Dall'atto unico omonimo (1958) di Tennessee Williams: un giovane neurochirurgo ha qualche sospetto sull'ostinazione con cui una ricca vedova gli chiede di fare la lobotomia su una sua nipote malata di mente e scopre un orribile retroscena.
Sei un blogger e vuoi inserire un riferimento a questo film nel tuo blog? Ti basta fare un copia/incolla del codice che trovi nel campo Codice per inserire il box che vedi qui sotto ;-)
Una sceneggiatura monumentale regge un film semplice nella messa in scena, senza alcun orpello superficiale. La recitazione sublime dei protagonisti è la punta di diamante di un cinema che non esiste più.
Tra i due monologhi fiume della Hepburn e Liz... si ergono gli occhi e il silenzio di Montgomery che alla fine diventa il personaggio più intrigante di tutto il film i cui tempi, oggi, sono veramente poco sopportabili. Il film cmq è interessante, una importante testimonianza di un cinema che non esiste e non esisterà più.
Film molto affascinante. Bravissimi tutti gli attori, ma Katharine Hepburn mi ha veramente incantato. Un misto tra trhiller e drammatico. La figura di Sebastian, pur essendo nei ricordi degli interpreti, sembra molto presente, viva e affascina grazie alle descrizione minuziose della madre e della cugina. Solo verso la fine si comprende la complessita' e il dramma di Sebastian, i suoi atteggiamenti crudeli... Per lui la natura stessa e' crudele, in cui vede Dio che a sua volta e' l'artefice di questa crudelta'. In natura soccombe sempre il piu' debole e lo mostra alla madre, le mostra il vero volto di Dio. Lui vive su di se questa crudelta', perche' "diverso", si sente piu' fragile rispetto agli altri e usa la madre e poi la cugina per farsi forza, per ottenere cio' che vuole, divenendo crudele egli stesso. Tutto cio' lo portera' ad una morte terribile.
Niente male. Girato molto bene. Non è assolutamente noioso, anzi, per alcuni versi mi sembrava di guardare un film di Hitchcock, soprattutto nella parte finale. Ottime le interpretazioni dei tre protagonisti anche se non sono d'accordo con molti che dicono che la Hepburn giganteggia rispetto agli altri due. Rispetto a Clift magari si ma, secondo la mia opinione, qua la miglior prestazione la offre la Taylor. Non mi ha preso tantissimo come hanno fatto i film a cui ho dato voti più alti ma "Improvvisamente l'estate scorsa" è comunque indubbiamente un ottimo film.
L'ipocrisia borghese, il suo bigottismo e l'omosessualità. Vidal e Williams devono aver fatto i salti mortali per far digerire una sceneggiatura del genere in tempi dove argomenti così scabrosì erano un vero e proprio tabù. Magnifica tutta la parte finale che rievoca la morte di Sebastian, vero incubo ad occhi aperti. Ottima la regia Mankiewicz nel ridurre un testo così teatrale in forma cinematografica, mantenendo la solidità del testo (senza mai nominare direttamente l'omosessualità) e senza essere imprigionato dalla struttura teatrale. Il trio d'attori completa il tutto con una magnifica Hepburn, una brava Taylor e un Clift meno appariscente ma concreto nel mostrare i dubbi e le perplessità del suo personaggio.
Mankiewicz dirige Hepburn, Taylor e Clift in un dramma scritto da Tennessee Williams e adattato da Gore Vidal. Non servirebbe altro. Film pazzesco e incredibilmente torbido per i tempi, con omosessualità e pedofilia in pieno codice Hays. Strepitose le interpreti femminili, insolitamente monocorde Clift.
Bello davvero, molto intenso e misterioso fino alla fine. Bella anche tutta la morbosità del rapporto madre-figlio e la velata omosessualità di quest'ultimo. Davvero un prodotto particolare e apprezzabile!
Tennessee Williams è uno di quegli autori che non deludono mai. La storia in questione parla di omosessualità, forse in maniera davvero troppo velata ma non per questo meno intensa. "Improvvisamente l'estate scorsa" è un melodramma morboso e coinvolgente, pieno di sentimenti contrastanti e venato da una sottile dose di follia. Tutti gli attori sono molto bravi, ma la Hepburn è davvero insuperabile. Assolutamente da vedere.
I temi forti del cinema di Mankiewicz come la bassezza dell'animo umano ed il potere della parola in un dramma psicologico di grande impatto emotivo, diretto come sempre con consumato mestiere. E' un film perlopiù parlato che lascia poco spazio all'azione, ed è per questo che in alcuni passaggi rischia di diventare farraginoso se non addirittura noioso; i tre attori principali lo nobilitano, e gli fanno meritare almeno un voto in più di quanto gli spetterebbe. La Taylor è indubbiamente brava, soprattutto nella scena della rivelazione, eppure la Hepburn sembra essere di un altro pianeta. Smorzati, a causa della censura del periodo, i riferimenti sulla natura omosessuale di Sebastian, comunque chiara. Mezz'ora finale di emozione pura. Da vedere.
Dal regista Joseph L. Mankiewicz con la trasposizione teatrale di un'opera prende vita "Improvvisamente l'estate scorsa", film del 1959. Agli occhi dei tanti determinato titolo appare sicuramente poco conosciuto ma, nonostante tutto, qualcosa di particolare, nel bene e nel male, la regia di Mankiewicz riesce a trasmettere. "Improvvisamente l'estate scorsa" è un film che poggia il suo essere in modo cronico su uno staticismo di azione talaltro pure abbastanza diffuso nell'ottica, nella concezione di quegli anni addietro ove fra sfilate di grandi attori il palco della scena era prevedibile e ridotto. In pratica, oltre il preambolo, tutte queste considerazioni nella pellicola del 1959 prendono celermente forma. "Improvvisamente l'estate scorsa" è un film dialogato. Dialoghi che vanno a combaciare con un qualcosa di misterioso, ingarbugliato e irrimediabilmente interessante. Ne consegue dunque una prima parte di film davvero ermetica ove diventa persino impensabile etichettare, collocare il prodotto cinematografico in uno specifico genere. Forse più che film drammatico questo della regia in considerazione è un film a stampo thriller, giallo. Ovviamente a tinte psicologiche. Ritmo non basso. Quindi è proprio quello lo scopo di Mankiewicz, ovvero giocare ad oltranza con lo spettatore sulla linea di un disegno enigmatico fra intrighi psicoanalitici passando fra velature religiose e profetiche. Se il progetto della regia è affascinante è purtroppo, allo stesso tempo, montato su troppe astrusità e forzature. Questo è quello che il critico carpisce in linea epidermica; andando oltre i guai di sceneggiatura aumentano. Insomma i personaggi del film (dal dottore agli altri) svolgono tutti ruoli "anormali", il dottore (Montgomery Clift) sembra essere più che altro un detective. La madre del poeta assume caratteri esagerati, esasperatamente sopra le righe. Tutta la sceneggiatura circola su binari enfatici ove i pregi viaggiano di pari passo con i difetti concettuali.
"Improvvisamente l'estate scorsa" si lascia preferire più per gli attori e per la forma che per il contenuto. Idea sviluppata su troppe incongruenze.
Essendo stato rinnegato praticamente da tutti (regista, sceneggiatore, autore, attori) è abbastanza probabile che questo film forse non era da farsi. La censura del periodo, il grossolano approccio psicologico, gli sterminati molonoghi, le discutubili scelte degli attori, secondo me dimostrano che questo drammone doveva restare in teatro. L'armosfera malata c'è tutta ma la storia si rivela sempre più assurda col passare del tempo. Ovviamente la Hepburn è eccezionale come sempre.
Due grandi attrici si contendono la scena a colpi di interpretazioni spettacolari. La storia non mi ha completamente soddisfatto ma di fronte a tanto talento i pochi buchi sono prontamente tappati.
Otto anni dopo la crisi economica USA del 1929, i soldi valgono come e più di prima: con quelli sarebbe possibile espandere le proprie necessità di istituzione ospedaliera, coprire i debiti di un marito che non c'è più, ma soprattutto comprare il silenzio e la complicità per dissimulare una fama a rischio di crollo. Violet Venable (Katharine Hepburn) cerca così di sopprimere una parente troppo scomoda, facendo affidamento sulle nuove procedure di neurochirurgia e lobotomia del Dr. Cukrowicz (Montgomery Clift). Sistemi ancora in via di sperimentazione, ma buone lame nella mente per rimuovere i presunti demoni che vi albergano. Il cervello, si sa, è una foresta primitiva e spaventosa, ingarbugliata e impenetrabile, fatta di incubi e sottili défaillances.
A volte, e per fortuna, la psicologia va oltre la neurochirurgia, ridimensionando il potere di madri atterrite e sull'orlo della follia. "Suddenly last summer" potrebbe sembrar buono come trattato sulle case di cura mentali, grazie alle immagini forti e impressionanti sulla pazzia, descritta con un ansioso errare dello sguardo/mdp e una padronanza invidiabile di illustrazioni come fossero frame scolpiti nell'immaginario. Seppur oppresso e deformato da una serie di dialoghi quasi deliranti ma non privi di una loro aspra efficacia, nell'incessante riesposizione di questioni mai valicate ne' secondarie, ha una fascinazione tutta sua nel delineare aspetti scomodi che i manicomi impongono a una società sempre più sulla via della normalizzazione.
Unificazione che sembra ancora non aver fatto i conti con l'elemento forse maggiormente portante dell'intera opera: l'omosessualità. Quest'ultima, benché mai pronunciata nel corso della pellicola, è la componente che muove tutte le azioni. Non si definisce mai in modo chiaro e inequivocabile la natura sessuale dell'acclamato Sebastian senza volto, presente solo nelle memorie penose di chi non l'ha mai capito, alla fine condannato giustamente (?) come fosse un pedofilo, lapidato e immolato. Il figlio della signora Venable pare girare il mondo solo per appagare i suoi istinti. Peccato che la sua condizione venga vissuta come senso di colpa, come qualcosa di sbagliato, quasi che fosse una patologia astrusa. Più che uno schermo velato, nel caso di "Improvvisamente l'estate scorsa" si può parlare di schermo drappeggiato, che rischia di rendere il film incompreso o, peggio, frainteso. A questo si aggiunga l'idea di un Sebastian votato all'autodistruzione e corteggiante il suicidio, in attesa di (è un'immagine del film francamente un po' artificiosa) falchi marini avidi di carne. I rapaci sono gli uccelli che più sono assoggettabili al Giudizio di una Divinità Superiore, il mezzo ideale per rassettare la società del tempo da ciò che appare scomodo, la ricerca di una nuova Alba della (ri)Creazione.
L'unica cosa che viene in soccorso al film è pensarlo nell'epoca durante la quale fu distribuito. Nel 1959 Gore Vidal e Tennessee Williams ebbero come unica chance di portare sullo schermo il soggetto di quest'ultimo solo a queste odiose condizioni. E per far capire disperatamente l'essenza dei suoi contenuti chiamarono a raccolta un paio di attori a mo' di "testimonial": Montgomery Clift, il quale essendo gay sapeva già molto sull'argomento e usò il film quasi come mezzo di accettazione, ed Elizabeth Taylor, una simpatizzante della categoria (da preferire la sua interpretazione ne "La gatta sul tetto che scotta", sempre tratto dalle opere di Williams). Alla prova del tempo, la pellicola cede per quanto concerne la limpidezza del suo pensiero, e tiene sugli aspetti tecnici (scenografia curata dal gusto discutibile, fotografia ottima) e artistici (eccellenti le interpretazioni).
La figura di Sebastian rischia di essere etichettata come "alternativa" solo perché ha il gusto del bello. I suoi lineamenti armoniosi su di una spiaggia esotica, gli abiti bianchi e lindi, il sole che brucia come una palla di fuoco abbagliante (l'occhio di Dio?) in un mezzogiorno privo di ombre, sono tutti aspetti estetizzanti a volte un po' forzati. Pur non essendo il miglior film di Joseph L. Mankiewicz, "Suddenly" è capace di ornare con uno stile ammaliante un'opera fondamentalmente infausta e tagliente, non priva di arbitrii.
Basti pensare al ricordo della cugina Catherine Holly (Elizabeth Taylor): una traccia onirica spaventosa, persa in un'altra epoca, quasi fosse inventata o rielaborata. Un sogno assurdo accompagnato da esagerazioni visive, sovrimpressioni, scene a effetto che spiegano bene il trauma della giovinetta ma anche un po' gratuite. D'altronde è lei ad essere stata l'unica testimone del dramma, e in questo il film si fa estremamente oggettivo e schierato. Sulla stessa linea espressionistica aveva realizzato qualcosa di meglio l'Hitchcock di "Io ti salverò", così come lo stesso autore sarà ancora superiore quando l'anno successivo, con "Psyco", dirà la sua riguardo alla devozione verso le madri. Con il maestro della suspense, le discese ardite e le (ri)salite avevano un'inquietudine che in pochi son riusciti a eguagliare. Le corse arrampicate di Sebastian, al confronto, sono le fughe di uno scritto incapace di usare altri mezzi espressivi più efficaci, e le parole dette quando un ascensore non è ancora sceso del tutto sono inutile fiato sprecato.
Dramma a forte impatto psicologico, tratto da un celebre lavoro di Tennessee Williams, inevitabilmente alleggerito nei rimandi sessuali. Nonostante ciò riesce a creare un atmosfera sinistra e malsana che faticherà ad essere riproposta in seguito. Entrato nella storia il nefasto finale. Diretto con enorme senso scenico e minuziosa cura del particolare dal grande Mankiewicz ed interpretato da tre grandi divi: straordinaria la spettrale Hepburn, splendida la Taylor, doloroso Clift reso poco espressivo dagli interventi chirurgici facciali conseguenti al tragico incidente automobilistico.
Tra i drammi di Williams portati sul grande schermo forse è quello maggiormente addolcito nei suoi riferimenti più morbosi anche perché probabilmente in origine quello più esplicito. Nel finale infatti occorre un leggero sforzo d’immaginazione per dare un senso pieno al racconto. C’è da dire però che è un film dalla spiccata eleganza visiva, tra i più barocchi e suggestivi di Mankiewicz e con tutte le carte in regola per essere apprezzato dagli estimatori del melodramma.
Il melodramma hollywoodiano al suo massimo. La nipote di una miliardaria vive in manicomio e la zia vorrebbe che fosse sottoposta a lobotomia per cancellare ricordi pericolosi. La ragazza è stata infatti l'unica testimone della morte misteriosa del cugino, figlio devoto e legato all'eccentrica madre da pulsioni scopertamente edipiche. Ma il giovane neurochirurgo incaricato dell'operazione si oppone e scopre l'agghiacciante verità. Capolavoro assoluto con un cast strabiliante (Montgomery Clift, Liz Taylor e una Katherine Hepburn in stato di grazia) in cui la follia, i legami morbosi, le angosce dei personaggi rimangono scolpiti con straordinaria forza espressiva nello spettatore grazie alla regia magistrale e ai dialoghi indimenticabili. Da vedere rivedere.
Adoro Tennessee Williams e apprezzo moltissimo Joseph L. Mankiewicz, il quale ha saputo tradurre egregiamente su pellicola un dramma difficile e complesso come “Suddenly, Last Summer”; e se non fosse per taluni sconfinamenti nel melò, questo film meriterebbe, per quanto mi riguarda, il massimo dei voti. Come al solito il punto forte del teatro del drammaturgo americano è la caratterizzazione psicologica dei personaggi, che qui si sposa superbamente a riflessioni di carattere esistenzialista e nichilista. Così la morte di un figlio diventa l’occasione per meditare sull’impotenza dell’uomo di fronte all’ineluttabilità della morte e alla spietatezza di una Natura insensibile ai sentimenti umani e soprattutto priva di tenerezza. Emblematica l’immagine evocata dello stormo di falchi che si abbatte sulle tartarughe neonate, rovesciandole e martoriandole prima che esse possano raggiungere il mare dalla spiaggia: in questo modo viene richiamato il destino dell’uomo, la cui esistenza si configura come un come un insensato percorso verso una meta che non c’è, attraversato da indicibili pene e sofferenze. Ma l’eccidio delle tartarughe da parte dei falchi costituisce altresì lo specchio delle misere vicende umane, segnate dalla prevaricazione dei più forti sui più deboli e soprattutto da un istinto spietato di “sopravvivenza”, come dimostra la morte di Sebastian, la quale viene inscenata quasi fosse la rappresentazione di un disperato atto di cannibalismo. In questo senso anche la famiglia viene presentata come una sorta di espressione della tendenza dell’uomo a “cannibalizzare” il prossimo: la madre di Sebastian ha sempre condizionato la vita del figlio, con l’intento di renderlo una persona speculare alla propria indole, cercando così di sopprimere la sua libertà di autodeterminazione. Attorno a questo nucleo tematico, si sfiorano soltanto altri argomenti, decisamente scottanti per l'epoca, come il rapporto morboso madre-figlio al limite dell’incesto e quello dell’omosessualità.
Concordo in tutto e per tutto con il commento qua sotto, tuttavia ci sono delle cose che non mi sono del tutto chiare. Ottimo film comunque, sicuramente una pietra miliare del cinema "della psiche".
Ma la zia in realtà sapeva già tutto e voleva togliere il ricordo alla nipote per dimenticare meglio, oppure ha voluto farla ricoverare semplicemente perché aveva paura dei suoi racconti?
Film affascinante. Intrigante intreccio di personaggi il cui perno è il giovane Sebastian, giovane misterioso ed ambiguo che viene citato per l'intera durata del film. Mankiewicz dirige con maestria un cast formidabile e riesce a portare sullo schermo questa morbosa visione di T. Williams. Elegante ed imponente la presenza di K Hepburn, bella e convincente Liz Taylor nel ruolo della cugina ninfomane vittima della ricchezza e dei segreti dei parenti, bravo anche M. Clift.
Sette solo per gli attori, la trama è stata completamente stravolta dal codice Hays, trasformandolo in una barocca visione collettiva. Katharine Hepburn è di un'eleganza incredibile.
In piena era voyeurista, il cinema riscopre e rivela tematiche scottanti, che bruciano il perbenismo hollywoodiano almeno quanto i trattati sessuologici di kinsey... Tennessee Williams adatta una storia dove è coinvolto guardacaso (e come protagonista) un attore come Clift che ha vissuto la sua omosessualità nel segno del dolore, della colpa, dell'infelicità. Il ricorso a certe tematiche si esaurisce qui: nonostante williams e gore vidal siano sempre stati dichiaratamente gay, le fobie censorie pensarono bene di addattare - in un climax torbido e cupo - il suddetto romanzo per il cinema proponendo, anzi imponendo, un curioso e drammatico "confessionale" Dantesco. Ci penserà due anni dopo il cinema inglese a riabilitare queste tematiche ("victims"). La "vittima" viene dipinta come "carnefice pederasta sfruttatore di ragazzini", il cui abito bianco (di un bianco abbacinante) non riflette la sua "corruzione d'animo". Peggio che mai: i suoi assassini vengono misteriosamente assolti. Nonostante tutto, la regia di mankiewicz è ovunque grandiosa: c'è lo sfotto' sociale, sottile e crudele, di un mondo (indipendentemente dalle inclinazioni del giovane vestito di bianco) che pretende di pagare tutto, anche l'amore (pensiamo quanto sia profetico oggi, in un mondo di turismo sessuale), c'è la simbologia della Morte che, come in un dramma di Cocteau, assume i clichè della vecchia megera, il simbolo e il suo epilogo. Ma se la vittima resta nuda, con una morte degna della Maddalena di evangelica memoria, il suo volto non esiste: scompare come uno stuntman filtrato dalla vergogna di un'attore di rischiare di rovinarsi la carriera per aver interpretato un gay (un mistero che circola ... chi sarà? probabilmente qualcuno di poco conto o un attore di teatro oppure...). Per indicare o enfatizzare tutta la ripugnanza del conflitto omoerotico del cugino, la scelta è affidata alla bellezza senza fiato (ovvero l'emblema della femminilità perfetta, della seduzione piu' profonda) di Elizabeth Taylor, i suoi verdi occhi e i vestiti compressi che ne mostrano le stupende forme. "Improvvisamente l'estate scorsa" è anche un topoi di grande rilievo artistico, che cita i drammoni di Sirk e Robert Wise creando pero' lo stile unico e inimitabile di uno dei piu' raffinati autori di cinema di sempre. Ancora oggi la sua visione provoca molti brividi, ma proviamo per un attimo a superare l'avversione per il suo tanto opprimente e fastidioso moralismo (quello che ha provocato la rottura di Vidal con gli studios): vedremo soprattutto una metafora sulla borghesia che soffoca nel radicaliso sociale la sua oscura dipendenza dagli schemi anche (per l'epoca) proibiti