blue regia di Derek Jarman Gran Bretagna 1993
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blue (1993)

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locandina del film BLUE

Titolo Originale: BLUE

RegiaDerek Jarman

Interpreti: -

Durata: h 1.16
NazionalitàGran Bretagna 1993
Generedrammatico
Al cinema nel Luglio 1993

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Trama del film Blue

Il regista inglese Derek Jarman, (Wittgenstein) ammalato di Aids, racconta il proprio dramma. Mentre parla, lo schermo resta costantemente virato in blu, di un particolare tipo di blu come quello utilizzato dal pittore Yves Klein, amico del regista, perché, come disse Jarman, "Il virus è invisibile, solo i suoi effetti sono visibili". Allo schermo blu si associa la voce del regista, alcuni rumori domestici (la lavatrice, il frigorifero) e la musica di Simon Fisher Turner.

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Voto Visitatori:   6,70 / 10 (10 voti)6,70Grafico
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Voti e commenti su Blue, 10 opinioni inserite

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Filman  @  19/06/2023 12:07:59
   8 / 10
L'idea dell'arte inclusiva assolve anche il compito di raccontare la percezione più particolare, ovvero provare a trasmettere a chi non vive o prova qualcosa quel qualcosa. BLUE è lo straziante epilogo, incredibilmente lucido e attento, di un autore che ha affrontato per tutta la sua carriera il tema dello stile e del linguaggio, dimostrando qui che può essere qualcosa di oltre alla semplice arbitraria forma, come per chi, disgraziatamente, soffra di un male come la cecità. Derek Jarman vince la sua sfida personale con un film struggente e potente, particolarissimo, di buon ritmo e ottime musiche, dato alla luce come qualcosa che andava fatto aldilà della definizione stessa di film.

Kit Carson  @  30/11/2013 01:25:34
   8 / 10
Una esperienza più che un film. Arte e vita, genio e dolore. Le riflessioni di Jarman su vari temi nel suo testamento filmico. Non va visto, va vissuto, ad occhi chiusi.

Guy Picciotto  @  06/08/2013 12:36:21
   6 / 10
vera e propria bara visivo-sonora, un vero e proprio monocromo che tutto sommato riprende la lezione di Schifano per farla esplodere ancora più in alto impedendoci di capire effettivamente che cosa stiamo vedendo/ udendo: veniamo trascinati nel classico buco nero e non siamo più noi.

Ci sembra come divorati da decine di chitarre elettriche completamente in rosso (blu) proprio come accadeva in loveless dei My Bloody Valentine, feedback implosi/esplosi in mille fumi tossici:, tessiture acide che dissolvono la materia ed evocano spettri gotici ed ineffabili conflitti cosmici.

Woodman  @  25/06/2013 13:31:49
   10 / 10
Spingersi sempre più lontano e sapere sempre meno.
Col sangue della sensibilità, di colore blu.
Nel pandemonio dell'immagine vi offro il blu universale. BLU: una porta aperta sull'anima, una possibilità infinita che diventa tangibile.

Esperimento straordinario, che non può essere dimenticato. Discutibile finché si vuole, controverso, attaccabile su più punti ma innegabilmente magnetico, opprimente, straziante, disarmante. Come molti lo hanno definito è il testamento cinematografico di Derek Jarman, autore unico, provocante, dannato e impavido. Eccoci di fronte alle porte del romanticismo moderno, 70 minuti di suoni, parole e tentativi di parlare, bozzetti, rimarcature, tentativi di rievocare, musiche e effetti sonori urbani, naturali, futuristici, sognanti, disperati, malinconici. Malinconia, ecco. La malinconia che ognuno di noi possiede può essere un valore aggiunto a quest'opera conturbante e solenne. Jarman avrà sicuramente capito, empiricamente, quanto si rivela inutile la parola, quanto troppo profondi siamo noi esseri umani, quanto non esista alcuna vera, autentica conoscenza fra gli uomini, la solitudine, l'amara contentezza, la rassegnazione, il desiderio, poi la carne, il corpo, il sesso più spinto, l'amore (?), la morte. E quel sognante, indimenticabile momento nella sala dell'ospedale in cui "Jean Cocteau" gli sorride, sotto il dramma in musica per eccellenza della prima delle Gnossiennesdi Erik Satie, cos'è se non pura estasi metacinematografica, uno spazio unico, lasciato alla nostra immaginazione luminosa, mentre predomina il blu della malinconia?
Jarman in prima persona ci parla. Parla lui, di lui, come vuole lui.
Buona la versione italiana. Doppiaggio sommesso efficace ma rimane preferibile la versione originale.
Disarmante.

paride_86  @  11/10/2010 21:20:40
   9 / 10
Ci si può emozionare al punto di passare più di un'ora sul punto di piangere guardando un film monocromatico? Ebbene sì, grazie a Derek Jarman, regista sperimentale che concepisce il film come un'opera cinematografica e non come un prodotto.
"Blue" è una pellicola prettamente autobiografica e, al tempo stesso, una fotografia vivida e dolorosa della condizione umana del malato di AIDS.
Credo che la scelta di mantenere il video blu per tutta la durata del film sia stata veramente azzeccata: stimola l'immaginazione e, paradossalmente, coinvolge più di un film con le immagini.
Uno dei risultati più alti di Jarman.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR williamdollace  @  28/04/2010 13:35:56
   8 / 10
“che bisogno c’è di tante notizie dall’estero quando tutto ciò che riguarda la vita e la morte viene trattato e agisce dentro di me?” blue, derek jarman

posologie di decomposizione vivente in forma di testamento, un lungo cammino infarcito di decine di pillole e flebo quotidiani nell’attesa della morte, morte che è già stata scorta, fissata, nel ricordo dei fantasmi degli amici già morti, la quasi completa cecità dovuta al distacco della retina, la presa di coscienza lirica di un fato/fatale. Una lotta sessuale di affermazione di una coscienza e di un’esistenza stessa, dello stato di uomo ed essere umano, mentre la riflessione si espande in lampi slang di eccezionale effetto. Suoni addomesticati sparati e domestici assumono il ruolo di un muro sonoro di dimensione quotidiana, accogliendo il tintinnio regale e moribondo di una resa fiera e dolorosa in cui il colore del destino è uno solo, il blue, non negazione dell’immagine, ma scelta scenografica per l’approssimarsi di una fine senza titoli di coda e crediti.

Gruppo COLLABORATORI atticus  @  08/10/2009 21:21:56
   5½ / 10
Difficile commentare un film del genere. Lo schermo blu ipnotico e una voce off alternata che parla a ruota libera di vita, amore, morte, felicità, tristezza, gioia, rancore... Abbastanza strano. In ogni caso indimenticabile, nel bene e nel male. Voto simbolico.

DarkRareMirko  @  09/04/2009 18:56:34
   7½ / 10
Non son proprio d'accordo con gli altri 2 commenti presenti, seppur ben spiegati e tutto sommato un pò comprensibili; questo film è l'urlo di dolore di un non vedente malato di Aids, realizzato davvero ad hoc riguardo alle musiche.

Come esperimento monocromatico è discutibile quanto si vuole (incluse frecciatine relative ad un determinato volere di far parlare di sè), certo, ma comunque non ci si trova di fronte ad un film noioso.

Certi dialoghi poi sono molto poetici.

Un film da vedere 1 volta, si, ma è una visione che serve, assolutamente.

Tra le voci originali, anche quella del premio Oscar Tilda Swinton (Michael Clayton, Burn after reading) e, ovviamente, quella di Derek Jarman.

Gruppo COLLABORATORI Hal Dullea  @  11/08/2008 11:14:46
   1½ / 10
"Il regista inglese Derek Jarman, (Wittgenstein) ammalato di Aids, racconta il proprio dramma." Quale dramma? Il regista ci tiene a dire per tutto il tempo che il dazio finale non lo fa pentire di nulla, a lui va bene così, se l'è gustata, goduta, spassata, quindi per lui ne è valsa letteralmente la pena. Va ringraziato per averci risparmiato, almeno questa volta, i "tableaux vivants" caravaggeschi. Qui, per fortuna, l'unica cosa rimasta quasi viva è il chiacchiericcio della voce off.

Mauro Lanari

8 risposte al commento
Ultima risposta 30/10/2008 18.24.22
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Lory_noir  @  13/10/2007 21:55:25
   3½ / 10
Mi disp! Ma pur avendo visto qst film con tutta la buona volontà che potevo predisporre nell'animo, sapendo già che sarebbe stato abbastanza pensante vedere 1 ora e qualche minuti di schermo blu, nn riesco a mettere un voto lontanamente positivo perchè, benchè la prima mezz'ora si sopporta e si riesce a collegare le parole tra di loro, a dare un senso ai suoni, a cercare una minima emozione in quella voce anche un pò robotica, la seconda mezz'ora è un susseguirsi di parole di cui ho udito frasi ad intermittenza e che pur sfonrzandomi di contestualizzare con la malattia del regista mi sembravano disconnesse tra di loro fino a portarmi alla noia e al panico più profondo.

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