django il bastardo (1969)

Avrebbe anche delle buone frecce al suo arco questo film di Garrone,a tratti ha alcune influenze ed atmosfere quasi gotiche che gli conferiscono una certa originalità,peccato che pecchi di ritmo e vivacità,finendo solo per risultare scialbo e noioso,privo di tensione e con scene che sembrano susseguirsi senza una logica.
Bizzarro e sicuramente apprezzabile come tentativo ma il risultato finale è piatto e tutt'altro che godibile,solo per completisti.

Ennesimo western spaghetti della stagione d'oro del genere . Consueta storia di implacabile vendetta girata da un Garrone , che cerca di scimmiottare Leone ( primissimi piani e ritmo piuttosto lento ) ed azzecca anche qualche bella inquadratura . A parte Anthony Steffen ( uno dei più noti ma meno espressivi tra i tanti epigoni di Eastwood ) nella parte del taciturno , flemmatico e spettrale protagonista e la bella Rada Rassimov , avida ed infida , il resto dl cast è semisconosciuto ai più , con Luciano Rossi a fare il simil-Kinski e persino "Manzotin " Antonelli nella parte di un pistolero ! Non sarebbe nemmeno troppo male se non fosse che alcune scene sono stupidissime e proprio inverosimili ... Qualcuno ci vede delle similitudini con " Lo straniero senza nome " ma mi sembra un' esagerazione .

Dopo una buona/ottima tecnica nella ripresa iniziale dell'arrivo del personaggio nel paese, non c'è più nulla o quasi.
Il protagonista risulta svogliato, lento, come lento è il film, noioso. Il protagonista sarà lo stesso in "w Django!".

Il filone degli spaghetti western ha regalato molte gioie al cinema italiano, grazie a registi come Leone, Corbucci, Valerii ed altri, che si sono visti omaggiare dalle nuove leve di registi americani con film di chiara ispirazione italica.
Purtroppo tra le molte chicche ci sono anche pietanze scondite come questo DJANGO IL BASTARDO che non ha grande vivacità, non ha l'appeal giusto e tenta di scopiazzare personaggi e vicende già ben indirizzate da altri dello stesso periodo e che fallisce abbastanza nettamente non riuscendo a proporre quella forza e quel grado di coinvolgimento che il genere ha abituato, con il tempo, lo spettatore.