Piccoletto, non bello, impacciato, lontano dal cliche di sex-symbol, tanto da non sembrare nemmeno un attore, anche se in realtà, si tratta di uno dei migliori in assoluto e sicuramente di uno dei più amati, Dustin Hoffman nasce a Los Angeles nel 1937. Cresce nell'ambiente del cinema, dove suo padre fa l'attrezzista. Fin da piccolo dimostra grande amore per l'arte e per la musica e si scrive al Conservatorio per studiare pianoforte e, contemporaneamente frequenta i corsi di arte drammatica alla Pasadena Playhouse della sua città.
Quando capisce che la sua vera, unica passione è la recitazione, si trasferisce a New York per frequentare l'Actor's Studio di Lee Strasberg dove incontra Gene Hackman e Robert Duvall con i quali condivide anche le stanze dell'appartamento in cui abita.
Comincia a lavorare nei teatri off-Broadway recitando 'Aspettando Godot' di Beckett e 'Il mercante di Venezia' di Shakespeare. E' stato proprio in uno di questi teatri, mentre recitava 'Harry Noon and Night' nei panni di un ufficiale nazista gobbo e omosessuale, che viene notato dal regista Mike Nichols, il quale gli offre il ruolo di protagonista del suo prossimo lungometraggio, "IL LAUREATO" (67). Il dissacrante (per allora) film, tratto dal romanzo di Charles Webb, sull'America degli anni 60, puritana e perbenista, segna l'inizio della sua folgorante carriera.
L'interpretazione, precisa e puntuale, del giovane neolaureato depresso che approda riottoso, tra le braccia di un'attempata ninfomane, prima di portar via, letteralmente, dall'altare la giovane figlia al futuro sposo, gli vale la prima nomination agli Oscar come miglior attore protagonista.
Premio, questo con il quale ha sempre avuto, e continua ad avere, un rapporto contrastato e difficile, e che ha vinto due volte: la prima nel 79 per la toccante interpretazione del padre infelice di "KRAMER CONTRO KRAMER", e la seconda nell'88, per il personaggio di Roy Babbitt, fratello autistico di TOM CRUISE in "Rain mam - L'uomo della pioggia". La prima volta sperò, addirittura di non vincere dato che in quei giorni era stato assassinato Martin Luther King, e Dustin voleva che la manifestazione fosse sospesa, che invece fu solo rimandata. Quando Bob Hope fece dell'ironia sul fatto che aveva dovuto fare due volte le valigie, l'attore scrisse una lettera, indignata al presidente dell'Accademy, che quella volta era GREGORY PECK: non ottenne risposta, e per molto tempo non fu più invitato al gala. In seguito ha sempre dichiarato che l'Oscar, così come gli altri premi, sono deleteri in quanto mettono, gli uni contro gli altri, gente di talento.
Nel 69 ottiene una seconda candidatura agli Oscar per il ruolo dell'amico infelice, zoppo ed emarginato del biondo gigolò, a cui si lega per il suo ultimo, agognato viaggio verso la Florida, in "UN UOMO DA MARCIAPIEDE" (69)
E' superbo nel personaggio dell'uomo bianco allevato in una tribù di Cheyenne in "Il PICCOLO GRANDE UOMO" (70), come in quello del vendicativo matematico, timido e pacifista, che si trasforma in genio del massacro per difendere la sua casa in "CANE DI PAGLIA" (71)
Dopo alcune prove più scialbe, ma di tono sempre elevato per quanto riguarda la sua recitazione, come nei panni del timido impiegato di banca succube delle donne, nell'italiano "ALFREDO, ALFREDO" (72), o come nel ruolo del falsario detenuto alla Cayenna in "PAPILLON" (73) , ottiene una nuova nomination agli Oscar per la, semplicemente perfetta, interpretazione del fantasista e showman LENNY Bruce in "LENNY" (74).
Successivamente è Carl Barnstein, uno dei due giornalisti del Washington Post, che fecero esplodere lo scandalo 'Watergate', che portò alle dimissioni del presidente Nixon, in "TUTTI GLI UOMINI DEL PRESIDENTE" (76); poi il timido ebreo torturato da un ex criminale nazista in "IL MARATONETA" (76)
Riscuote un altro grande successo, e ottiene l'ennesima nomination agli Oscar, con "TOOTSIE" (82) nel ruolo al femminile di un attore disoccupato che si traveste da donna, e così ottiene una scrittura in una soap-opera.
La nostalgia per il teatro si fa intensa e, per un po', abbandona il cinema e torna a recitare in palcoscenico, per interpretare un memorabile Willy Loman, commesso viaggiatore deluso dal lavoro e dalla famiglia , che cerca la morte in un incidente automobilistico per far riscuotere al figlio, senza arte nè parte, i soldi dell'assicurazione, nel dramma 'MORTE DI UN COMMESSO VIAGGIATORE' di Arthur Miller di cui verrà registrata una versione per la TV, che gli fa vincere un premio Emmy.
Dopo il modesto "ISHTAR" (87) e l'apoteosi di "Rain man" (88) con il quale, oltre l'Oscar, vince anche un Orso d'oro a Berlino, un altro ruolo in tono minore in "SONO AFFARI DI FAMIGLIA" (89) che lo vede nel ruolo, poco convinto e poco verosimile (lui, classe 1937, è figlio di SEAN CONNERY, classe 1930) di un ladro, imborghesito e integrato nel sistema, alle prese con il padre e il figlio, delinquenti irriducibili.
Più incisivo è nei panni di un gangster, complessato e psicopatico, ormai sul viale del tramonto, in "BILLY BATHGATE" (91); gigioneggia, divertito e divertendo, nelle vesti del malvagio pirata in "Hoock - Capitan Uncino" (91), prima di indossare i panni di un imbroglione egoista che si ritrova, suo malgrado, a salvare i superstiti di un disastro aereo in "EROE PER CASO" (92)
La galleria dei suoi ritratti si arricchisce e lui, 'the loser' (il perdente) si cala sempre di più, con impressionante aderenza, al limite del perfezionismo, nei panni dei suoi personaggi.
Dopo tre anni di assenza torna sugli schermi nel ruolo di un ufficiale medico americano il quale scopre che i militari, per poter continuare a sperimentare armi batteriologiche, hanno tenuto nascosto un vaccino per curare un virus devastante, nel giallo claustrofobico- +politico, "VIRUS LETALE" (95). E' superbo nei panni dell'avvocato inetto e cocainomane di "SLEEPERS" (96), poi in quello di rapinatore mancato, nell'originale trasposizione della piece di David Mamet, "AMERICAN BUFFALO"; ed ancora, in quello di un cronista d'assalto nel melodramma "MAD CITY - ASSALTO ALLA NOTIZIA" (97), sullo strapotere dei media e sulla volubilità dell' opinione pubblica, manipolata dalla TV, (niente di nuovo sotto il sole).
Nuova grande prova e nuova candidatura agli Oscar, nel ruolo di un potente produttore cinematografico che cerca di far rieleggere un Presidente coinvolto in uno scandalo sessuale, nella feroce commedia "Sesso & Potere" (97). Sempre puntuale, anche se in tono minore, è la successiva performance di un eroico psicologo, nel claustrofobico-fantascientifico, "SFERA" (98), da un romanzo di Michael Crichton.
Dopo una partecipazione nel "GIOVANNA D'ARCO" di Luc Besson (99), torna eccezionale protagonista, nel ruolo di un padre colpito dall'assassinio della figlia, in "Moolight Mile - Voglia di ricominciare" (02). Il suo ultimo impegno, "CONFIDENCE - LA TRUFFA PERFETTA" (03) lo vede nei panni di un nevrotico boss che un ingenuo ma abile truffatore, deve ad ogni costo risarcire.
Nel legal-thriller "LA GIURIA - RUNAWAY JURY", tratto da John Grisham, nel ruolo di un integerrimo avvocato, con il suo vecchio coinquilino ai tempi di New York, Gene Hackman, con cui non aveva mai lavorato.
Oltre ad "ALFREDO, ALFREDO", in Italia ha girato anche il western di serie Z, "Un dollaro per 7 vigliacchi", talmente improbabile da essere spesso rimosso dalle filmografie ufficiali.Hoffman si è sposato due volte, la prima nel 69 con Anne Byrne, da cui ha divorziato nell'80, dopo aver avuto avuto una figlia (lei ne aveva già un'altra che Dustin ama come sua); e la seconda nell'80 con l'attuale moglie, Lisa Gottsegen, con la quale ha avuto altri quattro figli, che lo seguono sempre sui set in cui lavora: 'Sono zingaro, ma per fortuna zingaro ricco, mai più di due settimane lontano dalla famiglia', è solito dire a chi gli chiede perchè i suoi figli sono sempre con lui.
Il segreto del suo successo: una oculata gestione della popolarità e una sana dieta rigorosamente vegetariana.
Da qualche anno è divenuto anche produttore.
Nel 96 è stato premiato a Venezia con il Leone d'oro alla carriera.
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Biografia a cura di luisa75 - ultimo aggiornamento 31/01/2004
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