Considerato un vero mito del cinema ed uno degli ultimi divi della cosidetta vecchia Hollywood, Gregory Peck è vissuto ottantasette anni, gran parte dei quali spesi a recitare, incarnando, in quasi tutti i suoi cinquantasette film, personaggi eroici, di totale integrità morale, che lo hanno reso famoso ed amato presso il pubblico di mezzo mondo.
Bello ed elegante, alto, severo ma affabile, celebre per il sopracciglio alzato e per l'espressione dalle labbra serrate, a motivo del suo stile recitativo, sobrio ed essenziale, ha faticato un po' a convincere i critici più scettici, ma non i suoi estimatori, della bontà della sua recitazione e delle sue capacità espressive, ritenute, a torto, monotone e monocorde.
Le sue scelte professionali, spesso riflettevano le sue opinioni liberali e democratiche, che perseguiva, anche nella vita privata, battendosi, con sincera convinzione, contro l'intolleranza razziale e per i diritti civili.
Gregory Peck è nato il 5 aprile 1916, a La Jolla, piccolo villaggio balneare nei dintorni di San Diego, in California, da genitori immigrati irlandesi, che si separano quando lui ha cinque anni.
Il padre, farmacista, sparisce e la madre torna in Irlanda, non prima, però, di aver affidato il piccolo Eldred Gregory alla nonna, che lo ha allevato come un figlio.
Un'altra versione dice che, dopo essere vissuto per un po' con la nonna, venne mandato in una sorta di collegio militare cattolico il cui motto era: 'Marcia e prega', dove gli venne impartita una rigida e severa educazione religiosa.
Altri ancora dicono, che visse sempre con la madre, Berenice, morta vecchissima, nel 1993, a novantotto anni di età.
Memore della vita trascorsa in collegio, pensa dapprima di farsi prete, poi invece, si iscrive all'Università di Berkeley, per studiare medicina.
Ma curioso e desideroso di apprendere, legge di tutto, soprattutto libri di storia, politica e filosofia.
Amante del mare, entra nella squadra di canottaggio dell'università, disputando diverse gare.
Nel 1928, a New York, nel corso di una di queste, ha modo di assistere allo spettacolo teatrale 'I Married an Angel', su un palcoscenico di Broadway, rimanendone a tal punto affascinato, che decide di lasciare gli studi per tentare la via della recitazione e del teatro.
All'alba della seconda guerra mondiale, si trasferisce a New York e si iscrive al Neighborhood Playhouse, per iniziare una dura e difficile carriera teatrale, fatta di tanta gavetta e di tanti sacrifici, ma anche di tanti mestieri per mantenersi (posteggiatore in un luna park, guida al Radio City del Rockfeller Center, ecc.).
Nel 1941 ottiene la prima scrittura e debutta a Broadway con 'The Morning Star' di Emlyn Williams, meritandosi, a seguito del successo della piece, la definizione di 'nuovo idolo del teatro'.
Nell'ottobre del 1942 sposa Greta Kukkonen, una parrucchiera di scena, conosciuta durante una tournée teatrale al National Theater di Washington.
Il matrimonio, da cui nacquero tre figli, Stephen, Jonathan e Carey, andò avanti fino al 1954, quando, dopo la separazione, lei acconsentì a concedergli il divorzio.
Esonerato dal servizio militare per i postumi di un brutto incidente alla spina dorsale, viene notato dal produttore Casey Robinson che, nel 1944, lo scrittura per il ruolo del partigiano russo in lotta contro i nazisti, nel film "TAMARA, FIGLIA DELLA STEPPA", di Jacques Tourneur.
Il film non è memorabile e "la trama non era un gran che", dirà in seguito l'attore, "ma mi fruttava mille dollari a settimana, contro i quattrocento che guadagnavo in teatro".
Il regista corregge la sua recitazione, 'impostata', dandogli la prima e più importante lezione: "sii naturale, la cinepresa legge i tuoi pensieri".
Lo stesso anno gira, per il regista John Stahl, "LE CHIAVI DEL PARADISO", un melodramma dal romanzo omonimo di A.J. Cronin, che gli vale la prima nomination agli Oscar come miglior attore, in cui interpreta il ruolo di Francis Chisholm, un ragazzo orfano che, dopo aver perso la ragazza che ama, morta mentre sta dando alla luce il figlio di un altro, si fa prete missionario in Cina, dove scopre i veri valori della vita, nell'impegno verso i poveri e i derelitti.
Inizia così la serie dei personaggi eroici, avventurosi e romantici, di totale integrità morale che, salvo due o tre ruoli inquietanti e tormentati, che lo hanno turbato per paura di rendere simpatico una canaglia, porterà avanti per tutta la vita.
Dopo un altro ruolo di successo (è il rampollo del proprietario di una miniera a Pittsburg, innamorato della governante), in "LA VALLE DEL DESTINO", nel 1945 conosce Alfred Hitchcock, che lo dirige, a fianco di INGRID BERGMAN, nel thriller psicologico, ma anche melodrammatica love-story, "IO TI SALVERO'", che lo consacra divo di rango e lo proietta nel firmamento delle star hollywoodiane.
Consacrazione che si consolida con il successivo, "IL CUCCIOLO", la storia commovente di un cerbiatto, ragione di vita per un giovane contadino, ma calamità per il podere dei genitori; e soprattutto con "DUELLO AL SOLE", un western infuocato, d'amore e morte, in cui, cinico e audace, contende al fratello gentiluomo, l'amore della bellissima e focosa meticcia, Jennifer Jones.
La scena finale del duello sulle montagne tra Peck e la Jones, che prima si feriscono a morte e poi si uniscono in un ultimo, disperato abbraccio, ha commosso e incantato le platee ed è rimasta a lungo nell'immaginario collettivo, come un classico esempio di 'amour fou'.
Del 1947 sono "PASSIONE SELVAGGIA", "BARRIERA INVISIBILE" e "IL CASO PARADINE": nel primo, tratto quasi fedelmente dal racconto di Hemingway 'Breve la vita felice di Francis Macomber', è la guida del safari in Africa, che un ricco e vigliacco uomo d'affari americano ha organizzato per dimostrare alla moglie di essere 'un vero uomo'; in "BARRIERA INVISIBILE" di Elia Kazan, è un giornalista impegnato in una inchiesta sul razzismo antisemita; mentre nel thriller giudiziario "IL CASO PARADINE", torna a lavorare con Hitchcock per interpretare il ruolo di un integerrimo avvocato, che perde la testa per l'ambigua e opportunista cliente, accusata, a ragione, dell'uccisione del marito.
"CIELO GIALLO" del 48 ci mostra Gregory Peck, fuorilegge e pistolero 'buono'; mentre "IL GRANDE PECCATORE" e "CIELO DI FUOCO" del 49 ci mostrano un Peck, cupo e introverso, incarnare, nel primo, a fianco di una spendente AVA GARDNER, uno scrittore, che per riscattare una donna da un'assurda promessa di matrimonio, cade vittima (come Aleksej Ivanovic, il protagonista di 'Il giocatore' di Dostoevskij, da cui il film è liberamente tratto) del demone del gioco; mentre in "Cielo di fuoco", di Henry King, interpreta il generale Frank Savage, duro, inflessibile e tormentato comandante del 918° stormo dell'aviazione americana, durante i bombardamenti sulla Germania nazista, nel corso della 2a guerra mondiale.
Da tutti ritenuta la migliore interpretazione della sua carriera, con questo film l'attore inaugura un proficuo sodalizio artistico con Henry King, che proseguirà, nel tempo, con altre cinque pellicole di grande valore artistico.
La prima di queste è "ROMANTICO AVVENTURIERO", del 1950, un western antiretorico e problematico, in cui, impeccabile come sempre, impersona un cow boy solitario e sfortunato, perseguitato dalla fama di abile tiratore e dall'avverso destino.
A "Romantico avventuriero" segue "L'AVAMPOSTO DEGLI UOMINI PERDUTI", di Gordon Duglas, del 51, un western non eccelso, in cui interpreta il comandante di un gruppo di spostati incaricati di scortare un capo apache prigioniero; poi torna con King per girare il kolossal "DAVIDE E BETSABEA", dal celebre episodio biblico, che narra dell'amore adulterino di re Davide per la moglie di un suo ufficiale.
Sempre del 51 è "LE AVVENTURE DEL CAPITANO HORNBLOWER", di Raoul Walsh, divertente e famoso tecnicolor sulle eroiche avventure dell'invincibile capitano della marina di Sua Maestà inglese, prima contro gli spagnoli, poi contro i francesi di Napoleone.
Il regista Raoul Walsh lo vuole protagonista anche del successivo, picaresco, "IL MONDO NELLE MIE BRACCIA", un film di avventure marinaresche, in cui, innamorato di una contessa russa, è l'avventuriero che, sfidando le navi dello Zar, fa razzie di foche nel Mar di Bering.
Subito dopo le riprese, Peck torna con Henry King e interpreta, in "LE NEVI DEL KILIMANGIARO", di nuovo a fianco di AVA GARDNER, il personaggio dello scrittore morente in una tenda ai piedi della montagna africana che, come in un flashback, rivive gli episodi salienti della sua vita, dalla guerra in Spagna, al grande amore incontrato e perso a Parigi.
Nel 53 diventa famosissimo in Italia grazie a "VACANZE ROMANE", indimenticabile e romantica commedia di William Wyler, con AUDREY HEPBURN (mitica la sequenza della gita in Vespa dei due, per le strade di Roma), in cui interpreta il ruolo del giornalista Joe Bradley sull'orlo del licenziamento, che realizza uno scoop facendo coconoscere la vera città ad una principessa insofferente dell'etichetta.
Quello di "VACANZE ROMANE" è il primo ruolo 'leggero' di Peck, ed anche uno dei titoli più famosi della sua lunga filmografia, che bissa il successo anche con "IL FORESTIERO", sempre del 53, di Ronald Neame, in cui, per una scommessa, da squattrinato che era, si ritrova a possedere una banconota da un milione di sterline.
Nel 53, inoltre, mentre sta per girare "VACANZE ROMANE", viene intervistato, per France Soire, da una giornalista diciannovenne, Veronique Passani. Durante l'intervista scocca il 'colpo di fulmine' per entrambi e, poichè Peck è già in attesa del divorzio dalla prima moglie, non ha nessun rimorso a corteggiare la bella ragazza francese.
Il divorzio viene sancito nel 1954, dietro pagamento, da parte dell'attore, di un miliardo, una villa a Beverly Hills e un assegna mensile di seicento milioni e l'anno successivo, Peck e la Passani si sposano a Parigi.
Dal matrimonio, che durerà fino alla morte dell'attore, nascono due figli, Anthony e Cecilia, che tenteranno di percorrere, con poca fortuna, la stessa strada del padre.
In attesa che arrivi il divorzio, comunque, trova il tempo di girare "GENTE DI NOTTE", di Nunnally Johnson, un classico da guerra fredda; poi "PIANURA ROSSA", in cui si cimenta, con grande partecipazione, nel ruolo di un tormentato pilota canadese, durante la guerra nel sud est asiatico, che ritrova la voglia di vivere grazie all'amore per una giovane birmana.
Torna a recitare nel 56, dopo il matrimonio, raggiungendo l'apice della sua carriera e una visibile maturazione artistica, interpretando il personaggio, che più di qualsiasi altro, si identifica con lui (al punto che, una rassegna TV di suoi film, di alcuni anni fa, venne chiamata col titolo di questo film), l'americano medio, vestito di flanella grigia, mediamente onesto, mediamente vittima di angosce esistenziali, Tom Rath, in "L'UOMO DAL VESTITO GRIGIO", ancora di Nunnlly Johnson, tratto dal best seller di Sloan Wilson.
Segue, sempre nel 56, il ruolo del rude capitano Achab, impegnato nell'epica lotta contro la balena bianca, nel film, divenuto ormai un classico, "MOBY DICK", dal capolavoro di Herman Melville, per la regia di John Huston.
Dopo essere stato giornalista sportivo con problemi coniugali, in "LA DONNA DEL DESTINO" di Vincent Minnelli, Peck torna al western (e alla quarta collaborazione con King) con "BRAVADOS", in cui, con inusuale durezza, interpreta il ruolo di Jim Douglas, che perseguita i presunti assassini della moglie e, dopo averne ucciso tre, scopre che erano estranei alla vicenda, rendendosi conto, così, di essersi trasformato in fuorilegge come loro.
Ex capitano di marina a disagio nel mondo del West dominato dalla forza virile, nel drammatico "IL GRANDE PAESE" di William Wyler; presta poi il suo volto, in "ADORABILE INFEDELE", di Henry King, allo scrittore Francis Scott Fitgerald, troppo innamorato della bottiglia per poter rendere felice la giornalista inglese innamorata di lui; per tornare poi ad indossare la divisa militare in "38° PARALLELO: MISSIONE COMPIUTA", di Lewis Milestone, un antimilitarista film bellico, in cui Peck ci offre il ritratto, estremamente puntuale, di un eroico ufficiale impegnato in Corea, dubbioso dell'efficacia della guerra, di cui non comprende più nè il senso nè le motivazioni.
In "L'ULTIMA SPIAGGIA", di Stanley Kramer, un film sul post disastro nucleare, è il comandante di un sottomarino, che vive una storia d'amore senza speranza con AVA GARDNER, sopravvissuta all'olocausto atomico.
Torna a recitare nel 61, dopo un anno di pausa e interpreta, ritrovando subito il successo, il ruolo di un ufficiale componente di un commando alleato, incaricato di sabotare una postazione nazista su un'isola dell'Egeo, in "I CANNONI DI NAVARONE", di J. Lee Thompson, un kolossal bellico e spettacolare tratto dal romanzo di Alistair MacLean.
Nel successivo impegno del 62, Peck è tra gli interpreti del corale e collettivo "LA CONQUISTA DEL WEST", spettacolare epopea a episodi, diretta da John Ford, Henry Hathaway e George Marshall, di tre generazioni di una famiglia di pionieri, durante gli anni della corsa all'oro, della guerra civile, dell'avanzata della ferrovia verso il Pacifico, seguiti alla conquista dei territori del West.
Sempre nel 62, dopo cinque mancate occasioni, con "IL BUIO OLTRE LA SIEPE", di Robert Mulligan, tratto dal romanzo di Harper Lee, arriva meritatissimo il riconoscimento dell'Academy Award con l'asseganzione del premio Oscar per l'impeccabile interpretazione, resa con estrema sobrietà espressiva, dell'avvocato progressista Atticus Finch, difensore di un nero accusato dello stupro di una bianca, in una piccola cittadina del Sud, all'inizio degli anni 30.
Dopo il prestigioso riconoscimento torna con J.Lee Thompson nell'avvincente thriller "IL PROMONTORIO DELLA PAURA", in cui è lo scrupoloso avvocato Sam Browden, perseguitato insieme alla sua famiglia, dall'ex galeotto psicopatico Max Cady, magistralmente interpretato da ROBERT MITCHUM; a cui segue, in "CAPITAN NEWMAN", di David Miller, il ruolo dello psichiatra militare Leo Rosten, che, nella 2a guerra mondiale, si oppone allo zelo e all'ottuso autoritarismo dei superiori, cercando di aiutare tre soldati afflitti da gravi problemi mentali.
Fred Zinneman, nel 64, lo dirige nel drammatico "...E VENNE IL GIORNO DELLA VENDETTA", che racconta una storia di odi e di eroismi, nella Spagna franchista, vent'anni dopo la guerra civile; poi tocca a Edward Dmytryk, nel thriller psicologico "MIRAGE", fargli interpretare il ruolo di un uomo affetto da amnesia, che si crede autore di omicidio.
Nel 66 Stanley Donen lo affianca a Sofia Loren nello spionistico "ARABESQUE" e nel 67 viene eletto Presidente dell'Academy of Motion Pictures Arts and Science, carica che conserverà fino al 1970.
La fine degli anni 60 trova l'attore impegnato nel western fordiano "LA NOTTE DELL'AGGUATO", di Robert Mulligan, dove fa la guida che riconduce a casa una donna bianca e suo figlio, prigioniera per dieci anni degli Apache, inseguiti dall'indiano padre del bambino, che cerca di riappropriarsi della sua donna.
Incappa poi nel clamoroso flop di "L'ORO DI MACKENNA", impropabile e prolisso western, che contribuì al declino del genere; e miglior sorte non ottiene il successivo, spionistico, "LA LUNGA OMBRA GIALLA", entrambi di J. Lee Thompson.
Un altro mezzo insuccesso lo ottiene anche con il fantascientifico "ABBANDONATI NELLO SPAZIO", di John Sturges, sul recupero di una navicella spaziale con tre astronauti a bordo, bloccati nello spazio.
Si riscatta immediatamente dopo e torna al successo con il film di John Frankenheimer "UN UOMO SENZA SCAMPO", che affronta l'eterno tema del vecchio che perde la dignità per una giovane, in cui Peck interpreta la sceriffo di una piccola comunità rurale, che si innamora della giovane e disinibita figlia di un contrabbandiere e, credendola sincera, chiude gli occhi sui loschi affari del padre.
Ma, "IL SENTIERO DI RIO GRANDE" di Henry Hathaway e "LA MIA PISTOLA PER BILLY" di Ted Kotcheff, sembrano fargli imboccare la via del senile tramonto, confinandolo in ruoli di vecchio e disilluso cowboy.
Tramonto acuito e reso ancora più amaro, dal dolore per la morte del figlio maggiore Jonathan, giornalista televisivo, suicidatosi nel 1975 per cause rimaste sconosciute, e non certo attribuibili al padre, anche se, in seguito l'attore si è colpevolizzato per non essere stato abbastanza vicino, come avrebbe voluto, a questo figlio, che, probabilmente, aveva maggiore bisogno della figura paterna.
Ma la voglia di vivere e la forte grinta professionale lo portano ad assopire il dolore e a trovare nuovi stimoli e nuove motivazioni, tornando alla ribalta, a sessanta anni, con il genere horror, genere che non aveva mai frequentato.
"IL PRESAGIO", di Richard Donner, diventa il capostipite di una serie di pellicole su Damien, l'anticristo profetizzato dall'Apocalisse, che avrà, negli anni, tre sequel di medio successo.
Il ruolo del generale MacArthur, eroe della seconda guerra mondiale e protagonista di quella in Corea, in "MACARTHUR, GENERALE RIBELLE", di Joseph Sargent, un kolossal bellico ambizioso ma retorico, poco aggiunge alla sua agiografia artistica; ma il successivo "I RAGAZZI VENUTI DAL BRASILE", di Franklin Shaffer, in cui duetta con Lawrence Olivier, valorizza le sue doti artistiche e il suo carisma, perchè gli dà l'opportunità di una superba prova di bravura, ma anche qualche sprazzo di gigioneria, con il ruolo (il primo davvero da cattivo) del nazista dott. Mengele, impegnato, attraveso manipolazioni genetiche, a creare una nuova razza di perfetti hitleriani.
Negli anni successivi, progressivamente comincia a diradare gli impegni, ma non rinuncia ad alcune esibizioni più o meno importanti, come quella che offre in "L'OCA SELVAGGIA COLPISCE ANCORA" di Andrew McLaglen, del 1980, su un gruppo di reduci della prima guerra mondiale, richiamati in servizio, nella seconda, con la missione di eliminare un sottomarino tedesco nelle acque dell'Oceano Indiano; oppure in "LA PROTESTA DEL SILENZIO", 1987, di Mike Newell, sulla protesta silenziosa di un ragazzino dodicenne contro il nucleare, che finisce col coinvolgere un intero paese e la squadra di baseball in cui gioca; oppure ancora in "OLD GRINGO", 1989, di Luis Puenzo, dal romanzo omonimo di Carlos Fuente, che narra la storia dello scrittore Ambrose Bierce e di un'inquieta maestra americana, che incrociano i loro destini nel Messico della rivoluzione di Pancho Villa.
Dal 1982, inoltre, accanto alla ridotta attività cinematografica, affianca quella televisiva, apparendo in alcuni serial, documentari e film TV.
Da ricordare le sue ultime interpretazioni, come quella del vecchio industriale in "I SOLDI DEGLI ALTRI", di Norman Jewison; o il cameo in "IL PROMONTORIO DELLA PAURA", di Martin Scorsese, entrambi del 91, remake dell'omonimo film di J. Lee Thompson del 62, in cui interpreta il ruolo dell'avvocato difensore di Max Cady, lo psicopatico che nell'originale perseguitava l'avvocato Browden, interpretato dallo stesso Peck.
E' questa la pellicola con cui il longevo attore si congeda dal suo pubblico, anche se, in realtà, continuerà ancora a lavorare per la Tv, fino al 1998, anno in cui rincontra, trentadue anni dopo, la balena bianca di MOBY DICK, in una riduzione televisiva del famoso film di John Huston.
Il 12 giugno del 2003, all'età di ottantasette anni, si spegne nel sonno, per vecchiaia, accanto alla moglie Veronique.
Nel marzo del 1989 l'American Film Institute gli ha assegnato il premio 'Una vita per il cinema', mentre il suo personaggio dell'avvocato antirazzista di "IL BUIO OLTRE LA SIEPE" è stato dichiarato 'Il più grande eroe della storia del cinema USA'.
Il suo più grande rimpianto è stato quello di aver rifiutato il ruolo di protagonista in "Mezzogiorno di fuoco", andato poi a Gary Cooper, mentre quello più difficile è stato quello del capitano Achab in "MOBY DICK", quando ha rischiato di morire, nella famosa scena della battaglia, a cavallo del mostro. C'era la nebbia, si ruppero gli ormeggi che tenevano ancorato il cetaceo di caucciù e l'attore rimase per venti lunghissimi minuti in balia delle onde, prima di venir ripescato, nelle gelide e agitate acque del mare d'Irlanda.
A chi gli chiedeva qual era stata l'attrice più bella con cui aveva lavorato, rispondeva che non l'avrebbe mai detto, perchè non voleva dispiacerne nessuna; delle rivalità con gli altri attori, ricordava solo quella con John Wyne, che non sopportava rivali sullo schermo, ma con il quale aveva ottimi rapporti in privato.
Interrogato su come abbia fatto a restare un divo per più di cinquanta anni, rispondeva: "Lavorando ogni giorno, con costanza e umiltà, senza dimenticare mai i veri valori, la famiglia e la sicurezza di aver svolto bene il proprio compito".
Fervente democratico e convinto sostenitore del Presidente Clinton, si racconta che, quando fu assassinato John Kennedy, Lyndon Johnson lo convocò per invitarlo a presentare la sua candidatura come senatore del Partito Democratico, ma Peck rifiutò e quando, qualche anno dopo, quando fu eletto il 'collega' Ronald Regan' lui commentò così: 'I presidenti passano, gli attori, quelli bravi, restano', a sottolineare la pochezza recitativa di Regan, della cui traccia, come attore, è rimasto ben poco.
Estremamente generoso, aveva il culto dell'amicizia: quando AVA GARDNER morì si prese cura della sua cameriera e del suo cane.
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Biografia a cura di Mimmot - ultimo aggiornamento 07/06/2005
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