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Ho fantasticato a lungo su questo film nell'attesa di riuscire a vederlo, un po' per il titolo intrigante e suggestivo, un po' per la curiosità di vedere il prosieguo della carriera di Chan-wook Park una volta archiviata la trilogia della vendetta.
Per merito della solerte e lungimirante distribuzione italiana, a "soli" 16 anni di distanza (nel frattempo ho già potuto vedere Thirst, Stoker e Mademoiselle…) sono riuscito a metterci finalmente le mani e devo dire che, forse anche per colpa delle altissime aspettative maturate, sono rimasto abbastanza deluso.
Il tentativo del regista di svincolarsi dal pulp estremo delle opere precedenti e di mostrare il suo lato più solare è rimarchevole ma non del tutto riuscito…e sì che gli elementi per fare qualcosa di memorabile volendo c'erano tutti…il risultato finale è però paradossalmente inferiore alla somma delle sue singole parti.
Se fosse stato un film occidentale, la tagline avrebbe potuto essere la seguente: "Amelie Poulain incontra Michel Gondry e insieme volano sul nido del cuculo"…e per quanto detto così possa anche sembrare una f*gata, in realtà non c'è molto per cui esaltarsi.
Il problema fondamentale a mio avviso è che manca l'amalgama, il fil rouge, il trait d'union, insomma quell'elemento capace di dare un senso d'insieme a quella che così com'è rimane solo una lunga sequenza di scenette, pur godibili e a tratti anche geniali se prese singolarmente, dove ci sono dei matti che fanno cose "da matti" in un istituto psichiatrico con metodi talmente all'avanguardia che i pazienti, alcuni dei quali neanche si rendono conto della propria natura umana, vengono lasciati liberi di fare quello che cavolo vogliono e vagare dentro e fuori dalla struttura senza alcun tipo di controllo o limitazione (non è chiaro se il metodo paghi o meno a livello di risultati ma va beh…).
Anche l'elemento fantastico e surreale, pur regalando diversi momenti alti, non è sempre ben dosato e la visione ne risulta appesantita, non essendo a volte nemmeno ben chiaro il confine fra il mondo reale e quello immaginato dai protagonisti (effetto probabilmente voluto ma che io non sono riuscito ad apprezzare più di tanto – vedi spoiler).
Ad esempio la scena finale è reale o no? Nel primo caso com'è possibile che questi due mentecatti abbiano organizzato per il campeggio e siano usciti dall'istituto con tutta l'attrezzatura, con tanto di cibarie e vinello, senza che nessuno li fermasse? Sono evasi? Allora com'è che la mattina dopo nessuno li ha ancora trovati, pur non essendosi mossi per tutta la notte? E se invece fosse tutto immaginario, chi è dei due che sta immaginando, lui o lei?
Poi per carità oggettivamente non è mica un brutto film…i pregi senza dubbio ci sono e sono già stati descritti abbondantemente nei commenti precedenti per cui non sto ad elencarli di nuovo.
Però il voto è punitivo perché la delusione rispetto alle aspettative è stata comunque tanta e poi, alla luce anche della visione delle opere successive, penso che Park si trovi decisamente più a suo agio con le tenebre che con la luce del sole.
Nei tanti film sul tema, oramai in equilibrio sul filo del patetismo e della minaccia lacrimogena, SAIBOGUJIMAN KWENCHANA (I'm a Cyborg but That's OK) affronta la malattia mentale in maniera giocosa, allegra e colorata, spiegandoci che non c'è niente di male nella finzione di qualcosa che non esiste. Allo stesso modo Park Chan-Wook, dirige il film non solo dal punto di vista razionale ma anche da quello irrazionale, cosa che permette di ricercare ed ottenere scene e sequenze immaginifiche, tutte d'alto livello tecnico e artistico.
Sono tremendamente attirato dallo stile artistico di Chan-wook Park; la trilogia della vendetta mi ha affascinato parecchio e sono rimasto sbalordito da quel tocco personale che riesce a mettere in ogni suo film; visivamente riesce a regalare immagini suggestive e trovate geniali,facendo risultare un'esperienza ogni sua pellicola. "I'm a cyborg,but that's ok" è un film assurdo e bizzarro che si presenta allo spettatore come una sorta di commedia fantascientifica,ma che in realtà nasconde un cuore pieno di drammaticità,sentimenti e critica sociale. Se si analizza semplicemente la storia senza considerare la regia,i tocchi di classe e l'atmosfera stravagante,il film racconta una vicenda piuttosto surreale,dove una giovane ragazza con disturbi mentali(convinta di essere un cyborg) viene rinchiusa all'interno di un manicomio con l'intento di stimolarla a mangiare nuovamente(credendo di essere un robot non tocca cibo); qui conoscerà altri malati di mente con cui allaccerà una serie di relazioni ambigue e contorte(in particolar modo con un ragazzo apparentemente in grado di "rubare" gli oggetti e le doti degli altri pazienti). In realtà la pellicola è molto più di questo; i personaggi(dottori compresi) sembrano far tutti parte di un grosso teatrino magistralmente orchestrato da un clima onirico e fiabesco concepito da Park; sembra quasi che questi poveri "pazzi" sono in realtà incompresi e tenuti prigionieri,trasformando quella location in una specie di asilo per gente adulta. Oltre a questo c'è da considerare la parte stilistica,decisamente geniale e insolita,dove il regista coinvolge lo spettatore mostrando quello che accade dal punto di vista della protagonista e facendo vedere concretamente le loro convinzioni come se fossero reali. Si tratta di un film con un linguaggio molto particolare e poco digeribile per chi non conosce un minimo il cinema asiatico(sopatutto le commedie),ma nel profondo arriva a toccare problemi psicosomatici o schizzofrenici con leggerezza e fantasia,dando anche nel suo piccolo una lezione di vita; sono parecchi i significati nascosti tra le righe. Peccato solo per una cosa; come per "Mister Vendetta" anche questo soffre di alcuni piccoli cali di ritmo che vanno ad influire negativamente sulla componente narrativa,però a visione ultimata,se si ha un certo amore per le idee stravaganti ed originali,ci si rende conto di aver visto un'ennesima opera fatta con criterio ed artisticità.....
I titoli di testa sono qualcosa di grandioso. Geniali.
Poi il film si conferma un ottimo prodotto ... ma forse un pochino inconcludente?
Consiglio il giapponese "Paco and the magical picture book" per chi non l'abbia visto, molto più infantile del lavoro di Park Chan-wook ma simile nello spirito.
Non sono certo qui a discutere sulle qualità del grande PCW, adoro praticamente tutte le sue opere e lo trovo un regista talentuoso e poetico. Anche questo film è talentuoso e poetico, ma l'ho trovato davvero lento e minimal. Stupendo il concept, bellissima la trama ed i personaggi, ma secondo me non decolla mai. Non mi ha convinto del tutto.. mi spiace.
Vendette spettacolari di un cuore che si crede elettrico ed esangue, fantasie spietate di una bambina messa all' angolo. In ben due scene Young-goon mostra a Park Il-sun la schiena, scudo di diffidenza e superficie ignota (da soli non la si può toccare se non contorcendosi, né osservare se non specchiandosi). Con la magica porticina disegnata proprio lì, su quella pelle nascosta, lui sottoscrive la promessa di rispettare la di lei folle, insolente, amabile gracilità interiore. Visivamente meringato, questo film possiede la cauta irrinunciabile dolcezza di una cioccolata calda. Sensibilità tipica orientale, che tocca sempre obliquamente, e si schiude attraverso segni concreti anziché sonanti parole.
Difficile inquadrare questo film in un unico genere perchè la forza di "I'm a Cyborg But That's Ok" è proprio la sua universalità e la capacità di racchiudere in se stesso più generi che svariano dal drammatico al sentimentale passando per la commedia e ci fornisce anche una serie di tematiche su cui riflettere. Siamo di fronte ad un film visivamente strabordante che sfrutta una fotografia ipnotica per impreziosire alcune sequenze tanto folli quanto riuscite. Altro punto di forza è sicuramente l'originalità del plot, stravagante ma affascinante. Alcune trovate poi sono estremamente geniali, su tutte le mani mitragliatrici. Purtroppo c'è da segnalare anche qualche difettuccio. Se nella prima parte veniva lasciato spazio a una lunga serie di personaggi facenti parte dell'istituto da metà film in poi questi diventano semplice carta da parati per lasciare più spazio ai protagonisti mentre sarebbe stato preferibile una loro partecipazione più attiva. Inoltre il film è fin troppo demenziale (almeno per me che non ho mai amato troppo la demenzialità) e portato all'eccesso tanto che ad un certo punto rischia di rompersi, dopo essere rimasti stupefatti dall'originalità e dalla bellezza di alcune sequenze alla lunga l'effetto si affievolisce, stancando anche, e verso la fine si è costretti a trattenere qualche sbadiglio. Nonostante non sia perfetto "I'm a Cyborg But That's Ok" rimane un gioiellino di originalità.
Geniale, a tratti poco comprensibile e con qualche trovata imbarazzante, ma comunque geniale. Ho riso fino alla morte e mi sono lasciato incantare dalla poesia di questo fantastico artista. Attori meravigliosi, trama originalissima e piuttosto scorrevole e, insomma, tanto ma tanto divertimento. Finale un po' insipido.
Un riscatto brillante, coreano e coreografico, ingegnoso e molto poetico. Un riscatto scenico possibile in un mondo che già ha strappato molte camice di forza, cercando approcci meno sciocchi e scioccanti alle persone un tempo temute e rispettate perchè veicoli degli dei. In tempi recenti rinchiuse, sterminate e nascoste per la vergogna del proprio rigido mondo. Un film che esplicita raramente queste tematiche ma che le grida nelle fantasticherie esplosive della "Cyborg", nell'inadeguatezza professionale ed empatica dei camici bianchi. Il ritmo cresce e si sgonfia lentamente, da brioso e polifonico sfuma sempre più nell'onirico per poi accompagnarci ad un finale forse troppo sceneggiato ma di sicuro armonico ai toni e alle geometrie di questa coraggiosa commedia. Menzione doverosa a fotografia e messa in scena, vere protagoniste - per buona parte - della riuscita geniale e delicata ( un po' francese, à la J.P.Jeneut) di questa immersione nella percezione originale di questi schizofrenici.
Un momentaneo allontanamento dai sentieri del cinismo e della violenza per il coreano Park,regista diventato famoso per la sublime Trilogia della Vendetta.
"I'm a cyborg" dimostra una sensibilità enorme da parte di questo regista che davvero è uno dei più interessanti al momento,una dolcezza e una visionarietà non da tutti: Park osa e straborda con uno stile incredibile e perfetto,spesso ai limiti del virtuosismo tecnico; ancora meglio è quando la trama non prende mai strade canoniche ma entra direttamente nella testa dei due protagonisti e del loro amore platonico e puro,ad esempio nella sequenza della sparatoria del "cyborg" che sarebbe la perfezione assoluta già in un film d'azione e figurarsi in questo contesto...
Quello che davvero colpisce di questo ennesimo lavoro perfetto da parte di un regista tra i migliori sulla piazza è la capacità di raccontare un'alienazione mentale e la pazzia in una maniera fortemente identificativa,visionaria e da commedia pop che però mostra tutto quello che c'è da mostrare e non ha paura di farlo. C'è da dire che questo è un modo di fare tipicamente non occidentale,non so se qui si sarebbe osato andar oltre la semplice prima parte (perfetta) in cui ci voene mostrata la galleria di malati in un crescendo intrigante per arrivare ad altri momenti in cui viene approfondita del tutto la storia dei due innamorati,e qui per me si raggiunge il massimo: nessuna paura di rischiare,di uscire fuori dal seminato anche con scelte diciamo così non proprio ortodosse (la violenza è giocosa e nonsense,non si potrebbe neanche definire tale ma il sangue scorre in ogni caso anche se solo immaginato).
Qualche scelta troppo facile quà e là per un film che visivamente è una manna dal cielo già dai titoli di coda estremamente elaborati e neanche quelli lasciati al caso.
Da un lato presenta ottima originalità, quella migliore, quella nata dalla semplicità. Tecnicamente è fatto molto bene; fotografia e colori costruiscono un mondo surreale fantastico. La prima parte è qualcosa di sensazionale. Conosceremo dei personaggi certamente fuori dal comune. Vizi e paure ci legheranno a loro con quel tocco di sensibilità. Peccato passato questo il film di Park presenta una storia che si trascina ad un amore platonico. Forse troppo bello, forse troppo falso, il film non riesce ad essere così brillante, quanto la prima parte, e putroppo nemmeno quanto quell'amore raccontato.
Il senso della mia esistenza? Incontrare qualcuno disposto a disegnarmi una porta sulla schiena. E all'occorrenza costruirmi un risoconvertitore. Questo è l'amore. Anch'io mi sono sentita un cyborg. Ma va bene così. Splendida favola folle sull'apoteosi dell'amore, secondo il genio di Park.
... lo scopo della ragazza. Sei una bomba atomica, il tuo scopo è... la zine del mondo. E il ragazzo che si alza per chiedere cos'è una zine!
Se c'era da confermare la genialità di Park Chan-Wook dopo il lavoro sulla trilogia della vendetta, seppur in un contesto in larga parte diverso, beh, direi che la conferma è arrivata appieno.
Quello che non capisco è come si possa non produrre in Italia un film del genere.
Dall'impatto visivo notevole questo film di Park sembra quasi un omaggio al Corridoio della paura di Fuller, differendo però nei toni più da commedia e dall'atmosfera coloratissima e surreale. A tratti riesce anche a commuovere grazie ad una galleria di personaggi folli ben indovinati. Personaggi che perdono gradualmente durante lo sviluppo della vicenda per concentrarsi sui due protagonisti. In questo modo, a mio parere, perde quel qualcosa che lo avrebbe elevato a livelli di eccellenza assoluta ma anche così è una pellicola che vale la pena vedere, se non altro per la poliedricità di questo regista.
Forse il significato dell'esistenza è solo disegnare una porta sulla schiena. Di sicuro è l'atto d'amore più bello che mi sia stato dato da vedere da tempo. Surreale, eccentrico, immaginativo Park, oggi ti ringrazio particolarmente della tua poesia.
Lo sai che la compassione è il peggiore dei sette peccati capitali. Tristezza. Emozione. Esitazione. Fantasticare inutilmente. Avere sensi di colpa. Provare riconoscenza. Questi sono gli altri peccati in ordine di gravità.
'La valutazione psichica a cui fui sottoposto mi indicò come un antisociale. Ma io non lo sono. Rubo perché ho paura di scomparire. Sono un "antiscomparire".'
Amore e follia secondo Park Chan-Wook.Il regista coreano dopo l’eccezionale trilogia sulla vendetta cambia radicalmente registro misurandosi con temi meno opprimenti ed angoscianti.Ambientato in un istituto psichiatrico, “I’m a cyborg but that’s ok”, è una commedia surreale a forte connotazione sentimentale,immersa in una realtà distorta che è poi quella percepita dai pazienti del nosocomio,in particolare da due giovani disadattati. Lei inappetente perché convinta di essere una cyborg e quindi terrorizzata dal fatto che il cibo possa danneggiare il suo organismo meccanico,lui tormentato dal ricordo dalla madre e ossessionato dalla pulizia orale. Il regista segue con grazia le gesta strampalate dei degenti,lasciando sullo sfondo medici e infermieri,che per quanto affabili ,diventano oggetto di una critica indiretta ma abbastanza palese sull’inadeguatezza dei metodi curativi,proponendo esclusivamente il punto di vista bizzarro dei protagonisti al fine di catturarne al meglio l’essenza. Sicuramente questa scelta non permette grande compattezza e spesso si procede a singhiozzo,alternando un po’ troppo velocemente situazioni e personaggi limite,insistendo molto su una volontà di rompere gli schemi non sempre necessaria.Resta impressa la grande attitudine visionaria del regista,sempre fenomenale nella messa in scena e nell’esaltazione degli ambienti,capace inoltre di produrre sequenze di grande impatto visivo/emotivo come quella del “convertitore di riso”. Non tragga in inganno l’approccio scanzonato,in realtà i temi profondi ,seppur mimetizzati sotto una gradevole coltre leggera, non mancano.Famiglia e abbandono,disordini alimentari e la difficoltà di trovare una propria collocazione in un ambito sociale sempre più alienante sono problematiche lette e riproposte in maniera mai banale da un regista che non lascia nulla al caso,nemmeno i titoli d’apertura,vedere per credere.
Un film completamente diverso rispetto all'opera precedente di Park Chan-Wook, con cui ha in comune solo la grande originalità e la vena visionaria di questo grande regista. Si tratta di una divertente e toccante commedia, ambientata quasi totalmente all'interno di un ospedale psichiatrico, che, senza grandi pretese, riesce a intrattenere, commuovere, far riflettere e stimolare. Le scelte azzeccate di regia sono molte, a partire dai geniali titoli di testa veramente da vedere. A mio avviso il film che, nella sua originalità, meglio rappresenta il grande stato di salute e forma del cinema coreano, che ha vissuto una decade strepitosa e si appresta a viverne un'altra (si spera) ad altissimi livelli.
Questo ho pensato mentre ammiravo ogni singolo fotogramma di questa piccola perla del regista coreano. A un solo anno dalla conclusione dell'altalenante, ma indubbiamente affascinante trilogia della vendetta, ecco un film completamente diverso, spiazzante, follemente visionario.
La delirante ma efficace sceneggiatura, supportata da minimi ma efficaci effetti speciali, con i suoi strampalati e grotteschi personaggi ti incolla allo schermo fino al dolcissimo e ottimo finale.
Splendido e mostruosamente sottovalutato questo lavoro di Park, che forse deluderà gli incazzerecci che avevano amato il suo lato sanguinolento (più che il suo tocco) nella trilogia della Vendetta. Bellissimi personaggi, scene di una dolcezza rara ma davvero mai patetiche. Onirico e delizioso, e non è davvero facile fare un film che tratti di follia in un modo così ricco e originale.
La fotografia di questo film è incredibile, un esplosione di colori... Assolutamente originalissimo, sia nella trama che nell'ambientazione... Però non è un capolavoro, perchè alla fine un pò si perde, insomma un giocattolo molto bello da vedere ma che un pò stufa... Rimane un gran film, e un convincente esperimento per Park, di cui preferisco la trilogia sulla vendetta....
Ma come gli vengono in mente queste sceneggiature? Certo si notano molti riferimenti al cinema americano e tanti spunti da vecchie pellicole d'amore, ma questo lavoro di Chan-wook Park è davvero singolare, poetico e ironico. La protagonista è molto brava, riesce a farti immergere nella sua convinzione e nella sua realtà. Molte le trovate simpatiche. Un film da vedere.
Ennesimo gran film di uno dei miei registi preferiti. Folle, emozionante, onirico, ed incredibilmente originale, capace di farti dubitare di aver capito quale sia la verità e chi sia davvero pazzo e chi sano. Ed oltretutto anche molto divertente.
C'è un matto che per colpa di un incidente stradale passa tutto il suo tempo a scusarsi con chiunque. C'è una matta che rincorre il sogno di entrare nel coro alpino Edelweiss. Ce n'è un altro che ruba per non scomparire, è convinto che sia l'unico modo per non passare inosservato. Ce n'è un'altra che si crede un cyborg, per questo non mangia e si nutre solo di pile elettriche.
Peccato, come Park Chan Wook è un regista dal talento infinito, ma che spesso non riesce a controllarsi... Cyborg avrebbe potuto essere un capolavoro, rimane comunque uno splendido film... dolce, capace di commuovere, far sorridere, intenerire...
un film assolutamente originale sia come trama, a volte forse troppo prolissa, che nello stile del regista che sforna una commedia simpatica, parecchi i temi su cui si passa, sempre mostrati con la semplicità che i personaggi del film devono mostrare. questi sono caratterizzati tutti pienamente, non solo i due protagonisti principali ma anche i personaggi di contorno. il resto è tutto curato in maniera ottima, dalla fotografia alle musiche.
bellissima la scena della modalità cyborg, per un attimo ho creduto che lo fosse davvero. sopratutto la scena in cui si inquadra dall'alto il massacro nel giardino.
alcune trovate geniali, una storia d'amore toccante e tanta originalità. D'altra parte ho trovato il film troppo statico, e a tratti noioso. tutto sommato da vedere.
premettendo che del regista coreano ho visto solo la trilogia della vendetta e l'episodio di three extremes devo dire che questo film mi ha stregato con la sua romantica ed altrettanto malata storia e la sua scenografia psichedelica. la commozione sorge spontanea e non innamorarsi della protagonista è un impresa impossibile almeno per quanto mi riguarda.
la scena in cui lei "da cyborg"tolta la compassione uccide tutti i camici bianchi con la ripresa finale dall'alto nel giardino dell'ospedale è una delle scene più belle che ho visto negli ultimi tempi
Park in questo film svolta pagina totalmente, abbandona il tema della vendetta e da vita a un film dove l'argomento principale è l'amore. L'amore che le dà vita, l'amore dà senso all'esistenza.
un po come gondry nel suo ultimo film anche l'amato Chan wook Park mi stupisce per la geniale fantasia e realizzazione, dove il francese si avvaleva di escamotage molto rudimentale il coreano usa effetti tecnologici e non. un gioiellino che pecca solo nella trama un po troppo statica
Uno dei tanti film che la nostra “lungimirante” e sempre attentissima distribuzione sembra essersi fatta scappare è questo piccolo gioiello firmato Chan-wook Park… Il regista coreano gode di buona fama anche in occidente grazie alla sua trilogia della vendetta ma ciò non toglie che questo suo ultimo lavoro da noi non si sia visto nemmeno col cannocchiale anche se, a parziale discolpa dei distributori, va detto che I’m Cyborg but that’s ok non è né un film facile né un film per tutti… L’ultima fatica del regista coreano è una commedia sentimentale che non lesina però qualche situazione da dramma famigliare, qualche spunto di profondità e che brilla soprattutto per messa in scena… Park opta per uno stile narrativo non proprio lineare e in più inserisce anche diverse situazioni al limite del weird, ma lo fa con il suo solito stile registico notevole, con scelte visive straordinarie e trovate più che ottime (i titoli di inizio sono splendidi), e soprattutto conferma di saper utilizzare spazi e macchina da presa come pochi altri registi nell’attuale panorama cinematografico sfruttando benissimo la superba colonna sonora, la bellissima fotografia e la perfetta scenografia… Eccellente la caratterizzazione dei personaggi (menzione obbligata per il tizio che cammina all’incontrario), notevole la prova del cast, meravigliosa la scena di inserimento del riso-convertitore, scena questa davvero di una bellezza e tenerezza rara (vedere per credere)… Peccato per una certa prolissità di troppo e per qualche scena o situazione tirata un po’ troppo per le lunghe… Piccolo capolavoro commovente e poetico in grado anche di far sorridere e divertire, Park sforna una commedia sentimentale che non cade mai né nel melenso né nello smieloso… Davvero un film da recuperare!
Chan-wook Park, ormai indubbiamente uno dei grandi registi del fantastico movimento asiatico. Ancora una volta rimango veramente turbato da come la qualità del prodotto è assolutamente snobbata dalle grandi case di distribuzione. Ormai non importa più la qualità ma bensì quante persone saranno attratte dal prodotto in questione inducebdo così un appiattimento e assottigliamento dell'esigenza cinematografica che ha del preoccupante. I'm a Cyborg but That's Ok supera di slancio, staccando, fin dai titoli di coda, le classiche commediole americane melense, senza mordente e prive di qualsiasi originalità. Chan-wook Park si dimostra regista poliedrico e mi sorprende ancora di più come i suoi prodotti destino curiosità altalenante da parte della distribuzione. E' incredibile che un grande del cinema asiatico non abbia una distribuzione sistematica nel nostro paese, anche se l'amico Park è in compagni dei grandi Miike e To, solo per fare i primi due nomi altisonanti che mi vengono in mente. Dopo aver spaziato nei più disparati generi, da notare JSA, la trilogia della vendetta e l'episodio di Tree Extremes, il regista coreano si adopera nel regalarci una commedia romantica assolutamente sopra le righe ed estremamente originale. I'm a Cyborg but That's Ok risulta un'opera leggera ma a tratti malinconica e sorprendentemente profonda. Si possono intravvedere i temi del corpo-macchina, tanto cari a Tsukamoto, ma anche una profonda riflessione sull'esistenza che non porta alcun risultato.Park sembra quasi arrendersi davanti all'impossibilità di comprendere le ragioni dell'esistere abbandonandosi, probabilmente, alla più semplice conclusione cioè che il vero significato dell'esistenza è il vivere stesso. Park tratta anche il profondo tema dell'abbandono ma anche evidenzia la necessità dell'altro per uscire dai momenti più bui e complessi. Sotto il punto di vista registico, Park sa il fatto suo. Il film risulta diretto benissimo, con sicurezza. Quest'ultima porta Park a testare nuove soluzioni registiche molte delle quali, sebbene un pò ardite, assolutamente gradevoli. Il tutto accompagnato da una buona colonna sonora e da ottime interpretazioni. Sicuramente consigliato a coloro che vogliono vedere qualcosa di originale, leggero ma al contempo profondo.
Dopo l'impegno politico di JSA e la trattazione della vendetta da diverse angolature nella sua famosa trilogia, Park Chan-Wook dimostra di potersi cimentare anche in generi all'apparenza più 'leggeri' come in questo delizioso film.
Il regista coreano riesce nell'impresa di sviluppare un film all'interno di un'ospedale psichiatrico senza quasi mai dare quel senso di tristezza e oppressione che si potrebbe avere nella visione di questo tipo di ambienti.
E lo fà attraverso una regia magistrale piena di tocchi di classe, un'uso appropriato del digitale e un'ottima fotografia piena di colori vivi e caldi, in contrasto con i tipici colori spenti e freddi degli ospedali.
Anche se molto lontano dai suoi prodotti precedenti, alcuni rimandi compaiono nello sviluppo del film (il sentimento di vendetta, l'incomunicabilità tra persone apparentemente diverse e la critica sociale, qui ovviamente rivolta alle metodologie di cura).
In conclusione, 'I'm a cyborg but that's ok' rappresenta una commedia veramente ben fatta e coinvolgente in grado di dare ancora una volta un saggio delle grandiose capacità di questo poliedrico regista.
Dal punto di vista narrativo avrei trovato più appropriato concluderlo 10 minuti prima (dopo la confessione alla dottoressa). Però in questo modo si sarebbe persa la meravigliosa immagine finale..
CWP riafferma la sua grande abilità di regista, in un film in cui vendetta e temi all'Old Boy sono distanti anni luce. Un film estremamente curato, ma strano, criptico, estremamente diverso dagli standard occidentali, non basterebbe un genere per classificarlo. Ma proprio per questo è degno di nota.