata volutamente come materia filmica da non prendere sul serio (da qui le stranezze di gente indifferente mentre ci sono sparatorie, le incongruenze di sceneggiatura, la "finta" morte di Carmen nel finale, ecc.). Il film stesso è dedicato alla memoria dei vecchi "small films", quelli che facevano divertire con poco la gente.
Godard poi non rinuncia a inserire nel film richiami autobiografici, riflessioni filosofiche e politiche, citazioni, rimandi, tutta una serie di raffinatezze e stimoli di natura intellettuale, che fanno di questo film uno dei più personali ed "esclusivi" del maestro. Da qui la natura un po' difficile e a volte criptica dell'opera, certamente aperta a ogni tipo di stimolo e riflessione.
La differenza con i film degli anni '60 si vede. Quelli erano più briosi, spigliati, fantasiosi, quasi ottimisti, senz'altro fiduciosi che la mdp potesse rappresentare, spiegare, esporre, far conoscere ed erudire gli spettatori sulla natura umana e sulla società. "Prenom Carmen" invece è più complesso, più cupo, più serio e con il suo ermetismo certifica la perdita della capacità (in Godard) della mdp di spiegare e di rivelare. Adesso non si può far altro che arrendersi al destino (come dice una frase rivelatrice del film) e lasciarsi trasportare dagli eventi, senza poter nemmeno sapere perché e per come.
Qualcosa di stilisticamente nuovo questo film però ce l'ha ed è una forte impronta poetica, data dal contrappunto continuo di inserzioni extradiegetiche, come un quartetto d'archi che suona, le onde di una spiaggia, una strada notturna trafficata, immagini di treni che si incrociano. Le scene stesse dei protagonisti nudi che dialogano fra di loro hanno una forte valenza estetica.
E' proprio quest'atmosfera molto artistica ed estetica che unisce tutto il film, tenendo insieme tutto quello che sembrerebbe illogico e innaturale. Ed è anche ciò che rende la visione di "Prenom Carmen" qualcosa di bello e affascinante.

Invia una mail all'autore del commento Steppenwolf  @  28/06/2011 12:03:40
   8½ / 10
Dopo aver visto "Prénom Carmen" ed aver postato un primo commento(sul CineSmeraldo), l'ho finalmente rivisto, anche per cercare di capirci qualcosa in più, e ho di seguito riportato il post scritto sul CineSmeraldo scritto dopo la seconda visione del film, sperando che qualcuno che abbia visto il film possa smentire/confermare la mia lettura del film!
Questa doverosa revisione di "Prénom Carmen", anche se non mi ha certo aiutato a chiarire moltissimo le cose, ha certamente confermato la mia prima impressione, e cioè che si tratta di un film superiore al meno discusso "Passion", specialmente se si considera la maggiore fruibilità della pellicola e la bellezza della storia in sé, che tra l'altro credo consenta di sviscerare un numero maggiore di tematiche.
Per quanto riguarda il paragone tra "Passion" e "Prénom Carmen" credo che lo si possa fare in maniera completa soltanto dopo aver visto anche lo "Scénario" di Passion, film-saggio che, nell'esplicare il metodo di lavorazione effettuato da Godard per "creare" Passion, pone questioni fondamentali che riverbereranno anche nei film successivi del regista, sia pure in forma differente, e cioè in Carmen e in Marie.
Nello "Scénario", paradossalmente preparato a posteriori, ossia dopo l'uscita di Passion, ripercorrendo le fasi di lavorazione del film, Godard pone delle questioni piuttosto interessanti sullo statuto dell'artista-demiurgo e sulla necessità di "vedere" un copione prima di scriverlo, facendo il paragone con le Leggi("La Legge fu prima vista o prima scritta da Mosé"?).
Ed è proprio intorno a quest'ultimo interrogativo che sembra articolarsi il progetto estetico di "Prénom Carmen", ossia quello di andare non solo oltre la storia, ma anche oltre il Mito classico, e di risalire all'immagine "vergine", che precede la parola, il Logos(e questo è anche il progetto estetico di "Je vous salue, Marie").
Sempre partendo dai soliti giochi linguistici Godard, che nel film incarna la clownesca figura di un regista un po' matto senza finanziamenti e perennemente alla ricerca di qualcosa(la frase su Van Gogh citata da Godard), riprende esplicitamente quell'associazione di significanti già presente nello Scénario: ad esempio, quando Carmen va a trovare su zio(lo stesso Godard)all'ospedale, lui crea un'associazione linguistica(tipica del primo periodo) tra "mer" e "mère", citando inoltre il mito di Elettra.
Questo gioco linguistico è il medesimo dello "Scénario", nel quale tra l'altro l'operazione creativa consisteva nell'inventare un'onda(vague) dopo un'altra(nouvelle vague).
Godard, per sua stessa ammissione, era interessato al "non-detto" della storia di Carmen, vale a dire agli aspetti oscuri della storia. Premesso che della Carmen conosco solo la storia, Godard ha dichiarato di aver voluto mostrare ciò che non era stato approfondito nella storia, cioè il legame tra Don José(nel film Joseph/Joe, personaggio sdoppiato in memoria di Ferdinand/Pierrot) e Carmen(che nel film dichiara di "essere quella che non dovrebbe chiamarsi Carmen").
Se il plot basilarmente riprende quello di "Pierrot le fou" non è semplicemente per segnare un ritorno al periodo narrativo – dopo un decennio di sperimentazioni video – ma anche perché è attraverso la storia stessa di Carmen che Godard può investigare sulla natura del Mito: i personaggi, marionette nelle mani del Fato, tentano invano di opporsi alla propria sorte, al Mito, che è però connaturato alla natura stessa dei personaggi(e Godard lo mostra in maniera quasi "parodistica").
In effetti sono in molti ad aver definito questo film una parodia della Carmen proprio perché i punti di contatto sono pochi e quasi mai disambiguanti: il plot del film potrebbe tanto essere un semplice riadattamento in chiave moderna della Carmen, quanto un rifacimento di "Pierrot le fou"(qualche post fa avevo già elencato le somiglianze).
Ma alla base di questa "parodia" credo ci sia comunque l'intento di mettere in mostra la natura stessa del Mito, cosa che Godard porterà a termine in maniera decisamente più riuscita in "Je vous salue, Marie"(che è finora il film di Godard che preferisco).
I personaggi sono tratteggiati in maniera semplice, proprio per riuscire a rendere l'idea, lo stereotipo: Joseph(novello don José)del Matto Pierrot conserva solo quell'ultimo gesto di follia; all'incostante Carmen della Marianne di "Pierrot le fou" non restano che i tratti essenziali, senza possibilità però di pentimento; la violinista Claire(interpretata da un'eterea Roussel)anticiperà la caratterizzazione della Marie del successivo film di Godard(interpretata dalla stessa Roussel): pura, candida, dolce e riflessiva.
Come ho già detto e ribadito, alla base del film credo ci sia, un po' come nell'"Edipo Re" di pasoliniana riscrittura, un interrogarsi sulla natura stessa del Mito in tutte le sfaccettature.
Il discorso è che l'opposizione tra la "femme fatale" e la bellezza "eterea", quasi paradisiaca(le due donne tra le quali l'uomo è scisso)è archetipo senza tempo, né spazio, radicato in ogni cultura.
L'uomo è incapace di scegliere nettamente tra la purezza assoluta(che sia incarnata da una Beatrice, da Maria o da Claire poco importa!)e la massima incostanza(Carmen, per l'appunto), che dice a Joseph(il cui nome rimanda a quello del protagonista maschile del successivo film): "se ti amerò sarai fottuto".
Questa opposizione tra l'altro verrà ripresa nel successivo "Je vous salue, Marie" tra la bellezza pura e "vergine"(vale a dire "non posseduta", libera)della "mère de Dieu" ed il fascino seducente e tentatore di Eve(basti notare la differenza tra i corpi delle attrici).
Credo che lì "l'opposizione"(l'antitesi, più correttamente) tra le serie sia esplicitata proprio quando Eve nuda fuma una sigaretta e nella scena immediatamente successiva Maria, citando S.Francesco(almeno così mi pare!) si interroga sul senso della carne, quando è privata dello spirito.
Tornando a Carmen, tutto sommato il film è leggibile anche abbastanza semplicisticamente nell'ottica poc'anzi esposta, e cioè come una scavo nella natura stessa del Mito e sull'ineluttabilità del destino.
In effetti, se si presta attenzione ai dialoghi, si noterà un monologo piuttosto esplicito in tal senso di Claire: "Mostra la tua forza, Destino! Non siamo più padroni di noi stessi; quello che è deciso si deve realizzare!"
Ogni tentativo di sfuggirvi o anche di opporvisi è dunque destinato allo scacco, così come la stessa Maria protagonista dell'altro film, che dirà(nella scena a mio avviso più sublime del film): "Io sono la vergine. La mia non è stata una scelta. Ho fortificato la mia anima per esserlo. Questo è tutto".
Così i tentativi di Joseph di "possedere" la sua donna, anzi, l'Idea stessa della donna, sono condannati a perire due volte: la prima, sotto la doccia, in quell'ultimo disperato atto di onanismo; la seconda quando, dopo aver ferito mortalmente Carmen, verrà arrestato.
La solitudine del protagonista, sua "unica amica"(cito sempre dai dialoghi) rappresenta la propria maledizione, il giudizio del Fato.
Che lo si chiami Destino o Dio(in JVSM) si tratta pur sempre di una forza, anzi di una Legge, dalla quale non è possibile scappare: l'unica soluzione è l'accettazione "attiva", donde è possibile configurare un possibile distinguo tra il personaggio di Claire e quello di Maria.
Se è vero che i film del terzo periodo trattano più o meno la stessa tematica da angolazioni diverse, credo non sia fuori luogo vedere Passion, Prénom Carmen e Je vous salue, Marie come una sorta di unicum, di una grande opera che riprende, per grandi linee gli stessi concetti attraverso la medesima ricerca estetica.
Claire, personaggio molto meno approfondito che Maria, è tuttavia assimilabile a Maria proprio perché sembra profilarsi in entrambe un'accettazione "attiva"(quasi un Amor Fati)della Legge(che è anche quella cinematografica, del demiurgo Godard), che è qualcosa di differente dalla semplice "rassegnazione"(rimando sempre ai dialoghi di JVSM).
Tuttavia, la bellezza di "Prénom Carmen" sta proprio nella ricerca estetica, ossia nella volontà di riuscire a fare della pittura attraverso il cinema. In realtà questa è un'idea non mia! Sono diversi i critici che hanno tirato in ballo la questione pittorica sia parlando di "Passion" che di "Prénom Carmen".
Laddove però in "Passion" il rapporto con la pittura era esaminato in maniera diretta, in "Carmen" Godard cerca di dipingere delle immagini, continuando ad ogni modo al ricerca della luce che in Passion segnava in qualche modo il fallimento del progetto di Jerzy.
Tra l'altro il fatto che la ricerca della buona luce in entrambi i film sia centrale secondo me rimanda proprio all'interrogarsi sulla natura stessa del film: non è un caso che i fratelli "Lumiere" furono gli inventori del cinema! E ormai sappiamo benissimo quanto i rimandi linguistici siano centrali nell'opera godardiana!
La luce è però anche la Luce divina, quella della grazia e infatti sia in Passion(ma più evidentemente nello Scénario)che in Marie la luce assumerà uno statuto quasi "divino", sovrannaturale.
Godard stesso nei panni dello zio Jean, ripeterà che "bisogna cercare", alla maniera di Van Gogh, riprendendo dunque il paragone con la ricerca pittorica, immagino.
In effetti quando dicevo che il film rappresenta un grande risultato da un punto di vista estetico non mi riferisco semplicemente alla bellezza delle immagini e dei colori(i toni cromatici sono belli, ma comunque molto più "freddi" che non in Marie), ma più complessivamente alla ricerca di un'armonia, la stessa armonia che Jerzy ricercava in "Passion", tra quadri, luce e storia.
Questa armonia la si può vedere nell'organizzazione in serie del film, anche se il concetto di serie è comunque più che altro (e)semplificativo.
In realtà l'articolazione in serie dei film di Godard credo avvenga solo in questi tre: negli altri film di Godard, come in quelli del primo periodo(non oso immaginare come siano le "Histoire(s) du Cinéma, in tal senso!), vi era un continuo sovrapporsi di differenti piani, in cui la scrittura spesso compariva come elemento extra-diegetico, sottoforma di cartelli o scritte.
In questi tre film invece vi è un'organizzazione a mio avviso più "ordinata", basata per l'appunto sulla sovrapposizione di due-tre piani narrativi: due storie, collegate tra loro in maniera più o meno riuscita, e delle immagini "naturali" che si ripetono nel corso del film.
In "Passion" è – molto sporadicamente, ad onor del vero – inquadrato il cielo, mentre in Carmen le immagini naturali sono quelle marine(mare notturno, il mare illuminato dal sole, la spiaggia, la spuma marina, ecc…). In "Je vous salue, Marie" le immagini naturali sono invece molto più abbondanti e spesso sono collegate a mo' di simboli alla storia di Maria.
In verità credo sia un po' fuorviante parlare di veri e propri "simboli" in questi film, anche se in Marie è indubbia la natura simbolica di queste immagini.
Sicuramente le immagini marine di Carmen rimandano all'eterno rifluire delle cose. Dunque credo che da una parte l'impeto delle onde marine rimandi all'ineluttabilità del Destino(il mare compare anche dopo il monologo di Claire sopra riportato), mentre dall'altra la "calma" del mare(non credo si tratti del lago di Ginevra, comunque, ma dovrei verificare!)rappresenti la – raggiunta? – armonizzazione delle serie e della creazione artistica.
Ripeto, in questo senso potrebbe essere d'aiuto la metafora del mare/sceneggiatura nel film-saggio "Scénario du film <>" che rimanderebbe appunto alla creazione(o, in termini cosmologici, alla Creazione, anche se la tematica sarà tratta poi esplicitamente solo in JVSM).
Tornando all'estetica, la riuscita del film sta proprio in questa armonizzazione che viene a crearsi tra le serie e che forse supera anche quella di JVSM.
Le due storie, quella del Quartetto che ricerca la perfezione tecnica e quella di Carmen sono poi le stesse opposizioni che vengono a crearsi tra il set e il mondo esterno in "Passion" e la storia di Maria e Giuseppe con quellla di Eva e il professore in "Je vous salue, Marie".
Al caos della vita e delle vicissitudini tumultuose di Carmen e della sua banda si oppone la ricerca della perfezione del Quartetto, ma l'organizzazione delle due serie è forse ancora più complessa che non in Passion, laddove in Marie è orchestrata in maniera meno ricercata attraverso delle antitesi, forse in maniera meno azzeccata.
Se in Passion il collegamento tra le serie veniva ad essere sostanzialmente basato sulle similitudini dei significanti(un personaggio parla di fiori e nell'inquadratura immediatamente successiva vediamo Hannah in una serra, ad esempio), in "Prénom Carmen" l'articolazione è basata – ma per poterlo dire con esattezza dovrei rivedere per una terza volta il film! – anche a livello sonoro: ad un certo punto smette di esserci una netta opposizione, come avveniva già in Passion, tra la due storie/serie(o come le si vogliono chiamare!)e ad esempio la musica suonata dai musicisti la si ascolta anche durante le sequenze più violente del film e viceversa in un determinato passaggio i musicisti sembrano riprodurre paradossalmente i "rumori" che avvengono all'esterno, come i versi dei gabbiani!
Si potrebbe addirittura ipotizzare che una serie sia metafora dell'altra, anche se è un'ipotesi azzardata.
Verso la fine del film i musicisti entrano nella sala stessa in cui Carmen e i suoi avrebbero dovuto rapire l'industriale, un po' come in Passion, dove però ogni personaggio era legato ad un altro.
La convergenza delle diverse situazioni la si ha all'inizio del film in cui, dopo la presentazione del contestatissimo Leone d'Oro vinto dal film per "meriti tecnici", sono presentati in maniera intramezzata i luoghi e i personaggi, nonché le immagini ricorrenti.
Si vedono il mare, il Quartetto che suona, lo zio Jean auto-ricoveratosi in manicomio per vivere alle spalle dello Stato e che spara sentenze epiche(del tipo: "quando la ***** avrà valore i poveri nasceranno senza ****"), Carmen che lo va a trovare… e poi c'è un'altra ricorrente immagine, che se non sbaglio è presente anche in "Je vous salue, Marie", e cioè quella del traffico cittadino e di un treno che passa(forse anch'esso simbolo del destino?). Non è in effetti un caso che Joseph, prima di essere nuovamente sedotto da Carmen(che gli offre una rosa rossa, in opposizione alla rosa bianca che aveva inizialmente offerto Joseph a Claire), riceva una proposta di lavoro per conto del padre di Claire, nelle ferrovie dello Stato…
Dopo la morte di Carmen, per mano di Joseph, unico personaggio che costituisce un legame tra le due serie(è innamorato di Carmen ma inizialmente prova a sedurre Claire, un po'come nella Carmen originale), sembra ristabilirsi il sereno, la perfezione artistica non è più meta lontana da perseguire tornando in Polonia(come Jerzy), ma sembra ormai raggiunta: infatti, l'ultima, aurorale immagine è quella del mare, segno forse di una perfezione finalmente raggiunta.
Eppure Godard, eterno esule artista, abbandonerà l'albergo con la sua infermiera, sperando di ottenere un "finanziamento sulla Luna" per il suo prossimo film!
Le ultime dialogo è molto poetico. Una morente Carmen chiede al cameriere dell'albergo: "come si chiama quando in un angolo ci sono i colpevoli e nell'altro gli innocenti[…], quando la gente ha rovinato tutto, tutto è perduto, ma spunta il sole e l'aria diventa respirabile?" La risposta del cameriere: "Cela s'appelle l'aurore"(come il titolo di un film di Bunuel, ma non so quanto c'entri!).
Un finale molto simile a quello – ancora più poetico - dello Scénario di Passion, tutto sommato, in cui Godard, aiutato dalla musica("sua Antigone", dirà)e procedendo attraverso il legame tra significanti, ha visto il copione, ha finalmente trovato la luce, i guerrieri, il cinema, l'immagine…
Per quanto riguarda la scelta delle musiche - premesso che di musica non ci capisco nulla – so comunque che i Quartetti di Beethoven rappresentato l'ineluttabilità del destino.
Dell'opera di Bizet invece a quanto so non resta molto a livello musicale, a parte un paio di comparse che fischiettano l'Habanera(nel bar e nel manicomio).
Tra l'altro i Quartetti usati da Godard in questo film sono stati in parte già usati per "Una donna sposata", film di quasi 20 anni antecedente, un film-saggio sulla donna, divisa tra la noiosa vita coniugale e quella, non molto differente, col proprio amante.
Per quanto concerne infine la questione del "nome"(prénom) mi verrebbe da dire che non è poi così scollata dalla tematica del conflitto ideale/umano: la volontà ideale di possedere un nome - volontà umana - sarebbe destinata allo scacco perché nulla esiste all'infuori del prenome(se ho capito bene!). Il nome di Dio sarebbe l'impronunciabile, sarebbe il Logos stesso, non più parola "umana", ma Parola, coincidente allora con il nulla, con l'intoccabile: il "noli me tangere" evangelico diviene allora assimilabile all'impossibilità di toccare per mano il divino, il mistero, l'inconoscibile, ma mi rendo conto che il paragone andrebbe fatto più con "Je vous salue, Marie".
In effetti l'idea di "possedere" l'essenza delle cose attraverso i nomi, inevitabilmente destinata allo scacco, è un'idea biblica, presa direttamente dalla Genesi!
Questa è, per sommi capi, la mia lettura del film, pur essendo ben consapevole di essermi potuto sbagliare, visto che "Prénom Carmen" è un film tanto complesso quanto interessante, il cui mistero non può che essere accettato e solo i veri esegeti godardiani possono dirsi in grado di aver compreso il film, mentre la mia resta comunque una lettura abbastanza di superficie.

1 risposta al commento
Ultima risposta 28/06/2011 15.33.24
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  28/06/2011 10:43:08
   7½ / 10
Cinema radicale nel linguaggio e di certo non destinato a tutti. Godard esplora nuove vie del mezzo cinematografico basate sulla suggestione d'immagini,l'autoironia (Godard stesso nelle parti di un pazzo regista fallito),l'erotismo spinto e l'uso del grottesco che in alcune sequenze è magistrale (la sparatoria iniziale e la scena nel cesso con i due amanti ammanettati).
Denso di spunti tematici,Prenom Carmen (dalla Carmen di Bizet e poi da quella quasi sempre nuda protagonista) parla dell'accendersi vorace di una passione e del suo spegnersi altrettanto velocemente,in maniera cinica e distruttiva.
Ma andrebbe visto più e più volte per comprenderlo appieno e per apprezzarlo ancora di più.

paride_86  @  25/01/2010 03:22:51
   6 / 10
La "Carmen" di Bizet ha allo stesso tempo molto e poco a che vedere con quella di Godard. In ogni modo, per penetrare quest'opera cinematografica è necessario conoscere quella lirica.
Non è tanto il modo che ha il regista di dirigere a non avermi conquistato, piuttosto il narcisismo e l'autocompiacimento di cui Godard - qui in veste anche di attore - ha infarcito la storia.

Gruppo REDAZIONE maremare  @  08/07/2009 17:45:12
   7½ / 10
Buon film di Godard, grottesco e stranamente meno compiaciuto del solito.
Splendida la Detmers

Mr.619  @  08/07/2009 16:13:26
   8½ / 10
Questo film non è un film, non si tratta di pura e materialistica finzione riflessivo-dialogica di un patema vitale esistente e penetrante l'entità della natura in tutta la sua interezza, ma, d'altro canto, di un'ulteriore ripresa infinitesimale del percorso di idealizzazione e noeticizzazione metaparacinematografica ( ogni termine che abbia come prefisso "meta" rientra nella mia categoria di gradimento verbale).In tale opera "falsamente" ricostruita, ricomposta e volutamente sconnessa allo stesso tempo (perchè, ricordiamolo, ogni film di Jean-Luc Godard è un'incostante puerilizzazione dello stesso strumento cinematografico e dell'espletamento della sua finalizzante attuazione) si intravede e rivela un'immensa funzione distorcente delle immagini maniacalmente filmate e collegate, nella quale tutto, partendo dall'introduttivo ed iniziale stato d'animo del regista, è una flessione, proiezione ( relativamente) veritiera della tridimensionale facoltà di raziocinio e pensiero provante il proprio soverchiamento mostrata dall'autore suddetto.E' possibile riconoscere e distinguere due porzioni diverse, aliene dell'opera in questione: il recesso mentale del grande artista, trovantesi in una lugubre e deteriorante fase di pausa emotiva, artistica e d'esistenza ( l'ospedale, la morte dei due frutti simbolici della sua immaginazione, oltre che del pretendimento stesso); e, quindi, l'opposto di ciò, il sogno trasgressivo e liberatorio del maestro francese, il quale si catapulta nell'apertura voraginosa dei suoi stessi desideri erotici e stimolatamente scatenanti, e che, non per questo, ritorna ad essere afflitto dal manicheismo dicotomico generatosi nel suo intelletto, tra il cardine altisonante e fatiscente della sua fantasia creativa quasi identificatoria (l'uomo) e l'estremo anamorfico semi-reale ed emblematico della sua crisi totalitaria (la donna).Ambedue i fili psicologici della matassa narrativa sono del tutto simili a due rette parallele che, poste su un fascio improprio di rette, determinano casi di segmenti perpendicolari ( le necessarie interazioni interferenziali di entrambi i campi riordinanti la realtà e la dimensione onirica).Nel complesso groviglio di tutto questo, l'unico denominatore comune legatoriale degli emisferi cerebrali è rappresentato dalla musica, trasfigurazione in tono armonico e cordiale dei propri sentimenti riguardo all'umanità.Apocalittico.

Crimson  @  17/08/2007 16:05:35
   6½ / 10
Premiato a Venezia con il leone d'oro, insolitamente erotico e psicologicamente perverso film di Godard, qui nelle vesti anche di attore, nel ruolo spesso divertente di un regista in crisi alle prese con le contraddizioni della moderna società.
E' un film grottesco ma allo stesso tempo ricco dei turbamenti interiori ricorrenti in molti film del regista. L'impossibilità della via dell'idealizzazione, il tragico consumarsi della passione, fuoco impetuoso destinato a durare un'istante. La morte e la passione che s'intrecciano in un collage di colori, respiri, simbolismi (onde del mare), la dilatazione dei tempi mediante inserti di musica classica. Eccessivo e troppo cervellotico per il sottoscritto, del resto Godard è quasi sempre così, prendere o lasciare. Preferisco di gran lunga un Pierrot le fou forse egualmente volutamente dispersivo ma meno criptico e ridondante per lo meno nella sua rappresentazione scenica.
E' comunque da vedere.

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A cura di The Gaunt

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ANYWHERE ANYTIME
Locandina del film ANYWHERE ANYTIME Regia: Milad Tangshir
Interpreti: Ibrahima Sambou, Moussa Dicko Diango, Success Edemakhiota
Genere: drammatico

Recensione a cura di The Gaunt

HIT MAN - KILLER PER CASO
Locandina del film HIT MAN - KILLER PER CASO Regia: Richard Linklater
Interpreti: Glen Powell, Adria Arjona, Austin Amelio, Retta, Sanjay Rao, Molly Bernard, Evan Holtzman, Gralen Bryant Banks, Mike Markoff, Bryant Carroll, Enrique Bush, Bri Myles, Kate Adair, Martin Bats Bradford, Morgana Shaw, Ritchie Montgomery, Richard Robichaux, Jo-Ann Robinson, Jonas Lerway, Kim Baptiste, Sara Osi Scott, Anthony Michael Frederick, Duffy Austin, Jordan Joseph, Garrison Allen, Beth Bartley, Jordan Salloum, John Raley, Tre Styles, Donna DuPlantier, Michele Jang, Stephanie Hong
Genere: azione

Recensione a cura di The Gaunt

archivio


LA ZONA D'INTERESSE
Locandina del film LA ZONA D'INTERESSE Regia: Jonathan Glazer
Interpreti: Christian Friedel, Sandra Hüller, Medusa Knopf, Daniel Holzberg, Ralph Herforth, Maximilian Beck, Sascha Maaz, Wolfgang Lampl, Johann Karthaus, Freya Kreutzkam, Lilli Falk, Nele Ahrensmeier, Stephanie Petrowitz, Marie Rosa Tietjen, Ralf Zillmann, Imogen Kogge, Zuzanna Kobiela, Julia Polaczek, Luis Noah Witte, Christopher Manavi, Kalman Wilson, Martyna Poznanski, Anastazja Drobniak, Cecylia Pekala, Andrey Isaev
Genere: drammatico

Recensione a cura di Gabriele Nasisi

MARILYN HA GLI OCCHI NERI
Locandina del film MARILYN HA GLI OCCHI NERI Regia: Simone Godano
Interpreti: Miriam Leone, Stefano Accorsi, Thomas Trabacchi, Mario Pirrello, Orietta Notari, Marco Messeri, Andrea Di Casa, Valentina Oteri, Ariella Reggio, Astrid Meloni, Giulia Patrignani, Vanessa Compagnucci, Lucio Patané, Agnese Brighittini
Genere: commedia

Recensione a cura di Severino Faccin

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