Mina un'artista di 28 anni rimane bloccata in una vasta e immacolata foresta nell'Irlanda occidentale. Dopo aver trovato un riparo, rimane intrappolata insieme a tre sconosciuti, perseguitati ogni notte da misteriose creature.
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La figlia di Shyamalan dirige un film che ha molto del cinema e dei temi del padre. Un horror folcloristico che è l'ennesima rilettura sul tema dell'elaborazione del lutto (tema sempre più centrale anche nel cinema statunitense) e che ci ricorda come i primi mostri da guardare sono i nostri, tutti umani, che spesso non affrontiamo protetti nella insondabile gabbia che ci auto-costruiamo (la struttura nel bosco). Il finale, quel voler soffermarsi proprio sulla sentimentalizzazione della vicenda, è secondo me una mossa vincente e nel complesso l'ho trovato un lungometraggio meno disastroso di come avevo letto in giro.
La figlia di Shyamalan dirige un film nel pieno stile del padre, sia per la tendenza al colpo di scena, nonché per una certa somiglianza – nelle ambientazioni e in generale nell'atmosfera – ad un suo grande film, ovvero The Village. Stessa cura dell'immagine e della fotografia, anzi, ancor di più – perché qui dietro la cinepresa c'è una donna, e si vede. La mano femminile traspare dalla delicatezza e dolcezza con le quali gli eventi vengono raccontati: è praticamente una fiaba, un folk horror dalle tinte tenui nel quale, insieme agli eventi, si sviluppa la maturazione interiore della protagonista (una sempre brava ed intensa Dakota Fanning). Il twist è intuibile fin da molto prima, ma tutto sommato questo aspetto non guasta, anzi – la mancanza di un vero e proprio scossone a sorpresa è persino una cosa onesta: alla fine tutto si incastra perfettamente e ciò rende quindi necessariamente comprensibile già tempo prima dove si andrà a parare, ma nel contempo non ci si sente neanche presi in giro da finali mirabolanti e accampati soltanto per sorprendere. Sono i buoni sentimenti a farla da padrone – e come gli Osservatori guardano le persone, anche la protagonista inizia a guardarsi, come in uno specchio, per ricongiungersi con se stessa. Tutto molto bello.
Un bel connubio di dark fantasy e horror, arricchito da una trama ben costruita. L'ambientazione della foresta è molto suggestiva. Il colpo di scena, ben inserito, aggiunge un elemento di sorpresa che valorizza l'intreccio. Nel complesso, riuscito.
Se si è disposti a fare i conti con una lunga parte di deja vu, allora si verrà ripagati da un finale che soddisfa pienamente le aspettative costruite sin dal principio. I paesaggi irlandesi di Galway sono meravigliosi, la Fanning è un'attrice di grande intensità e la regia ha una sua eleganza. Sconta un calo evidente nel mezzo, quando le creature si palesano e si gioca con espedienti risaputi, ma sempre nel rispetto del pubblico, che oggi non è poco. Diciamo che, se confrontato con l'ultimo film del padre, questo della figlia è un capolavoro totale.
Malgrado sia ogni tanto prevedibile, risulta solido ed avvincente. Una degna figlia di Shyamalan, ma ora aspetttiamo il secondo con cui sarà più difficile confermarsi.
Avrà pure dei difetti evidenti, palesi forzature e buchi di sceneggiatura ma perlomeno è una storia un po' diversa dal solito, non l'ennesima tiritera della famigliola felice che si traferisce in una casa maledetta o del gruppo di ragazzi decerebrati che invocano il demonio. Inoltre, si merita un voto in più solamente per il colpo di scena finale, anzi, direi per il finale in generale che ho trovato azzeccato e affascinante.
Non male questo The Watchers. Ishana Shyamalan fa un ottimo debutto nel mondo del cinema con un'opera che mescola fantasy, folk e un pizzico di horror. C'è un'ottima dose di tensione nella prima parte, la quale fa sorgere un sacco di domande che vengono soddisfatte appieno nel sorprendente finale. Un primo passo promettente per una regista che potrebbe avere un futuro luminoso davanti a sé se continuasse su questo passo.
Buona la prima! Storia a metà tra l'horror e il fantasy, riesce a inquietare e mantenerti in tensione per quasi tutto il film. L'aura di mistero, l'atmosfera della foresta supportata anche da una buona colonna sonora aiuta a creare interesse per la storia e a seguirne lo sviluppo. Certo non è perfetto e qualcosa non torna
del tipo, come hanno fatto tutto quel tempo a non accorgersi della botola che portava al bunker sotterraneo che gli avrebbe permesso di non morire di fame e dove era spiegato come uscire dalla foresta??
ma nel complesso non mi è dispiaciuto affatto. Il doppio plot twist finale ha contribuito positivamente. La frase: "Non morire"
Ho visto film di registi molto più accreditati decisamente peggiori di questo. È un film di una regista esordiente e mi sembra più che sopra la media. Tolta la parte iniziale eccessivamente lenta è un buon film
A me è piaciuto tanto, la prima parte è angosciante, ti sorgono tante domande poi via via si inizia a capire e la curiosità viene soddisfatta. Paesaggi stupendi, e gran doppio colpo di scena finale (quando io per primo pensavo fosse oramai finito e pronto ad alzarmi, e invece...). Mezzo voto in più per il fatto che è il film d'esordio della regista, è sicuramente su un'ottima strada.
Debutto alla regia per Ishana Night Shyamalan con un film che cerca, in qualche modo, di ripercorrere il cinema del padre, con una storia che si divide tra folklore e favola dark. La sceneggiatura non è curatissima ma si fa apprezzare per una resa visiva tutto sommato discreta, dove non si lesina sugli effetti grafici e sull'atmosfera tensiva data anche dalla location boschiva. La parte finale appare un po' troppo rivelatrice per quello che poi è il twist che si palesa ma è comunque, a mio parere, abbastanza funzionante. La regia è discreta, il cast assolve al compito e la narrazione appare fluida quanto basta, nonostante qualche scena ripetitiva, per regalare una visione degna di considerazione. Augueo alla regista di fare la stessa carriera del padre...o anche meglio.
Tutto sommato la nostra cara Ishana porta avanti degnamente il nome della famiglia Shyamalan nel cinema, elabora quella che è a tutti gli effetti un'opera che ci si aspetta da una figlia d'arte. Nel dettaglio risulta un connubio tra il tipico mistero dei film del padre a metà carriera e il buonismo spiegativo dell'ultima fase, in questo si possono notare sia pregi difetti di questo tipo di trame. Interessante però è il soggetto scelto da Ishana e poi adattato per il film, il libro di base scritto da A. M. Shine ha una venatura fantasy interessante e che affonda le radici nel folklore classico con il giusto piglio, tanto che sembra fatto apposta per un film di Night. La regia diversamente dal padre è più pacata e gira meno sulle sue classiche scelte d'impostazione di ripresa, questo per certi versi è anche un bene, risulta quindi più aperta e meno chiusa nell'ermetismo virtuoso tecnico. Ottima la scelta di concendere il ruolo principale alla mitica Dakota Fanning, che come il vino invecchia benissimo e può permettersi determinate prestazioni davanti alla telecamera, non male anche il resto del cast. Se questo è un primo passo nel mondo del cinema direi che è riuscitissimo per la giovane regista, sperando che in futuro sappia discostarsi dal padre scegliendo una propria e definita visione personale dei suoi soggetti.