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Un mondo che è favola cupissima, una dimensione parallela o un futuro prossimo in cui esseri biomeccanici (dalla provenienza misteriosa) hanno preso il sopravvento sull'uomo. La fotografia color seppia e i rumori metallici martellanti ai limiti del terrorismo sonoro fanno da cornice alla ricerca ossessiva del fantomatico embrione dell'universo da parte di queste creature. Uomini al loro servizio eviscerano crudelmente altri uomini nella disperata ricerca, mentre un ragazzo sembra poter essere l'eletto a portare in grembo ciò da cui nasce ogni forma di vita. Tra stop motion e attori in carne ed ossa l' effetto che ne deriva è spiazzante ma allo stesso tempo molto suggestivo, soprattutto per la realizzazione delle scenografie minacciose e delle creature che in alcuni casi sembrano uscire da uno dei primi deliranti videoclip dei Tool. Vengono in mente il weirdissimo "Begotten" e i (capo)lavori di Svankmajer anche se rispetto al maestro ceco il grado delle animazioni è più grezzo; soprattutto l'invito alla comprensione si fa spesso troppo ostico, disegnando una probabile glorificazione riguardo la ciclicità della vita e del suo sapersi continuamente adeguare e rigenerarsi. Abbiamo poi l'esortazione alla libertà di pensiero, lasciando che questo non sia imbrigliato in schematici meccanismi, tuttavia abbracciare una soluzione definitiva pare impossibile. L' interesse resta quindi ben presto limitato al respingente e contraddittorio fascino visivo mentre alla lunga la storia perde quota, confusa nei criptici intenti del proprio autore. Per fortuna la durata limitata (poco più di un' ora) evita che l'effetto saturazione prenda il sopravvento, favorendo così un' esperienza visiva dall' indubbio tetro fascino.