Quando il visionario architetto László Toth e la moglie Erzsébet fuggono dall'Europa del dopoguerra nel 1947 per ricostruire la loro ereditŕ e assistere alla nascita dei moderni Stati Uniti, le loro vite cambiano per sempre nel momento in cui vengono approcciati da un ricco e misterioso cliente.
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Buon film di Corbet, una specie di colosso vecchio stile - in realtà a livello di budget risulta parecchio modesto, ma la durata e il respiro epico che a tratti prende possono ricordare qualche colossone che ha fatto la fortuna di Hollywood - che narra una storia nemmeno troppo originale, ed è forse questo estremo classicismo, a metà tra l'omaggio ad un certo tipo di cinema e la paura di osare, che non mi fa andare oltre con la valutazione, perché a livello di narrazione e tematiche è tutt'altro che brutto, anzi.
L'opera parla della storia di Laszlo Toth, architetto che ha studiato alla Bauhaus e in seguito alle persecuzioni naziste è emigrato in America, venendo separato dalla moglie, creduta morta, e dovendo ricominciare la sua vita da capo, qui inizia a lavorare come designer per il piccolo negozio del cugino, ma in seguito alle accuse della moglie di lui di averci provato e alla rabbiosa reazione di Van Buren riguardante i lavori in casa - tutti fattori che aimé non erano davvero colpa del povero Laszlo - viene cacciato via e finisce andare a spalare carbone, vivendo una condizione difficile inizia anche ad essere dipendente dall'eroina. Ben presto però Van Buren torna sui suoi passi, rendendosi conto delle doti di Laszlo dopo aver visto su un giornale alcune delle sue opere e decide di commissionare un grande centro ricreativo all'architetto, da qui inizia il loro rapporto burrascoso che avrà grandi implicazioni sociali.
"The Brutalist" parla di tante cose, è un film che mostra tutte le difficoltà dell'essere umano lontano da un contesto familiare, in cui deve ripartire da zero senza l'appoggio di praticamente nessuno, nonostante le sue grandi doti, l'emigrazione forzata di Laszlo lo porta nel contesto dell'America anni cinquanta, culla del capitalismo a senso unico in cui la distanza tra il povero e il ricco si stava progressivamente ampliando, e qui si ricollega a quello che è forse il significato principale della pellicola, il rapporto di potere, gestito totalmente dal denaro, alla fine Van Buren è un megalomane, lunatico, meschino, subdolo uomo che riesce a trattare tutti a pesci in faccia solo perché estremamente ricco, Laszlo diventa un suo subordinato ed è sempre in balia dei suoi umori, un giorno si sveglia inc4zzato come una iena e decide di tagliare tutti i fondi e trattarlo malissimo, un altro giorno si sveglia col piede giusto ed è più benevolo, il film è efficace nel creare questa atmosfera angosciante in cui sembra il destino del protagonista sia estremamente influenzato dagli umori di un ricco capriccioso e viziato, che considera il resto del mondo come degli oggetti da gestire a propria convenienza, d'altronde, l'episodio chiave, quel rapporto non consenziente che avviene nelle cave di marmo a Carrara, non è altro che il simbolismo più diretto e grezzo possibile del vecchio ricco che incul4 il giovane povero.
Ed è interessante anche come il film riesce ad approfondire le conseguenze di questo rapporto nella psiche e nella vita di Laszlo, evitando bene un certo manicheismo, anche il protagonista non è uno stinco di santo, mostrando le conseguenze dei comportamenti di Van Buren in atteggiamenti spesso intimidatori e rabbiosi nei confronti di qualche collaboratore, sottoposto o rivale, così come lo stesso rapporto con la moglie che vive di continui alti e bassi influenzati dallo stress e dalle dinamiche di un progetto con infiniti problemi.
Brody straordinario, a parte che è tranquillamente l'uomo con più stile sul pianeta, sempre credibile ed espressivo, col suo viso scavato e disilluso, capace di esplodere in pianti liberatori e sfuriate causate dalla frustrazione e allo stesso tempo mostrare una forte determinazione, ma anche Guy Pierce nel ruolo del viscidone ci sta meravigliosamente.
Tecnicamente è un film validissimo, con una fotografia splendida, satura e in qualche momento addirittura lisergica - splendide le scene nel sistema di raccolta dell'acqua sotto l'edificio, così come quelle nelle cave di marmo che hanno un non so che di ipnotico, anche grazie alla musica che le accompagna - e soprattutto un montaggio di grande fattura che riesce a non far pesare mai la corposa durata del film, personalmente mi ha soddisfatto.