il vampiro (1932) regia di Carl Theodor Dreyer Francia, Germania 1932
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il vampiro (1932)

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locandina del film IL VAMPIRO (1932)

Titolo Originale: VAMPYR, L'ETRANGE AVENTURE DE DAVID GRAY

RegiaCarl Theodor Dreyer

InterpretiJulian West, Henriette Gérard, Jan Hieronimko, Maurice Schutz

Durata: h 1.10
NazionalitàFrancia, Germania 1932
Generehorror
Al cinema nel Settembre 1932

•  Altri film di Carl Theodor Dreyer

Trama del film Il vampiro (1932)

Attraverso un libro sul vampirismo David Gray sconfigge una setta di non-morti.

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Voto Visitatori:   8,34 / 10 (32 voti)8,34Grafico
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Voti e commenti su Il vampiro (1932), 32 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

zerimor  @  08/09/2024 17:32:48
   8½ / 10
Un film visionario oltre ogni dire. Pervaso da una coltre eterea in un'oscillazione tra reale e onirico. Nonostate i 70 minuti circa il ritmo è lento, ma ciò non pesa grazie ad una serie interminabile di inquadrature ipnotizzanti.
Peccato per una trama molto evanescente sulla figura del vampiro che non mi ha "sconvolto" più di tanto ma che ho comunque apprezzato per l'unicità.
Perfetto il lavoro di Dreyer alla macchina da presa.

Jumpy  @  10/12/2023 13:01:42
   9 / 10
Visto nella sua più recente versione restaurata di 75 minuti (mi sembra di ricordare).
Nonostante sia un film di quasi un secolo fa, nel periodo di transizione tra il muto ed il dialogato (ed infatti ci son alcuni dialoghi, ma in prevalenza ci son didascalie in tedesco e voci fuori campo), ha un impatto visivo potentissimo... tra surrealismo ed espressionismo con una cura particolare dei dettagli, dei chiaroscuri, del taglio delle inquadrature.
E' un lavoro interpretabile a più livelli

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Film imperdibile per il valore storico ed artistico.

Thorondir  @  30/04/2023 23:13:56
   9½ / 10
Incubo kafkiano ad occhi aperti (e chiusi) per un film in cui Dreyer mostra una lunga sequela di invenzioni registiche e di immagini significative e significanti: dall'utilizzo della luce a quello delle ombre (che spesso riempiono spazi vuoti), dai dettagli di oggetti alle allusioni visive, dai primissimi piani (non a caso è il regista di Giovanna D'Arco) alla soggettiva del vampiro nella bara, dagli improvvisi squarci naturalistici degli esterni ai lugubri tagli geometrici degli interni, "Vampyr" è opera di maestria immaginifica e sensazionale (perché sui sensi dello spettatore va a lavorare), è testo stratificato e sognante, è capolavoro visivo e concettuale sull'orrore del sogno e quello della vista.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Edgar Allan Poe  @  21/01/2022 18:58:22
   8½ / 10
Sebbene abbia avuto la fortuna di vederlo al cinema, la copia trasmessa non era in realtà un granché. Ciononostante, stiamo parlando di un grande film (cosa che non stupisce, trattandosi di una delle opere più famose di Dreyer), maestoso sotto tutti i punti di vista, e con un finale che mi è rimasto impresso, nonostante sia passato molto tempo da quando l'ho visto. Poco altro da dire, per questo storico film.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  24/07/2019 13:36:58
   9 / 10
Dreyer ha un talento visivo impressionante che mi colpisce sempre, stavolta messo a disposizione per girare uno strano horror sul vampirismo. Una storia che si discosta da quella classica raccontata da Bram Stoker prima e dal "Nosferatu" di Murnau dopo ma che, ho letto, prende spunto da alcuni appunti di Fanu.
Il protagonista vive un vero e proprio incubo con apparizioni di personaggi strani e strani moniti provenire da un manoscritto.
In particolare la sequenza in sogettiva dall'interno della tomba è qualcosa di strepitoso anche pensando ai tempi in cui venne immaginata. Quella splendida scena vale da sola la visione.
Un film praticamente muto dove i pochi dialoghi sono quasi ininfluenti ma dove le immagini contano tantissimo.
La violenza esplicita è stata censurata ma non è possibile eliminare l'effetto di paura e tensione che ti lascia la pellicola...ancora piu' del film di Murnau.

kafka62  @  20/01/2018 12:00:23
   9½ / 10
Fin dalle prime inquadrature, straordinariamente evocative e stranianti, Il vampiro ha la forma inconfondibile di un sogno. La figura di David Gray, che giunge nottetempo, senza alcun motivo apparente, a una solitaria locanda, sembra infatti vagare in una no man's land che ha la brumosa indefinitezza e la spettrale fantasmaticità del territorio dell'inconscio. Presenze inquietanti e misteriose (il mietitore con il cappellaccio e la falce, il vecchio con il viso deforme), oggetti quotidiani che si caricano di valenze arcane (l'insegna della locanda, il quadro appeso nella stanza di David), inspiegabili visite notturne: siamo, lo si è capito, in pieno clima kafkiano, come è dimostrato anche dalla atemporalità della vicenda, dalla passività del protagonista (che, a parte la liberazione di Gisèle, è costantemente "agito" dagli eventi) e dalla sensazione che ciò che vediamo scorrere sullo schermo, persino le cose più insignificanti, abbiano un significato trascendente e "altro". In nessun altro film, neppure in quelli che si richiamavano esplicitamente allo scrittore praghese, ho più ritrovato un'atmosfera così vicina a quella, onirica e surreale, de Il Castello. Come Kafka, anche Dreyer non distorce la realtà, non la deforma espressionisticamente, ma trae da essa gli aspetti più enigmatici ed occulti attraverso un'apparente fedeltà naturalistica. Sogno e realtà si innestano l'uno nell'altra con grande naturalezza, fino a diventare entità fluide e interscambiabili. Prendiamo ad esempio quella che è la sequenza più bella (e giustamente più celebre) del film. David si addormenta su una panchina e, staccatosi dal suo corpo, immagina di assistere al proprio funerale: rinchiuso in una bara dotata di uno sportelletto di vetro all'altezza del viso, il suo "doppio" può vedere i preparativi di chiusura della cassa, i volti delle persone che si affacciano ad osservarlo, e infine i soffitti, gli alberi e il cielo che scorrono sopra di lui durante il trasporto. Per mezzo di una stupenda invenzione visiva, vale a dire l'utilizzo della macchina da presa in soggettiva (dal punto di vista del personaggio nella bara), Dreyer riesce a costruire una sequenza inimitabile. L'incubo tafofobico richiama alla mente molte inquietanti pagine di Edgar Allan Poe, ma paure e ossessioni dell'inconscio sono presenti un po' in tutto il film: il mietitore con la falce in attesa del traghetto è una chiara immagine della morte, il terrore di perdere il proprio sangue allude a quello, parallelo, di veder scisso il proprio io. Persino il vampiro sembra essere non tanto una presenza esterna e tangibile, quanto l'espressione di una paura che alberga nel profondo dell'animo umano.
Film di ombre, di arcane presenze e di suggestioni, Il vampiro rovescia i codici retorici del genere "draculesco". Anzitutto, il regista danese amplifica i motivi angosciosi presenti nell'ambiente naturale, rifiutando i "facili" artifici della messa in scena: durante l'esplorazione notturna di David Gray, ad esempio, egli suggerisce l'esistenza di una realtà "parallela" governata da leggi ignote per mezzo di immagini di una stupefacente naïvetè, facendo ora apparire incorporee presenze riflesse nelle acque del fiume e sull'erba dei prati, ora proiettando sui muri strane ombre che agiscono indipendentemente dai loro corpi. In secondo luogo, Dreyer rifugge dalle manifestazioni spettacolari dell'orrore e dagli esibizionismi grandguignoleschi di tanta cinematografia "commerciale", relegando persino sullo sfondo il personaggio archetipico del vampiro (qui addirittura impersonato da una vecchia signora). Da ciò discende anche una importante conseguenza sotto il profilo più squisitamente stilistico: ai piani ravvicinati così tipici dei film dell'orrore Dreyer sostituisce frequentemente campi lunghi e totali, i quali provocano un originale senso di estraniazione narrativa senza che per questo si abbia una perdita di pathos: valga per tutte la scena della vampirizzazione di Léone nel parco, ripresa da lontano, a cose ormai concluse, con gli attanti immobili come un gruppo marmoreo di plastica perfezione. Un ulteriore elemento di distacco dalle regole del genere è dato dal predominio del bianco sul nero e dall'uso di una fotografia "crepuscolare". "Ad una delle prime proiezioni di giornalieri, notammo che una delle riprese era grigia. Ci domandammo come mai, fino a che ci rendemmo conto che la cosa dipendeva da una luce sbagliata, che aveva battuto sull'obiettivo. Il produttore del film, l'operatore Rudolph Maté e io riflettemmo sulla ripresa, in relazione allo stile che stavamo cercando. Infine decidemmo che tutto ciò che c'era da fare era ripetere intenzionalmente ogni giorno il piccolo incidente capitato. Di conseguenza, ad ogni ripresa dirigevamo una falsa luce sull'obiettivo, proiettandola attraverso un velo che rinviava la luce alla camera". Dalle parole del regista veniamo così a sapere che un banale incidente di ripresa è stato trasformato da Dreyer in una scelta stilistica radicale: non i chiaroscuri né i contrasti netti di luci e di ombre che avevano caratterizzato fino ad allora l'estetica espressionista, ma al loro posto mezzitondi, sfumature lattiginose e una netta prevalenza di grigi, il tutto ottenuto con l'uso di filtri e di garze davanti all'obiettivo in grado di restituire un magico effetto flou.
Lo stile di Dreyer è estremamente inventivo. Egli è, dopo Murnau, il primo regista a dare alla macchina da presa un ruolo che non sia meramente descrittivo o meccanicamente in funzione dell'azione scenica. La sua cinecamera è sotto tutti gli aspetti un protagonista del film, con i suoi lenti movimenti laterali, le sue soggettive, le sue panoramiche circolari, le sue angolazioni inusuali (ad esempio l'inquadratura dal basso, splendidamente ambigua, della ringhiera con la mano del dottore appoggiata, o quella dall'alto di David, accasciato sul sofà dopo la trasfusione). Piccoli spostamenti introducono nuovi personaggi sulla scena oppure seguono il successivo svolgersi della sequenza senza bisogno di stacchi o ancora creano improvvisi effetti di "suspense" (come nella scena in cui la macchina da presa lascia il letto dove Léone giace malata, si sposta a destra per seguire la nutrice che si affaccenda nello stanzino attiguo, e ritorna infine sul letto per scoprire che la ragazza è scomparsa). L'elaborata e rigorosa maestria dispiegata in alcune sequenze fa quasi gridare al miracolo: quando, ad esempio, David, penetrato nell'edificio abbandonato, spia da una fessura ciò che succede intorno a lui, la camera fa una lunga e ardita carrellata, raggiunge una stanza sopraelevata dove le ombre di una orchestrina e di alcune coppie danzanti si muovono al suono di una polka (e qui vale la pena di segnalare almeno l'uso contrappuntistico del sonoro, che alterna l'allegra canzoncina al sottofondo lugubre e orrorifico), quindi panoramica tutt'intorno e finisce con l'inquadrare al piano di sotto la vecchia signora che intima il silenzio. Lo stile anticonvenzionale e straordinariamente moderno di Dreyer emerge in svariati altri frangenti (dall'abbandono di un automatico e pedissequo sincronismo tra movimenti di macchina e movimenti dei personaggi all'utilizzo del montaggio alternato nel finale, dalla stilizzata bellezza di molte inquadrature – ad esempio l'icastica immagine di Gisèle legata, che ricorda un'altra prigionia, quella di Giovanna d'Arco – all'uso scarno ma inventivo di dialoghi e suoni – contestualmente al quale c'è però anche un importante recupero della parola scritta, non più, o non solo, sotto forma di didascalia, ma, grazie alla trovata del libro sui vampiri, sotto forma di pretesto narrativo), ed è confermato dall'influenza che Il vampiro ha avuto nel corso degli anni su molti grandi cineasti (per fare due soli esempi di citazioni del film dreyeriano, la soggettiva di un personaggio trasportato orizzontalmente è stata utilizzata da Borzage in Addio alle armi, mentre la morte del dottore nel mulino è stata copiata da Peter Weir in Witness). Per il suo fascino impalpabile e arcano ed il grande senso del cinema che trasmette, quello di Dreyer è di gran lunga il miglior film di vampiri mai realizzato, capace di far passare in sott'ordine persino la mediocre recitazione di Julian West, pseudonimo del finanziatore della pellicola, il barone Nicolas de Gunzburg.

Oskarsson88  @  23/02/2017 16:21:39
   6 / 10
Abbastanza sconclusionato, forse anche perchè visto nella versione da 70 minuti. Comunque il filo logico della vicenda non si segue bene. Di valore alcune scene oniriche e la scena della bara in soggettiva.. però non mi ha convinto del tutto.

hghgg  @  08/11/2016 09:41:59
   8½ / 10
Vista la mia passione per il genere "Vampyr" non poteva che essere tra i miei titoli preferiti di Dreyer, pur essendo ben chiaro che il grande regista danese abbia realizzato capolavori di caratura ben superiore.

"Vampyr" è più una sorta di esperimento, tra l'altro finito con un fiasco clamoroso al cinema, pessime critiche e un esaurimento nervoso costato a Dreyer. Si tratta di un esperimento su tutti i fronti, primo dei quali l'utilizzo del sonoro, tecnica che Dreyer usa qui per la prima volta in carriera, con risultati soddisfacenti, calibrando bene i suoni e i dialoghi degli attori, con un sonoro che arricchisce notevolmente l'atmosfera inquieta del film. L'esperimento però va oltre all'aspetto tecnico, Dreyer qui infatti si getta in un campo per lui nuovo, quello del fantastico, dell'orrore, del macabro, prova un tipo nuovo, per lui, di storia e di narrazione.

Per quanto mi riguarda l'esperimento è riuscito splendidamente e di sicuro i risultati sono più convincenti e affascinanti in "Vampyr" che nel "Dracula" di Browning uscito l'anno precedente.

Perché mi ha convinto la storia di "Vampyr", che cos'è la storia di "Vampyr" ? Dreyer si discosta nettamente dai colleghi Murnau e Browning e dai loro "Nosferatu" e "Dracula", ispirandosi a Le Fanu e non a Stoker e questo lo sanno più o meno tutti.

Quello che secondo me esce fuori dalle intenzioni di Dreyer è la rappresentazione pura e affascinante delle più classiche e ancestrali leggende popolari sui vampiri. Non si trova un altro film di questo livello che rappresenti pienamente la superstizione popolare sul tema come fosse un naturale proseguimento visivo delle tante storie popolari scritte e non sulla figura dei non-morti.

"Vampyr" è una narrazione popolare sui vampiri messa su grande schermo, è come quelle vecchie storie di paura con tante di quelle caratteristiche che oggi considereremmo dei "cliché" ormai sorpassati, dopo tutte le evoluzioni, le modifiche e le sfumature che in ottant'anni ha assunto l'iconografia del vampiro, sempre meno tradizione, sempre più moderna, sempre diversa. "Vampyr" ad oggi è ormai una chicca unica, se ad uno piace una cosa del genere ovviamente.

Dreyer va ancora più indietro rispetto a Bram Stoker che con il suo Conte di fatto creò "l'istituzione" moderna del genere. Il regista danese invece torna indietro fino alle più vecchie e classiche storie tradizionali sui vampiri.

Fa una gran cosa dal mio punto di vista anche se poi bisogna confrontarsi con una sceneggiatura e uno stile narrativo un po' pasticciato ma chissà sarà anche colpa dei vari tagli e delle varie sequenze ormai perse nel nulla. Ne rimane oggi un esperimento affascinante, riuscito anche se un poco confuso in alcuni punti e con un finale un po' meno convincente del resto.

"Vampyr" è invece un indiscutibile capolavoro dal punto di vista tecnico, con la strepitosa regia di Dreyer, uno di quelli che il Cinema l'ha plasmato dal blocco di creta, con innovazioni, invenzioni e straordinaria visionarietà. Cito io come tanti altri hanno già fatto la ripresa in soggettiva nella scena della sepoltura di Allan Gray, puro orgasmo cinematografico, o gli stupendi giochi di ombre (o "delle ombre") che hanno vita propria e si muovono sulle pareti, o l'apparizione/visione dello scheletro. Le inquadrature dell'uomo con la falce o della mostruosa banderuola (o almeno mi pare lo fosse) e via continuando.

Registicamente è qualcosa di perfetto come d'altronde ben ha abituato Dreyer, ogni scena o quasi ha un qualcosa che valga la pena notare ed è questo che gli da un grandissimo valore che va oltre a qualsiasi storia narrata. Con sequenze simili alla regia poteva anche raccontare di Minni e Topolino al picnic, sarebbe stato un grande film allo stesso modo. Ottima anche la fotografia che esalta le invenzioni di Dreyer e come detto, ben riuscito l'utilizzo del sonoro, mai stonato o fuori posto.

Al di la di questo "Vampyr" resta secondo me imperdibile per gli appassionati del genere "vampiri" che vogliano scoprire il lato più tradizionale e popolare delle leggende su queste creature.

ferzbox  @  13/05/2014 18:42:35
   7½ / 10
Ce ne sono diversi di film magistrali girati nella prima metà del XX secolo; qualcuno l'ho già commentato,ma non riuscivo a trovare il coraggio per commentare "Vampyr" di Dreyer.
Il motivo per cui esitavo è la chiave di lettura....sono molte le persone che lo elogiano tecnicamente e storicamente; così come sono parecchi gli estimatori di questa storia vampiresca fuori dal comune.
L'avevo visto diverso tempo fa nel cinemino di un mio amico...me lo sono rivisto ieri sera,ed ancora non riesco ad apprezzarne la storia.
L'unica cosa che mi ha colpito la prima volta e anche ieri,è stato il linguaggio visivo,la regia,il sonoro e alcune inquadrature(tra cui la famosissima soggettiva della sepoltura di David Gray).
Di certo non sono pochi elementi....l'ibrido tra muto e sonoro e splendidamente calibrato da alcune battute semplici dei personaggi; gli stessi effetti sonori studiati per incutere inquietudine insieme alle immagini,che oltre ad essere suggestive e macabre,risultano straordinarie per gli incredibili utilizzi delle ombre.
Il montaggio è ben fatto se pensiamo all'epoca,la fotografia pure e le atmosfere encomiabili,se prendiamo in esame il bellissimo lavoro che unisce in simbiosi realtà ed oniricità.....
Ma la storia non mi ha mai preso,non mi ha mai catturato quanto un "Nosferatu" o un "Dottor Caligari"....no,non vedo la stessa classe...a tratti mi risultava persino confusionario ....
Non posso negare l'ottima fattura di questa pellicola; così come non posso non consigliarla a chi desidera conoscere il più possibile la storia del cinema...sarei un pazzo a non farlo,considerando i pregi che ho descritto,ma personalmente non è tra i miei preferiti della cinematografia di quell'epoca.
De gustibus......

Invia una mail all'autore del commento The howling  @  04/12/2012 18:15:46
   8½ / 10
Bellissimo, inquietante, anche se ha i suoi anni continua ad affascinare...la regia, la fotografia, il gioco delle ombre sul soffitto e sulle pareti delle stanze...indimenticabile!

Assolutamente da vedere!

MidnightMikko  @  20/08/2012 10:13:33
   9 / 10
Strepitoso horror di Dreyer che continua tutt'oggi ad affascinare, sia a livello tecnico che di tematiche trattate. Grandissime inquadrature, fotografia meravigliosa, un film cupo, tetro, oscuro, macabro, un Horror con la H maiuscola.

Invia una mail all'autore del commento Elly=)  @  02/04/2012 23:19:59
   10 / 10
Se fossi stata una degli spettatori che nella notte del 6 maggio 1932 videro VAMPYR penso che già dopo la scena dell'uomo con la falce me la sarei fatta addosso!

VAMPYR è in assoluto il film che ho amato di più del Maestro Dreyer, anche se la sua filmografia è piena di capolavori!

Tratto dal Romanzo CARMILLA di Le Fanu e non da quello di Stoker, contrariamente a quello che si pensa, il film va a completare la trilogia fondamentale del filone horror dei vampiri d'inizio secolo. E' un fatto di assoluta importanza da non sottovalutare visto che fu il punto di partenza che Dreyer utilizzò per creare un film con stili e contenuti nuovi che si distacca dalla tradizione dei precedenti, utilizzando come icona il vampiro folcloristico.
Un aspetto su cui vale la pena soffermarsi viste le conseguenze devastanti, in modo positivo, che ha avuto su tutto il cinema a venire. Da NIGHT OF THE EAGLE arrivando ai limiti dell'immaginazione, passando di certo per moltissimi film come L'AMANTE DEL VAMPIRO, LE PORTE DEL SILENZIO, FAHRMANN MARIA, IL MULINO DELLE DONNE DI PIETRA, la versione jugoslava di Andra Glisic o al video di Geri Halliwell LOOK AT ME e addirittura intere filmografie come quelle di Michael Reeves.
Anche se bisognerebbe precisare che lo stesso Dreyer s'ispirò a pellicole precedenti per alcuni aspetti che riguardano il film, come ad esempio il finale, lo stesso finale che troviamo nel film di Griffith A CORNER IN WHEAT, o ad alcune immagini di KORSPEKULANTEN o de LA CHUTE DE LA MAISON USHER, ma ciò non scalfisce minimamente la grandiosità di quest'opera che rimane una delle opere più grandi che siano mai state fatte sulla faccia della Terra dove paura e sogno si fondono in una metamorfosi perfetta.

Si parla di sogno e di paura, ma questi due elementi hanno all'interno del film ruoli ben precisi e diversi. Mentre la paura, o per meglio dire i prolungamenti demoniaci che gli aspetti macabri producono dando una dimensione più profonda richiamando a loro tempo la fantasia, sono dati da un'estetica sublime dove le ombre incutono terrore e smarrimento, suspense e angoscia, dando alla luce pure impressioni pittoriche, particolari simboli, accostamenti sfumati che vanno a creare a loro volta un'atmosfera da brivido assoluto, il sogno è dato dal gioco tra realtà e fantasia, dal confine non ben definito tra male e bene (cosa che mai avverrà nell'intera filmografia di Dreyer), dal formarsi di nuove iconografie, in un'evocazione goethiana, che faranno di questo film il più onirico mai fatto grazie anche ad un finale che sarà ripetuto poi in film come TEMPI MODERNI e LES BAS-FONDS dove avviene la fuga dell'amore tramite il passaggio dalla nera realtà (la nebbia, le anime sopra la barca su un fiume) al sogno (il campo fiorito, dove le anime sono finalmente libere).

Dreyer da alla luce una pellicola con moltiplicazioni sonore che portano con sè una storia che pochi sanno ma che nel contempo tutti possono vederne uno spiraglio.
Il film fu fatto già alla sua uscita in tre lingue diverse: francese, tedesca e inglese per portar un numero maggiore di spettatori nelle sale. Ma solo quelli di quella notte, la notte del 6 maggio 1932, videro il film in tutto il suo splendore. Infatti il film fu censurato in alcune parti e nelle versioni esistenti alcune di esse non si trovano più. Infatti sembrerebbe dopo accurate ricerche che alla pellicola originale manchino un pezzo della colonna sonora di Wolfgang Seller e un presunto dialogo tra Allan e Giselle. Nessuno sa perché questi metri di pellicola siano andati perduti visto che il resto delle scene censurate è stato ritrovato. Qualcuno presume che fu lo stesso Drayer che diede l'ordine che la sera stessa dopo la proiezione venissero tagliate e fatte sparire perché non piacquero al pubblico.

Tetro, lugubre, espressone genuina di vampirismo femminile e inquietudine, con stereotipi tipici dell'espressionismo tedesco e un montaggio ritmico che gioca con l'opposizione continua tra i valori dinamici e quelli statici, VAMPYR vanta trucchi ed effetti speciali innovativi, mostrando scene che rimarranno nell'immaginario collettivo come quella dove il protagonista si vede morto dentro una bara o quella iniziale dove c'è il contadino con la falce.

E a proposito di scene scioccanti e di censure è una vergogna che in quella sera due parti del film vennero tagliate!
Oggi sarebbero ritenute due scene banali ma a quel tempo lo spettatore era un altro, anche se rimango dell'idea che L'ARTE NON DEV'ESSERE MAI CENSURATA IN QUANTO E' ESPRESSIONE UNICA DELL'AUTORE, censurando un'opera d'arte si censura il pensiero stesso dell'artista, è una dittatura indiretta, schiavismo e sottomissione che vestono le sembianze di una vergine intoccabile.
Le scene per chi non lo sapesse sono L'ESECUZIONE DEL VAMPIRO e IL SOFFOCAMENTO DEL DOTTORE, che per certi versi ricorda la fine di uno dei libri di Victor Hugo. Nella prima viene fatto vedere il martello che batte sul palo usato per infilzare il cuore della vampira, nella seconda, secondo me una delle scene più belle del film (quella integrale intendo), in un crescere di suspense che ci porta a soffocare insieme al dottore, vediamo le inquadrature alternate degli ingranaggi del mulino in funzione con il rumore del grano schiacciato, il dottore che viene sormontato da sempre più farina che implora aiuto, i due giovani sulla barca che galleggia lenta nella nebbia chiamano qualcuno e nell'aria solo il loro eco, veramente una scena magnifica, tanto di cappello a Dreyer!

Se l'opera ricorda Julien Green per alcuni versi, il messaggio contiene sicuramente la stimmung della filosofia tedesca. C'è una frase ad un certo punto del film "Qui non ci sono nè bambini nè cani". E' una frase che rinnega la vita stessa che al contempo crea un'ambiguità: è solo il nichilismo del dottore o l'incomprensione del protagonista? La stessa ambiguità che troveremo più avanti nella scena finale: la risposta al richiamo dei giovani è una voce vera o il semplice eco?

Se il mistero non è il perno di questo film, lo è per l'atmosfera che lo circonda. Non solo i metri della pellicola misteriosamente scomparsi ma un altro mistero si cela dietro i nomi dei protagonisti del film.
- Margherite è l'incarnazione della madre adottiva che naturalmente sta dalla parte del male, da notare come il regista negli altri film inserisce tutte donne anziane, matrone che hanno il nome che inizia per MAR, infatti nella realtà la madre adottiva si chiama MARIE;
- le due figure maschili, il domestico e il castellano, rispettivamente Joseph e Bernard sono la rottura del nome di battesimo della madre naturale Josephine-Bernhardine;
- le due figure femminili delle sorelle, Gisele e Leone, se si uniscono viene fuori Girellone, se si toglie la parte in comune verrà fuori Giseone cioè in termini di anagramma Josephine dove la G ha lo stesso suono della J;
- nella versione originale il protagonista si chiama Nicholas come l'attore che aveva finanziato il film ma nella versione tedesca si chiama Allan Grey, le lettere REY compaiono anche nel nome del regista Dreyer;

Il film sembra penetrare in un mondo effettivo di fantasmi, fantasmi che con una seconda lettura richiamano fantasmi reali, le persone che hanno segnato la sua infanzia..forse quei nomi non sono semplici coincidenze..

gianni1969  @  08/03/2012 02:10:13
   8 / 10
uno dei primi fiml sul vampirismo,non il mio preferito dell'epoca. film pressoche muto,in certi punti un po statico. cmq grande lavoro di regia con un gioco di ombre e una tecnica notevolissima.il finale e stupendo. 9 alla forma,7 al contenuto.

Guy Picciotto  @  09/11/2011 14:22:01
   9½ / 10
capolavoro, di necroflia, di permante disattesa suspance.
Dreyer sceglie di non comunicare (e non per il tran tran del muto), il rifiuto di comunicare è un mezzo di comunicare più ostile, il più potente forse, un po come Rimbaud che per non comunicare più rinunciò ....o altrimenti, è per avere rinunciato che cessò di comunicare, Nessuno saprà se siano stati l'orrore (la debolezza) o il pudore a imporre la rinuncia a Rimbaud, E possibile che i confini dell'onore si siano ritirati (più nessun Dio), come anche in Dreyer e i suoi decenni di silenzio tra un film e l'altro.
A ogni modo parlare di debolezza ha poco senso, Dreyer come Rimbaud mantenne la sua volontà di estremo su altri piani, sopratutto quello della rinuncia, è possibile abbiano rinunciato perchè troppo esigenti per sopportare e troppo lucidi per non vedere.

barbuti75  @  29/01/2011 18:00:35
   8½ / 10
Vampyr può essere considerato il terzo film sul vampirismo in ordine di tempo, preceduto solo dal Nosferatu di Murnau e dal Dracula di Browning.
la grande novità che Dreyer porta sullo schermo è in primis legata alla tradizione romanzesca. Infatti egli decide di ispirarsi non al Dracula di Stoker, ma al "Carmilla" di LeFanu.
Il film gioca sin dal primo minuto sull'iconografia e sugli stereotipi del cinema espressionista tedesco, regalando allo spettatore squarci di luci ed ombre che si insinuano sottopelle incutendo un senso di smarrimento e ti terrore latenti.
L'uomo con la falce inquadrato all'inizio del film permea la pellicola di inquietudine e ci introduce al clima di terrore del paese dove si svolge la vicenda.
Film parzialmente muto (venne infatti sonorizzato solo in seguito), Vampyr deve il suo successo agli ambienti naturali in cui Dreyer decise di girare la pellicola e al sapiente uso delle ombre che ricordano da vicino il già citato "Nosferatu" accentuandone per quanto possibile l'uso espressionista.
Il contninuo sovrapporsi di realtà e sogno (il protagonista è un preveggente) accentuano il senso di minaccia che si avverte durante la visione.
Assolutamente geniale e innovativo fu l'utilizzo della scena della bara in soggetiva dove

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Freddy Krueger  @  28/01/2011 21:29:02
   7 / 10
Horror d’epoca che si basa sulle luci e soprattutto sulle ombre inquietanti, atmosfera prese a piene mani dall’espressionismo. Viene in mente per prima cosa “Il gabinetto del dottor Caligari” di Wiene. Dreyer si dimostra all’altezza, e anche qui appare chiaro che è un maestro delle riprese; panoramiche e carrellate sono eccezionali e contribuiscono all’inquietudine. Pure alcuni effetti speciali e i trucchi sono lodevoli. Sicuramente buono.

dobel  @  24/06/2010 09:07:13
   7½ / 10
Un film mahleriano a tutti gli effetti. E' solo atmosfera, di storia e dialoghi nemmeno a parlarne; è una visione, un moto interiore, un incubo. 'Vampyr' è un film sull'angoscia, sul tetro e lugubre che esiste in noi; la vicenda è banalissima e poco lineare: direi anzi che si tratta di un pretesto per una sequenza di immagini molto belle e suggestive senza che esse siano in alcun modo esplicative di una vicenda che in fondo non esiste. Pensato come film muto e poi dialogizzato dallo stesso Dreyer, rivisto oggi certo non fa paura manco a parlarne, ma immerge lo spettatore in un'atmosfera onirica da incubo notturno di morte e malattia.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  06/07/2009 23:48:02
   9 / 10
Atipica escursione nell'horror di Dreyer, ma il lavoro viene plasmato in uno stile personalissimo che rifugge alla catalogazione tipica del filone vampiresco. Il film vive quasi esclusivamente sulla sospensione tra il reale e il mondo onirico, privilegiando un'atmosfera sinistra e inquietante, carica di suggestioni emotive, che va a discapito dei personaggi, prima di tutto il vampiro privo del fascino erotico alla Lugosi o Lee. Un procedimento rischioso visto che toglie un possibile punto di riferimento per la pellicola, ma non influisce negativamente alla pellicola che offre momenti straordinari come la già nominata soggettiva della bara.

pinhead88  @  23/06/2009 20:18:23
   6 / 10
Un anno dopo il "Dracula" di Browning,viene sfornata questa pellicola abbastanza atipica in ambito vampiresco.Vampyr è un film misterioso sospeso tra onirico e reale,pochissimi dialoghi e un leggero senso di inquietudine che avvolge il tutto.
Qui il vampiro viene più visto come uno spirito irrequieto o come una sensazione inquietante sotto forma di ombra,più che come il solito Principe delle Tenebre in carne ed ossa.personalmente se si tratta un tema vampiresco preferisco una presenza carnale che definisca la figura classica del vampiro.infatti questo Vampyr non è riuscito a coinvolgermi e convincermi a pieno.per questo me lo sono rivisto una seconda volta per essere sicuro,ma la sensazione rimane sempre la stessa.nonostante l'atmosfera misteriosa il film non riesce a sprigionare un briciolo di fascino rispetto ad altri capolavori horror dell'epoca.non c'è mordente o scene memorabili,ma solo un'atmosfera straniante che ristagna per tutta la durata senza lasciare un granchè allo spettatore.almeno per me.Il vampiro di Dreyer può anche essere un'idea buona sotto molti punti di vista,ma è un film che guarda caso non è riuscito a meritarsi il posto tra gli horror più celebri.

Invia una mail all'autore del commento wega  @  13/06/2009 14:25:23
   9 / 10
Carl Theodor Dreyer non si discute. Uno dei vertici dei films vampiristici, "Vampyr" nel suo essere in stallo tra mondo reale e onirico, è un altro film che tratta il Bene e il Male (ma quanti ne son stati fatti), sui doppi dei suoi protagonisti, la relazione tra Bene, Male e Salvezza Eterna, messa in discussione nel finale con il medico sepolto dalla farina; geniale perché così è quando questo passa attraverso il linguaggio cinematografico rispetto alla parola, come ad esempio la proprietà d' indipendenza delle ombre dai suoi personaggi. Illuminato da Rudolph Matè ("La Passione di Giovanna d' Arco"), futuro regista, è tra le due opere più espressioniste di questo gigante del Cinema, nel quale, sempre più, in seguito proprio la luce assumerà funzione descrittiva dell' evoluzione drammaturgica in tutti i suoi Capolavori. Con un rigore che punta a "Dies Irae" sia per lo spoglio scenografico che per i precisi movimenti di macchina, questo film del 1931 lascia ancora meravigliati per l' atmosfera fantastica e inquietante che lo caratterizza. Il mio preferito del regista resta però "Ordet. la Parola".

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  23/02/2009 18:12:03
   8 / 10
Ho cercato di giudicare il film senza pensare che a dirigerlo era Dreyer. In effetti è un film piuttosto scarso nella sceneggiatura. Si ispira liberamente al racconto Carmilla di Sheridan Le Fanu, famoso perché il vampiro è rappresentato da una donna. Il film fa però riferimento più in generale alla tradizione del racconto gotico, in cui non si bada molto alla verosimiglianza o ai particolari prosaici della storia narrata. L'importante è indurre nel lettore/spettatore un senso generalizzato di inquietudine, uno stato mentale di insicurezza e terrore. Lo spunto viene dalle numerose falle che offre il sistema razionale di vedere il mondo. Tante cose sfuggono o possono esistere al di là di ogni logica spiegazione. Tanto più che il peso di credenze tradizionali vecchie di millenni si fanno sentire sull'immaginario collettivo.
Ecco allora che vediamo entrare ed uscire di scena personaggi quasi inesplicati, che esistono solo come figure di una storia. Il senso di luogo e tempo si fa molto vago. In quanto tempo si svolge la storia? In una sola notte? Insomma tutti i punti di riferimento razionali vengono meno e si ha quasi un senso di smarrimento e di perdita di coordinate logiche. Forse un po' troppo, perché alla fine diventa tutto quasi automatico e fin troppo semplice.
La storia in sé quindi non convince e lascia quasi delusi. Quello che non delude è però la resa visiva ed emotiva, sicuramente di prim'ordine. Intanto c'è un consapevole rallentamento dell'azione e dei movimenti dei personaggi per intensificare le sensazioni nello spettatore. Qualsiasi immagine, qualsiasi oggetto, qualsiasi fotogramma parla, dice qualcosa, comunica soprattutto incertezza, mistero, timore (un contadino con la falce, ombre nella bruma, oggetti e arredamenti strani, le conversazioni ridotte all'osso, il silenzio imperante). Le disgrazie, le sciagure inserite in questo contesto assumono quasi un significato metafisico, sono come prove che nel mondo esistono forze negative, maligne, distruttive e che bisogna farci nonostante tutto i conti.
Il film ha il suo culmine in alcune scene in cui ci si cala in soggettiva in situazioni determinanti anche nella vita reale, come ad esempio un funerale o l'avvicinarsi della propria morte. Qui veramente ci sentiamo come una persona in una bara o un malato che si sente venir via. La resa è veramente strabiliante. Al di là quindi dell'esito quasi lieto che ha il film, rimane comunque addosso appiccicato uno strano stato d'animo di sospensione che dura per un po' di tempo dopo la visione del film (almeno a me è capitato di seguire per un minuto tutto con lentezza e vedere gli oggetti con occhio inquietato). E' In questa capacità di trasmettere forti messaggi con mezzi molto semplici ed essenziali che si vede la mano del maestro.
Per il resto il film risente purtroppo del fatto di essere stato girato con pochissimi soldi. Dreyer non ha potuto curare tutto come voleva. Tra l'altro ha dovuto ingaggiare come protagonista proprio il mecenate che ha permesso il film (Julian West è lo pseudonimo di un ricco e stravagante banchiere francese). La sua recitazione non è però all'altezza, visto che ha quasi sempre la stessa espressione. Gli attori chi mi hanno colpito di più sono stati invece i due vecchi servi del castello, molto bravi ed espressivi.
Non certo un grande film ma nonostante le circostanze Dreyer ci ha regalato di nuovo qualcosa che visivamente non si dimentica.

Jh0n_Fr0m_Br0nx  @  05/11/2008 20:19:33
   8 / 10
Film d'epoca molto sorprendente a mio parere.
L'effetto bianco e nero incute ancora più timore di molti altri film odierni.
Un capolavoro degli anni '30 che mi ha veramente impressionato.

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Ultima risposta 27/11/2008 07.15.43
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DarkRareMirko  @  26/10/2008 22:41:51
   9½ / 10
Film sui vampiri raccontato però non attraverso le solite convenzioni sterotipate che vedono il vampiro di turno che và combatutto con aglio, crocifissi e paletti ficcati nel cuore, o la solita iconologia del suo rifugio collegato alla bara.

Qui invece tutto è molto simbolico, quasi evanescente, e il vampiro stesso assurge ad una sorta di simbolo e/o simbologia.

Storiche e famosissime alcune riprese, come quella soggettiva nella bara, tensione molto presente, grandissima regia di Dreyer, regista assolutamente atipico relativamente a questo genere cinematografico, che anche qui però se la stracava.

Capitolo fondamentale del cinema horror, appena una spanna inferiore al Nosferatu di Murnau.

Gruppo COLLABORATORI Compagneros  @  21/10/2008 12:22:56
   7½ / 10
Vero capolavoro per l'epoca in cui è stato realizzato.
Dreyer grande maestro dell'horror.
Da vedere per gli appassionati del genere.

lampard8  @  18/01/2008 13:20:31
   9 / 10
Ottimo. Magnifiche le musiche(davvero agghiaccianti considerata l'epoca)e le scenografie. Perfetto il gioco di luci e il senso di inquietudine che riesce a trasmetterti.
Favoloso e da riscoprire assolutamente.
Molto più inquietante e claustrofobico di tanti filmettini horror di nuova generazione.

éowyn_3  @  11/07/2007 11:51:32
   7 / 10
film ancora vicino alla fotografia, che tra l'altro è molto bella, ma ancora lontano dal classico di browning

Gruppo COLLABORATORI Marco Iafrate  @  25/06/2007 21:41:41
   8½ / 10
Il film, alla sua uscita, non fu molto apprezzato, nè dal pubblico nè dalla critica, io l'ho trovato interessante, quello che ci presenta Dreyer è un terrore nascosto, velato, assolutamente non esplicito, il vampiro non si presenta nelle vesti abituali e consuete a cui siamo stati abituati dalle numerose rappresentazioni cinematografiche di Dracula, la figura inquietante e perfetta di Christopher Lee è ben lungi da questa e non solo per l'evidente diversità di sesso ma proprio per la diversità del personaggio che a mio parere, ha reso il tutto più inquietante e misterioso.
La sequenza in cui David Gray assiste al proprio funerale, il mondo visto dall'interno della tomba da parte del cadavere è qualcosa di indimenticabile, da sola vale tutto il film.
Molto bella anche la scena degli ingranaggi del mulino che si mettono in moto seppellendo di farina il losco medico complice del vampiro.
Da non perdere.

Exodus  @  17/11/2006 11:06:07
   7 / 10
Non me la sento di dare di più.
Il film è decisamente "strano, e discretamente inquietante, ma presenta anche numerosi difetti che lo fanno letteralmente scomparire di fronte ad altre pellicole del genere: innanzitutto il ruolo decisamente marginale riservato al vampiro, ed il modo "semplice e veloce" con cui viene esorcizzato che sicuramente sono stratagemmi intenzionali per non distrarre l'attenzione dai personaggi e dalla loro psicologia, ma personalmente non condivido affatto; poi, il montaggio frammentato che rende tutta la parte iniziale dell'opera un collage di scene scollegate (ho letto su una recensione che anche questo era voluto, per ricreare un'atmosfera onirica ed allucinata, ma secondo me l'unica impressione che dà è quella di una pellicola tagliuzzata con le forbici); infine... d'accordo, la sequenza in cui David si "vede" sepolto vivo è impressionante e claustrofobica, ma a fianco di questa e di un altro paio di scene rimaste nella storia del cinema ci sono trovate francamente un pò puerili, come l'ombra del guardiacaccia che se ne va in giro da sola o quelle della gente che balla proiettate sul muro.
Rimane un film da vedere, molto interessante per le novità che lo caratterizzano (un film horror proiettato quasi completamente alla luce del giorno! ) e per la complessità della psicologia che i vari personaggi offrono; ma siamo molto distanti dal capolavoro.
Ottime le musiche, creano la giusta atmosfera.

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Ultima risposta 16/07/2008 14.06.08
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Gruppo REDAZIONE K.S.T.D.E.D.  @  11/10/2006 15:20:26
   7½ / 10
Nonostante angoscia e inquietudine caratterizzino la pellicola per tutta la sua durata, il film non si presenta come un classico horror, tende, al contrario a ricreare una dimensione continuamente in bilico tra l'onirico ed il reale, il cui obiettivo non è quello di trasmettere paura o tensione, ma solo disorientamento e conseguente angoscia. Pertanto il Vampiro di Dreyer è totalmente diverso dagli altri, si presenta, infatti, più come una perenne ed inquietante sensazione che come il classico Signore del Male affascinante e tentatore (che personalmente preferisco).
Tale risultato viene raggiunto grazie ad una calma quasi insostenibile, al contrasto accecante tra nero e bianco, alle anime in pena che, sottoforma di ombre (elemento fondamentale), aleggiano ovunque e ad alcune trovate geniali quali le ombre che si staccano dal corpo che le riflette prendendo "vita" o la asfissiante scena del trasporto nella bara.

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Ultima risposta 17/10/2008 09.13.04
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Gruppo COLLABORATORI fidelio.78  @  18/04/2006 18:17:45
   8 / 10
Essenziale per ogni cinefilo.
Non raggiunge le vette di "Dies irae" e de "La passione di giovanna D'Arco", ma resta un film culto non solo per gli amanti del genere.

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Ultima risposta 17/10/2008 02.10.42
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frine2  @  20/01/2006 02:01:48
   10 / 10
Non ricordo un accidente, perché me ne stavo sotto la tavola, morta dalla paura. I miei erano tutti a letto.
Però ho letto la sceneggiatura....;-)

P.S. Non prendetemi sul serio. Me lo ricordo benissimo.
BRRRRRRRRRRR........

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Ultima risposta 02/10/2006 01.33.14
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Xmediax  @  11/10/2005 23:10:38
   9 / 10
bellissimo!un film stupendo per la sua epoca!

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