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Un Pupi Avati davvero non in giornata di grazia per questa pellicola caratterizzata da una sceneggiatura sciatta e confusa, che cerca di fare il verso ai politicanti di quart'ordine di oggi, senza riuscirci appieno e con delle scene a tratti stucchevoli come gli stessi protagonosti (compresa la povera Laura Morante, trascinata in quest'opera da bocciare senza se e senza ma).
Evidentemente quando Pupi Avati esce dai suoi binari narrativi vacilla. Incipit interessante ma lasciato sospeso, senza sviluppo, i temi sono trattati in modo confuso e superficiale, infine il finale affrettato non conclude veramente nulla, privandoci del retrogusdto amarognolo, caratteristica peculiare del regista. Peccato, perchè così si è stemperata la denuncia, che pure sembrava avere forza, anche se le lievi introspezioni dei personaggi sono comunque sempre efficaci, a parte un De Sica veramente fuori quadro.
Anonimo anche se fa piacere vedere ogni tanto De Sica in ruoli semiseri. Sempre pensato che fosse un ottimo grandissimo attore, ma se i cinepanettoni danno più soldi, non gli possiamo dire nulla. La Morante irritante. Ah sì, il film... Anonimo certo!
Poteva essere un film discreto se non ci fosse stato nel cast C.De Sica, la cui presenza riesce a tramutare in burletta qualsiasi tema. Ma anche gli sceneggiatori ci si sono messi d'impegno per far scadere il film in una burletta di poco spessore: il contrasto tra cinismo assoluto da una parte e candore altrettanto assoluto dall'altra è semplicemente grottesco, è una caricatura bella e buona ma non si capisce di che cosa... Un film che si lascia guardare ma di cui se ne può fare tranquillamente a meno.
Non mancano momenti interessanti o riferimenti alla società italiana di oggi, eppure "Il figlio più piccolo" è un film abbastanza scialbo e insapore. De Sica e Morante sopra le righe - e non è un complimento.
Non mi è piaciuto per niente questo film, è un film mediocre, scontato, banale e noioso. L'unica cosa decente che ho trovato sono la prova dei due attori giovani (Nicola Nocella e Marcello Maietta). Insomma, uno dei peggiori film di Pupi Avati, così brutto come "La cena per farli conoscere".
Prima parte decisamente buona, mentre totalmente scadente la seconda. Probabilmente a furia di fare così tanti film qualche passo falso lo deve commettere anche Avati. La trama regge sino a circa metà film per poi ripiegarsi su se stessa e perdere le sottotrame inizialmente accennate. Molto bravo Zingaretti, ma il film non convince nè appassiona.
Le premesse per fare un buon film c'erano tutte. Peccato pero'che i personaggi vengano trattati superficialmente, il montaggio della pellicola sembra fatto velocemente, e la sceneggiatura risulti debole. Un plauso all'interpretazione di Zingaretti.
Aspettare più di trent’anni per ricalarsi in un ruolo diverso dal solito comico demenziale (prima e ultima volta in compagni di scuola?), tutti ad attendere la dimostrazione di quanto valesse al di là dei Vanzina, di come si fosse sprecato per guadagnare facile, e poi a occhi chiusi, dall’alto della sua posizione, prende parte al film più brutto che ultimamente, ma anche andando indietro faccio fatica, la mia mente ricordi di aver visto? Magari solo perché porta la firma di Pupi Avati?
Ma neanche un attore emergente, con un minimo di dignità da difendere avrebbe accettato di partecipare a questo schifo. Invece De Sica (unica ragione per cui ho visto il figlio più piccolo, e la cui prova seppur valida si annulla totalmente) non è difendibile solo per aver fondato un mestiere sui film di natale (le sue belle commedie, un tempo snobbate oggi rivalutate, son finite almeno negli anni 90), ma è imperdonabile per il modo in cui ha gestito uccidendo sul nascere un potenziale talento. Cosa ci rimarrà di lui? Niente. Cristiano Gardini si perde in centinaia di ciofeche. Non merita di portare il cognome che porta. Non ha un briciolo di stima per il cinema e per la sua professione. E’ un mercenario che ora vuol regalarci a ogni costo pure il figlio Brando. Dopo l’ultimo comportamento non ci sono scusanti e non esistono più i “sé” e i “ma”.
Veniamo al film, che stando a controllare qualche biografia di chi c’ha lavorato e al tanfo di raccomandazioni percepito, sembra prodotto dal centro sperimentale di Roma. Non si salva praticamente un solo dettaglio, a partire dalla locandina. Dopo questa visione appare ormai evidente come “Il papà di Giovanna” (discreto) l’abbia girato un altro e Pupi Avati di tanto in tanto esca dall’ospizio pretendendo di giocare al regista. Glielo consentono. Realizzato in quanto, 2 settimane? Tralasciando la qualità, a cui qualunque fiction pure di reti locali è superiore: grandangoli sbagliati e inquadrature ai margini involontariamente distorte, location di una povertà che neanche il più misero cinema indipendente, regia assente e telecamera che ogni tanto si limita a seguire l’attore, Bologna filmata coi lavori in corso. Si arriva a una storia. Quale? Non si sa, perché non la si sa raccontare. Ci si addentra per più di metà film in strategie aziendali e meccanismi di cui non si ha conoscenza, si parla di un ambiente in maniera talmente distante da far apparire fin da subito tutto una farsa. I dialoghi vengono spacciati per intrighi a cui lo spettatore dovrebbe interessarsi, ma in realtà non si capisce niente perché non hanno contenuto. Si seminano qua e là probabili critiche al sistema, ai media? No, perché quei pochi accenni, imbarazzanti, rimangono in superficie. E allora a cosa servono? Mah. Le psicologie dei personaggi non vengono approfondite,ma appena delineate. Sono fuori dalla normalità (un ragazzo eccessivamente emotivo, sensibile anche allo sbocciare di un fiore che pero’ adora gli snuff movie), ma su queste si pretenderebbe di tessere un’appassionante storia famigliare fatta di lacrime erogate con lo spruzzatore. Davvero, una soap è più curata. Inoltre: avvenimenti che si risolvono come se mai fossero avvenuti, reazioni inspiegabili, personaggi che scompaiono nel nulla, situazioni forzate e inverosimili. E la parabola finale del ricco senza scrupoli cozza terribilmente con le intenzioni mostrate fin dall’inizio, poiché i rischi che correva erano già stati previsti e psicologicamente assimilati, per cui si sfocia nel non-sense.
Un disastro totale.
Consiglio poi alla Morante di seguire Pupi al prossimo ricovero, poichè le sue prove attoriali confinate in crisi depressive e urla isteriche, la faranno crollare sul serio. C'ha stremato.
Mah... regia sommaria, sceneggiatura sempliciotta, anzi con elementi irrisolti. Recitazione direi buona un pò da parte di tutti. Ma nulla di più. Un vero peccato perchè il grnde regista Pupi Avati al suo 40mo film poteva davvero fare di meglio, considerando anche il fatto che l'idea di fondo era molto buona.
Ho trovato questo film molto brutto,da fan di Avati una grossa delusione!voleva portare sullo schermo dei personaggi sgradevoli e forse c'è riuscito talmente bene, che lo stesso film risulta spesso sgradevole!almeno per me.su De Sica ho sempre pensato lui fosse anche un bravo attore e non solo un comico da cine-panettone,però ho la sensazione che la sua prova sia riuscita a metà,non l'ho trovato all'altezza,anche se ,soprattutto nel finale,ci regala alcuni momenti da grande attore!Bravissimo Nocella,poteva essere un film migliore.
Tutto il film mi è sembrato sviluppato con molta superficalità: trama traballante, finale arronzato, personaggi stereotipati, situazioni talmente inverosimili da non far nemmeno ridere. Deludente
Sono ancora in tempo...posso avvertirvi...non andate a vedere questo film!!! Vi pregoooo... L'unica cosa che mi ha trasmesso uscito dalla sala è stata la RABBIA!!! Soldi e tempo buttati... Assolutamente allucinante in tutti i suoi passaggi... Una sceneggiatura,che definire scadente è persino riduttivo... Reputo Pupi Avati un signor regista,ma questa volta,dispiace dirlo,ha floppato nettamente. Non mi viene altro da commentare...