Robert Mitchum è stato probabilmente uno dei personaggi più anticonformismi e dissociati della storia di Holywood.
E' passato indenne ad ogni moda, è sopravvissuto a diversi incidenti di percorso e drammi personali, riuscendo miracolosamente a restare sulla cresta dell'onda per circa quattro decenni, e mantenendo sempre, fino alla fine, un'atteggiamento integro e critico verso il sistema che l'ha portato a raggiungere una così vasta fetta di consensi.
Nemmeno i noti problemi giudiziari hanno minimamente scalfito la sua popolarità anzi. Forse anche questo ha contribuito a lanciarlo definitivamente presso il pubblico. E tutto questo in anni (tra il dopoguerra e il decennio successivo) dove il climax Hollywoodiano era fortemente censorio sia per questioni politiche (la Caccia alle streghe del senatore McCarthy, il consiglio dei 10 che hanno tentato di distruggere la carriera all'amico regista Edward Dmytrik) che in quello che oggi chiamiamo comunemente gossip (lo star system hollywoodiano in balìa dei vari Variety e Confidential e delle "pettegole" à la Hedda Hopper).
La sua figura puo' infastidire, difficilmente ispira simpatia, ma il motivo del successo di Mitchum sono molteplici. Prima di tutto, è facile dedurre che gli spettatori di allora vedessero in lui l'antidoto più rappresentativo - l'uomo giusto al momento giusto - al divismo imperante, l'uomo in cui molti potevano identificarsi, e del resto proprio la sua vita privata vissuta senza clamori mostrava quanto quel "Divo" in realtà non fosse lì unicamente per recitare, ma per "essere se stesso".
Pur nella variegata e multiforme omogeneità dei personaggi interpretati nella sua ricca filmografia, egli dà sempre l'impressione di star lì per puro caso. E' una recitazione pura, mai compressa dalle aspettative dei produttori o registi, attese del resto vane perchè Mitchum ha sempre dato prova di essere poco malleabile e di cedere raramente ai consigli e ammonizioni degli altri Del resto non ne aveva nemmeno bisogno: Mitchum è l'uomo che - senza curarsi di nulla - con il suo carattere duro e il suo fiero cinismo ha resistito per decenni ad ogni pressione e trovato sempre un pubblico pronto ad accoglierlo. Un particolare non di poco conto, se pensiamo al proverbiale disprezzo con cui congeda il cinema e la sua carriera ("i film mi annoiano... soprattutto i miei"), come se il suo fosse un lavoro come un'altro, come se in realtà soffocasse la vera grande passione, la boxe, come se fosse un rimpianto.
Ha detto di sè "ho sempre fatto una vita simile a quella del soldato di ventura, ho fatto le cose che volevo fare, mi sono molto divertito, sono stato accusato di aver rilasciato dichiarazioni compromettenti circa il mio passato e alcuni mi dicono che non riescono a capire dove in me finisca la finzione e inizi la realtà. Molte mie affermazioni sono fumo negli occhi, che mi permettono di perseguire i miei scopi senza espormi troppo. Ho imparato da giovane che, esagerando la realtà dei fatti, spesso si riesce a nascondere la verità". Illuminante vero?
Nella realtà, Mitchum non ha mai fatto nulla per ispirare simpatia: dichiaratamente razzista ("non voglio lavorare con un negro" disse quando confermò un netto rifiuto a un film di Stanley Kramer, "LA PARETE DI FANGO", insieme a Sidney Poitier - cfr. al suo posto fu preso Tony Curtis), gran bevitore, ombroso e solitario come nei film (celebre la sua apparizione al Maurizio Costanzo Show dove non ha quasi profferito parola). Probabilmente il segreto del successo di Mitchum oltre che della sua recitazione misurata e solo apparentemente statica è tutto nel controllo e rispetto rigoroso di se stesso, dentro e fuori il mondo del cinema.
Nato il 6 Agosto 1917 in pieno conflitto Mondiale, orfano di padre a soli due anni, Mitchum trascorre un'infanzia burrascosa, scappando più volte di casa e cominciando anche a vagabondare per l'America rurale dei primi anni trenta. Fa l'autostoppista lavora qua e là nei ristoranti della California, si prende le prime sbronze. A 16 anni viene arrestato per la prima volta per vagabondaggio, e trascorre 6 giorni con una squadra di forzati della Georgia. Particolare curioso, fu lo stesso posto dove decenni dopo avrebbe girato "IL PROMONTORIO DELLA PAURA", nei panni guardacaso di un galeotto. Ma il giovane Rob non finisce la pena detentiva, e riesce a fuggire, raggiunge altri posti dove fa diversi lavori (operatore alla pressa scaricatore di porto buttafuori di night pugile e ballerino di lento). Proprio il primo e vago rapporto con la boxe gli procura la rottura del naso.
Il primo impatto con lo spettacolo avviene quando a 19 anni viene assunto come macchinista per il Long Beach Civic Theatre dove interpreta anche dei brevi ruoli nei drammi "LA FORESTA PIETRIFICATA", "RICORDA QUEL GIORNO" e "REBOUND".
Dopo aver composto vari sketches e canzonette da night, nel 1939 compone un'oratorio finanziato nientemeno che da Orson Welles, e cura diversi programmi radiofonici. Nel 1940 si sposa per la prima volta con Dorothy Spence, un'amica d'infanzia con la quale si stabilisce in California, lavora saltuariamente tra la Lockheed Aircraft e qualche produzione teatrale di poco conto.
Il primo ruolo nel cinema avviene per puro caso: la morte di un cowboy ucciso dagli zoccoli di un cavallo convince George Archainboud a sostituirlo con Mitchum per un film della serie Hopalong Cassidy. Nello stesso anno prende parte ad altri 15 film di cui solo un paio di qualche interesse, "LA COMMEDIA UMANA" di Clarence Brown (da un testo di William Saroyan) e il bellico "GUNG HO" di Ray Enright. L'anno successivo interpreta "NOTTE D'ANGOSCIA" di William Castle definito da Orson Welles "il miglior b-movie che io abbia mai visto", l'improbabile "LA RAGAZZA DI LAS VEGAS" (dove - cosa alquanto insolita per lui - si veste da donna) e un piccolo ruolo in "MISSIONE SEGRETA" di Mervin LeRoy. Ma nello stesso viene chiamato alle armi dove dopo otto mesi viene congedato.
La fine della guerra porta il mondo a confrontarsi tragicamente con le ferite appena rimosse: è del 1945 quello che è a tutt'oggi uno dei migliori film bellici di sempre, "I FORZATI DELLA GLORIA" di William Wellman. L'interpretazione di Mitchum nei panni del capitano Walker gli valse la prima nomination come miglior attore non protagonista.
E' l'inizio del successo sperato, che confermerà Mitchum nelle interpretazioni successive: "ANIME FERITE" - 1946 - di Dmytrik (un film che paga un forte tributo nei confronti di "I migliori anni della nostra vita" di Wyler dello stesso anno), "TRAGICO SEGRETO" di Minnelli, il bellissimo western psicologico "NOTTE SENZA FINE" di Raoul Walsh (recentemente ne circola una copia restaurata, ed è stato ancora un successo ai botteghini), il duro pamphlet antimilitarista "ODIO IMPLACABILE" sempre di Dmytrik, coraggioso film che affronta il tema dell'omosessualità e dell'antisemitismo. "LE CATENE DELLA COLPA" di Torneaur, uno dei migliori noir degli anni quaranta e un'ennesimo western, "SANGUE SULLA LUNA" di Robert Wise.
Mitchum è ormai un divo riconosciuto, ma nel 1948 viene arrestato per possesso di marijuana e viene condannato a 60 giorni di lavori forzati in una fattoria. Si diceva che fosse stato denunciato da alcuni funzionari di Los Angeles in cerca di pubblicità. Tre anni più tardi il Caso Mitchum viene riaperto da un'avvocato e la sua condanna è cancellata dai verbali d'inchiesta, Tutto cio', come dicevo, non scalfisce minimamente la sua popolarità, che tocca i suoi vertici proprio nel decennio successivo. Il destino di Mitchum è come quello di altri grandi attori, come Ray Milland o più recentemente Klaus Kinski: nonostante parecchi suoi film siano sostanzialmente mediocri, le sue interpretazioni lasciano comunque il segno. E' il caso di "GANG" di Cromwell, il cupo "SEDUZIONE MORTALE" di Preminger, "LA BELVA" di Wellman - ritrovato dopo quasi un decennio dal successo de "I FORZATI DELLA GLORIA" - "FUOCO NELLA STIVA" di Parrish (con una conturbante RITA HAYWORTH), e "LE COLLINE DELL'ODIO" certo non il miglior film di Aldrich.
Più interessanti, nello stesso decennio, un bel western di Nicholas Ray, "IL TEMERARIO" - 1952 - l'impetuoso "NESSUNO RESTA SOLO" di Stanley Kramer, il notevole "IL CONTRABBANDIERE" di Arthur Ripley e il melò di "A CASA DOPO L'URAGANO" di Minnelli, dove il regista già esplora tematiche e uno script degno delle successive soap opera televisive (si puo' dire che il cinema ha incoraggiato gli stilemi televisivi? Si puo' dire sì). In tutti e altri film cio' che salta all'occhio è l'inarrivabile bellezza delle attrici con cui lavora, da Linda Darnell a MARILYN MONROE ("LA MAGNIFICA PREDA" di Preminger) con cui nasce un breve flirt, Jean Simmons, Gloria Grahame, RITA HAYWORTH e Jane Russell.
Mitchum aderisce perfettamente ad ogni personaggio, dal contrabbandiere al lupo di mare, dal gangster all'uomo rude (indimenticabile "L'ANIMA E LA CARNE" dove interpreta un duetto "sacrilego" con Deborah Kerr nei panni di una suora che vanamente spera di non cadere in tentazione), mostrando una forte padronanza sia delle lingue straniere (cosa impensabile per un'autodidatta che ha abbandonato gli studi a 14 anni), sia nei dialetti americani, sia nel timbro vocale che fra l'altro sfrutta anche mostrando buone doti di cantante popolare in diversi suoi film.
Nel 1955 interpreta il suo ruolo più spregevole, e guardacaso il più riuscito della sua carriera, nell'unico film diretto dal grande attore Charles Laughton, "LA MORTE CORRE SUL FIUME": nel ruolo del pastore Harry Powell, una sorta di Landru "spirituale" che tra un sermone e l'altro sposa e uccide le donne per interessi economici, Mitchum è insuperabile. Memorabile "orco" soprattutto quando insegue i due bambini allo scopo primario di ucciderli, e mette in mostra tutta la sua lucida follia. Ma è anche uno squisito interprete di commedie come "L'ERBA DEL VICINO E' SEMPRE PIU' VERDE" o "LA RAGAZZA DEL QUARTIERE" - 1962 - di Robert Wise.
Uno cento mille Mitchum: chi sarà mai? Un "cuore di tenebra" à la Forster, oppure semplicemente un grande attore che riesce a riprodurre nello schermo tutti gli incontri e le esperienze fatte in vita? Un'outsider "borghese", un reazionario progressista o un americano Puro? Difficile dirlo.
Nel 1962 interpreta un'altro ruolo di grande spessore, e come spesso accade attraverso un personaggio negativo: nei panni dell'ex galeotto Max Cady che uscito di prigione vuole vendicarsi sull'avvocato che lo ha fatto condannare e minaccia lui (GREGORY PECK) e tutta la famiglia, Mitchum è un mix di violenza, crudeltà, prestanza fisica e sensualità. Il film non è un capolavoro ma vale ancor oggi per l'interpretazione di Mitchum, cui un De Niro eccessivo fino allo spasimo non è riuscito nel sequel di trent'anni dopo ("CAPE FEAR" di Scorsese, dove lo stesso Mitchum interpreta ironicamente un breve ruolo) a rendere con altrettanta efficacia. Gli anni sessanta sono dopotutto i meno interessanti della carriera di Mitchum, salvo per il gustoso cameo de "I CINQUE VOLTI DELL'ASSASSINO" di Huston, la partecipazione al bellico "IL GIORNO PIÙ LUNGO", spettacolare rievocazione dello sbarco in Normandia, e soprattutto "ELDORADO", l'ultimo western di Howard Hawks. Il tentativo di misurarsi con altri generi a volte funziona ("LA FIGLIA DI RYAN" di Lean), altrove fallisce ("CERIMONIA SEGRETA" di Losey). Notevoli per altri versi alcuni film del decennio successivo: nei panni di un vecchio malavitoso ne "GLI AMICI DI EDDIE COYLE" - 1973 - o di un'ex dectetive che cerca di salvare la figlia dalle mani della mafia cinese locale in "YAKUZA". Ma il vero rilancio dell'attore dopo un cinema di serie che vanta comunque diversi aficionados, avviene nell'impensabile ruolo di Philip Marlowe. Dopo Dick Powell, HUMPHREY BOGART (di cui in un certo senso è l'erede), il bolso James Garner e l'autoironico Elliott Gould, Robert Mitchum riveste il personaggio di nuova linfa, liberandolo dall'alone romantico che lo caratterizzava, e - sempre grazie al suo proverbiale disilluso distacco e cinismo, modernizzandolo e rendendolo più duro e determinato. Negli anni successivi Mitchum ha continuato a recitare in moltissimi altri film e serial televisivi, come "GLI AMORI DI MARIA" di Konchalovsky e "NORD & SUD" (per la tv) ma l'interpretazione più toccante è indubbiamente quella nel particolarissimo western di Jim Jarmush, "DEAD MAN" (1995), nel ruolo del capo di un'officina.
Muore nel Luglio di due anni dopo, all'età di 80 anni. Non è difficile capire l'influenza e l'eredità che ha lasciato in molti attori successivi alla sua generazioni o contemporanei, da Charles Bronson a Lee Marvin, da James Coburn a Warren Oates, da Rod Steiger a Christopher Walken, da David Carradine a Bruce Dern. Cosa si puo' ancora dire di lui che non sia stato detto altrove? Diciamo che soprattutto egli è stato il principale vettore di un'idea di cinema che non scende mai a compromessi, anche a costo dellla sua disillusa e apparente apatia ambientale. Un grande "fuori dal coro".
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Biografia a cura di kowalsky - ultimo aggiornamento 09/06/2005
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