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Ricchezza d'ispirazione, ritmo anticonvenzionale e forza espressiva sono tre ottime componenti per il film di genere ideale, ma FEAR X può contare su un aspetto più forte e appariscente, che sembra comunque non mettere a rischio la freddezza dell'opera, ovvero il tocco surrealista di Nicolas Winding Refn, stavolta evolutosi non solo nell'uso mentale del sonoro, del quale fa parte anche l'assenza di esso, ma soprattutto in quello visivo, estremo nella saturazione cromatica e nella frammentazione dell'immagine mediante la luce, segni di un parallelismo psicologico accostato allo svolgimento della trama, che si spezza per travasare totalmente in suggestive inquadrature oniriche incapaci di eclissare la coerenza della pellicola e utili nell'evidenziare uno stato di ossessione e ingabbiamento proprio d'una insperata ricerca della verità, altra trasfigurazione di quella che è la scoperta del proprio ego da parte del protagonista.