Il capocomico di una scalcinata compagnia d'avanspettacolo inganna la fidanzata con una nuova venuta e per lei abbandona anche la compagnia finché sarà, a sua volta, abbandonato.
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Si fà presto a dire: "prima regia di Fellini"; in realtà la pellicola ha avuto una genesi travagliata e purtroppo fu un insuccesso commerciale decretando la fine del sodalizio tra il Fellini soggettista e sceneggiatore ed il regista Lattuada, tanto che la paternità vera e propria della direzione di questo film rimarrà incerta. Quello che ci rimane è comunque se non un ottimo, un buon esempio di cinema: una storia che ci porta direttamente nella vita dei teatrini di avanspettacolo che tanto andavano nella prima metà del secolo scorso, tra soubrette, cantanti, prestigiatori e ballerini più o meno dotati...spesso meno, ma tutta gente che si illudeva di vivere di arte, che campava alla giornata ed in realtà si arrangiava come poteva. Il tema sarà ripreso più di vent'anni dopo da Alberto Sordi con il suo "Polvere di stelle". Nella sceneggiatura mi pare di aver colto un vago riferimento all'opera di Luigi Pirandello "Lumie di Sicilia". La storia è drammatica ma riesce a non demoralizzare ed a rimanere sempre sul faceto. Un'opera piccola ma da non sottovalutare.
Pescare a piene mani dal neorealismo italico ha permesso lo slanciarsi di Federico Fellini nella produzione registica di film che col tempo diventeranno sempre più propri. LUCI DEL VARIETA' è una prima ma chiara versione di quello psicodramma onirico e magico che porterà la critica a coniare il termine "Felliniano": con l'innesto di attimi di improbabilità metropolitana e il materializzarsi in più forme della fantasia creata dal mondo dello spettacolo anche un melodramma basato sulla miseria umana può diventare una storia slegata dalla narrazione classica del cinema sonoro.
Pellicola ancora inedita in Italia, ed è incredibile nel 2016. C'è da dire comunque che non è di quelle imprescindibili, è sicuramente interessante, ma si ferma a quello. Poche risate ma buon ritmo, regalano a questa pellicola una piena sufficienza.
Per quello che ricordo è meno commedia di VITA DA CANI con Aldo Fabrizi, film antagonista di questo tribolato LUCI DEL VARIETA' che comportò non pochi guai a Lattuada, primo fra tutti la conclusione del sodalizio con Fellini, co-autore e co-regista del film. Nel film di Lattuada e Fellini si tenta più di evidenziare la carica emotiva di una vita grama di attorucoli e soubrettine di avanspettacolo, pronti a tutto pur di emergere ma soprattutto pronti a battagliare a suon di colpi bassi e di mancanze morali. Il cast è capitanato dalla moglie di Lattuada, Carla Del Poggio e da un bravo ed intenso Peppino De Filippo che si cimenta in un ruolo marcatamente serio, anche se non rinuncia alla sua proverbiale mimica e simpatia per assestare qualche gag malinconicamente divertente. Il resto del cast, a cominciare dalla Masina, offre un apporto più che degno, accompagnando i protagonisti in questo viaggio tra un teatrino e l'altro dove regna il caos e la precarietà. Fanno parte del gruppo anche due allora sconosciute attrici: Giovanna Ralli e Sophia Loren, mentre per Franca Valeri e Vittorio Caprioli solo piccole parti. Un film discretamente coinvolgente ed emozionante quanto basta per assicurare una visione godibile, anche grazie ad un ritmo e ad una narrazione degli eventi fluida e non senza colpi ad effetto, abilmente costruito dai due registi che tentano di dare la propria personale impronta, purtroppo poco premiata dagli incassi dell'epoca. Nonostante tutto, un buon film che vale la pena vedere.
Un film diretto a quattro mani, probabilmente la regia è più di Lattuada che infonde una leggera carica melodrammatica, ma la poetica è di Fellini è si noterà nelle opere immediatamente successive come Lo sceicco bianco nel descrivere l'immaginario del mondo del varietà con la lente dello spettatore sognante ed il contrappunto di un dietro le quinte caotico e litigioso. Anche le sequenze della città deserta con il gruppo di artisti girovaghi nella notte. Molto, forse troppo ambivalente il personaggio della Del Poggio, ottimo come sempre Peppino De Filippo.
Ho visto e rivisto tutti i film di Fellini almeno (e ripeto almeno) due volte, escluso "Il bidone". Non avevo mai voluto vedere "Luci del varietà", ripromettendomi di farlo in futuro e rimandando in continuazione. Forse per i pregiudizi che avevo verso il film stesso, che sapevo non essere stimato granché dai critici dell'epoca e neanche di oggi. Ma amando Fellini alla follia, considerandolo dopo meditate e continue visioni del suo cinema uno dei più grandi artisti del '900, era obbligatorio concludere perlomeno il suo percorso cinematografico da regista di cui ora non mi manca proprio nulla. Ora solo alcune sceneggiature.
Luci del varietà promette la sua trama già dal titolo: è il momento delle ballerine dei comici delle compagnie di avanspettacolo. Il film è passato alla storia "solo" perché segna l'esordio alla regia di Federico Fellini, per quanto in mezzo vi sia un'annosa questione riguardo la co-regia con Lattuada: una regia a quattro mani che non inficia il risultato finale, difficile da comprendere però quali sono le influenze felliniane e dove si trovi Lattuada. Alcune inquadrature, come quella della ballerina che sta per entrare in scena e scatarra mentre un ammiratore le manda un bacio guardandole le cosce e un macchinista in romanesco impreca, sono Fellini al mille percento. Però le fonti che vogliono Lattuada molto più incisivo ed impegnato sul set rispetto a Fellini sono molte di più, e lo stesso Fellini si contraddiceva dicendo a volte di averlo girato quasi tutto lui, in altre occasioni di essersi messo da parte rispetto a Lattuada. Una cosa sicura c'è: fu un film fondamentale per la carriera di Fellini, il suo primo "mezzo" lavoro (quel "mezzo" è una cifra che diventerà fondamentale e indimenticabile). Peppino De Filippo fu un grande attore sottovalutato e qui collabora per la prima volta con Fellini, prima di essere richiamato anni dopo per le Tentazioni di Anita Ekberg. Giulietta Masina (moglie di Fellini) e Carla Del Poggio (moglie di Lattuada) si incrociano in modo curioso contendendoselo. Il film è uno spaccato disincantato sul mondo delle luci, dell'"arte", con un ottima chiusura ciclica. Scena memorabile è quella in cui il protagonista vaga per la Roma notturna, trovando una compagnia di artisti e cantando con una brasiliana sotto la luna. Vorrei dire che qui c'è il Fellini più maturo ma potrei fare un grosso torto a Lattuada. A suo modo è un film importantissimo.
Buon esordio di Fellini alla regia, seppur in coabitazione con Alberto Lattuada, che pur mantenedosi nel registro comico descrive con dolcezza ed un pizzico di compassione il difficile mondo dello spettacolo di rivista. E coinvolge con lo strano traingolo amoroso/lavorativo che si forma tra il capocomico Checco, la sua fidanzata Melina e l'esuberante new entry Liliana. Grande prova di Peppino De Filippo, quasi sempre ( ingiustamente ) ricordato solo come spalla comica di Totò.
Il varietà, quello vero, oramai non esiste più e LUCI DEL VARIETA' insieme a VITA DA CANI sono film imperdibili, che ci aiutano a non dimenticare quello che eravamo un tempo. E così Fellini inizia la sua carriera, con un film capolavoro, degno del suo stile e dei suoi temi non ancora, naturalmente, sviluppati appieno. Ma il giovane regista de LA DOLCE VITA non esordisce come tanti bravi registi di adesso con la modestia di essere davanti e dietro la cinepresa, no lui preferisce aspettare, preferisce la Gavetta e sceglie di esordire a fianco ad uno dei più grandi registi di allora, il regista che diventerà il pioniere di un determinato cinema che vede le giovani fanciulle protagoniste di principesche storie d'amore che hanno fatto sognare le ragazzine di un'intera generazione: Alberto Lattuada. Il varietà di una volta aveva chiare e spietate leggi che a quello di oggi gli fa le pernacchie, un mondo in cui il talento era valutato e non finiva in uno scarno gioco di cabaret fra comici pidocchiosi di qualche tv pubblica/privata. LUCI DEL VARIETA' può essere visto anche come prova, esercizio, artisticamente riuscito, del giovane Fellini che riprenderà uno dei suoi temi più cari, quello dello spettacolo, e a distanza di qualche anno, realizzerà un altro capolavoro del cinema italiano e perché no, mondiale: LA STRADA. In entrambi i film ritroveremo Giulietta Masina (qui Nastro d'Argento) che risulta efficace in entrambi, anche se a dire la verità in LA STRADA probabilmente, ha un'interpretazione da Oscar!Insieme alla Masina però il cast è formato da altri grandissimi attori (Peppino De Filippo, Del Poggio) che sembrano fare un pò l'occhiolino al mondo dell'avanspettacolo ma che in realtà è un malinconico ruffiano omaggio a quello che anche loro, in passato, erano stati. Ad affiancare il cast di prim'ordine ci sono, leggermente in ombra, ma pur sempre brave la Loren e la Ralli.
è il primo film di Fellini, girato insieme a Luttada. Si intravede già il tema tipicamente felliniano del mondo dello spettacolo, che verrà sviluppato in quelli che saranno i suoi capolavori. gradevole in alcuni punti, più banalotto in altri, tutto sommato ha anche un suo perchè; ma si tratta pur sempre di un film decisamente minore
Da paragonare molto probabilmente a "Vita da Cani" dell' anno precedente, "Luci del Varietà" segna il 1/2 esordio di Fellini in co-regia con Lattuada, senza il quale non sarebbe mai venuto alla luce uno dei titoli più meravigliosi della storia del Cinema. "Ehi, l' hai visto 8 di Fellini?". Come nel film di Mario Monicelli viene descritta la modesta odissea del mondo dell' avanspettacolo, con personaggi ben riusciti (alla Dino Risi) e con quella caratteristica itinerante quasi picaresca che rispecchia il Fellini nel suo piccolo mondo privato, fatto di vagabondaggi extraurbani in scenari molto simili a quelli che si vedono nella pellicola.
il primo film di Fellini, dove ancora non ha trovato una propria identità di regista (ed è anche comprensibile). Girato insieme a Luttada, c'è chi sostiene debba considerarsi più un film del secondo che di Fellini. assolutamente medio, dove può risultare comunque interessante nella descrizione dell'avanspettacolo.
Esordio cinematografico di Federico Fellini in coppia con Alberto Lattuada. I due registi raccontano con leggerezza e onestà il mondo cinico e un po' ruffiano dei teatranti.
Esordio a due mani di Fellini con il supporto di Lattuada, e non è facile stabiliere chi detenga il primato nella co-regia. I temi sono decisamente Felliniani, sviluppati però nell'ottica proprio dell'ottimo regista di "Il bandito" , col sapore acre del neorealismo (rosa o quasi). Al di là di alcuni momenti francamente patetici e un poco retorici, è un buon film, soprattutto grazie agli interpreti. Carla Del Poggio, in particolare, è bellissima