Quattro episodi - molto liberamente ispirati alle novelle del Decamerone originale - che ripetono lo stesso canovaccio in cui un padre accompagna la figlia a Roma per conoscere la famiglia dell'uomo italiano che la ragazza ha intenzione di sposare.
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Woody Allen è un genio e questo è un film geniale. Si tratta proprio di quei casi in cui la critica prende una svista e non si accorge di aver di fronte un grande film, grande proprio perché complesso da capire e che ha bisogno di almeno due o tre visioni per essere compreso del tutto. I rimandi sono infiniti, dalla malinconia di Melpomene riguardante la futilità dell'esistenza ai Pagliacci di Leoncavallo. L'esortazione "Ridi, pagliaccio", appunto, sembra rivolta ai personaggi del film, soprattutto Leopoldo/Benigni, come per ricordarci che non può esserci commedia senza tragedia, e questa brillante pellicola del regista newyorkese ha alla base le tragiche note dolenti della nostra società dell'apparire, in cui ognuno ha lo scopo di mettersi in mostra rispetto agli altri e accumulare potere. Molto superficiale l'atteggiamento dei critici a riguardo, e il loro modo di boicottarlo senza preoccuparsi neppure di procedere con un'analisi professionale del contenuto. Grave. Il brutto segno di una decadenza che ormai ha investito tutti i settori, e che ha fatto perdere quell'importante dote che si chiama (auto)ironia.