l'amore e' piu' freddo della morte regia di Rainer Werner Fassbinder Germania 1969
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l'amore e' piu' freddo della morte (1969)

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locandina del film L'AMORE E' PIU' FREDDO DELLA MORTE

Titolo Originale: LIEBE IST KÄLTER ALS DER TOD

RegiaRainer Werner Fassbinder

InterpretiUlli Lommel, Hanna Schygulla, Rainer Werner Fassbinder, Ingrid Caven, Kurt Raab

Durata: h 1.28
NazionalitàGermania 1969
Generedrammatico
Al cinema nell'Ottobre 1969

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Trama del film L'amore e' piu' freddo della morte

Franz, un magnaccia da quattro soldi, deve vedersela con Bruno, il gangster messo sulle sue piste dal "sindacato" al quale ha rifiutato di aderire; i due diventano però amici, al punto che il primo accetta di dividere con l'altro persino la propria ragazza, Joanna. Ma ben presto quest'ultima si stanca delle attenzioni di Bruno e quando viene a conoscenza di un suo piano (progettato in combutta con lo stesso Franz) per rapinare una banca lo denuncia prima che lui riesca a eliminarla. Bruno viene ucciso dalla polizia, mentre Franz e Joanna riescono a fuggire.

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Voto Visitatori:   7,14 / 10 (7 voti)7,14Grafico
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Voti e commenti su L'amore e' piu' freddo della morte, 7 opinioni inserite

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Filman  @  10/03/2023 15:28:42
   7½ / 10
L'esordio con il gangster, dal gusto di divertissement, di Rainer Werner Fassbinder riassume il suo primo tratto cinematografico: scene e dialoghi tra due personaggi, mezze figure e mezzi busti su sfondo uniforme, libertà sessuale come virtù del sentimento e personaggi tendenzialmente cattivi. LIEBE IST KÄLTER ALS DER TOD (L'Amore della è più Freddo della Morte) non è una grande storia e non è un grande film, in termini di quantità e qualità tecnica, ma è un lavoro molto divertente ed esplorativo, con un senso musicale quasi avanti di vent'anni.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  16/09/2012 17:51:59
   7 / 10
Il cinema come mezzo di espressione del proprio estro artistico, questo è il senso del primo lavoro cinematografico serio di Fassbinder. E fin dall'inizio appare chiaro che di estro Fassbinder ce n'ha da vendere.
Quindi quello che conta non è tanto cosa viene rappresentato ma soprattutto come. Il film in sé non ha alcuna pretesa di verosimiglianza, né imbastisce una narrazione ordinata e logica. E' una serie di quadri statici, di inquadrature fisse ed insistite, alternate a lunghe carrellate. La scenografia è ridotta ai minimi termini, le azioni quasi mimate, nel senso che sono palesemente recitate. Lo straniamento regna incontrastato. E' una finzione artistica, questo appare chiarissimo e questo si vuole dimostrare (basta vedere gli spari, le morti senza sangue, il distacco e la freddezza nei confronti di tutto quello che avviene).
Cos'è che affascina? Quell'atmosfera sospesa, essenziale, quasi astratta (qui giocano un grande ruolo le scenografie molto nude, l'essenzialità delle riprese, la sospesione quasi atemporale e riflessiva dell'azione, la presentazione dell'immagine come strumento estetico, la cura e la padronanza nella resa visiva, le musiche classiche cupe molto suggestive).
La derivazione stilistica dalla Nouvelle Vague francese è chiara (palesata anche dalla dedica iniziale ai principali registi di questo stile). Anche qui si riprendono le figure iconografiche tipiche dei film di genere (i gangster, le bande, i cani sciolti, le donne facili, i doppi giochi, le sorprese e gli imprevisti, ecc.) e le si usano per veicolare messaggi "altri" rispetto alla comunicazione tipica che queste figure avevano nella loro espressione originale.
Qui Fassbinder disegna un'umanità "fredda", distaccata, dove conta la natura dei rapporti (se sono di dominio o no) piuttosto che il loro effetto. Sentimentalismi e moralismi sono banditi, c'è solo il legame di appartenenza che ha valore. Ma del resto non è facile comprendere, perché i dialoghi e i nessi logici nei rapporti interpersonali sono ridotti all'osso. Rimane comunque la suggestione delle immagini e dell'atmosfera creata.
E' comunque un film che richiede una certa "preparazione" prima di essere visto. Certamente non è un film facile o divertente.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  17/02/2011 16:55:15
   7½ / 10
Radicale in tutto e per tutto il primo lungometraggio di Fassbinder. Noir minimalista dai toni spogli e con una freddezza impressionante nella storia che racconta: difficile trovare un menage-a-trois più cattivo e privo di qualsivoglia emozione.
Franz,interpretato dallo stesso regista,è un delinquente altezzoso che si rifiuta di entrare in un fantomatico sindacato di criminali e per questo gli viene messo alle costole Bruno; entrambi si spartiscono la stessa donna,Joanna ovvero la donna-prostituta di Franz. Ma più si va avanti più la storia diventa progressivamente cattiva e le distanze emotive tra i tre protagonisti si allargano fino a diventare abissi: non c'è una vera vittima in questo triangolo e non c'è un vero padrone. Tutti sono vittima di sé stessi,entrati in un meccanismo destinato a rimanere tale (padronanza e passitività) fino all'autodistruzione nel finale in cui il rapporto a tre è destinato a rompersi con cinismo,ed è emblematica la parola finale che chiude l'opera.
Visivamente i primi minuti sono spiazzanti nella loro glacialità e per la staticità della macchina da presa che si muove raramente,alternando soltanto stacchi di montaggio. Successivamente Fassbinder utilizza carrellate significative citando Godard e altri. Ebbene vale la pena soffermarsi anche sullo svolgimento della storia,che può definirsi quasi un anti-svolgimento: l'azione è limitata in un campo visivo ristretto in cui i personaggi si muovono come in un impianto teatrale,gli ambienti sono miseri e spogli,i dialoghi potrebbero anche non esserci per l'importanza che ricoprono. Tutto è essenziale e con questo si acuisce l'idea di vedere un film di rottura visiviamente parlando, improntato sulla mancanza di qualsivoglia contatto umano che sia amorevole o voglia comunicare un sentimento positivo. Tantissimo cinismo,invece.
Tornando alle carrellate,quella del supermercato è emblematica; è difatti una scena in cui in apparenza non accade assolutamente nulla ma è la più famosa dell'intero film: Bruno e Joanna si muovono all'interno di un vasto luogo affollato in cui loro sono gli unici veri motori dell'azione mentre tutto intorno,per quanto movimentato,nulla di rilevante può accadere.

Volendo essere sintetici,non vi è nulla di più riassuntivo del titolo stesso; l'amore è visto come qualcosa di ben più terribile e beffardo della morte.

bulldog  @  16/07/2009 16:01:30
   7½ / 10
La scena del supermercato strepitosa,primo lungometraggio per il genio Fassbinder.

paride_86  @  13/10/2008 12:22:12
   5½ / 10
Primo lungometraggio di Fassbinder. Il regista firma una storia fredda e scolorita con una sceneggiatura lenta e monocorde. Le immagini, aiutate da un cupo bianco e nero, sono molto espressive ma nel complesso credo che il film sia riuscito solo e metà.

Crimson  @  23/09/2008 19:13:50
   7½ / 10
Questo non è solo il primo lungometraggio di Fassbinder (dopo due corti), ma è anche l'inizio di uno dei sodalizi più duraturi e memorabili del cinema: quello del regista (e spesso attore nei propri film) con l'attrice Hanna Schygulla.
Il giovane Fassbinder (all'epoca di questo esordio, datato 1969, aveva solo 24 anni - la Schygulla 26) mostra già tutte le proprie potenzialità in un dramma freddo: pochi sprazzi di colonna sonora, scenografie spoglie e ridotte all'osso, dialoghi concisi e taglienti.
Potrebbe essere un noir derivativo (il menage a trois richiama certamente il capolavoro 'bande a part' di Godard), se non fosse che il regista tedesco è già capace di inserire quello stile personale che lo contraddistingue, asciutto e cupo, e un profondo pessimismo che spesso sfocia in un finale - al contrario - malignamente beffardo.
La prima scena è già esemplificativa di certe ricorrenze del cinema di Fassbinder: egli fuma. Non credo ci sia un solo film, tra quelli in cui appare anche nelle vesti di attore, in cui non fumi. La zuffa in quell'ambiente totalmente spoglio è solo una breve introduzione all'atmosfera in cui siamo immersi da spettatori: siamo appena entrati in un noir che almeno apparentemente non è serio, ma che di fondo esprime una freddezza tale da rimanerne realmente scossi (da qui il titolo, e devo dire, anche la battuta finale).
Non c'è molta distinzione tra i legami che intercorrono tra i personaggi e quel che rappresentano le loro azioni. Franz (Fassbinder) è un piccolo malavitoso che si rifiuta, tastardo e sbruffone, di far parte di un losco sindacato del crimine, che per tutta risposta gli piazza alle calcagna come spia Bruno (Ulli Lommel, un altro attore-feticcio del regista, che avrà la parte di maggior spicco nel grandioso 'il diritto del più forte'). Joanna (Hanna Schygulla) è il collante tra i due. Prostituta, viene trattata come tale da Franz nonostante quest'ultimo la definisca come 'fidanzata', e prima si lega anche a Bruno, poi...(spoiler).
Questi tre personaggi principali sono tutti meschini e doppiogiochisti, pronti a voltare le spalle all'altro. Parole come 'sentimento' o 'affettività' non esistono: in questa dimensione surreale e ancora imperfetta, priva del benchè minimo rigore etico, si configura già tanto delle relazioni umane secondo Fassbinder, in cui finchè non si spezza una catena circolare e ripetitiva, una volta instaurato un legame esso sarà sempre di valenza padrone-schiavo, abietto e sfruttatore.

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER

Sanjuro  @  30/01/2008 16:31:11
   7½ / 10
Fassbinder giovane ed affascinante, meraviglioso come riesca già qui a far collassare la pellicola su se stessa, crea di tutto, da sequenze che sono quadri (sorta di Antonioni dedito allo spaccio di cocaina) a falsi finali. I tempi lentissimi e cinici...insomma guardatevelo, come tutta la sua produzione!

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