the apprentice - alle origini di trump regia di Ali Abbasi USA 2024
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the apprentice - alle origini di trump (2024)

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locandina del film THE APPRENTICE - ALLE ORIGINI DI TRUMP

Titolo Originale: THE APPRENTICE

RegiaAli Abbasi

InterpretiSebastian Stan, Jeremy Strong, Maria Bakalova, Emily Mitchell, Martin Donovan, Patch Darragh, Stuart Hughes, Eoin Duffy, Chloe Madison, Ben Sullivan, Mark Rendall, Joe Pingue, Catherine McNally, Charlie Carrick, Jim Monaco, Bruce Beaton, Ian D. Clark, Valerie O'Connor, James Madge, Ron Lea, Edie Inksetter, Michael Hough, Robert J. Tavenor, Raechel Fisher, Stefanie Martino, Randy Thomas, Myron Ron Reider, Sharon Wilcox, Jai Jai Jones, James Downing, Charlie Seminerio, Joshua Michael St. John

Durata: h 2.00
NazionalitàUSA 2024
Generebiografico
Al cinema nell'Ottobre 2024

•  Altri film di Ali Abbasi

Trama del film The apprentice - alle origini di trump

New York, anni '70. Determinato a uscire dall'ombra del potente padre e a farsi un nome nel settore immobiliare di Manhattan, l’aspirante magnate Donald J. Trump agli inizi della sua carriera incontra l'uomo che diventerà una delle figure più importanti della sua vita: il faccendiere Roy Cohn. Vedendo del potenziale in Trump, il controverso avvocato — che aveva ottenuto le condanne per spionaggio contro Julius ed Ethel Rosenberg e aveva investigato sui sospetti comunisti insieme al senatore McCarthy — insegna al suo nuovo allievo come accumulare ricchezza e potere con l'inganno, l'intimidazione e la manipolazione mediatica. Il resto è storia.

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Voto Visitatori:   7,14 / 10 (7 voti)7,14Grafico
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Voti e commenti su The apprentice - alle origini di trump, 7 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

federicoM  @  20/02/2025 22:55:50
   7½ / 10
SPOILER
L'aspetto più interessante di questo biopic, che non è una biografia fedele del personaggio, è come Trump sia espressione di un certo tipo di affarismo americano. E' un'immobiliarista, ma è anche un killer. In tutti gli grandi business men americani ritratti nel cinema c'è sempre un'indole violenta,brutale, una grande etica del lavoro. In particolare Trump si sente un patriota e un democratico, nel momento in cui riesce a realizzare i suoi sogni, anche infrangendo le regole. Quando costruisce qualcosa non lo fa soltanto per se, ma anche per l'America, e pazienza se ricatta i funzionari pubblici ed evade le tasse.
Come tutti i capi è solo, non si fida di nessuno e bullizza tutti quelli che gli stanno intorno, malati e non.
La visione di questo film mi ha lasciato un pò angosciato. Una persona narcisista, incapace di mostrare la propria vulnerabilità e di entrare in contatto con le altre persone se non per fare transazioni, non mi sembra la persona più qualificata per guidare un paese. Per fotuna è un biopic,spero.

BigHatLogan91  @  09/02/2025 00:44:23
   7 / 10
Un biopic come tanti altri, che però si regge sulle ottime interpretazioni di Stan e Strong. Voto: 6/7

Mauro@Lanari  @  26/12/2024 22:02:00
   5 / 10
Devo sbrigarmi a scrivere il commento prima di perdere il ricordo di questo biopic dimenticabilissimo. Le recenti elezioni col POTUS più vecchio di sempre suggeriscono che gl'attacchi culturali a Trump potrebbero essere stati inefficaci o persino controproducenti. Lakatos obiettò a Popper che il vero confronto non sarebbe fra teoria e realtà, "explicans" ed "explicandum", ma fr'almeno due paradigmi rivali dovendo poi scegliere quello meno problematico. Sono parzialmente in disaccordo, poiché la refutazione d'un'ipotesi obbliga comunque a ideare qualcos'altro. A ogni modo, dove starebbe l'autocritica dei Democratici verso i loro autogol? "The Apprentice" mostra solo il neoliberismo fra Nixon e Reagan: la scuola di Chicago non avrebbe contaminato pure la socialdemocrazia? Non è stato Lyndon Johnson a proseguire la guerra in Vietnam contro l'auspicio di JFK? Non è stato Clinton nel '99 a firmare l'abolizione del Glass-Steagall Act?

https://www.cineforum.it/focus/Cannes-77/The-Apprentice-di-Ali-Abbasi
https://www.cineforum.it/focus/Cannes-77/I-voti-di-Cannes-77
https://i.imgur.com/4I3Sw1Y.jpeg

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  02/12/2024 19:04:15
   7 / 10
In Italia, avendo avuto il berlusca per 40 anni, non stupisce più di tanto la figura di Donald Trump, perché in fondo lo stampino è sempre quello. Potrà cambiare nella forma, certamente non nella sua sostanza. The Apprentice è diventare Donald Trump oggi. All'inizio è semplicemente un uomo d'affari che vuole emergere ma non ci riesce, oppresso dall'ingombrante figura del padre, ma sotto la guida di Roy Cohn diventa un vero e proprio squalo, sviluppando quel killer instinct che gli mancava e che gli permetterà di fagocitare anche il suo mentore. L'ascesa di un uomo senza scrupoli, che usa le persone a proprio vantaggio e gettarle via quando non servono più. Emblema di quel capitalismo parassita a favore di pochi ed a svantaggio della collettività. Adesso sarà il nuovo presidente degli stati uniti e saranno ca22i. Non che Kamala Harris fosse meglio…..

stratoZ  @  28/11/2024 12:23:25
   8 / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Bel film di Ali Abbasi, autore che già in passato era stato parecchio caustico con le sue pellicole intrise di critica sociale, dopo essere stato tra Europa e Medio Oriente, questa volta la sua critica feroce si abbatte sull'America, in particolare su Trump, analizzando da un punto di vista un po' romanzato le vicende del periodo di formazione del futuro presidente degli Stati Uniti, trasportandoci nel particolare contesto degli anni 70's dove l'America sembrava aver perso lo splendore dei tempi addietro, tra la delusione del Vietnam, movimenti di protesta e via dicendo, con il giovane imprenditore che approfitterà della situazione per emergere come una delle figure cardine della rinascita economica americana, facendosi sempre più strada sia a livello economico che come figura pubblica, sfruttando un terreno fertile e le falle governative di un sistema tutt'altro che perfetto, ciò che viene messo più in evidenza non è soltanto la spietatezza, l'arrivismo e la faccia tosta del protagonista quando come gli enti si pieghino al suo volere anche togliendo ciò che spetta di diritto alla popolazione più povera, Abbasi descrive nel dettaglio la base del capitalismo più disumano, che negli Stati Uniti e in particolare nella grande mela fermenta vertiginosamente, accrescendo il divario tra il ricco, che diventerà sempre più ricco e il povero, che ovviamente diventerà sempre più povero, un gioco in cui vince sempre il più astuto e mai il più onesto, in cui l'apparenza gioca il ruolo più importante, in cui i media fanno il gioco dei potenti, un sistema asservito all'arricchimento del singolo.

Il film mostra la crescita del personaggio, col giovane Donald che passa dall'essere il figlio di un discreto imprenditore, un po' imbranatello, con dei problemi legali dovuti alla discriminazione delle persone di colore nell'affittare i suoi appartamenti, ad essere uno squalo famelico in un contesto che favorisce la sua personalità esuberante ed egocentrica, tutto grazie al suo metore, tale Roy Cohn, spietato avvocato poco dedito all'etica professionale che ricorre anche ai metodi più meschini come il ricatto per vincere le sue cause, diventerà il perfetto esempio di vita per il giovane Trump, che ne prenderà spunto, partendo dalle sue tre regole base, e creando un personaggio se possibile ancora peggiore, in fondo, col passare del minutaggio anche Roy mostra di avere un lato umano, cosa impensabile nella prima parte di film in cui gli esce continuamente il veleno - terribile il discorso sui due coniugi che ha fatto condannare, accanendosi sulla donna, madre di due bambini, pur di dare l'esempio in nome del patriottismo - diciamo che i due personaggi compiono un percorso opposto, se Trump passa dall'essere un ingenuo imprenditore ad uno spietato arrivista, Roy con la malattia, la perdita del coniuge sembra provare dei forti rimorsi di coscienza, arrivando quasi ad annullarsi, facendo cadere ogni armatura portata fino a quel momendo e creando anche una sensazione di pietà nello spettatore, con buona probabilità è un modo del regista di mostrare le debolezze spesso nascoste dal repubblicano medio, messe in disparte e represse, spesso catalizzate in odio verso il prossimo, anzi più precisamente verso il più debole, ma il rapporto tra Trump e Roy diventa una delle chiavi del film, considerato il grande aiuto che l'avvocato ha dato al giovane Trump, viene cancellato velocemente col progredire della carriera imprenditoriale, azzerando del tutto la riconoscenza, con alcune scene particolarmente indigeste emotivamente.

Poi c'è tutta la parte dei rapporti familiari, che rispetto alla macrotematica del contesto del paese è una bazzecola, per carità comunque interessante mostrare il rapporto molto di convenienza con la moglie - la scena del contratto prematrimoniale è fantastica, e ha un'ironia di fondo splendida - e la prevedibile deriva che prende il contesto familiare, con Donald che trascurerà i genitori e i fratelli, e la morte del fratello maggiore con problemi di alcool e droga lasciato troppo solo.

Carino stilisticamente, estremamente dinamico, colmissimo di dialoghi e situazioni incalzati, dominato dalle riprese a camera a mano e uno stile visivo che ricorda molto gli anni 70's in cui è ambientato e che si slava leggermente quando si passa ai più patinati anni 80's, pieno di interpretazioni di livello, da Sebastian Stan che è pressoché perfetto nella parte, sia come somiglianza che come gestualità, sia Jeremy Strong nella parte dell'avvocato Roy che è un mentore straordinario, cinico, freddo, apparentemente senza cuore, ma che riesce a spogliare efficacemente il personaggio nella seconda parte.

Gran Film.

BlueBlaster  @  17/11/2024 12:57:29
   7½ / 10
Un bel biopic sugli inizi di Trump e questo è un ottimo momento per guardarsi questo film.
Attori bravissimi, mi ha colpito particolarmente Jeremy Strong nel ruolo del controverso mentore Roy Cohn.
Diciamo che la figura del tycoon ne esce pure abbastanza bene nonostante la sua arroganza, il suo egocentrismo ed il suo cinismo non manchino di essere mostrati.
Ottima ricostruzione storica con anche una piacevolissima colonna sonora d'epoca.
Credo che bene o male la storia sia raccontata abbastanza fedelmente e quindi è interessante per conoscere il background di questo presidente degli U.S.A.
Lo stile registico è particolare, ha un che di amatoriale in stile "Borat", e cito Borat anche per la presenza della bellissima e bravissima Maria Bakalova nel ruolo di Ivana.
Guardatelo!

Manticora  @  26/10/2024 16:55:16
   8 / 10
Visto il tipo che è Trump non mi stupisce più di tanto che negli States il film sia passato praticamente inosservato. Tra boicottaggi, minacce e relativo fandom anti-film il pubblico della spazzatura bianca yankee ha trovato un altro nemico nel regista della pellicola oltre che nel film. Invece il film è una discreta bomba elettorale che non cambierà il risultato della farsa elettorale degli Stati Uniti, in cui un narcisista, bugiardo patologico, misogino e ossessionato dai soldi ometto dalla capigliatura ridicola diventerà il 47 presidente degli USA e GETTA. Con tutto quello che ne consegue, la sua maturità imprenditoriale è resa molto bene con l'incontro che gli permette di dare una svolta alla sua vita. Aver conosciuto Roy Cohn gli ha permesso di evitare una condanna di discriminazione che avrebbe minato il successo nell'affittare i suoi appartamenti, invece ciò gli ha permesso di capire come affrontare il capitalismo e soprattutto giocare con il governo degli Stati Uniti e le sue infinite debolezze e contraddizioni, tanto da passare addirittura al contrattacco. Sebastian Stan è perfetto nel ruolo di Trump, riuscendo a coglierne le sfumature, sia nella sua presa di coscienza che nel cambiamento del suo stile.
Altro epigono e Jeremy Strong come Roy Cohn, avvocato, criminale e omosessuale non dichiarato oltre che sfegatato repubblicano svezza Trump alla politica del ricatto, delle minacce e dell'attacco a tutti i costi, senza concessioni però al minimo raggionamento. Bisogna agire al momento, senza tentennamenti, evitare di dire o fare la verità, manipolare, imbrogliare, ricattare e minacciare sono gli strumenti del successo. Mai ammettere niente, meno che mai la sconfitta, invece bisogna sempre attaccare, attaccare, attaccare. Un vero affresco del modello che B.Eston Ellis ha reso con AMERICAN PSYCO. Tutto il resto è la realtà di questi giorni, spero che almeno Stan abbia una nomination agli oscar, sarebbe il minimo.

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