il settimo continente regia di Michael Haneke Austria 1989
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il settimo continente (1989)

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locandina del film IL SETTIMO CONTINENTE

Titolo Originale: DER SIEBENTE KONTINENT

RegiaMichael Haneke

InterpretiBirgit Doll, Dieter Berner, Leni Tanzer, Udo Samel

Durata: h 1.51
NazionalitàAustria 1989
Generedrammatico
Al cinema nel Gennaio 1989

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Trama del film Il settimo continente

Il film narra tre anni della storia di Georg, di sua moglie Anna e della figlia Eva. Essi conducono una vita in apparenza tranquilla, ma quando la piccola Eva finge di non riuscire più a vedere scoppiano tutte le aggressività fino a quel momento rimaste latenti, e qualcosa di strano comincia ad affiorare: il desiderio nostalgico del settimo continente. Un manifesto con il mare e una spiaggia sconfinata promette il paradiso sulla terra. La scritta dice: "Benvenuti in Australia". Anna e Georg ritirano tutto il denaro che hanno e chiudono il conto. Ai propri genitori dicono che hanno l'intenzione di andare in vacanza. Invece si rinchiudono in casa con Eva e...

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Voto Visitatori:   8,15 / 10 (13 voti)8,15Grafico
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Voti e commenti su Il settimo continente, 13 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

stratoZ  @  23/01/2025 12:31:36
   8 / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Gran bell'esordio di Haneke, con un film che contiene in nuce le tematiche che approfondirà coerentemente nella sua filmografia ed anticipa quello che sarà il suo stile freddo, cinico e nichilista, prendendo già di mira la famiglia borghese, senza fronzoli e con una crudezza unica, certo, ancora c'è qualche dettaglio che risulta un po' grezzo, ma probabilmente rende il tutto più spontaneo e affascinante, l'autore divide la narrazione in tre capitoli che rappresentano tre anni di vita di una famiglia benestante tedesca, la classica famigliola apparentemente senza problemi e con una vita agiata, fin da subito mostrando una stantia quotidianità in cui i gesti sembrano essere ripetuti come in loop, ma già dall'inizio la componente stilistica risulta straordinaria, tramite una grandiosa regia ed un montaggio efficacissimo nel trasmettere quel senso di distacco l'autore si limita a mostrare dettagli, andando raramente sui primi piani, non vuole catturare le emozioni dei personaggi in sé, quanto tramite il decoupage degli spazi in cui vive la famiglia, mostrare una certa apatia, tra tavole imbandite di cibo che non consumeranno mai e diversi episodi dubbi, in cui l'autore non si prende la briga di dare una spiegazione, lasciando allo spettatore una grande libertà di manovra sulle motivazioni di quanto accaduto, partendo dalla figlia che un giorno a scuola decide di fingersi cieca, probabilmente un'estrema reazione all'indifferenza dei genitori che nella loro apatia sembrano continuamente trascurarla, cercando di soddisfare il suo bisogno di attenzioni in un modo che sfonda l'etica borghese, sfociando quasi nel macabro o comunque politicamente scorretto, almeno dal loro punto di vista.

Col procedere della durata, il film mostra il progressivo disfacimento della famiglia assieme a tutti i valori che si porta dietro, in realtà questi valori sono più sotto un punto di vista materialistico, parliamo di capitale e a tal proposito, da molto fastidio allo spettatore la scena delle banconote, frutto di sforzi e sacrifici, gettate nel gabinetto, in una sequenza emblematica di quello che starà per succedere, con la famigliola, e indirettamente direi anche il regista, che detona violentemente sui beni materiali di cui è arredata la casa, dalle varie cassettiere, quadri, elettrodomestici, il lavoro di una vita, in costante ricerca del benessere, che viene fatto saltare in aria in un tempo relativamente stretto, ma è ammirevole la perizia stilistica della sequenza, che procede con un andamento costante nella sua lunghezza e ripetitività che può ricordare la prima parte del film, con però un disfacimento che è molto più rapido della costruzione, lo stesso tempo che ci vuole per un pesce per morire fuori dall'acqua - tra l'altro, scena parecchio disturbante - un'autodistruzione apparentemente immotivata, a cui nessuno sembra poter dare una spiegazione, un sogno, quello dell'Australia, che va ad infrangersi e diventa un pretesto per farla finita.

Grande esordio e primo capitolo della cosiddetta trilogia della glaciazione, termine direi adattissimo data la freddezza e il pessimismo di fondo di queste opere, Haneke svilupperà ancora meglio la sua poetica nelle opere successive, ma questo è già un punto di partenza di grande valore.

Goldust  @  09/09/2022 17:49:12
   7½ / 10
Opera prime di un regista che farà sempre più discutere e che in questa occasione serve allo spettatore su di un piatto gelido una tragedia famigliare fatta di incomunicabilità e disagio interiore. Spiazzante ed a tratti volutamente ripugnante, ma anche tristemente vero nel suo terribile messaggio di catatonia e morte, è un film che centra agevolmente il proprio bersaglio: non farsi dimenticare facilmente. Certo la visione non è delle più semplici.

zerimor  @  30/05/2021 15:44:36
   8 / 10
"Il settimo continente" può essere diviso in due parti. La prima caratterizzata da un passo lento, quasi stagnante, di graduale presa di "consapevolezza" e lungo preludio a ciò che sta per accadere.
La seconda implacabile e spietata che sopraggiunge come un gancio nello stomaco di quelli che non si scordano facilmente. Le ultime scene sono a dir poco traumatizzanti.
Nota di merito per la regia grandiosa di Haneke.

EddieVedder70  @  17/01/2018 21:03:08
   8 / 10
opera prima del già maturo Haneke e già "manifesto" di quello che, probabilmente con maggior sapienza ed arte, realizzerà fino ad oggi. 3 tempi, 3 giorni (di 3 anni diversi) per raccontare una famiglia borghese tradizionale (marito, moglie e figlia) apparentemente modello. Una famiglia come altre dove c'è, forse, solo troppo silenzio. Film lento, ripetitivo, forse noioso, almeno fino .... all'evoluzione. Evoluzione brutale, tremenda ma non inaspettata. Haneke è cattivo, capace come pochi di sviscerare l'animo umano, unico nel raccontare con il nulla la potenza e la cattiveria dei gesti. Film che ti lacera, alla luce del finale anche tutto il resto trova la sua collocazione, la sua ragione. Non c'è spazio per la lacrima, manca il fiato (ma c'è il "rantolo" che non dimentichi) e alla fine rimane scoramento, tristezza. Qualcuno alla fine della visione, per reazione, proverà piacere per la vita perchè la morte è brutta, brutta e ....(brutta). Haneke ha solo affinato la tecnica, ma aveva già in testa tutto. Regista che si fa odiare e proprio per questo quasi lo si ama.

Danae77  @  03/07/2015 18:26:37
   9 / 10
Grandissimo regista, capace di proporre tematiche da pugno nello stomaco con una freddezza glaciale che ti inchioda. Film dall'epilogo tutt'altro che scontato, ma quando lo comprendi, è come scontrarsi contro un muro di cemento. Senza parole.

sottopressione  @  02/07/2015 16:28:59
   9 / 10
PEr finire la filmografia di Haneke mi mancavano il suo primo suo, questo, e il Castello. Cominciamo dall'esordio.
Tremendo. Uno shock perenne. Disperazione senza limiti.
E tutto ciò che avviene nel film non ci viene spiegato, Haneke non intede farlo perchè il solo spiegare significherebbe rassicurare lo spettatore.
Solo immagini e gesti frammentati, insipegati ed insipiegabili, che si pongono come allegoria del male di vivere del nichilismo che ci portiamo dentro. Noia e nausea per la vita.
Prima mezzora da tutto liscio, da tutto va bene, ma è dominata dalla menzogna. La bambina mente a scuola. E quella è la spia che scatena tutto.
Ultima mezzora durissima, devastante da pugni in serie nello stomaco.
La scena dei pesci e quella dei soldi, cult.
L'Haneke dell'esordio è già lo stesso che ritroveremo nei capolavori concepiti 20 anni dopo. Regista glaciale e grandioso.
Brividi e fitte allo stomaco

Gruppo COLLABORATORI SENIOR jack_torrence  @  19/08/2014 14:44:54
   9 / 10
Haneke comincia da dove Bresson ha lasciato. L'argent.
Sei anni dopo "L'argent", ultimo film di Bresson, Haneke inizia la sua opera cinematografica con una maturità impressionante, per quanto estremamente in debito verso lo stile del maestro francese. Minimalismo, frammentazione dei gesti e dei corpi, dettagli stretti su mani e parti del corpo che non siano i volti: così inizia (e in larga parte prosegue) "Il settimo continente".
E' un film-manifesto. I capolavori di Haneke di 20 anni più tardi possiedono una sensibilità umana e una profondità di inquietudine più fine, ma sostanzialmente Haneke (che ha iniziato il suo cinema in piena maturità anche anagrafica) non si è mai mosso da qua.
Turbare il pubblico (occidentale, ricco) mettendolo di fronte a gesti inspiegati e inspiegabili, che proprio per la loro assolutezza e indefinibilità si pongono immediatamente come allegorie angosciose del male di vivere, del nichilismo che ci portiamo dentro.
La frammentazione della messa in scena scaturisce forse dalla frammentazione sociale: la società atomizzata, la noia se non il rifiuto dell'altro, del vicino, sono in ultima essenza schifo di noi, noia, nausea della vita per quello che è.
C'è poco altro ed è pericoloso spiegare ciò cui Haneke non intende e non vuole fornire spiegazione alcuna. Perché spiegare è già rassicurare.
C'è però l'insistenza sui soldi, sull'argent, motore insensato della civilizzazione, la cui distruzione è un tabù (Haneke dichiara che la scena della distruzione dei soldi è stata la più scioccante per il pubblico). Eppure la distruzione dei soldi significa proprio il rifiuto di ciò per cui viviamo e intorno a cui tutto è costruito. Rifiuto di una divinità, dunque.
Poi c'è quell'acquario, claustrofobica metafora ovviamente, la cui distruzione sarà causa di dolore per la bambina: una traccia pre-postuma di spiritualità, di resistenza di qualcos'altro che non sia la materialità, ripetitività, alienazione della vita, e il disgusto che ne è conseguito.
Poi c'è l'autolavaggio. All'interno dell'abitacolo durante il secondo autolavaggio della pellicola, piange la madre/moglie e da lì inzia la fine. L'abitacolo come caustrofobico rifugio a una minaccia esterna, che pure non è altro che nitore e pulizia.
Puliti fuori, abissalmente oscuri dentro: in ciò Haneke denuncia la propria appartenenza alla cultura tedesca. A una cultura in cui si è fuori sepolcri imbiancati, dentro putridi. La menzogna, dunque. Del nitore pubblico.
La prima menzogna che ci raccontiamo è che tutto va bene, che la vita così com'è ci piace.
La menzogna sorregge tutto. La bambina mente a scuola. E quella è la prima spia che si accende nel film.
Il settimo continente è il continente che non c'è: è utopia di un altrove impossibile. Forse è la morte. (Interpretazioni che Haneke non impedisce, ma verso cui nemmeno ci costringe).

Ciaby  @  14/12/2013 18:57:34
   10 / 10
Il capolavoro di Haneke ed uno dei miei film preferiti in assoluto. Mai mi era capitato di sentirmi così dopo un film: uno shock perenne. Atterrito di fronte a tanta disperazione.
Devastante.

TheLegend  @  02/09/2012 17:40:16
   6 / 10
Un Haneke ancora acerbo crea un film difficile da digerire,molto dilatato e con pochissimi dialoghi.
Un abbozzo del suo cinema che in futuro regalerà sicuramente di meglio.

sweetyy  @  08/02/2012 02:51:27
   8 / 10
Un altro gran bel film di Haneke, un'opera insolita, distruttiva...angosciante dall'inizio alla fine. L'ultima mezz'ora fa stare davvero male.
Un film che non si dimentica facilmente.

lupin 3  @  04/02/2012 14:18:15
   8½ / 10
BlackNight90  @  18/02/2010 17:39:11
   7½ / 10
Primo lungometraggio di Haneke, subito un filmone.
Primo capitolo della cosidetta trilogia della glaciazione (un nome che è tutto un programma), un film che, nonostante non ci sia violenza fisica, è duro da digerire (ad es. la scena dei risparmi buttati nel cesso) e senza il minimo compiacimento da parte del regista austriaco.
Con quella regia asciutta e lenta, Haneke mostra il graduale e sistematico auto-annientamento di un famiglia borghese, una liberazione totale e catartica dalle inutilità materiali, causata dalla vista di un cartello pubblicitario sull'Australia: come in un racconto di Pirandello, un 'improvvisa epifania.
Ma la via di fuga non c'è: il settimo continente è il Nulla, è la morte.
Grande film, abbozzo di una futura grandezza.

1 risposta al commento
Ultima risposta 17/02/2011 17.10.11
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DarkRareMirko  @  22/10/2008 20:18:53
   7½ / 10
Se nella seconda e terza parte della trilogia della glaciazione di Haneke, erano rispettivamente i temi della violenza e della potenza della televisione a farla da padroni, qui, in questa overture di questa trilogia, ci si sofferma su un altro dei temi cari del regista (che tornerà anche nei suoi due Funny Games, ad esempio), ossia la critica verso la borghesia.


Quest'ultima viene difatti rappresentata come incapace di reagire, ottusa, egoista, falsa.
Ed il film narra paraticamente di un suicidio di una tipica famiglia borghese.


Questo Il settimo continente è un film molto duro, molto particolare, molto strano e, permettetemi di dirlo, molto riuscito.
In questo caso la (sempre ottima) regia di Haneke è un pelino meno distaccata, visto che si sbilancia a dare evidenti giudizi sulla famiglia che stà filmando.
Gli attori sono buoni inoltre, e la sceneggiatura e la vicenda sono come al solito molto curate.


Forse il più riflessivo dei tre film appartenenti alla trilogia (ed il migliore dopo 71 frammenti di una cronologia del caso), dal momento che non ci sono esattamente scene di vera violenza (ma gli effetti di critica sono praticamente profondi esattamente come negli altri 2 film).


Straconsigliato.

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