Adattamento del classico di Dickens: l'orfanello Oliver fa amicizia, nelle strade di Londra, con un ladruncolo e da questo viene instradato a far parte della famiglia di ladri addestrati dal perfido Fagin.
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Sinceramente non si sentiva affatto il bisogno dell'ennesima trasposizione sul grande schermo del classico Dickensiano,il fatto pero' che fosse Polanski ad assumersi l'onere e l'onore incuriosiva. Purtroppo la missione fallisce,il film che il regista ha dichiaratamente realizzato per i propri figli, appare proprio come un prodotto decisamente troppo lineare e distaccato,anche se ogni tanto la malignita' del regista prende il sopravvento come a ricordare ai giovani che il mondo è un luogo dove si aggirano molti lupi pericolosi...Polanski pero' non fa emergere il suo genio ma si limita al compitino,che potra' essere anche gradevole ma che non è affatto sufficiente se parliamo di un filmaker del suo calibro. Il film è appesantito da una trama nota e priva di particolari spunti,inoltre non è aiutato da una regia eccessivamente anonima...certo una nota di merito va conferita alle scenografie e alla cupa fotografia,oltre che al Fagin interpretato dall'ottimo Ben Kingsley. Decisamente poco credibile ed inespressivo il giovane Barney Clark nei panni di Oliver. In definitiva un film freddo e tedioso,che si salva(parzialmente)nel finale.
Polanski rivisita il celebre racconto di Dickens, tratteggiando con cura la Londra dell'800, e animando con stile fiabesco le disavventure del giovane Oliver Twist. E' un film che rimane forse un pò troppo intrappolato nella forma e nei tempi della messa in scena, ma nel complesso il nuovo lavoro di Polanski è un'opera che coinvolge, affascina ed emoziona. Grande merito hanno fotografia, scenografia e musiche e la grandissima interpretazione di un'irriconoscibile Kingsley. Di carataura il commovente finale. Consigliato
Buon film, il soggetto non si prestava molto ad una edizione in film perfettamente attinente al romanzo (bellissimo), e Polanski, tagliando un po' qua e un po là, crea un'opera che mantiene intatto lo spirito del libro dandole però maggior brio (chi si lamenta della lentezza forse non ha letto l'originale) e caratterizzando in maniera molto azzaccata i personaggi. Non un capolavoro ma comunque un film da vedere.
Ke nooiiaa!!! Uno dei film +noiosi ke ho vsto nella mia vita. Era brutto xkè nn succedeva niente di bello e a quel bambino succedevano solo disgrazie, mi faceva pena poverino! E poi qst film è lento, ma lento… E poi la ragazza ke mi stava +simpatica viene uccisa dal suo papà… ke cafone ke era… meno male ke fa una brutta fine, gli sta bene… povero Roman Polanski, doveva seguire il suo genere quali Rosemary’s baby, La nona porta o L’inquilino del terzo piano…
Beh, è decisamente ben fatto e gli attori niente male (sopratutto il vecchietto), fedele al libro...forse un pò lungo ecco...e un pò troppo come dire "romanzato", dai toni eccessivamente "telenovelas". Ma d'altronde il romanzo è un classico...non riesco a definire quel tedio che mi ha pervaso in diversi momenti ecco.
Un film che ha il suo punto di forza nell'incredibile emotività e nello spirito che è simile a quello del libro. Ottima la fotografia, ma per chi ha letto già il libro (come me) può rimanerne un pochino deluso. Comunque, un bel film...
mi ha coinvolta molto, il voto è alto probabilmente perchè non ho letto il libro ma il film mi è sembrato bellissimo e ben fatto, è una storia tristissima (povera nancy) colma di valori fra cui spicca la fiducia. gli attori sono molto bravi, doger è 1 perfetto gentil ladro, mi ha colpito l'abilità con cui i ragazzini rubavano ma... che fine hanno fatto? cioè, sykes muore impiccato e fagin viene condannato, e loro? qualcuno me lo può spiegare? thanks a lot
Devo dire che mi aspettavo qualcosa di più, considerando che il film è di Polanski e che il libro da cui è tratto (che però non ho mai letto) è stato scritto da Dickens. Tralasciando il confronto tra libro e film, che non posso fare, e considerando quindi il solo film, mi è sembrato a tratti noioso e con l'attore principale (quello che interpreta Oliver Twist) decisamente non all'altezza, in quanto è monoespressivo da inizio a fine film.
Ecco che Polanski ci racconta, con molta maestria, una storia bellissima (cosa di non poco conto di questi tempi). La vicenda di un giovane ragazzino di nome Oliver tratta da un celebre libro di Dickens; libro che purtroppo (haimè) non ho ancora letto. Un'Inghilterra nel pieno periodo della rivoluzione industriale, una Londra grigia e malinconica e una società cinica e crudele. Polanski è in grado di farci attraversare con leggerezza e meraviglia una galleria di personaggi teneri e crudeli di cui Oliver fa parte. Semplice, scorrevole e immediato nella prima parte, il film passa in fretta; la seconda parte è più attenta e viaggia verso un climax tragico ma sempre in modo magistrale, senza strappi narrativi. La regia sobria e attenta di Polanski, la semplicità della sceneggiatura, il rigore stilistico della scenografia e la poesia della fotografia non fanno altro che lasciare una bella sensazione di serenità e speranza. Anche gli attori sono perfetti. Molto brava l'attrice che interpreta il ruolo di Nancy. Film consigliatissimo.
esattamente quel che ci si aspetta di vedere, quindi non male visto che parliamo di oliver twist. ma roman polanski? a rimanermi impresso sarà, come al solito del resto, ben kingsley.
Molto ben fatto in termini di scenografie, costumi, sceneggiatura e regia che riproducono ottimamente gli ambienti e le situazioni della Londra del 1800. Strade affollate da accattoni, ratti, donne di malaffare, gentiluomini e calessi. Un brulicare di situazioni e personaggi, dai più onesti ai più loschi. Appena fuori città, bellissime campagne che Oliver percorre a piedi nudi. Film curatissimo nell'estetica che segue fedelmente la nota storia di Oliver Twist. Tra gli attori (tutti molto bravi e ben truccati) spicca un eccellente Ben Kingsley nel ruolo dell'arrugginito Fagin. Film godibile.
um film decisamente buono sotto quasi tutti i punti di vista...alcune parti sono un pò lente ma ne consiglio la visione anche ad un pubblico adulto,Roman Polanski si riconferma un grande regista
Vita dura per il piccolo Oliver 10 anni, orfano di genitori, nulla in tasca bimbo dolce e di una mitezza toccante. Sballottato a destra e a manca, preso a calci e a sputi oppresso da un mondo che non ha pietà per i nullatenenti come lui anzi per i "prossimi alla forca" come lui. Lui che a differenza del bimbo maghetto harry potter non ha la bacchetta magica per risolvere i problemi nè amici affiattati per consolare le sue pene. Forte solo delle sue gambe e di speranza l'unica soluzione è scappare dal suo villaggio e raggiungere Londra. Una Londra livida, gonfia di fumo, degradata, limacciosa dove annaspano nel fango di furti e crimini altri miserabili come lui e con questi ultimi si dovrà confrontare ed eguagliare. "Se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo" diceva il poeta e così: per mancanza di opportunità l'innocenza del povero oliver dovrà corrompersi per poter sopravvivere cercando di seguire l'insegnamento di altri bimbi sfortunati come lui. I due bambini attori (sia quello che interpreta oliver sia quello che interpreta dodge) sono veramente ammirevoli. Se oliver è la incarnazione della candida purezza, l'altro è la perfetta rappresentazione della "scafatura baby criminale". La fotografia, i costumi e la scenografia sono efficaci da dar supremamente quel senso di una citta che trasuda di vicolarmente vissuto di straccione e di corrotto che bene si addice ai frutti di una una societa industriale, che bene si specchia nella sua polizia, nei suoi tribunali e giudici e nelle sue istituzioni nelle persone che arrancano e calpestano i più deboli di loro.
E' veramente un bel film lo consiglio sopratutto ai bimbi ma è di gradevole visione anche per i grandi.
sono andato ieri sera a vederlo e mi sento addosso un angoscia infinita,indubbiamente un bellissimo film sicuramente non un capolavoro xò,la fine quando oliver twist entra in carcere a trovare il vecchio fagin ormai impazzito e che urla disperato mi ha commosso tantissimo..
Regia impeccabile per raccontare una storia, purtroppo ancora attuale, di violenza e sopraffazione. Il film è toccante ed in alcuni passaggi brutale nella descrizione della lotta per la sopravvivenza.
veramente bello! il film riprende da vicino il romanzo di Dickens, anke se ovviamente sono state fatte alcune significative modifiche. Tutti gli attori sono stati impareggiabili. Da vedere a tutti i costi.
Sono andata a vedere questo film pensando che fosse la solita storiella per bambini e invece devo ammettere che è stato un film molto toccante e ben costruito. Bellissima la scenografia (molto azzeccata), bravi i personaggi e coinvolgente la storia (molto più cruda di quanto credessi).....veramente un ottimo lavoro....per riscoprire le storie di un tempo e non permettere che passino di moda!!
Un buon film storico, grande ricostruzione della Londra terribile della rivoluzione industriale, dei bambini-schiavi del lavor. Altro che "civiltà superiore", quella occidentale... un magnifico affresco registico della barbarie inglese dell'Ottocento. Punti deboli? Poca caratterizzazione drammatica, tranne il vecchio ricettatore avaro, Ben Kingsley. Scarsamente coinvolgente, dal punto di vista emotivo, ottimo come costumi e ambientazione.
Prima di tutto dovrebbero vergognarsi gli spettatori che disertano le sale preferendo temi piu' rassicuranti (davvero?). Secondo, è incredibile come ancora oggi la prosa di Dickens generi tanti malintesi e fraintendimenti: lo si poteva imputare di parlare un linguaggio edificante, di evocare orfanelli e sentimentalismo, il ricorso alla commozione facile, etc etc che comunque riguarda solo una minima parte della sua opera, ma dell'invettiva sociale in piena Era Vittoriana vogliamo dirne qualcosa? Se potessimo dimenticare gli stereotipi con cui si guarda oggi a Dickens scopriremmo una sorta di apologia degna di un successore tedesco (magari piu' ideologico) come Bertold Brecht. Fatta questa premessa, il Dickens secondo Polansky è un film splendido, con un'ammirevole capacità di essere sobrio e ricco allo stesso tempo. Se nei primi venticinque minuti tutto sembra fin troppo calcolato, fin dai titoli iniziali che sembrano enfaticamente riproporre il linguaggio para-televisivo del celebre "Tess", successivamente entriamo in una dimensione che, pur fedelissima al romanzo, rispecchia la decadenza sinistra del cinema di Polansky, la sua aderenza alle immagini, immettendo un contrasto affascinante tra i colori della Londra diurna e quella - inquietante nebbiosa eppure così cool - delle luci della notte. Anche attraverso l'uso della mdp Polansky aderisce bene alla società Dickensiana fatta di folle giustizialiste, di barricate, di linciaggi popolari, di ingiustizia sociale, tanto che la sensazione (virtuale ma introspettiva) dello spettatore è lo sgomento davanti all'uso disinvolto della forca. Movenze da film muto fanno del nuovo Fagin una sorta di inquieta rappresentazione del Mr. Hyde dei tempi di Lionel Barrymore, a tratti pacioso e patetico, mentre accentua la spregevolezza di Bill come aveva già fatto la bellissima versione cinetelevisiva del 1982 inpersonata da un'incredibile Tim Curry nel ruolo appunto di Bill... Quindi, se non erro, dopo il classico di Lean, il musical, l'animazione del 1971, e appunto il film televisivo di Donner (con reminescenze horror), oltre a un inedito, questa di P, dovrebbe essere la sesta versione del romanzo. A parte la perfetta ricostruzione ambientale, di questo O.T. rimane tuttavia molto: sequenze come l'incontro di Nancy sul Tamigi coperto dalla nebbia, la fuga di Bill sui tetti, l'apologo dell'ultima visita a Fagin nei lunghi corridoi di un lugubre carcere, sono momenti di immenso lirismo scenografico, Puo' darsi che Polansky abbia perduto la voglia di disorientare lo spettatore (e a giudicare dai pochi spettatori presenti in sala, farebbe anche bene non se lo meritano), ma il "suo" Dickens non è mai inutilmente piagnone o edificante, e celebra soprattutto, anche attraverso gli occhi dei ragazzini di strada, un classico topoi del suo cinema: il Male non è mai frutto di esperienze individuali, e coinvolge anche l'impossibilità - per dirla alla De Andrè - di "far nascere fiori dal letame" E' tutto questo il segreto di un bellissimo film
Confesso: ero tentata di dare sei, ma ci ho ripensato e non mi è sembrato giusto lasciarmi prendere dalla delusione del momento. Polanski è uno dei miei registi preferiti. Chissà, forse tra lui e Dickens non c'è alchimia...fatto sta che il film non mi è piaciuto. Non che sia brutto, beninteso...però... In breve: "Oliver Twist" offre una magnifica, curatissima rappresentazione della Londra ottocentesca, ricostruita anche grazie ad una minuziosa ricognizione di stampe e dipinti dell'epoca (probabile, ad esempio, il riferimento agli scorci londinesi di Giuseppe De Nittis, leggermente posteriori al romanzo di Dickens ma comunque adatti). Benessere e agiatezza della borghesia proto-industriale contrastano duramente con miseria e degradazione degli slums. Manca, tuttavia, a Dickens la profondità di analisi politico-sociale che aveva caratterizzato, ad esempio, l'"Utopia" di Tommaso Moro (anteriore di secoli, oltretutto): lo scrittore ottocentesco rimane infatti sempre in bilico fra l'esigenza della denuncia sociale e la più facile, nonché remunerativa, finalità edificante. Per il povero e diseredato protagonista la salvezza non può che risiedere nella carità di un ricco e generoso benefattore: per gli altri, non c'è che la dannazione. Nonostante i limiti e le contraddizioni del libro, Polanski avrebbe potuto comunque realizzare un capolavoro. Ma il regista sembra prigioniero del testo, affascinato soprattutto dai suoi risvolti visionari e gotici: così, tra allucinati giochi di ombre e luci, tra colori dissonanti e sinistri, tra lune oscurate e improvvise folgori notturne, il film non decolla. Il ritmo narrativo è lento, la caratterizzazione dei personaggi poco incisiva (in particolare, il perfido Bill Sykes e il suo tremendo cane non fanno paura a nessuno, anzi sembrerebbero due bonaccioni se non fosse per i tremendi crimini che commettono), ma, soprattutto, manca la tensione drammatica. Notti e nebbie londinesi sono bellissime ma indifferenti, e alla fine poco ci importa di quale sarà la sorte dei protagonisti: fatta eccezione, forse, per il vecchio corruttore di bambini, un Ben Kingsley che da attore maiuscolo quale è scade quasi a caratterista (di prim'ordine, naturalmente). Qualche osservazione particolare: 1) Il bambino interprete di Oliver assomiglia sorprendentemente a Dickens, quale ritratto in foto e dipinti d'epoca (una indubbia finezza del regista); 2) Durante la visione, mi chiedevo perché diavolo la Saint Paul's Cathedral fosse stata ricostruita per mezzo della CGI, dato che la Cattedrale esiste ancora. Poi ho scoperto che il film è stato girato a Praga. In conclusione, un'opera realizzata con grande mestiere, ma deludente. Una mia idea: e se Polanski recuperasse "Il dottore e i diavoli", vecchia sceneggiatura di Dylan Thomas?
Polanski ricava la Londra dell'800 dalla storia più attendibile che esista, quella dell'arte, e ci porta a seguire Oliver tra vicoli sporchi e case borghesi. E forse Oliver è solo un pretesto per narrare altre storie, di povertà, nobiltà d'animo o riscatto, perchè ad un certo punto della storia svanisce, lasciando spazio agli altri personaggi che popolano una mondo in cui è difficile vivere, ed è difficile avere coraggio. Personaggi ai margini della società, anche la proverbiale cattiveria di Fagin non è più tale. Polanski tratta con benevolenza un mondo dal destino segnato, che Oliver riscatta e comprende invece di condannare. Una regia magistrale e incantevole, una storia trattata con grande intelligenza.
Magistrale ricostruzione della Londra ottocentesca. Film un po' fuori dal gusto di oggi. Sembra , con le dovute proporzioni, un teleromanzo degli anni sessanta. Ottima l'interpretazione.
Davvero un film molto ben fatto e toccante. Attori scelti con cura e molto espressivi. I miei complimenti vanno al regista e agli attori, in particolare al piccolo Oliver che davvero mi sembra molto calato nella parte. Lo consiglio soprattutto ad un pubblico giovane, perchè possa capire come cambiano i tempi e perchè si ricordino di come si viveva prima, quando vien loro la voglia di lamentarsi per sciocchezze o inutili capricci!
Fedelissimo al romanzo di Dickens il grande Polanski firma un'opera-fiaba che non cede mai nel ritmo e che fa della forza dei suoi protagonisti la sua arma migliore. Superba scenografia (quasi tutta la pellicola è stata girata a Praga, solo una piccola parte è stata ricostruita negli studios), mentre il polacco Pawel Endelman si conferma il miglior direttore della fotografia in circolazione. Da vedere.
Un gran bel film, tratto da una gran storia. Ma ormai quando si parla di Roman Polanski non si può che parlare di bei film diretti magistralmente. Infatti il regista di Rosemary's Baby dimostra una volta in più di essere tra i migliori direttori in circolazione, qualora ce ne fosse ancora bisogno. Oltre a una regia gagliarda, anche gli attori sono molto bravi (su tutti Oliver e Nancy) e, specialmente nel secondo tempo, vi è un ritmo altissimo, che non può che dar merito ancora una volta a Roman. Quindi va sottolineato che Praga (dove si sono girate il grosso delle scene) è molto più adatta di Londra per "interpretare" la Londra dell'800. Infatti il Piccolo Quartiere è assolutamente perfetto per riprodurre la capitale inglese. Mi sembra anche che si sia resa perfettamente l'idea che Fagin sia il più malvagio di tutti e sinceramente mi sembra che il sig. Sykes abbia una posizione un po' troppo rilevante all'interno della pellicola. L'unica cosa che mi ha lasciato a desiderare sono state le musiche, le quali potevano essere migliori.
Il film presenta degli aspetti molto interessanti....mi affascina tutto ciò che riproduce fedelmente un 'epoca e credo che il regista in questo film ci sia riuscito. Mi ha trasportato veramente nella sua epoca.
2 ore di film non riescono a riportare sulla pellicola la complessità dell’intreccio del romanzo d’origine, che, essendo stato scritto a puntate, è rigorosamente infarcito di colpi di scena, rivolgimenti, cadute, risalite e di nuove ricadute, per giungere poi all’agnizione finale, rivelatrice della parentela tra Oliver e il signor Brownlow che porrà, con abile manovra letteraria, fine al dramma. La storia del film sembra ricalcare fedelmente soltanto la prima parte del romanzo, tralasciando del tutto l’agnizione conclusiva e le tormentate vicende più strettamente collegate alla famiglia Brownlow e ai personaggi di Rosa e Monks (di cui non viene fatto minimamente cenno). Forse la volontà del regista è stata quella di volersi concentrare sul personaggio più interessante dell’opera, Fagin, l’ebreo ladro che sopravvive di espedienti nei bassifondi londinesi, trovando, nell’arte del furto e nello sfruttamento minorile, un mezzo di sostentamento in una società generatrice di quei “mostri” di cui, poi, essa stessa, prova repellenza e che non esita a condannare, una volta diventati adulti. E se è la società stessa a generare quei mostri che non ammette di riconoscere come figli suoi, sin dall’inizio del film i buoni borghesi dell’associazione parrocchiale non si fanno scrupoli a ricorrere più volte all’immagine della forca di fronte al fragile Oliver, macchiatosi dell’unica colpa di essere orfano e abbandonato. Paradossalmente viene da pensare che i luoghi dove si consuma la maggior violenza siano non soltanto i vicoli della Londra più malfamata, ma i luoghi stessi dove si dovrebbe invece ristabilire una certa giustizia, come l’ospizio parrocchaile o la sala del tribunale. Mentre Dickens si diverte a rappresentare con arguto humor la galleria umana di una classe agiata detentrice del potere, pennellandola con brevi tratti in tutta la sua intima meschinità, ottusità e piccineria, il regista al contrario, sceglie di allontanare ancora di più figure come quella di Bumble o dei giudici, da una parte per rendere l’idea di una giustizia lontana e senza volto, e dall’altra per focalizzarsi meglio sulla figura di Fagin l’ebreo, dal fascino ambiguo e luciferino. Bastano pochi “colpi di pellicola” per mettere in scena l’ottusità dell’assemblea parrocchiale che scambia l’angelica ingenuità del fanciullo Oliver per stupidità e non risparmia di parlare di forca di fronte al ragazzo, come se questo, ai loro occhi, avesse un destino già segnato in partenza. La comunità del potere, sembra così essere essa stessa l’invisibile orchestratrice del futuro di miseria e balordaggine che porterà molti di quei bambini, accolti nelle loro “workhouse”, verso il destino tragico di futuri malfattori, figli di una società che sembra condannarli già a priori. E l’inquietante riferimento alla forca, che aleggia in tutto il libro e nel film, sembra apppunto inverarsi nel tragico finale, dopo essere stata così a lungo invocata con tanta leggerezza dai detentori di quel potere sommario di cui varie volte Oliver è vittima e da cui non potebbe forse mai liberarsi con le sue uniche forze. Sarà solo la “fortuna” di un incontro, di un’agnizione libresca a riscattare con l’inverosimile quello che normalmente nella vera società vittoriana sarebbe stato destinato al fallimento e alla miseria. Oliver può salvarsi grazie ad un deus ex machina, ad una sorta di “mano di Dio” che permetterà al fanciullo quella salvezza che sennò non potrebbe mai compiersi per mano della comune giustizia. E l’autore Dickens (seguito a ruota senza tradimenti da Polanski), interviene a ristabilire un ordine che una società ingiusta non riesce a garantire. Il fatto che Polanski si sia concentrato su Fagin, indiscussa figura principe dal fascino ambiguo, sembra insinuare l’idea che la mancanza di un’intervento da parte del destino romanzesco (come è avvenuto invece per Oliver), possa trasformare teneri bambini in reietti della società, in futuri Fagin, sfruttatori di un’infanzia che ad essi stessi fu un tempo sottratta da quella società che li ha resi tali a causa di tanta indifferenza e incomprensione. Il perpetuamento di giustizia sommaria ha così come risvolto i tanti Bill Sikes, Nancy o Fagin. Se il primo personaggio sembra senza speranze indurito, totalmente incattivito dalla vita, Nancy e Fagin sembrano percorsi talvolta, nella loro capacità di provare ANCORA pietà, da estemporanei fremiti di quello che furono un tempo: bambini. E da lì ecco la rappresentazione di un Fagin paradossalmente più “dignitoso” dei tanti Mr Bumble con le loro mazze e i loro ridicoli tricorni, che il regista non esita a rendere marginali, per dare spazio all’ebreo, alla pietà che esso suscita nel momento in cui vi si può scorgere l’immagine di quel bambino che anche esso fu. Ben Kingsley dà vita alle ambiguità di Fagin, incurvatosi sotto il peso di una vita stentata, dal volto rugoso, sporco, coi denti ingialliti e consunti, apparendo, pur nella sua viscida presenza, immagine portatrice di un dolore di cui si sono ormai perse le antiche origini di probabile ex-vittima, ma di cui ancora si possono scorgere le traccie in quel suo sorriso scivoloso, in quella sua strana “affezione sfruttatrice” verso i suoi ragazzi, capace ancora di una risonanza nel dolore, a diferenza del compagno Sikes vittima ormai oltre che della società anche di se stesso. Il film, unica pecca, non riesce a restituire a pieno l’intensità della scena finale nelle prigioni che nel libro si caricava della tensione del pubblico processo all’ebreo (ma nel film tagliata), e della successiva disperazione solitaria dell’ultima notte di Fagin, che nel romanzo acquistava una sorta di forza visionaria che nel film non riesce a prender forma, stemperata dalla scena del bimbo che cerca di redimere il vecchio con un’ultima preghiera al cielo. Eppure, cinematograficamente, la notte di Fagin me la sarei immaginata più dilatata, surreale, agitata da fantasmi mentali, lo spazio di solitaria resistenza disperata di un vecchio contro un destino metafisico a cui incosciamente si rivolta. Il film segue lo svolgersi della storia con una certa freddezza mentre nel libro la forza del romanzesco riusciva a conferire ritmo, e il fiume di pagine a restituire, al susseguirsi serrato degli eventi, momenti di calma e d’analisi dei personaggi. Il rischio di riportare su pellicola romanzi così densi di eventi rischia sempre di far prevalere lo sforzo della ricostruzione storica e dei fatti sulle sfumature, sulle descrizioni psicologiche ecc. L’intelligenza del regista è stata quella di essersi concentrato solo su una parte della storia e sul rapporto tra società e i suoi frutti, sul rapporto tra potenza e atto, tra un Oliver, bambino di strada salvato da un incontro risolutivo (NON più agnizione nel film) e Fagin, altro “bambino” di strada non redento dalla mano di alcun Dio-autore, vittima e assieme incarnazione di una società fatta di giustizia sbrigativa e istutuzioni dal volto disumano. La pellicola riesce a restituire allo spettatore l’immaginario di una londra industriale, di una città sporca, viziosa, senza dare molto spazio alla dimensione più “borghese” del romanzo, (Bronwlow è appena una comparsa, ed è del tutto assente il personaggio di Rosa) volutamente tralasciata perché inutile all’inquietante rappresentazione di una società, apparentemente perbenista e pulita come quella vittoriana, ma dai risvolti tragici incarnati dalla grande figura dell’ebreo Fagin- Kingsley.
Il grande difetto dei romanzi di Dickens è l'eccessivo buonismo di fondo, l'incapacità prosistica che, da spunti potenzialmente ottimi, non riesce a scollarsi una patina di pietismo e patetismo che svilisce regolarmente il risultato. Sì, insomma, i vari David Copperfield e Oliver Twist, o anche il Canto di Natale, l'intera produzione narrativa di Dickens risulta essere una grande incompiuta. Polanski, navigatissimo narratore che ha affrontato i generi più disparati, invece, la completezza nella realizzazione d'un'opera ha dimostrato più volte di possederla. Libero dai vincoli che costringevano Dickens, che i suoi romanzi li scriveva a puntate, a forzare spesso la mano per mantenere alta l'attenzione d'un pubblico che all'epoca nulla di meglio cercava della lacrima facile, Polanski si permette una sorta di fedele reinterpretazione della fonte. All'inizio il regista pare cascarci, sembra davvero riprodurre in maniera piatta e fedele l'opera nei suoi pregi e nei suoi difetti, ma poi la storia s'evolve, ed emergono nuovi pregi di cui l'originale difetta. Dickens scriveva libri potenzialmente devastanti per la loro tristezza, pregni d'un senso di disperazione opprimente che doveva colpire il lettore, ma che regolarmente mancava il bersaglio per il pietismo insistito che si trovava. Questo film invece a tratti diventa insostenibile allo sguardo, soffocante per la sua pesantezza, per la cappa che sovrasta lo spettatore opprimendolo per la consapevole ineluttabilità del destino del giovane orfanello. Ma andando oltre questa capacità narrativa che sa colpire forte, chiara e netta nella sua volutissima semplicità, tutto pare curato nei minimi dettagli. Caso eccezionale, è ottima la prova di tutti i giovanissimi attori, non solo del protagonista, per non parlare poi d'un consumatissimo (in tutti i sensi) Ben Kingsley che rispolvera le interpretazioni dei tempi migliori, ma è perfetta anche la rappresentazione londinese, in tutta la sua sporcizia ed in tutti i suoi contrasti, che va oltre i fuligginosi stereotipi fino a permetter allo spettatore di toccar con mano il suo realismo. Quest'Oliver Twist strabatte su tutta la linea il libro da cui è stato tratto, perché a differenza di Dickens Polanski riesce a trasmettere un senso fiabesco alla storia che le da' quel tocco in più, quella magia capace di smuovere una comunione di sentimento tra lo spettatore ed il protagonista. Film magico.
Mi ripeterò...ottima la ricostruzione di Londra. Dal mio giudizio ciò vale già il prezzo del biglietto. Buona la recitazione e pulita la regia, con qualche picco ad esempio nelle scene di Londra notturna...senza infamia esenza lode...
regia ottima,la ricostruzione di londra è veramente eccezionale e gli attori sono molto bravi soprattutto il bimbo che interpreta oliver...film da vedere.consigliatissimo
Premetto che ho sempre odiato Dickens, soprattutto perchè, ostinandomi a leggerlo in lingua originale, combinavo la difficoltà di comprensione con le storie del suoi personaggi sfig.atissimi, rendendo tutto più drammatico. Insomma, quando masochisticamente iniziavo un suo romanzo, non vedevo l'ora che finisse.
Premesse a parte, Polanski confeziona un gioiellino cinematografico, immergendo la storia dell'orfano Oliver in un'ambientazione perfettamente costruita: le scenografie trasudano realismo, ma anche quel senso di oppressione e miseria che si respirano nel romanzo. La recitazione degli attori è ottima: i bambini sono tutti bravissimi, in particolare il piccolo Barney Clark che interpreta un dolcissimo Oliver. Ben Kingsley è un perfetto Fagin, ributtante nell'aspetto, discutibile nella condotta di vita ma con un barlume di tenerezza per quelli che in fondo sono i suoi figliocci. Bravissimi anche gli altri caratteristi.
Tuttavia il film non manca di momenti noiosi e lascia una vaga sensazione di freddezza, che mi impedisce di dagli un voto migliore.
Un film come questo, ha senso se è capace di emozionare. Meglio ancora se capace di commuovere.
Questo film non emoziona, nè tantomeno sa commuovere. E dire che la trama offrira spunti di drammaticità. Vuoi forse per la mancanza di un adeguata colonna sonora, vuoi forse per l'incapacità (voluta o meno che sia) del regista di evidenziare l'aspetto emotivo degli avvenimenti, questo film è come un bel piatto che non sa di niente.
Pertanto, se come me, amate di film che emozionano, vi sconsiglio di vederlo, sebbene nel complesso (e quindi considerando anche gli altri aspetti) non si può dire che è un brutto film.
Non riesco a capire come mai tanti voti così alti ma rispetto il giudizio di ognuno....secondo me un film troppo lento e che racconta quasi fedelmente il libro eccezion fatta per l'inizio che non spiega come Oliver Twist sia diventato orfano e da che famiglia provenga( era figlio di una famiglia nobile) e alla fine non spiega che lui diventerà un grande scrittore...in pratica è l'autobiografia di Charles Dickens
..è un film che ho quasi del tutto resettato 5 minuti dopo l'uscita dal cinema.ben confezionato è una buona storia per grandi e piccoli,che poteva anche non essre raccontata!!un pò alla pinocchio(che io non amo tra l'altro..forse per via del bombardamento psicologico subito da bambino),ma efficacie solo nell'interpretazione straordinariamente personale del bambino e di un kingsley veramente da oscar..loro varrebbero il biglietto,si..ma non basta.sembrava di essere finiti sullo stesso set di jack lo squartatore...una londra piena di clichè,dai personaggi secondari alle scenografie,dalla nebbia ai topi che sbucano ovunque...e poi tutto finto..patinato persino nel sudicio..boh!forse polanski si è tenuto troppo fedele al romanzo e ha finito per rinunciare a descrivere un dramma vero..quello dell'abbandono,dei maltrattamenti,della solitudine,della infanzia negata,dei ricatti e della impossibilità di reagire..trattato tutto in modo irreale,distante come se Oliver si facesse scivolare addosso tutto..tanto siamo su un set e i lividi e le ferite sono solo trucchi scenici...strano anche perchè il grande Roman ha vissuto sulla propria pelle tutto questo!!la confezione poi sembra americana,poi leggo che il film è coprodotto in europa epenso proprio che l'industria americana del cinema fa proseliti e si rischia di perdere quel che di buono preserva la cinematografia nostrana.. forse... ma tutto questo è il mio PERSONALISSIMO parere e non pretendo venga condiviso..(non ho manie di grandezza come molti nel nostro filmscoop che elargiscono sentenze e giudizi da grandi critici ed esteti del cinema!!!!) w il cinema
Sostanzialmente d'accordo con i voti precedenti. La regia è ottima, gli attori sono tutti estremamente in parte su tutti uno straordinario e quasi irriconoscibile Kinsley e il bambino protagonista, bravo ma non invadente. Stupenda la ricostruzione di Londra, incredibilmente realistica sotto tutti gli aspetti. Consigliatissimo
la grandezza di polanski è tutta nell'approccio rispettoso al romanzo. il pietismo, pieno di pudore come si conviene ad un romanzo dell'ottocento, è reso con una maestria encomiabile. un autore meno maturo e più narcisista (vedi tim burton), avrebbe caricato enormemente "di se stesso", l'intera narrazione.. ma polanski si rivela sensibile e attento a realizzare il "film per tutta la famiglia", evitando trucchi da baraccone realizzando una ricostruzione storica degna di un documentario. bravo il bambino (che per una volta non è un prodigio invadente) e straordinario ben kinglsley, un cattivo controverso da antologia.
Roman grande visionario e narratore. La storia, che naturalmente riguarda da molto molto vicino il nostro regista, è riportata con fedeltà quasi al 100% dal romanzo. Il protagnista azzeccato e Ben da Oscar. Ottima fotografia ed effetti speciali.
Ottimo film di Polanski, grande cura nella ricostruzione della Londra di metà ottocento, particolari dei costumi e dello stile di vita della città straordinari. Ricostruzione degli interni con grandi mezzi e cura. Riprese e montaggio del miglior Polanski. La trama è ricca di colpi di scena e rovesciamenti delle situazioni al ritmo di sorpresa. Filo narrativo scorrevolissimo e alternato da ricche immagini suggestive anche degli esterni campani e agricoli di Londra. Immagini che fanno concorrenza al libro: almeno sul piano delle evocazioni immaginifiche. Gusto narrativo sempre alto. Contrasti emozionali sul bene e il male ben finalizzati al raggiungimento di un finale suspense. Polanscki è riuscito a non sfigurare di fronte al grande Dickens autore del libro e non è poco per un film.