Dopo essere stato rapito da un assassino di bambini e rinchiuso in un seminterrato insonorizzato, un ragazzo di 13 anni inizia a ricevere chiamate su un telefono disconnesso dalle precedenti vittime dell'assassino
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Abbandonata la Marvel Cinematic Universe con il poco riuscito primo capitolo dedicato al Doctor Strange, Derrickson ritorna nel suo campo più congeniale in accoppiata con la Blumhouse che è quasi sempre una garanzia. "The Black Phone" tratto da un racconto del figlio di Stephen King, è un film ambizioso che mescola vari generi, riuscendo ad intrattenere lo spettatore fino all'epilogo della vicenda. L'ambientazione fine anni settanta con ottima ricostruzione dell'epoca sempre più abusata ai nostri giorni da quel tocco malsano in più alla trama del film con il misterioso rapitore di ragazzi adolescenti, furgone nero da prestigiatore e palloncini neri compresi. Il senso claustrofobico all'interno della stanza dove Finney l'ultima vittima è rinchiusa, il singolare telefono nero non funzionante appeso al muro, la terribile maschera indossata dal serial killer sono tutti elementi funzionali alle finalità della pellicola, creare angoscia e tensione. Avrei dedicato maggiore approfondimeno alla figura del "Rapace", interpretato da Ethan Hawke che recita per quasi tutto il film con la maschera. La parte sovrannaturale con i sogni psichici della sorella minore del ragazzo protagonista ed i suoi colloqui telefonici con gli altri ragazzi scomparsi sono prettamente Kinghiani.