I re e le regine, i principi e le principesse, i boschi e i castelli di tre regni vicini e senza tempo; e poi orchi, animali straordinari, draghi, streghe, vecchie lavandaie e artisti di circo: sono i protagonisti di tre storie liberamente ispirate ad altrettante fiabe de "Il racconto dei racconti" di Giambattista Basile.
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A Garrone non manca il coraggio perchè proporre un'opera fantasy in territorio italico di questi tempi è una scelta coraggiosa a cui va dato atto. Recupera le origine delle fiabe di Basile e lo fa senza filtri o rielaborazioni hollywoodiane. I racconti di Garrone (e di Basile) non sono carini e puliti, non sono un inno al vissero tutti felici e contenti, ma sono popolate di personaggi che rispecchiano il cinema di Garrone, da Primo amore a Gomorra fino a Reality. Una regina preda del desiderio/ossessione di una maternità negata e disposta a negare a sua volta ogni principio morale nell'appagare quel desiderio e poi nel negare ulteriormente un legame indissolubile tra due fratellastri. Il desiderio/ossessione di due vecchie donne di ottenere i favori di un re dissoluto, attraverso una rinvigorita giovinezza avuta solo da una delle due sorelle, con unizio dal vago sapore da burla boccacesca. L'egoismo di un padre nei confronti di una figlia data in pasto ad un orco (ma è veramente un orco, aldilà della pura fattezza fisica?). I personaggi sono sfaccettati, dominati dai propri desideri e passioni, ma che poco rispondono alla banale dicotomia tra Bene e Male, ad esclusione del rapporto sincero tra i due fratelli. La resa visiva è di livello eccellente perchè la fotografia di Suschizy ne riflette sia il contesto meraviglioso, sia gli aspetti più cupi della vicenda che in parte riportano anche al gotico italiano di Mario Bava. Tre racconti che si alternano frammantariamente come le storie di Gomorra, ma che formano un corpo unico e compatto grazie alle caratteristiche comuni dei tanti personaggi che li popolano, a volte con qualcosa di irrisolto ma dotate di indubbio fascino.