Sfuggita all'inseguimento di due killer, la bella Grace arriva nella sperduta cittadina di Dogville. Grazie all'aiuto di Tom, portavoce della comunità, Grace riesce ad ottenere protezione a patto che sia disposta a lavorare per la comunità. Ma quando si viene a sapere che la donna è una grossa ricercata, gli abitanti di Dogville avanzano nei confronti di Grace sempre maggiori pretese. Ma Grace nasconde un segreto che farà pentire tutta Dogville di aver mostrato i denti contro di lei...
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Quando ci arriva un dono, o per meglio dire Il dono, cosa siamo in grado di farne? Cosa ne facciamo della Grazia e del potere che essa ci concede? Con un solo colpo Lars Von Trier spara una potente metafora storico-sociale-religiosa, proponendo una riflessione sul linguaggio tra cinema e teatro. Soltanto un genio avrebbe potuto puntare così in alto e Lars Von Trier lo è.
Capolavoro. Semplicemente geniale. Assolutamente unico ed irripetibile. Trama, sceneggiatura, ritmo, scenografia, luci, dialoghi, recitazione, fotografia, movimenti di macchina ed epilogo: tutto assolutamente ottimo. Pezzo raro di altissima cinematografia. Grande grande Trier.
Il mio Lars Von Trier preferito. Tra i dieci migliori film, a parer mio, dal 2000 al 2009. Un'opera originale e cruda, nella quale si respira l'atmosfera del Dogma 95. Una pellicola devastante e sincera, senza le tipiche impalcature hollywoodiane. Un (quasi) trattato filosofico, scritto con gli sguardi e firmato con il sangue. Il cielo è sporco, qua il cielo abbaia.. E le persone ringhiano e hanno la bava alla bocca, è forse la rabbia? Poi c'è quel cane, così dolce, così diverso.. Lui non è una bestia..
Molto più che un film,questa opera offre spunti di riflessione su molti argomenti. Finale tanto esaltante quanto agghiacciante, LVT si dimostra un genio assoluto per quanto mi riguarda.
Già dal titolo vengono provocati in noi ansie, timori e paure.
Già da quando leggiamo LVT stringiamo forte la sedia.
Già dai primi secondi ci chiediamo ma che cavolo di scenografia é??
V. Trier compie un passo geniale: unisce il teatro al cinema scenograficamente in un luogo buio e claustrofobico ma anche narrativamente genale. Prende Bretch e lo spiaccica nello schermo facendo si che il film si divida in 9 capitoli. 9 capitoli terribili! Il narratore onniscente ci narra una storia dal segno delirante. Il luogo rispecchia gli abitanti. Abitanti crudeli, lupi bastardi, mentalmente ristretti, umanamente ribrezzanti. Degli abitanti che si contrappongono (anche se sappiamo bene che in fondo non é cosi) alla protagonista, inizialmente gentile, buona, compassionevole, positiva, che in un crescendo di stupri, abusi, sfruttamenti si trasforma in una criminale dal cuore puro, fredda, impassibile, vendicativa,..dove assume il ruolo di carnefice senza passare per colpevole o innocente. Entrambi i fronti assumono un cambiamento o meglio é errato parlare di trasformazione e sarebbe più giusto dire che i personaggi tirano fuori quello che realmente sono, la loro natura, la stessa natura di noi spettatori. Ed ecco il gioco incantevole dove LVT esbisce tutto il suo genio. Mette in ballo i rapporti interpersonali, posizionando lo spettatore come vittima stessa del film e con sadico intellettualismo ci schianta sul muso la lezione che nell'aprirsi troppo all'altro si finisce con le gambine segate. Insomma sfido chiunque a venirmi a dire che non si é immedesimato in questo film dove LVT unisce l'individualismo pestante con il cinema d'essai, andando a creare una complessività filmica apparentemente registicamente indifferente (scusate!) ma che in realtà sottolinea la visione del nostro caro Lars che ci propone uno spaccato cosi maledettamente provocatorio, sconvolgente, fastidioso, cinico, atroce, a tratti nichilista portando il film all'estremo.
questo film o lo si boccia completamente, oppure si rimane a bocca aperta rimanendo estasiati da cosi tanta bellezza. io credo che la seconda opzione è quella che fa per me.
Grande opera uscita dai meandri della mente del genio Von Trier. Senza dubbio un film che spiazza completamente, dopo la prima visione è difficilissimo dare un commento, è un film che ha bisogno di tempo e riflessione per esser capito, e anche di varie visoni. Un tipico film che piace o non piace, più unico che raro; Insomma una gemma. Io l’ho rivisto per la terza volta e non cambio idea, lo reputo un gran film, Von Trier dimostra che per fare cinema basta una sceneggiatura, degli attori e un buon regista a dirigere il tutto. Ottimi tutti gli interpreti compresa la Kidman. Geniale.
3 ore della mia vita buttate via. Non critico l'assenza di scenografia, ma presumevo che il regista avrebbe puntato sulla caratterizzazione dei personaggi, sull'evoluzione dei loro stati d'animo, ma non ce n'è traccia. Invece puntualmente una invadente e fastidiosissima voce narrante interviene per spiegare cosa passa nella testa dei personaggi e via via fare un bollettino della situazione. In un film di tre ore che si svolge in tre metri quadrati, ma come è possibile?? Ma è un film o un audiolibro?? Facile la scelta di ambientare la storia in un villaggio bigotto di inizio novecento che permette al regista con la suddetta voce narrante di guidare l'ascoltatore dove gli pare. Scontato finto cervellotico il finale.
Uno dei peggiori film che per mia sfortuna mi è capitato di vedere. Qualcosa di veramente orribile e al limite della piscopatia. Senza contare che la locandina del film non lascia minimamente presumere la totale assenza di scenografia. Un film in cui si è speso SOLO per l'ingaggio di star (NICOLE KIDMAN) senza curare il resto dei dettagli. ZERO scenografia. Il regista ha voluto richiamare il pubblico col grande nome vendendo qualcosa che non è un film. A mio parere il suo ovvio intento era quello di stupire e lasciare qualcosa nello spettatore che andasse oltre scenografie ed effetti speciali. Per quanto mi riguarda mi ha lasciato solo una tremenda incazzatura.
Film repellente e presa in giro per lo spettatore che paga senza sapere che, il pur giusto inquadramento della negatività umana che il regista desidera raffigurare cadrà nella schifezza dell'opera cinematografica, causata dalla totale assenza di impalcatura scenografica. La cattiva fede della produzione sta nel fatto di non avvertire con note sulla locandina, o con altre sulla spalla del dvd, che trattasi di pellicola in cui risulta assente la pur blanda scenografia che in un teatro qualunque nostrano avrebbe costruito. L'intento di far emergere il sentimento ovviamente naufraga nella totale stupida attività di eliminazione di ogni struttura scenografica. Questa mancanza ci fa vedere come il Von Trier sia regista di quell'arrogante snobbismo, convinto che un nome come la Kidman, attirando numerosi spettatori, intrappoli questi poi in un doveroso applauso ad una presunta superiorità direttiva che non esiste, giacchè anche in un sogno, inconsciamente, l'uomo costruisceuna scenografia più o meno approssimativa del contesto. Pertanto operare cinematograficamente in tal modo è da truffatori, oltre che stupidi. Non vedete simili porcate. Ovviamente è la mia idea, ma attenzione, la maggior parte di voi spegnerà dopo poco sicuramente. Poi anche sulla bravura di Nicole ci sarebbe molto da discutere. Non credo che sia stata opera così difficile da recitare
Sorprendente in negativo l'ambientazione su palcoscenico che fa perdere un pezzo di cinema inoltre lentezza e tematica morale rendono il film un po' pesante senza che niente lo possa far uscire dal binario iniziale... Insomma sono costretto a dare a mio modesto parere un voto insufficiente pur apprezzando lo sforzo per fare qualcosa di diverso.
Nella mia personale top 5 dei film più difficili da commentare si è ritagliato un posticino anche Dogville, un indiscutibile capolavoro. Resta da stabilire se votare in modo distaccato e oggettivo e dare dunque un 9 o se basarsi sull'impressione soggettiva e quindi 7 e mezzo. Dato che qui non siamo per dare i voti che un film obiettivamente merita (altrimenti sai che piattezza...), bensì per esprimere un giudizio personale, scelgo il secondo criterio. Partiamo con la premessa che Dogville è difficile da seguire e Lars Von Trier, tenendo fede ad alcuni principi che egli stesso stabilì in Dogma 95, non fa niente per facilitare il compito. Già quando si scopre che l'ambientazione non è reale, ma è una sorta di palcoscenico nel quale le case sono solo disegnate a terra e gli oggetti, il mobilio e le porte devono essere immaginati dallo spettatore (si sente il rumore delle porte ad esempio, ma non si vedono) è un tonfo, e l'ignara "vittima", si fa per dire, resta per dieci minuti a chiedersi se ci sia un errore. Col tempo ci si abitua all'idea e sembra di giocare a The Sims, con le pareti trasparenti che lasciano vedere ciò che ogni personaggio fa dentro casa. Dogville è anche molto lungo e la sua dimensione di capolavoro emerge lentamente. Bisogna avere pazienza perchè, tranquilli, emergerà. Proprio la difficoltà di rendersi interessante che ha il film all'inizio mi porta ad abbassare il voto e so che può essere una scusante sciocca perchè in fondo anche questo è un espediente funzionale al risultato finale.
Dogville sembrerebbe proprio la cittadina perfetta: arroccata tra le montagne, piccola e nella quale tutti si conoscono e vivono in tranquillità. Ogni abitante pare essenziale a sè e agli altri: insieme costituiscono un organismo minuscolo ma compatto e pienamente funzionante. Arriva però Grace a "rompere" questa armonia, una Nicole Kidman da sogno incarnata in una sorta di messia al femminile. Per essere accettata e protetta si mette al servizio della comunità: all'inizio tutti si rifiutano del suo aiuto perchè nessuno ha bisogno di niente. Ma c'è sempre bisogno d'aiuto... Inizia così un processo di degrado umano e morale di ogni singolo abitante di Dogville che si rivela per ciò che è (per ciò che tutti siamo): l'animale cattivo per eccellenza (come Gobineau ha definito l'uomo) perchè arreca dolore solo per il semplice piacere di farlo, un animale che si organizza in branchi solo per il proprio bisogno e non per il suo spirito socievole (la critica all'ottimismo sociale di Schopenauer). Grace, tra violenze e abusi, incassa e reprime tutto, anzi porge l'altra guancia. Lei sembra un'eccezione alla regola umana, l'unica. Nonostante le innumerevoli cattiverie, che vedono coinvolto anche Tom (quello che dice di amarla, il solo a non abusare fisicamente di lei), fino all'ultimo Grace tiene nascosto il suo segreto per tenere al sicuro la comunità.
All'arrivo del boss, il padre, Grace, messa di fronte a una scelta spigolosa, si dimostra infine uguale a tutti gli altri. Scarica sulla popolazione di Dogville tutte le violenze accumulate, arrivando al culmine della malvagità con la punizione alla madre dei sette bimbi.
Lo stesso spettatore, vedendo questa fine, è portato ad approvare la reazione di Grace e quindi si rivela egli stesso facente parte del mondo descritto dal regista: il mondo di Dogville, nient'altro che la miniatura del nostro mondo.
In conclusione si può leggere la scelta della non scenografia in diversi modi: la voglia di rappresentare l'indole umana spogliata di tutte le maschere e le apparenze (rappresentate dalla casa e dall'arredamento); un modo per raffigurare il tipico paesino in cui tutti sanno tutto di tutti e, dunque, ciò che ciascuno fa in casa propria è quasi di dominio pubblico; un espediente giustificato dall'utilizzo di un narratore onnisciente, che racconta la storia dall'esterno conoscendo già tutti i fatti e quindi con la possibilità di vedere anche attraverso le pareti. In questo modo lo spettatore è partecipe della sua visione a 360° e può analizzare meglio il contenuto della storia.
L'ultima sequenza del cane, unico superstite dell'incendio, che "prende vita" (anche del cane era disegnata per terra solo la sagoma), mi fa pensare ad una possibile considerazione amara (e allo stesso tempo ironica) e paradossale di Von Trier: il cane (e gli animali più in generale) è moralmente superiore all'uomo perchè non essendo dotato di ragione, nè di coscienza e quindi non discernendo il bene dal male, non può compiere nè l'uno nè l'altro (non si fa del bene con la pura esteriorità, ma anche con una compartecipazione interiore) mentre l'uomo è capace solo del secondo. In sostanza il cane rimane disegnato per tutto il tempo perchè passivo alle azioni che si stavano svolgendo e prende vita solo quando esse si sono compiute ed esaurite. Inoltre, ironia della sorte, il cane era stato l'unico ad aver subito in qualche modo un danno da Grace (la quale all'inizio dice di avegli rubato un osso) e tuttavia l'unico a non averle fatto alcun tipo di violenza.
Insomma un film altamente pessimistico e forse uno dei più cattivi e spietati di tutti i tempi. Primo capitolo di una trilogia non completa. Chissà Manderlay...
Inizio il commento con una frase biblica: non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere. Gli abitanti di Dogville fanno finta di non vedere ciò che stanno facendo alla ragazza, addirittura tenendo fra di loro uno stupido atteggiamento ipocrita, come se tentassero di autoconvincere se stessi e gli altri di essere nel giusto. La ragazza fa finta di non vedere la pochezza di queste persone, il discorso finale nella macchina lo rivela in pieno nell'incontro della ragazza con quello che è secondo me l'alterego del regista. Un idea azzeccata è stata ricostruire il paese in una mappa anzichè dal vivo. Oltre che a focalizzare l'attenzione fra i rapporti interpersonali, rende benissimo l'idea del paesino dove tutti sanno tutto di tutti ma nessuno dice nulla..
La sequenza del primo stupro in effetti è resa ancor più forte (mi son piegato dal ridere) dalle inquadrature finali che mostrano tutti indaffarati e indifferenti ad una situazione che potrebbero vedere se solo lo volessero, quei muri sono invisibili in fin dei conti.
morali: siamo tutti un pò Grace quando ci facciamo calpestare da qualcuno non considerandolo alla pari con noi o concedendogli attenuanti, può essere un figlio, un datore di lavoro, una fidanzata ma anche una minoranza o un gruppo etnico. Salvo poi reagire solo dopo molte angherie con un comportamento spropositato rispetto alla singola occasione che lo ha fatto scattare. Subito dopo però mi è venuto in mente che siamo un pò tutti abitanti di dogville quando diamo a noi stessi dei diritti che agli altri non diamo, comportamento ancor più facile da attuare con chi è incapce di difendersi e che non scuote le coscienze se avanza piano piano come succede in questo film e se è in qualche modo giustificabile (serve una compensazione, così avviene nel settore dei trasporti..) Entrambi i comportamenti risultano autodistruttivi tant'è che nessuno di loro ne trae alla fine beneficio.
Unico neo il cambiamento di Grace, personaggio del tutto illogico, stereotipato e incapace di apprendere qualsiasi lezione (anche se dopotutto è un film incentrato sulla miopia) cambia repentinamente nel finale senza rimanere fedele a se stesso. Questo cambiamento stride, parecchio nel contesto della storia.
Straordinaria parabola sull’umanità. Lars Von Trier mette in scena una sorta di allegoria, volta a porre a nudo l’insopprimibile inclinazione dell’uomo alla prevaricazione e allo sfruttamento altrui, che si esplica soprattutto nei fenomeni da branco e, più in generale, nelle manifestazioni della collettività. La venuta al villaggio di “Dogville” di Grace, figura cristologica femminile incarnzazione –come suggerisce il nome stesso- della purezza e della grazia, destabilizza gli abitanti del luogo che, dapprima, si mostreranno sospettosi e scostanti nei suoi confronti; poi subdolamente amichevoli e, infine, si atteggeranno a veri e propri aguzzini, umiliando e calpestando il suo animo caritatevole e misericordioso. Così la dis-umanità da cui Grace era sfuggita si ritroverà irrimediabilmente in quello che avrebbe dovuto essere il suo luogo di riparo e protezione. Grace sperimenterà il tradimento in ciascuna delle persone con cui entrerà in rapporto, e in particolare con Tom/Giuda: colui che aveva fatto mostra di aiutarla, perché attratto dal suo spirito benigno, offrendo un amore che, di fatto, non c’è mai stato, rivelandosi proprio per questo più colpevole di tutti. Il villaggio di “Dogville” diventa, così, la rappresentazione di quel coacervo di infimi particolarismi e sentimenti (egoismo, invidia, sadismo, desiderio di sopraffazione ecc…) che coabitano nell’uomo e che si amplificano nelle (anguste) comunità, dove lo “straniero” è visto con diffidenza e circospezione. La bontà di Grace è destinata, dunque, a soggiacere sotto l’impeto infausto della nequizia collettiva, insensibile a qualsiasi manifestazione di benevolenza e misericordia che, anzi, non fa che accrescere e alimentare la disumanità della comunità. Il messaggio di Cristo fondato sul perdono viene, pertanto, neutralizzato e nell’incontro tra Grace e suo Padre –sorta di personificazione di Dio- viene addirittura ribaltato. Grace verrà “illuminata dalle parole di questi, e così al perdono si sostituirà la punizione come unico strumento necessario per governare e controllare gli uomini e le loro innate tensioni disgregatrici. A questo punto la passività caritatevole della “straniera” si trasmuterà in un efferato impulso vendicativo che non risparmierà nessuno, perche nessuno è degno di assoluzione. Ottima l’idea di una “mise-en-scene” metateatrale, in cui gli spazi non sono delimitati da mura e strutture materiali, bensì da barriere ideali erette dalle condotte esiziali e nefande degli abitanti di “Dogville”. Una menzione particolare va, infine, alla voce fuori campo nella versione italiana (Giorgio Albertazzi), che personalmente ho trovato incantevole.
Un film meravigliosamente cinico, forse fin troppo. La sperimentazione di Von Trier è accattivante, ma nello stesso tempo un punto debole, si allontana eccessivamente dalla vera natura del cinema. A tratti geniale e a tratti ingenuo, mi ha lasciato piuttosto perplesso. Comunque un film da vedere.
Il sogno di ogni regista, la macchina da presa come l'occhio dei cieli in grado di controllare tutto quanto. Difficile valutare in questo sito un qualcosa di cinematografia incompleta, ho impiegato qualche minuto per smaltire la delusione di una banale quanto geniale messa in scena di un regista che non conoscevo minimamente. E' strano come questo film, che potrebbe benissimo essere un invito, un inno all'immaginazione, forse anche per questo c'è un continuo utilizzo esagerato della mdp a spalla, proprio come se ci fosse come precedenza su tutto, la volontà del regista di metterci costantemente dentro l'azione, dentro il film, dicevo, in realtà non mi abbia fatto immaginare nulla, non un oggetto scenografico in più, non la tonalità di un colore rispetto ad un altra del prato, non il colore del cielo, non la razza del cane, niente. Con questo film Trier ha fatto qualcosa in più di Welles (non oso paragonare i due registi intendiamoci) con la sua profondità di campo, dando drammaticità focalizzando due piani diversi attraverso una finestra, qui lo fa addirittura tra un esterno ed un interno che a noi dovrebbe apparire ignoto, non dovrebbe apparire affatto. Stupefacente la sceneggiatura e i dialoghi, praticamente tre ore di filosofia, saggezza, sinestesie, ossimori, allegorie ed incredibilmente senza mai o quasi cadere in un minimo di retorica, il tutto raccontato da un'incredibile timbrica e cadenza verbale del narratore, a tratti emozionante, per il resto coinvolgente. Dogville, una cittadina topografata, spoglia come la morale di tutti gli appartenenti di questa comunità. Ottima interpretazione della Kidman,ottime le interpretazioni di tutti,incisive perchè ottimamente dirette. Cadrò in contraddizione con un mio precedente commento ma il finale mi ha entusiasmato e soddisfatto.
è un buon film o un'opera teatrale? Sicuramente di impatto, forse un po' lungo ma comunque efficacissimo nel sovvertire gradualmente il nostro giudizio iniziale nei confronti della comunità di persone...
Un gran film, intenso, che offre numerosi spunti di riflessione e di indagine. Stimoli ambientali quasi del tutto assenti grazie all'eccellente trovata della non-scenografia: in Dogville, piccolo micromondo e riflesso della società, è il comportamento umano ad essere messo a nudo. Comportamento come determinante degli eventi, e non viceversa. E ancor prima del comportamento, viene la natura umana, sfruttatrice ed egoista, brutale e ipocrita. Decisamente interessante è l'analisi del comportamento sessuale, privato di ogni minima componente che lo riconduca al sentimento. Riflessione che passa maggiormente mediante l'eccellente ritratto di Tom e della propria condotta: sibillina fin dall'inizio, si arrampica su ideali e sovrastrutture di ordine morale del tutto carenti, che si sgretolano all'ennesimo rifiuto di appagamento di un sentimento forse davvero ritenuto tale (inconsciamente?) ma del quale non è proprio capace. Sotto la maschera, non è minimamente distinguibile da tutti gli altri, è esattamente come loro. E' l'emblema di una natura mistificatrice in grado di camuffare i (presunti) reali, edonistici intenti. E in tutto ciò come si colloca la figura di Grace? sicuramente per mio conto è troppo stilizzata, troppo identificabile con simbologie religiose (che aborro). Il finale è bello e spiazzante, ma non segue un'elaborazione completamente convincente. E' anche opportuno sottolineare che dopotutto sto commentando l'edizione italiana decurtata, che non aiuta in tal senso. Permangono diversi interrogativi proprio sulla autoriduzione (?) etica che la protagonista compie dal pulpito della sua presunta 'arroganza' (parole usate per lei da...-spoiler!- che le spiattella il proprio ritratto) e sul valore di tale scelta ai fini di una riflessione più allargata, in senso sociale. Comunque brava la Kidman e tutto il cast, anche se la Bacall sarebbe potuta essere impiegata in un ruolo di maggior spicco (così come la Andersson).
Una parabola cinematrografica, questo mi è sembrato in fin dei conti il film di Lars von Trier. Un parallelo che mi è venuto in mente è la storia della città di Gomorra, come è raccontata nell’Antico Testamento. Si tratta quindi di una storia scritta apposta per dimostrare alcune tesi e non si fa mistero che è in sostanza qualcosa di “costruito” e non di realistico. La messa in scena “teatrale” toglie qualsiasi considerazione storica o ambientale per concentrare l’attenzione non sulle cose ma sulle persone e il loro comportamento. Alla fine però la mancanza di scenografia finisce per diventare LA scenografia; in altre parole il niente, il vuoto, la dura essenzialità senza colore o decorazione è il mondo che determina le persone che ci vivono, le quali non riescono o non vogliono cambiarlo. Anche la voce fuori campo dà la sensazione di storia costruita, per estraniare lo spettatore da quello che vede. Viene ritratto un ambiente tipizzato con tanti personaggi esemplari, con i loro apparenti pregi ma soprattutto con i tanti difetti, fra cui il conformismo, l’opportunismo e l’ipocrisia. Queste caratteristiche rimarranno immutate dall’inizio alla fine. In questo che è il simbolo estremizzato delle società chiuse, giunge Grace, un “ospite” (così sarà sempre sentito), una specie di “dono”, come se l’era immaginato il personaggio di Tom che simboleggia il falso idealista, la presunta guida morale della comunità. Grace è invece moralmente il loro contrario: altruista, sincera, disponibile. Anche lei però possiede queste proprietà al grado estremo senza una mediazione intermedia. E’ portata perciò a essere debole, troppo indulgente e remissiva. La storia prosegue quindi con un fare paradigmatico. All’inizio scatta l’aspetto formale delle belle maniere che si devono ad un ospite. Che il comportamento sia formale lo dimostra il fatto che nessuno si tira indietro rispetto ad un eventuale utilizzo pratico di questo nuovo venuto. Lei cerca comunque di ingentilire e migliorare la comunità, fino a che non intervengono fatti materiali che indeboliscono la sua posizione e che la rendono ricattabile. Ecco quindi che l’occasione fa l’uomo opportunista e piano piano esce fuori la vera natura della gente della comunità, la quale tende a considerare le persone non della propria comunità (soprattutto quelle più deboli e indifese) come degli oggetti a proprio uso e consumo egoistico. Allo sfruttamento materiale ci si aggiunge poi anche il disprezzo e la cattiveria. Il parallelo con la società attuale è fin troppo chiaro. Siamo noi con le nostre mani che creiamo una schiera di gente sfruttata, vittima del nostro opportunismo e egoismo e per di più disprezzata e perseguitata. Il finale è ironico e premonitore allo stesso tempo. Ironico perché la comunità viene giudicata con lo stesso metro dell’ideologia che professa, cioè quella senza pietà dell’Antico Testamento, la quale le si ritorce contro; premonitore perché avverte che la fine di una società del genere non può essere che violenta. Le immagini di povertà e emarginazione che scorrono sotto i titoli di coda avvalora il senso di avvertimento politico che è contenuto nel finale (attenti a possibili violente rivoluzioni o attentati). Ovviamente la realtà è più varia e complessa del modello proposto nella storia, ma le idee espresse non sono da prendere sotto gamba. Altri agganci li ho trovati con l’opera di Bunuel. Come Viridiana, Grace si rende conto dell’impossibilità e dell’inutilità della bontà pura. Bisogna anche essere un po’ cattivi delle volte. La bontà si dà solo a chi se la merita.
"Dogville" è un film insolito, atroce. Insolito perchè è ambientato su un palco, in un teatro di posa. Volutamente Lars Von Trier non presenta una cittadina specifica, collocata nello spazio perchè vuole raccontare la storia di tutti. La vita così come la conosciamo, la vita che quasi sempre facciamo finta di non vedere. Atroce perchè tremendamente vero. Potrei esaurire tutti i caratteri che ho a disposizione per scrivere questa recensione eppure non riuscirei,( credetemi sulla parola!)a spiegare "Dogville" a nessuno di voi. E' un 'esperienza personale, intima. E' un film che bisognerebbe guardare da soli: per riflettere, indignarsi e anche piangere, se necessario, senza avere il timore che qualcuno ci giudichi se decidiamo di farlo. Non potete neanche lontanamente immaginare quali reazioni susciterà in voi fino a quando non vi troverete da soli, davanti allo schermo. Soli e senza difese, proprio come quando ci si guarda dentro. "Dogville" è in tutti noi e non possiamo negarlo, fa parte di una vita che conosciamo dal momento in cui siamo nati. E' un paese come ce ne sono tanti, ma è soprattutto un "paese dell'anima", un'anima meschina, sporca , gretta, ottusa, spietata. La chiave di volta del film è come direbbe Tom( Paul Bettany)"l'argomentazione", ovvero l'accettazione. Peccando di presunzione e superbia(e di peccati i questo film ce ne sono tanti),Tom approfitta dell'arrivo in città della bella e affascinante Grace (Nicole Kidman), in fuga da un gruppo di gangster,per insegnare ai compaesani l'arte dell' accettare chi è, in un certo senso, diverso da loro. All'inizio viene accolta con riluttanza e paura, poi col tempo gli abitanti di Dogville cominciano ad approvare la sua presenza in città, affidandole mansioni tutt'altro che indispensabili, senza le quali avrebbero continuato a vivere come sempre.La sua vita procede "tranquilla" per un po', ma la minaccia della polizia che è sulle sue tracce scuote la monotonia della vita delle persone. Comincia quindi lo sfruttamento: più ore di lavoro, retribuzione più bassa.
Grace è costretta ad accettare a sua volta e suo malgrado i maltrattamenti, le umiliazioni e anche la violenza carnale prima da parte di Chuck, poi da quasi tutti gli uomini del paese. Le donne,gli uomini e perfino i bambini sentono il diritto di privarla della sua libertà e delle sue speranze, arrivando a legarla alla catena come un CANE.Prova più volte a scappare, ma gli abitanti non glielo permettono, forse perchè hanno bisogno di qualcuno su cui scaricare la loro rabbia, il loro risentimento, la loro invidia.Grace diventa il "capro".L'espiazione di Dogville. Sarà lo stesso Tom (innamorato di lei) a consegnarla alla polizia. L’uomo misterioso che la inseguiva, altri non era che suo padre, un killer. Al termine il film cambia faccia, Grace si rivela in tutta la sua arroganza, si erge a giudice e condanna chi ha abusato di lei. Ordina di uccidere. La sua ira non risparmia nessuno, tranne Mosè, il cane. L'unico che merita di vivere.
Non sono riuscito a finirlo di vedere e francamente questa corrente detta Dogma non solo non mi convince per niente ma la trovo PRETENZIOSA ed accademica.
Ora non entro nel merito del film che NON SO GIUDICARE perchè per me il cinema è un'altra cosa!
Per il resto c'è il teatro, questo stile cinematografico lo trovo un teatro di serie B per attori che hanno bisogno della sicurezza della registrazione. Valutare quest'opera con i criteri normali è sbagliato
QUESTO NON E' CINEMA e a prescindere da tutto a volte Von Trier è tremendamente noioso
Anche a detta di Tinto Brass, il manifesto “Dogma” di Trier ha senso soprattutto sul piano economico e finanziario, per promuovere la produzione di film a basso costo. A detta invece del Mereghetti, “Dogville” sarebbe una sorta di rinnegamento delle regole di tale manifesto, poiché la parsimonia nella scenografia e nel parco luci, nonché la macchina da presa sempre in mano e traballante, non è più funzionale al proclama d’un cinema realista. Eppure c’è realismo e realismo, quello formale e quello contenutistico. E in “Dogville” il secondo raggiunge un vertice inedito nell’opera del regista grazie proprio all’adozione d’una modalità di rappresentazione quanto mai astratta e antinaturalistica. Per quasi tutti i 178 minuti del film ci viene fatto credere d’assistere all’ennesima apologia dell’eroina martire e vittima sacrificale, ma gli ultimi 10 minuti inducono uno scossone tremendo, imprevisto e potentemente salutare. La gratuità apparente d’una scenografia solo abbozzata da linee bianche e dal minimo sindacale di oggetti di scena diventa improvvisamente sensata già durante la sequenza in cui la protagonista viene violentata letteralmente sotto gli occhi di tutti, sotto il silenzioso assenso dell’intera micro-popolazione. Un campo totale ci mostra dal di dietro il rimbalzo dello scroto dello stupratore nell’indifferenza di ogni singolo abitante. È una chiamata di correità universale: davvero esiste anche solo uno di noi che non sia responsabile del male che infuria per ogni angolo del nostro mondo? Tuttavia fin lì i carnefici hanno vita facile a causa della masochistica disponibilità del personaggio recitato dalla Kidman: il suo patologico concetto di purezza rende possibile e attuabile ogni forma di sadismo ai suoi danni, cioè diventa accondiscendenza, vulnerabilità disponibile a qualsiasi sopruso. Ma il colpo d’ala finale del film consiste proprio in questa presa di coscienza: una Grazia (“Grace”) senza Giustizia è immorale, perversa e maligna tanto quanto il reciproco. Lei se ne rende conto in un attimo, nel lampo d’un cambio di luce. Intuizione degna d’un Monet: un solo istante di diversa illuminazione e cambia l''intera prospettiva esistenziale. La violenza indotta dall’insano rifiuto della legittima difesa provoca effetti devastanti identici allo sterminio nudo e crudo. Un *****tto alla bocca dello stomaco per farci riflettere sulla distanza siderale che ancora ci separa dalla quadratura del cerchio fra i due poli della moralità. Tesi ineccepibile, ma 178 minuti per enunciarla sono insostenibilmente eccessivi.
film molto discusso alla sua uscita, certo pretenzioso ma originale nella sua dichiarata teatralità ed afisicità dello spazio, a me è piaciuto molto, così come l'interpretazione della protagonista, che non è certo una delle mie attrici preferite
Forse il miglior film europeo insieme a quelli di Almodovar da 10 anni a questa parte. La migliore interpretazione della Kidman, una storia fredda sulla meschinità dell'uomo. Messaggio universalistico alla Kubrik. Se Von Trier non fosse cosi ossessionato dal dipingere donne che soffrono e si sacrificano in ogni suo film sarebbe molto in gamba. Ad ogni modo volevo aggiungere ai commenti di cui sopra che questo film deve la sua impostazione, non so quanto volontaria, ad una bellissima commedia nera del drammaturgo svizzero Durrenmatt, "La visita della vecchia signora", dove la vittima non è la figlia della malavitosa, ma un bottegaio di una cittadina fallita economicamente e isolata dal mondo. Quindi i mali dell'America non c'entrano un piffero. Siamo un pò tutti come gli abitanti di Dogville o Gullen (la cittadina immaginaria di Durrenmatt)
Un pugno allo stomaco. Dopo 10 minuti ci si scorda della mancanza delle scenografie e ci si lascia trasportare dalle emozioni. Il momento in cui i bastardi della città dei cani si rendono conto di essere più forti e mostrano la loro vera faccia è disarmante, viene voglia di prenderli per il collo e urlargli "ma non vedete che vi chiede una mano, ma perchè approfittarsene", non ho trovato eccessiva la vendetta e non mi è dispiaciuto per loro, mi è dispiaciuto per Grace perchè e lei che ha perso 2 volte: una nell'essersi fidata delle altre persone e un'altra nel riaccettare in pieno un ruolo che aveva rifiutato. Grandi attori (tutti).
L'opera di metateatro impostata da Von Trier prosegue in Dogville, una pellicola certamente non per tutti ma che lascia sicuramente degli spunti interessanti. La trama è sviluppata discretamente, a parte l'inizio veramente lento e stentato,e il finale è sorprendente e molto ben fatto. Ma la cosa che piu' mi è piaciuta e che mi ha realmente colpito è la scenografia e la location. Infatti tutto il film si svolge in un unico ambiente, la città di Dogville, che però è una città fantasma, non vediamo porte, muri, finestre, strade, ma per i protagonisti del film è come se ci fossero normalmente. Quindi è come se fossere convinti di vivere la loro normale vita ma invece la loro provincialità e le credenze titpiche paesane, molto ben sviluppate soprattutto quando sfocia il pregiudizio verso la forestiera Kidman,non permettono loro di vivere appieno la propria esistenza, quindi è come se non vivessero. Per questo saranno puniti. Ho trovato molti spunti interessanti in questo film ma sicuramente non è per tutti, è veramente lungo e in alcuni tratti soporifero ma questo è Von Trier, con la sua genialità e la sua stravaganza.
Buono il soggetto e interessante l'idea di girare su un palcoscenico, che è meno facile di quanto possa sembrare: tra l'altro si nota la bravura degli attori, soprattutto nel maneggiare oggetti che non ci sono. Peccato però che il film si dilunghi eccessivamente, diventando troppo verboso e didascalico, soprattuto a causa della fastidiosissima la voce fuori campo che spiega tutto e perfino _descrive_ quello che succede a momenti (come se non ci potessimo arrivare da soli!) Tra tutte queste chiacchiere, i personaggi rimangono appena abbozzati, come macchiette, nonostante la notevole durata del film. Finale potenzialmente bello, rovinato anche questo da un'eccessiva verbosità, oltre che da inverosimiglianze
Cioè, possibile che Grace abbia subito tutto solo per sfuggire al padre, e che questo la riaccolga a braccia aperte dopo aver addirittura tentato di spararle? Ah già, ma se non l'avete capito sono tutti e due "testardi" :-D
Tutto sommato, interessante ma pesante: non so se lo riguarderei.
Lars VON Trier figlio, come il suo connazionale (sublime) Dreyer, della voluta incomprensione e bigotta maledizione
Temo di essere una di quelli che inspiegabilmente lo ama , nei cui film mi disfa senza soluzione di riaggregazione
anche se effettivamente di LVT ho visto "solamente" altri due film Dancer in the dark -che mi ha distrutta e infastidito e Idioti -che mi ha infastidito e distrutta posso dire che il suo incomprensibilmente variegato stile, introvabile in altri registi, mi ha colpita e affondata
dogville, città cagna che come un obbidiente cane nella sua quotidiana sottomissione nasconde le perverse malvagità più efferate che riversa su una divina (è proprio il caso di dirlo) Nicole Kidman a sua volta rabbiosa cagna
il voto è sicuramente eccessivo ma come daltronde è questo film che merita o 1 o 10 un voto appena tratteggiato con una riga di gesso trasparentemente pesante come una parete invisibile ma reale
Geniale e di "maniera" The Kingdom di Von Trier. Con Le onde del destino fa commuovere migliaia di spettatori. E questo probabilmente gli piace. Spunta fuori Dancer in the Dark (ipercommevente-assurdo e s****to mega-polpettone) e spuntano fuori anche i primi sospetti che Von Trier sia ,sotto sotto, un furbacchione che vuole intrappolare lo spettatore che gli stessi trucchetti del cinema americano sentimentale. E anche adesso con Dogville vuole soltanto provocare uno stato mentale molto forte ( in questo caso molto diverso dai precedenti film).
Il problema sta nel fatto che le tecniche di ripresa usate dal regista sono banalissime: tutto è fatto con macchina a mano e basta. E' un po come un bambino di 6 anni che scrive una storia in classe alla prima elementare. Non c'è grammatica. Se volessero, tutti sarebbero in grado di fare un film cosi. E' un po come fare il regista a teatro (ma molto meno seriamente), stessa identica cosa: costruzione teatrale della scena e relative riprese. Lars Von Trier per nascondere questo suo limite (è presente in tutti i suoi film) "entra" nella setta del famosissimo "Dogma" : 10 regole estreme e senza via di scampo, per fare un film. Ma il dogma può essere interessante per 3-4 film (Festen ad es.) poi diventa ripetitivo e Lars Von Trier, non sapendo fare altro (non ha mai fatto altro tipo di regia) si inventa la scenografia bizzarra di Dogville in stile teatrale. C'è ovviamente da dire che le capacità di costruire le scene sono impressionanti e dimostrano una fortissima personalità del regista.
Per me Lars Von Trier è un bravo regista, sicuramente desciso e convinto in quello che fa, ma la sua troppa furbizia sopra descritta e le troppe dicerie che girano sulla sua "genialità" mi fanno pensare che Von Trier sia solo tanto benedetto dal Signore (Trier è molto credente... pure troppo pare.) e assolutamente non un genio come si vuole far credere.
Film intelligente sull'arroganza,la perfidia,il malanno,le negatività e i pregiudizi della società di oggi.Film fortemente teatrale e comlesso,presenta una Kidmann al dì fuori di ogni schema.Può sembrare un pò troppo moralista,ma è sempre Von Trier
L'anti-cinema di Von Trier si riduce alla pura essenzialità in Dogville: un teatro di posa, segni tracciati a terra con il gesso, silenzio assoulto e una carrellata di personaggi che, nello svolgersi della vicenda, rivelano progressivamente i lati più biechi dell'animo umano. "Evangelico", volutamente irritante, amaro, dal finale catartico e liberatorio, Dogville non si dimentica facilmente. Nicole Kidman è strepitosa.
nn so xkè ma io sto film l'ho trovato 1 dei piu noiosi di tutti i tempi.superiore solo a poki film come saint ange (nn troppo belli, xkè quello nn è film). è noiosissimo e sconclusionato. ke skifo
Doggevil er film den paese d’accatoni che nun ciaanno manco li sordi pe costruì tutto er paese che a un certo punto arriva na bionda che fugge dali ganghester.All’inizio tutti so contro ma poi so con lei. Enfatti lei l’aiuta a fa le cose che tutti non vojono fa perché se rompono er *****, tipo aiuta a portà ar cesso la paraplegica cojere le mele dalli alberi. Ma però le cose non vanno per er majo…En tutto questo c’è sta sempre en ragazzo che l’ajuta a farsi accettare . ma me se ceh se fa accettà sin tropo. Enfatti sto ragazzo che pare intelligente per me è er più ******. L'altri co a scusa del ricatto se trombano a kidman ma lei je dice che co lui non se pò pechè se amano e sarebbe rovinà tutto se se tromba. Ma an certo punto anche lui se rompe li cojoni e se dice a sto punto la consegno a li gangster armeno non me ce marciso er core appresso a sta zozza. i gangster arriveno ma c'è sta er corpo de scena pecchè la kideman è la fija der capo. enfatti lei je disce ar padre ok l'ammazzamo tutti tranne er ******. Enfatti lei prende a pistola er ragazzo continua a di sempre le solite *******te e lei je spara e je prende pure er cane.
Mi si perdoni, ma non è possibile che questo film abbia la media de "L'ultimo bacio" !!!!!! Questa opera , chiara e feroce critica alla società americana, sicuramente tralascia l'aspetto scenografico, ma è una cosa voluta. L'assenza delle case, dei muri e di qualunque altro elemento di decoro lascia (intra)vedere a tutti gli abitanti di Dogville la vita delle altre persone ed è quello che quotidianamente avviene nella società odierna. Noi vediamo, sappiamo tutto, eppure facciamo finta di non vedere, ci costruiamo dei muri fittizi, innalziamo appunto degli ostacoli tra noi e gli altri. Ostacoli che Von Trier rimuove per rappresentare la società amenricana per quella che è:una società corrotta e bigotta, che sa dare solo se in cambio può ricevere. Un film geniale, molto vicino al teatro di Brecht, con una grandissima N. Kidman. Von Trier può non piacere, ma per favore....tra 10 e 1 ci sono anche altri voti!!
La prima ora scorre con serenità e meraviglia per la grande capacità del regista di pescare dal minimalismo e dal teatro...Stavo quasi per spalancare le finestre e gridare a Milano la scoperta di un nuovo capolavoro del cinema...E così avrei fatto se l'iniziare delle violenze sessuali sulla protagonista non mi avessero sprofondato in una confusione emozionale indescrivibile sfumata tra attacchi di panico, ansia, fastidio, pessimismo e....fastidio! Il "locus amoenus" diventa immediatamente una stanza delle torture...e il mio bel divano diventa un letto per fachiri...La scena finale diventa liberatoria e sembra davvero una manna dal cielo per il mio personale bisogno di giustizia...Questo però non basta a farmi dimenticare quanto questo film mi abbia fatto stare male!!!! ....A QUEL PAESE("Dogville")CHI ME LO HA CONSIGLIATO...E MALEDETTO ANCHE CHI LO CONSIGLIA AD ALTRI.... Il voto è per il danno psicologico arrecatomi...Credo proprio ci siano gli estremi per fare causa alla casa di produzione....
Non un film,sicuramente un grande esercizio di stile, ma un film é anche altro...se fosse stata una rappresentazione teatrale gli avrei dato un dieci.Comunque buono.
Il film stenta un po' a decollare, ma quando lo fa assume un fascino molto forte. Anche l'assenza di scenografia all'inizio è una bella botta, poi diventa un elemento estremamente intrigante e imprescindibile per la forza del film e il claustrofobico buonismo degli abitanti di Dogville. Più che un film, è una pièce teatrale psicologica su come gli eventi possano dare linfa vitale all'autolegittimazione dei propri impulsi di prevaricazione sul prossimo. Bravi gli attori, bellissima la "non" scenografia e le musiche. Non è certamente un film facile, ma consiglio di non perderlo.
E' una C*****A. PAZZESCA!!! Sono uscito dal cinema con disgusto. Almeno 50 persone prima di me hanno abbandonato la sala!!! Desideri vedere un film e ti trovi inaspettatamente a vedere una noiosa recita teatrale!!! E' come andare al ristorante e al posto del pesce ti rifilano una
Fantastico...E' incredibile come oltre due ore e mezza di film sono volate, nonostante fosse girato su un semplice palco di teatro. Nicole Kidman è sensazionale, fantastica, unica come tutto il cast. La storia è simile a una parabola ed è incredibile la forza emotiva contiene (verso la fine volevo entrare nel film e spaccare tutto!!!). P.S. i film antiamericani li ho sempre amati. Grazie Lars
Se qualcuno ha resistito alla sofferente tentazione di alzarsi dopo il primo tempo, io invece non sono riuscito a sopportare la visiona di questa demenzialità cinematografica dopo 20 minuti. L'unico genio leggibile in questo film sta nella capacità imprenditoriale del regista di far quattrini somministrando una rappresentazione teatrale ove avrebbe dovuto esserci un film degno della miglior Kidman. E' bastato assoldare alla meno peggio qualche nome di rilievo della sfera mondiale del cinema e l'inganno è compiuto. Cosa ci sta di originale in questo film? La più spettacolare "sola" della storia del cinema degli ultimi 50 anni!!! Chi lo ritiene un film fantastico non ha ancora compreso che si trovava al cinema anzichè al teatro!!!!
Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. Per questo ad alcuni questo film non piacerà. In ogni caso non può lasciare indifferenti...in certe scene è un vero e proprio pugno nello stomaco di una violenza inaudita al punto tale che stavo per vomitare. E tutto fatto secondo il "dogma" di Von Trier senza stacchi ed effetti. Rivoluzionario ed imperdibile.
non mi è piciuto.lo definirei soporifero.....poi carina la trovata del set fatto come un'opera teatrale,direi innovativo benchè non mi sia piaciuto.ho visto i voti che avete dato....e visto che ad altri è piaciuto chiederei......mi spigate cosa ci avete trovato in questo film?questa non vuole essere una critica a nessuno...se vi è piaciuto meglio per voi...io ho rischiato di uscire dal cinema a metà tempo...aspetto delucidazioni.saluti.
Non sono soddisfatto da questo film, non per la storia, ma perchè praticamente è una rappresentazione tatrale ripresa da una telecamera e dal cinema non mi aspetto questo, che dite se andando a teatro vi doveste trovare la proiezione di un film? Sono rimasto spiazzato
ragazzi io capisco che se scrivete su questo forum siete degli sappassionati e dei critici attenti...nulla da togliervi quindi... però scusatemi ma non sono d'accordo con il vostro parere sul film in questione. il mio commento:...fa ****** (passatemi il ternime). ho capito che nel cinema c'è bisogno di originalità...ma questa non lo è!!! innanzitutto se uno va al cinema va per vedere un film, non una rappresentazione teatrale. ti annoi per tutto il tempo...il film non ha ritmo... è triste nelle sue scenografie...praticamente non ne ha. Dogville avrebbe avuto successo al teatro, non al cinema. e poi la trama della violenza sessuale non è nemmeno originale. Squallidi gli eccessi di nudismo di personaggi anche brutti fisicamente. pessimo!!!!!!!!!!
Sconvolgente! ...la scovolgente dimostrazione di quanto misericordia e cannibalismo non possano non convivere, o meglio che l'una non possa eludere l'altro poichè inevitabilmente si bilanciano nella natura umana. L'arroganza, di cui si parla esplicitamente solo alla fine del film, è il tema portante non solo della storiella di Dogville ma del mondo intero che, a mio avviso, è stato sapientemente analizzato e riprodotto. L'unico appunto che mi viene da fare è che in una ambientazione così scarna dove tutto è supposto e ipotizzabile, la maniera diretta ed esplicita con cui vengono proposte le scene di violenza sicuramente da un lato ha l'effetto bomba sul pubblico, ma mi è parsa una caduta inesorabile di quell'atmosfera di surrealismo e ambiguità dolciastra che man mano si viene a creare e sulla quale gioca tutto il film. Io non avevo mai visto nulla del genere e soprattutto nulla di Lars Von Trier ma credo che davanti a dimostrazioni artistiche così disarmanti ed evidenti ci sia veramente poco da commentare e tanto da imparare....
Ho messo questo voto non tanto perchè mi sia piaciuto il film, anzi. Ma comunque è un'opera di valore artistico molto alto, secondo me. Alla fine, mi ha annoiato e lo giudico un film di una violenza di molto superiore a tutte quelle minchiate che spesso vengono additate cone anti-educative... Certo, se fossi andato a teatro e avessi visto uno spettacolo del genere, me lo sarei goduto molto. Ma come film non è stato poi così coinvolgente. Nicole Kidman, come al solito ultimamente, a livello delle migliori attrici di tutti i tempi. Caan, sempre eccezionale. Non so...ma secondo me una storia del genere, nelle mani di un Cimino, avrebbe dato ben altri frutti.
Non male potrebbe essere migliore... cosa mi rappresenta la città con le case minuscole senza tetto e con un mobile solo in ogni casa l'unica cosa bella è la fine quando muoiono tutti... troppe scene di violenza... agli uomini gli si vedono pure i testicoli la Kidman si è abbassata veramente a tanto...
Eccezionale, come al solito Von Trier ci regala ogni volta nuove prospettive. non capisco la gente che si lamenta ma non is informano prima di andare a vedere un film? Lo stile Dogma lo conoscono o no?
Due sfere grosse come due pianeti! Queste mi sono venute nel basso ventre le prime due ore del film, ma gli ultimi venti minuti sono GENIALI! Lars Von Trier c'hai due montagne sotto la mazza! Bravo! Hai sottolineato i vari aspetti della natura umana con una precisione millimetrica! Ci hai condotti nei meandri della nostra psiche con saggezza e talento... Nicole più bella e più brava che mai! Alla fine anche un po' figlia di peripatetica! Grandi attori, grande sceneggiatura... Sembrava esser travolti dalle onde del mare, tanto non si capiva dove il film andasse a parare e invece... Invece ci hai smascherato tutti Lars è vero noi esseri umani siamo proprio dei pezzi di sterco di maiale! Non a caso alla fine si salv il cane... L'unico a meritare la vita! W La Guzzanti!
Questo film che ho visto l’altra notte mi è piaciuto decisamente. Parlo di quel piacere non fatto di immagini spettacolari, o brividi continui o suspance, ma di quell’unico piacere che viene dallo spingersi in profondità nella natura umana. Perché in questo film si parla della cattiveria, di come può nascere tra brave persone, aumentare sempre più perché priva di ostacoli, fino a diventare bestiale e incontrollata, senza più freni. E il finale : che impartisce un grande insegnamento morale tra i dialoghi del padre e della figlia, su come la cattiveria NON VADA affrontata. Ottimo, profondo, anche se gli manca qualcosa ( ecco perché il mio voto è 8 e non 9 ). Cosa gli manca ? E’ insufficiente nel dare la risposta a come il male VADA affrontato. Non è certo la carneficina la risposta corretta, anche se più spettacolare alle esigenze del film.
Senza quest’approfondimento sulla natura umana, avrei dato al film un bel 5, perché visivamente parlando è povero, lento nel suo svolgimento, e spesso soporifero ( considerando la drammaticità delle cose che avvengono ), al punto da sembrare surreale.
Chesto firme di firme gli ha di morto poco visto che a parte i soliti spop-cornii dei cafun che bazzican i ccinema , e ti sembra più d'esse a teatro ! E gli è un bene... Personaggi gnudi e crudi come la scena colle case senza pareti perchè in ogni paesino che si rispetti tutti , anche i cani , e sanno tutto di tutti. Io c'ho provaho a vede' riferimenti biblici , similitudini da intellettuali incallihi...mah...la verità gli è che questo firme e unn'insegna niente ma fa riflette' cor su attacco gratisse , senza di' davvero nulla di novo , alla società e all'omo sempre più crudele e più malato mentre i personaggi e vengan inquadrati come se fossero topini da laboratorio ! E purtroppo l'unica cosa che a vorte ti sembra gli è che ti voglia mostra' l’arroganza ipocrita di una umanità che la pretende,di mette' all’indice i suoi stessi difetti, colla stessa convinzione con cui e si criticano i difetti degli altri...insomma quasi casi facendo finta che e un non sono i Propri (difetti) . Per me e gli è da vedere anche se Grace di Grazia da chei bucaioli d,abitanti e ne riceve davvero pohina....subdolo , davvero...ma basta perchè urtimamente i' mi commenti e buttan troppo su'i sserio ! ..o no ? Caruso
Non c'è niente da fare, io qust'uomo non lo sopporto proprio. Dopo aver entusiasmato le platee di tutto il mondo con idioti (opera dalle evidenti connotazioni autobiografiche), averci deliziato con dancer (dove la cecità è quivi rapprasentata come difesa ultima della non-visione, estrema e coraggiosa scelta di chi non vuole vedere più film del genere), ecco il suo capolavoro dogville, esplicito omaggio all'esercito di cani rappresentati dalla maggior parte di coloro che a quest'opera hanno partecipato. Bellissima la scenografia, che i più audaci e colti di voi avranno identificato come nobile omaggio a quel capovaloro che è "il gebinetto del dottor Caligari", solenne capolavoro di Wiene. Come non rimanere sedotti dall' amabile stilizzazione messa in uso dall'autore, che tanto è debitrice nei confronti delle avanguardie dei gloriosi anni venti, nella fattispecie di un certo astrattismo? L'estro dell'autore è qui chiaramente sublimato dalla stilizzazione del reale, ovvero pragmaticità del contorno come sussistanza (e sussistenza) di forma e contorno; inutile calcificare il tutto con una congrua quanto banale rappresenzazione del reale. Ciò che conta, sembra suggerire il regista, è il referente nella sua manifestazione più alta, sincretica, essenziale. Tutto il resto è noia, cioè, scusate, un surplus, che altro non fa se non annebbiare le menti ingenue il cui sguardoi dovesse posarsi un giorno, anche per caso, sull'opera. Da evidenziare anche il rapporto-non rapporto con la popolazione che l'autore vorrebbe rappresentare; sembra dirci, e a ragione, che la ricerca sul campo è solo d'intralcio alla rivelazione ultima. Sarebbe fatuo e vanesio discettare solo su ciò di cui si ha esperienza diretta. Mi permetto di aggiungere anche traviante, perchè i nostri filtri soggettivi completerebbero la percezione di realtà in maniera distorta. Dal resto mica possiamo parlare della seconda guerra mondiale, mica c'eravamo. Questa tesi è infatti difficilmente smentibile, andando ad abbracciare i più dottrinali principi empirici. dal che, ne consegue, l'unica cosa di cui potremmo forse discutere, senza colpo ferire, è rappresentata dai nostri vicini di casa. In conclusione, aspetto con ansia altri lavori del maesto, che, molto gentilmente e senza che nessuno lo avesse chiesto, ha tagliato buona parte del film, perchè, ahinoi, l'italia ha in qualche modo rapporti conflittuali col Maestro. Essendo l'italia, questo è notorio, paese e culla della maggior parte delle menti fervide che mai il mondo abbia visto, la cosa dovrebbe far riflettere. Grazie per la cortese attenzione.
Appena tornato dalla sala, non potevo esentarmi dall'esprimere un commento su quest'opera incalzante. L'ambientazione singolarmente teatrale e scarna sembra all'inizio soltanto introduttiva; poi, nel constatare che e` la scenografia di tutto il film pensiamo ad uno scherzo di cattivissimo gusto del (troppo) eccentrico regista scandinavo. Eppure quell'ostentato minimalismo risultera` un espediente assai efficace come spunto per destare l'immaginazione dello spettatore: un incentivo per accrescere il pathos con la vicenda (che tratta temi decisamente importanti) e con la presenza dei grandissimi attori; non voglio soffermarmi su Nicole Kidman: mi limitero` a constatare che e` una delle piu` belle e brave attrici viventi (devo ammettere che sono pazzo di lei). L'ipocrisia dei nativi di Dogville (a cominciare dai mocciosi) e` piu` raccapricciante di qualunque esplicita cattiveria. E` quindi assolutamente legittimo il catartico sterminio di massa attuato da Grace: l'odio genera odio. A cominciare da quei pargoletti gia` cosi` disgraziatamente spietati. D'altronde Grace, come gli argomenta il padre, ha avuto la presunzione di reputarsi eticamente al di sopra dei meschinucci abitanti di Dogville. Attraverso la terribile vendetta finale riconosce a se stessa il contrario.
Una curiosita`: lo sapevate che von Trier, oltre a non aver girato il film in America, negli USA non c'e` mai stato in vita sua? Quanta presunzione da parte sua...
Che film, che inquietudine, che rabbia, che sconcertante verità, che stupenda e meravigliosa attrice è Nicole Kindman? Sono ancora qui che ripenso a questo film o meglio rappresentazione teatrale vista attraverso una macchina da presa di un genio…. Anche se mi sono addormentata un pezzettino piccolissimo mi sono svegliata malissimo alla prima violenza subita da Grace, che mi ha totalmente fatto riassorbire dalla vicenda, per entrarci e non uscirne più fino al finale più che soddisfatta… Mi soffermo alla vicenda, alla nuda e cruda verità che essa esprime, al dolore e alla fragilità che sono racchiuse dentro ognuno dei personaggi e quello che posso dire è che fa male, ma tanto, e in tutto il film non c’è un solo istante in cui tutto questo viene dimenticato o accantonato per farti prendere respiro…E’ da vedere questo film con una presa di coscienza di quello che si andrà ad affrontare cercando fuori nella vita una boccata di aria fresca
Davvero incredibile,recentemente ho letto la critica di questo film,che seppure sia positiva tende ad accreditare significati inesistenti e tralascia il "vero"succo della storia.Questo film è una presa di coscenza,questo film non è trama,non è storia e nemmeno un film...è la vita,la rappresentazione "perfetta"della vita e di coloro che sono convinti di essere "meno animali di altri",ovvero noi uomini(...donne comprese ovviamente...).Titolo alternativo del film...La naturalità della fragilità umana...ben inteso che con il termine fragilità intendo quell'insieme di caratteristiche che rendono l'uomo quello che è...un animale.Sono rimasto sbalordito quando ho letto una critica relativa al finale del film,dato che costui(colui che ha scritto l'articolo)ritiene che la protagonista in conclusione si dimostra essere la più malvagia,la più violenta....NO COMMENT...*******,lasciatemi il termine di disgusto... Lei rappresenta a mio avviso la presa di coscenza,la filosofia e allo stesso tempo l'umanità(alla fine)e tutto questo al di là del "bene" e del "male"...concezioni che sarebbe ora di dimenticare...ipocriti! ciao a tutti...vi volgio bene! :o)
nn vedevo l'ora di commentare qst skifoso film!Mi ha fatto letteralmente disgustare!Le riprese erano a dir poco mediocri, nn esisteva trama e i temi erano sempre gli stessi: argomentazione, sopportazione e dolore.Nn ci crederete ma...verso la metà del film MEZZO CINEMA si è alzato e se ne è andato!Mai vista 1 cosa del genere...LO SCONSIGLIO VIVAMENTE!ciaooooooooooooo
il migliore film degli ultimi anni. La kidman e' stupendamente bravissima, la scelta di girare tutto il film in un unico studio, con le cose disegnate col gesso e' semplicemente perfetta.
La bontà non è di casa a DOGVILLE e la cattiveria malcelata da un finto buonismo dei suoi abitanti fa presto a farla da padrone. A DOGVILLE sono tutti malvagi, crudeli, perfidi e le sole sensazioni che trasmettono sono di rabbia e di vendetta. Un gran finale e finalmente si tira un sospiro di sollievo, se si potesse fare anche con i nostri vicini di casa poco simpatici sarebbe fantastico. Per andare a vedere DOGVILLE devi essere preparato psicologicamente, devi entrare nel meccanismo strano della rappresentazione teatrale, la più scarna e minimale e così riesci a sopportare anche la presenza di quella attricetta da quattro soldi di Nicole Kidman.
non conoscevo Von Trier prima di vedere questo film. Non posso fare, quindi, dei paragoni con le sue precedenti pellicole. Credo che Von Trier abbia realizzato una delle pellicole più provocatorie e crude che mi è capitato di vedere in questi ultimi tempi, dove tutto sembra perfetto e imperfetto al tempo stesso, reale e surreale. Le case prive di struttura, la gente approfittatrice, i gangster e Grace...la dolcissima e tenera Grace. ma cosa si svela in questa scarna scenografia teatrale e nei pochissimi personaggi presenti in questa utopica Dogville?E' un film dalle diverse interpretazioni, che tocca fino in fondo all'animo. Grace è il bene, che con l'arma del potere vince ogni umiliazione, sopruso e qualsiasi altra cattiveria. Questo film è un piccolo gioiello che può essere amato oppure odiato, come Von Trier. E' un peccato pensare che nella versione integrale presentata a Cannes durava 40 min. in più. Avrei voluto vederlo in versione integrale!
se volevo vedere un film con cani ,cespugli, case e scenografie disegnate con gesso e cartone sarei andato a teatro. non vedro piu un film senza informarmi prima. un coma irreversibile. ho visto gente abbandonare prima la sala, un po troppo forse . Del film salvo Nicole Kidman e la favoletta della malvagita insita nell'essere umano.
Sono sostanzialmente d'accordo con il giudizio di Cineamatore. Ma bisogna considerare l'ardita sperimentazione di questo film. Pubblicizzato come un dramma, o un thriller, ha deluso il pubblico. Ma dopo il Dogma 95 von Trier prende ancora tutti in contropiede con questo affascinante connubio tra cinema teatro e letteratura. Senza scordare la provocazione finale; fateci caso, il film non è altro che una lunghissima introduzione delle immagini finali. Nel merito però, rimane il giudizio di Cineamatore, anche se ricordiamo che la grandissima provocazione/pretesa del regista è quella di descrivere l'america non per esperienza diretta (non c'è mai stato), ma attraverso la sua produzione cinematografica.
P.S.: perchè hanno tagliato 40 minuti di film? che bisogno c'era?