Sfuggita all'inseguimento di due killer, la bella Grace arriva nella sperduta cittadina di Dogville. Grazie all'aiuto di Tom, portavoce della comunità, Grace riesce ad ottenere protezione a patto che sia disposta a lavorare per la comunità. Ma quando si viene a sapere che la donna è una grossa ricercata, gli abitanti di Dogville avanzano nei confronti di Grace sempre maggiori pretese. Ma Grace nasconde un segreto che farà pentire tutta Dogville di aver mostrato i denti contro di lei...
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Solo un genio come Von Trier poteva concepire questo film "teatrale", in cui addirittura non c'è neanche lo scenario ma solo i segni per terra....che dire, poi nella deconda parte diventa cinico è cattivissimo.....grande film
“Dogville” è stata una bella sorpresa; nonostante la durata sia forse eccessiva questo film di Lars Von Trier merita un’attenta visione. Il regista ci stupisce fin dall’inizio con una scenografia appena abbozzata col gesso e ci racconta l’arrivo di Grace nel mondo ambiguo della cittadina di Dogville. Dove tutto è pre-stabilito e tutto circoscritto. Dove il nuovo è una minaccia. La seconda parte del film è molto più intensa della prima e conduce ad un finale veramente notevole. Bellissima prova della Kidman e fantastica la vovce narrante di Albertazzi nella versione italiana.
Film repellente e presa in giro per lo spettatore che paga senza sapere che, il pur giusto inquadramento della negatività umana che il regista desidera raffigurare cadrà nella schifezza dell'opera cinematografica, causata dalla totale assenza di impalcatura scenografica. La cattiva fede della produzione sta nel fatto di non avvertire con note sulla locandina, o con altre sulla spalla del dvd, che trattasi di pellicola in cui risulta assente la pur blanda scenografia che in un teatro qualunque nostrano avrebbe costruito. L'intento di far emergere il sentimento ovviamente naufraga nella totale stupida attività di eliminazione di ogni struttura scenografica. Questa mancanza ci fa vedere come il Von Trier sia regista di quell'arrogante snobbismo, convinto che un nome come la Kidman, attirando numerosi spettatori, intrappoli questi poi in un doveroso applauso ad una presunta superiorità direttiva che non esiste, giacchè anche in un sogno, inconsciamente, l'uomo costruisceuna scenografia più o meno approssimativa del contesto. Pertanto operare cinematograficamente in tal modo è da truffatori, oltre che stupidi. Non vedete simili porcate. Ovviamente è la mia idea, ma attenzione, la maggior parte di voi spegnerà dopo poco sicuramente. Poi anche sulla bravura di Nicole ci sarebbe molto da discutere. Non credo che sia stata opera così difficile da recitare
Un capolavoro. Grandissimo Von Trier e la Kidman nella sua forma migliore in una delle sue migliori recitazioni. Ambientazioni suggestive anche nella loro essenzialità. L'unico difetto di questo film è il non riuscire a catturare l'attenzione da subito, in compenso più si va avanti nella visione più si resta incollati alla sedia. Fino all'esplosione finale, l'arrivo alla consapevolezza della natura umana nella sua forma più crudele, fredda e lucida. Cinico ritratto del mondo che sonda e porta alla luce l'ipocrisia e la cattiveria più profonde delle persone. Un'elegia della perdita dell'innocenza. Alla fine, la protagonista stessa, che all'inizio appare vittima del mondo, fa capire di essere stata vittima invece della sua ingenua ricerca del buono nelle persone. A quel punto il suo diventare eroina corrisponde proprio con la scoperta della propria fredda crudeltà. Un film che lascia l'amaro in bocca per la tristezza infinita che lascia nello spettatore.
Bellissimo film di Von Trier, che non rinuncia al suo personalissimo modo di fare cinema ma che questa volta (mi) esalta con un film metateatrale dal crescendo emotivo che esplode (anzi, implode) in un finale catartico. Bellissima la Kidman.
A differenza della maggior parte delle persone che hanno commentato questo film a me non è piaciuto, l'ho trovato troppo, ma veramente troppo lungo e noioso, quasi 3 ore... darei 2 punti per l'originalità e la creatività di unire cinema e teatro e gli altri 2 punti sono per la bravissima e bellissima Nicole Kidman, che se non ci fosse stata, probabilmente il film non avrebbe avuto successo. Il resto non mi è piaciuto...
3 ore densissime di significati, rimandi e contenuti (religiosi solo per dirne uno; del resto il nome della protagonista, Grace, significa Grazia...) ma eppur incredibilmente scorrevoli e assolutamente non pesanti.
La Kidman è bravissima (peccato non ci sia nel sequel), come anche tutto il resto del cast (James Caan entra in azione solo alla fine però).
In estremi soldoni, un rape and revenge molto più curato registicamente del solito.
Chi compie la vendetta però ha ad ogni modo torto, perchè non si ripaga con la stessa moneta chi per primo compie il peccato.
Fosse tutto così facile!
La mancanza di una scenografia esplicita (vera grande innovazione del film) serve per far lavorare la testa dello spettatore in maniera più profonda del solito.
Ho apprezzato molto questo film dall'aspetto teatrale, un gioco del regista che ci porta nei diversi aspetti del compèortamento umano, da quello più gentile a quello più oscuro. Finale inaspettato che chiude il cerchio. Peccato solo per qualche parte noiosa ma forse necessaria per il film.
Giudico questo film come una piccola opera d'arte, per il suo minimalismo (che a mio avviso non incide per nulla sullo scorrere del film) e per il viaggio all'interno della nostro essere, sia durante lo svolgimento del film che nella parte finale. Grandissima anche la Kidman.
Ottimo. Il primo di LVT che vedo, non sono di certo deluso. Due aspetti che non mi convincono: la lunghezza strenuante e il finale. Ma non è perchè "è sbagliato", la lunghezza e il finale non sono fuori luogo, tuttavia la prima appesantisce notevolmente le palpebre, il secondo non riesco a spiegarmelo. Mi sa di giustizia distributiva, di manicheismo e di visioni bibliche superate. Ma forse no, questo film non lascia le idee chiare su niente di niente. La dicotomia Bene/Male è terribilmente analizzata da uno che (a parte spostarsi solo in camper quindi già strano di suo) cresciuto in un ambiente fricchettone e comunista si è convertito al cristianesimo per un disperato bisogno di regole. E la sua Dogville è un'America che non è cambiata dai tempi dei fratelli pellegrini, ma in verità niente cambia. Aspettiamo il giudizio di Dio che inevitabilmente spara sulle nostre atrocità.
Sorprendente in negativo l'ambientazione su palcoscenico che fa perdere un pezzo di cinema inoltre lentezza e tematica morale rendono il film un po' pesante senza che niente lo possa far uscire dal binario iniziale... Insomma sono costretto a dare a mio modesto parere un voto insufficiente pur apprezzando lo sforzo per fare qualcosa di diverso.
Altro film geniale del fantastico Lars Von Trier. Minimalismo e poesia si uniscono dando origine ad una vera e propria perla cinematografica. Splendida la Kidman.
Bellissimo. Un film molto particolare, che mostra in modo un po' teatrale, sentimenti di una cittadina semplice ma molto intensa. La trama e' a dir poco sbalorditiva ed intriga sin dalle prime scene. Nicole Kidman Bravissima come al solito, forse anche di piu'. Da vedere.
Adoro Nicole ma non questo film, noioso e lento, se non ci fosse stata lei non credo che avrebbe avuto tanto successo, inverosimile la scenografia, se avessi voluto vedere un "opera teatrale" sarei appunto andata a teatro e non al videonoleggio. Dimenticavo, lunghezza eccessiva specialmente per il tipo di film che è!
film difficile da seguire, coraggiosa la scelta di non avere praticamente scenografia... ma se si ha la volontà di arrivare alla fine se ne capisce la mancanza ... ottima la kidman, ma recitazione intensa di tutti che devono compensare, appunto, la mancanza di detta scenografia
Grande storia, ottima Nicole Kidman, geniale l'idea di non dare altra scenografia che alcuni oggetti e delle righe per terra. Piccola pecca il fatto che parta lento ma poi cattura l'attenzione. Davvero carino e soprattutto originale.
Nella mia personale top 5 dei film più difficili da commentare si è ritagliato un posticino anche Dogville, un indiscutibile capolavoro. Resta da stabilire se votare in modo distaccato e oggettivo e dare dunque un 9 o se basarsi sull'impressione soggettiva e quindi 7 e mezzo. Dato che qui non siamo per dare i voti che un film obiettivamente merita (altrimenti sai che piattezza...), bensì per esprimere un giudizio personale, scelgo il secondo criterio. Partiamo con la premessa che Dogville è difficile da seguire e Lars Von Trier, tenendo fede ad alcuni principi che egli stesso stabilì in Dogma 95, non fa niente per facilitare il compito. Già quando si scopre che l'ambientazione non è reale, ma è una sorta di palcoscenico nel quale le case sono solo disegnate a terra e gli oggetti, il mobilio e le porte devono essere immaginati dallo spettatore (si sente il rumore delle porte ad esempio, ma non si vedono) è un tonfo, e l'ignara "vittima", si fa per dire, resta per dieci minuti a chiedersi se ci sia un errore. Col tempo ci si abitua all'idea e sembra di giocare a The Sims, con le pareti trasparenti che lasciano vedere ciò che ogni personaggio fa dentro casa. Dogville è anche molto lungo e la sua dimensione di capolavoro emerge lentamente. Bisogna avere pazienza perchè, tranquilli, emergerà. Proprio la difficoltà di rendersi interessante che ha il film all'inizio mi porta ad abbassare il voto e so che può essere una scusante sciocca perchè in fondo anche questo è un espediente funzionale al risultato finale.
Dogville sembrerebbe proprio la cittadina perfetta: arroccata tra le montagne, piccola e nella quale tutti si conoscono e vivono in tranquillità. Ogni abitante pare essenziale a sè e agli altri: insieme costituiscono un organismo minuscolo ma compatto e pienamente funzionante. Arriva però Grace a "rompere" questa armonia, una Nicole Kidman da sogno incarnata in una sorta di messia al femminile. Per essere accettata e protetta si mette al servizio della comunità: all'inizio tutti si rifiutano del suo aiuto perchè nessuno ha bisogno di niente. Ma c'è sempre bisogno d'aiuto... Inizia così un processo di degrado umano e morale di ogni singolo abitante di Dogville che si rivela per ciò che è (per ciò che tutti siamo): l'animale cattivo per eccellenza (come Gobineau ha definito l'uomo) perchè arreca dolore solo per il semplice piacere di farlo, un animale che si organizza in branchi solo per il proprio bisogno e non per il suo spirito socievole (la critica all'ottimismo sociale di Schopenauer). Grace, tra violenze e abusi, incassa e reprime tutto, anzi porge l'altra guancia. Lei sembra un'eccezione alla regola umana, l'unica. Nonostante le innumerevoli cattiverie, che vedono coinvolto anche Tom (quello che dice di amarla, il solo a non abusare fisicamente di lei), fino all'ultimo Grace tiene nascosto il suo segreto per tenere al sicuro la comunità.
All'arrivo del boss, il padre, Grace, messa di fronte a una scelta spigolosa, si dimostra infine uguale a tutti gli altri. Scarica sulla popolazione di Dogville tutte le violenze accumulate, arrivando al culmine della malvagità con la punizione alla madre dei sette bimbi.
Lo stesso spettatore, vedendo questa fine, è portato ad approvare la reazione di Grace e quindi si rivela egli stesso facente parte del mondo descritto dal regista: il mondo di Dogville, nient'altro che la miniatura del nostro mondo.
In conclusione si può leggere la scelta della non scenografia in diversi modi: la voglia di rappresentare l'indole umana spogliata di tutte le maschere e le apparenze (rappresentate dalla casa e dall'arredamento); un modo per raffigurare il tipico paesino in cui tutti sanno tutto di tutti e, dunque, ciò che ciascuno fa in casa propria è quasi di dominio pubblico; un espediente giustificato dall'utilizzo di un narratore onnisciente, che racconta la storia dall'esterno conoscendo già tutti i fatti e quindi con la possibilità di vedere anche attraverso le pareti. In questo modo lo spettatore è partecipe della sua visione a 360° e può analizzare meglio il contenuto della storia.
L'ultima sequenza del cane, unico superstite dell'incendio, che "prende vita" (anche del cane era disegnata per terra solo la sagoma), mi fa pensare ad una possibile considerazione amara (e allo stesso tempo ironica) e paradossale di Von Trier: il cane (e gli animali più in generale) è moralmente superiore all'uomo perchè non essendo dotato di ragione, nè di coscienza e quindi non discernendo il bene dal male, non può compiere nè l'uno nè l'altro (non si fa del bene con la pura esteriorità, ma anche con una compartecipazione interiore) mentre l'uomo è capace solo del secondo. In sostanza il cane rimane disegnato per tutto il tempo perchè passivo alle azioni che si stavano svolgendo e prende vita solo quando esse si sono compiute ed esaurite. Inoltre, ironia della sorte, il cane era stato l'unico ad aver subito in qualche modo un danno da Grace (la quale all'inizio dice di avegli rubato un osso) e tuttavia l'unico a non averle fatto alcun tipo di violenza.
Insomma un film altamente pessimistico e forse uno dei più cattivi e spietati di tutti i tempi. Primo capitolo di una trilogia non completa. Chissà Manderlay...
Grace si trova un giorno a Dogville piena di aspettative e fiduciosa nell'umanità, e continua a perdonare i suo abitanti nonostante, più si scava in profondità, e più le persone rivelano la putredine dei loro animi: Dogville è una città solo apparentemente senza lati oscuri e senza segreti. Grace/Cristo si confronta con il padre, il Dio del Vecchio Testamento, e si arrende all'evidenza: la malvagità è inculcata nelle persone, e non gli viene semplicemente instillata dall'esterno. La purificazione può coincidere solo con l'ecatombe. Il messaggio cristiano è stravolto, ed è intriso di pessimismo. Ben motivato, si potrebbe aggiungere.. L'idea di eliminare quasi del tutto l'elemento ambientale è una trovata riuscita, e amplifica l'impressione che ci si trovi di fronte ad un opera metaforica e didascalica. Inoltre getta una luce impietosa sulle azioni delle persone, e volutamente non offre alcun appiglio di giustificazione alle loro azioni, facendo apparire il sacrificio finale come realmente liberatorio e purificatore. Sebbene a volte la recitazione appaia un pò artificiosa, il film riesce comunque ad emozionare, grazie ad una voce narrante che non risulta ridondante, bensì aumenta l'effetto drammatico proprio nel suo tono scarno. Bella prova davvero..
Inizio il commento con una frase biblica: non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere. Gli abitanti di Dogville fanno finta di non vedere ciò che stanno facendo alla ragazza, addirittura tenendo fra di loro uno stupido atteggiamento ipocrita, come se tentassero di autoconvincere se stessi e gli altri di essere nel giusto. La ragazza fa finta di non vedere la pochezza di queste persone, il discorso finale nella macchina lo rivela in pieno nell'incontro della ragazza con quello che è secondo me l'alterego del regista. Un idea azzeccata è stata ricostruire il paese in una mappa anzichè dal vivo. Oltre che a focalizzare l'attenzione fra i rapporti interpersonali, rende benissimo l'idea del paesino dove tutti sanno tutto di tutti ma nessuno dice nulla..
La sequenza del primo stupro in effetti è resa ancor più forte (mi son piegato dal ridere) dalle inquadrature finali che mostrano tutti indaffarati e indifferenti ad una situazione che potrebbero vedere se solo lo volessero, quei muri sono invisibili in fin dei conti.
morali: siamo tutti un pò Grace quando ci facciamo calpestare da qualcuno non considerandolo alla pari con noi o concedendogli attenuanti, può essere un figlio, un datore di lavoro, una fidanzata ma anche una minoranza o un gruppo etnico. Salvo poi reagire solo dopo molte angherie con un comportamento spropositato rispetto alla singola occasione che lo ha fatto scattare. Subito dopo però mi è venuto in mente che siamo un pò tutti abitanti di dogville quando diamo a noi stessi dei diritti che agli altri non diamo, comportamento ancor più facile da attuare con chi è incapce di difendersi e che non scuote le coscienze se avanza piano piano come succede in questo film e se è in qualche modo giustificabile (serve una compensazione, così avviene nel settore dei trasporti..) Entrambi i comportamenti risultano autodistruttivi tant'è che nessuno di loro ne trae alla fine beneficio.
Unico neo il cambiamento di Grace, personaggio del tutto illogico, stereotipato e incapace di apprendere qualsiasi lezione (anche se dopotutto è un film incentrato sulla miopia) cambia repentinamente nel finale senza rimanere fedele a se stesso. Questo cambiamento stride, parecchio nel contesto della storia.
Straordinaria parabola sull’umanità. Lars Von Trier mette in scena una sorta di allegoria, volta a porre a nudo l’insopprimibile inclinazione dell’uomo alla prevaricazione e allo sfruttamento altrui, che si esplica soprattutto nei fenomeni da branco e, più in generale, nelle manifestazioni della collettività. La venuta al villaggio di “Dogville” di Grace, figura cristologica femminile incarnzazione –come suggerisce il nome stesso- della purezza e della grazia, destabilizza gli abitanti del luogo che, dapprima, si mostreranno sospettosi e scostanti nei suoi confronti; poi subdolamente amichevoli e, infine, si atteggeranno a veri e propri aguzzini, umiliando e calpestando il suo animo caritatevole e misericordioso. Così la dis-umanità da cui Grace era sfuggita si ritroverà irrimediabilmente in quello che avrebbe dovuto essere il suo luogo di riparo e protezione. Grace sperimenterà il tradimento in ciascuna delle persone con cui entrerà in rapporto, e in particolare con Tom/Giuda: colui che aveva fatto mostra di aiutarla, perché attratto dal suo spirito benigno, offrendo un amore che, di fatto, non c’è mai stato, rivelandosi proprio per questo più colpevole di tutti. Il villaggio di “Dogville” diventa, così, la rappresentazione di quel coacervo di infimi particolarismi e sentimenti (egoismo, invidia, sadismo, desiderio di sopraffazione ecc…) che coabitano nell’uomo e che si amplificano nelle (anguste) comunità, dove lo “straniero” è visto con diffidenza e circospezione. La bontà di Grace è destinata, dunque, a soggiacere sotto l’impeto infausto della nequizia collettiva, insensibile a qualsiasi manifestazione di benevolenza e misericordia che, anzi, non fa che accrescere e alimentare la disumanità della comunità. Il messaggio di Cristo fondato sul perdono viene, pertanto, neutralizzato e nell’incontro tra Grace e suo Padre –sorta di personificazione di Dio- viene addirittura ribaltato. Grace verrà “illuminata dalle parole di questi, e così al perdono si sostituirà la punizione come unico strumento necessario per governare e controllare gli uomini e le loro innate tensioni disgregatrici. A questo punto la passività caritatevole della “straniera” si trasmuterà in un efferato impulso vendicativo che non risparmierà nessuno, perche nessuno è degno di assoluzione. Ottima l’idea di una “mise-en-scene” metateatrale, in cui gli spazi non sono delimitati da mura e strutture materiali, bensì da barriere ideali erette dalle condotte esiziali e nefande degli abitanti di “Dogville”. Una menzione particolare va, infine, alla voce fuori campo nella versione italiana (Giorgio Albertazzi), che personalmente ho trovato incantevole.
Questo film o si ama o non si sopporta. Io appartengo al primo gruppo. Magnifico e ababgliante bianco e nero, inquadrature teatrali e psicologia fine a rappresentare tutti noi. Geniale coraggiosa opera d'arte.
“Dogville” è in tutto e per tutto prodotto dal genio di Lars Von Trier. Scrittore del soggetto e della relativa sceneggiatura nonché operatore di camera, il regista danese ha basato il film su una evidente impronta essenziale e minimalista. Un prodotto davvero atipico nella sua struttura narrativa e caratterizzato da scelte sceniche davvero particolari. La città di Dogville è in realtà una piattaforma teatrale dove emerge il tema della denuncia, la cattiveria primitiva radicata nell’animo umano pronto a ricattare indistintamente anche chi ha mostrato sentimenti di onestà e correttezza. Di sicuro non il solito film, per questo la sua visione va affrontata con spirito critico ma privo di pregiudizi. Un’esperienza cinematografica che difficilmente potrà ripetersi.
Il film è certamente molto originale, quantomeno per la ricostruzione fatta della cittadina. Ad onor del vero, devo dire che i primi due capitoli non mi hanno suscitato molto entusiasmo. Fortunatamente, il film comincia a salire di quota subito dopo e alla fine mi ha lasciato proprio soddisfatto. Forse sarò un cinico senza morale, ma quanto ho goduto nel finale, lo so solo io.... In conclusione Dogville è un film che può risultare un po' lento all'inizio, ma poi lascia il segno. Consiglio la visione.
Miscelare i seguenti ingredienti: un'ottima Nicole Kidman, un'ambientazione unica, la cattiveria delle persone, la vendetta finale. Il risultato è un film imperdibile.
Un film meravigliosamente cinico, forse fin troppo. La sperimentazione di Von Trier è accattivante, ma nello stesso tempo un punto debole, si allontana eccessivamente dalla vera natura del cinema. A tratti geniale e a tratti ingenuo, mi ha lasciato piuttosto perplesso. Comunque un film da vedere.
quanto odio la mia ex quando dice che sto film è una m.erda!poi non l'aveva nemmeno finito di guardare...grrr...che rabbia sentire il giudizio di una persona quando non ha nemmeno tutte le carte in regola per criticare.chiudendo questa parentesi,adoro questo film..primo capitolo della trilogia(ancora inconclusa)"america,terra delle opportunità".quando lo vidi per la prima volta mi lasciò di stucco perchè non mi aspettavo un'ambientazione del genere,molto piena di pathos teatrale..la seconda volta mi fece capire tutti i frammenti poetici e metaforici che non avevo assimilato completamente nella prima visione..e nella terza "proiezione" me ne innamorai incredibilmente!nicole kidman l'ho trovata perfetta,forse in una delle sue migliori interpretazioni..con un una colonna sonora particolarmente azzeccata!il regista lars von trier(sottovalutatissimo dalla grande massa),crea qualcosa di veramente ambizioso,una rappresentazione cruda e schietta della nostra società e delle contraddizioni paradossali dell'essere umano(profanatore).da vedere tutto d'un fiato!unico nel suo genere..mette un pò di tristezza perchè ti fa rendere veramente conto in che mondo viviamo oggi.eh già,siamo tutti dei potenziali "cittadini di dogville",non solo gli americani(nonostante questo lungometraggio sia stato dedicato esplicitamente a loro).
Altro film che avevo già commentato... Nonostante i ritmi blandi, è un film che ti appassiona e non vedi l'ora di vedere come va a finire. Bello l'inizio (inquadratura dall'alto della cittadina per poi addentrarsi nelle vie) così come il finale (sceneggiatura), ma in generale è piacevole tutta la pellicola. Nicole Kidman probabilmente nella sua migliore interpretazione!
Un film che non lascia spazio a immaginazione, per quanto è totalmente al di fuori degli schemi, fra inquadrature scattanti senza comunque mai muovere la macchina al di fuori della cittadina di Dogville. solo per intenditori :D!
Grace, anima pura, arriva all’inferno. Una comunità di uomini che la accoglie solo per sottoporla al solito trattamento Von Trier: martirio, umiliazione con i quattro cavalieri dell’apocalisse: paura, lussuria, avidità, invidia a spartirsi il campo di battaglia. Ma stavolta non suonano le campane della beatificazione; Grace diventa un angelo sterminatore negando ogni valoreall’umanità (siamo a Dogville). Il cattolico danese conclude il discorso iniziato con Le onde del destino. Un dramma universale di rara perfezione. Sublime
Sinceramente l'idea potrebbe apparire innovativa e provocatoria, e sicuramente nellla sua idea di fondo il film o opera teatrale(che credo gli si addica di più) è riuscito, ma sinceramente mi ha annoiato tantissimo, non mi ha coinvolto e mi è sembrato per l'intera durata(che non è poca) di essere a teatro, mentre io volevo esser al cinema. Forse non sono io in grado di capirlo, il 5 è una media tra l'8 della storia e il 2 della scelta cinematografica.
Film che alla fine lascia l'amaro in bocca. Geniale rappresentazione della cittadina con il nastro adesivo, metafora della trasparenza della vita nei paesini. Kidman fantastica
Il sogno di ogni regista, la macchina da presa come l'occhio dei cieli in grado di controllare tutto quanto. Difficile valutare in questo sito un qualcosa di cinematografia incompleta, ho impiegato qualche minuto per smaltire la delusione di una banale quanto geniale messa in scena di un regista che non conoscevo minimamente. E' strano come questo film, che potrebbe benissimo essere un invito, un inno all'immaginazione, forse anche per questo c'è un continuo utilizzo esagerato della mdp a spalla, proprio come se ci fosse come precedenza su tutto, la volontà del regista di metterci costantemente dentro l'azione, dentro il film, dicevo, in realtà non mi abbia fatto immaginare nulla, non un oggetto scenografico in più, non la tonalità di un colore rispetto ad un altra del prato, non il colore del cielo, non la razza del cane, niente. Con questo film Trier ha fatto qualcosa in più di Welles (non oso paragonare i due registi intendiamoci) con la sua profondità di campo, dando drammaticità focalizzando due piani diversi attraverso una finestra, qui lo fa addirittura tra un esterno ed un interno che a noi dovrebbe apparire ignoto, non dovrebbe apparire affatto. Stupefacente la sceneggiatura e i dialoghi, praticamente tre ore di filosofia, saggezza, sinestesie, ossimori, allegorie ed incredibilmente senza mai o quasi cadere in un minimo di retorica, il tutto raccontato da un'incredibile timbrica e cadenza verbale del narratore, a tratti emozionante, per il resto coinvolgente. Dogville, una cittadina topografata, spoglia come la morale di tutti gli appartenenti di questa comunità. Ottima interpretazione della Kidman,ottime le interpretazioni di tutti,incisive perchè ottimamente dirette. Cadrò in contraddizione con un mio precedente commento ma il finale mi ha entusiasmato e soddisfatto.
Una volta non basterebbe, due o tre visioni sarebbero l’ideale per cogliere ogni particolare, ogni collegamento, ogni cambiamento nel film, non ci sarebbe da perdere neanche una parola che i personaggi dicono. Dogville è un film assolutamente rivoluzionario, la scenografia è assente per mettere a nudo gli atteggiamenti delle persone (anche se mi viene da pensare che Von Trier cerchi in tutti i modi di sembrare geniale), la storia è raccontata da un narratore e la denuncia è diretta anche se non proprio chiara: molti dicono che il regista voglia denunciare l’America, ma secondo me lui denuncia l’uomo in generale, la meschinità, la violenza, l’egoismo e ogni altriqualsiasi peccato umano. Infatti la visione è spiazzante e stimolante nella riflessione. Un finale che non mi sarei aspettato:
Lei cambia improvvisamente pensiero sulla cittadina e così sceglie di diventare un gangster come suo padre, anche se un minuto fa disse a suo padre che non voleva tornare a casa. Probabilmente una scelta un po’ forzata, ma assolutamente chiara nel dimostrare che tutti gli uomini, nessuno escluso e quindi anche i più “buoni”, sono violenti e con voglia di vendetta. In un altro senso però mi viene da pensare che Von Trier abbia voluto forzatamente stupire lo spettatore, facendo in modo che ogni cittadino venga ucciso, anche i bambini. Un po’ troppo.
Del resto questa volta non posso essere pienamente d’accordo col regista, io infatti sono contro ogni tipo di violenza e ho trovato un po’ eccessiva la denuncia nel film; in ogni caso non posso votare il film giudicando l’opinione altrui confrontandola con la mia, piuttosto dico che il regista ha mostrato alla perfezione quello che voleva dimostrare perciò metto un bel voto. E non ho dimenticato che sebbene Dogville duri tre ore non mi sono mai stancato. Generalmente io preferisco Dancer In The Dark, ma un bell’8 se lo merita contando tutti questi particolari.
è un buon film o un'opera teatrale? Sicuramente di impatto, forse un po' lungo ma comunque efficacissimo nel sovvertire gradualmente il nostro giudizio iniziale nei confronti della comunità di persone...
Cinico e originale,spiazzante e provocatorio,crudele e metaforico,geniale e suggestivo,opera sperimentale al 100 % in pieno Von Trier style....primo episodio di una trilogia dedicata all'america,Dogville e'una fusione diabolica tra cinema,teatro e letteratura,per un film da amare o detestare senza compromessi...questa d'altronde e'un po la storia del regista danese,personaggio "scomodo" caratterizzato da un narcisistico bisogno di stupire. Attraverso il consueto uso della macchina a spalla e un set cinematografico concepito come un teatro di posa,Von Trier racconta quelle due o tre contraddizioni tipiche della societa'americana,scavando attraverso una piccola provincia degli anni 30,destabilizzata dall'arrivo di un "angelo sterminatore"....tutti i personaggi sembrano muoversi su un piccolo tabellone di un gioco da tavola,e quella che all'inizio sembra una storia priva di sbocchi,si trasforma ben presto in un'odissea drammatica e claustrofobica,in cui lo spettatore non puo'far altro che sprofondare con quel senso di rabbia constante e a tratti insostenibile. Tutto sembra quadrare alla perfezione,ma il film non manca di punti morti con quei 165 minuti secondo me eccessivi...magari una sforbiciatina non avrebbe guastato.Ottima l'interpretazione della Kidman impegnata forse in uno dei ruoli piu'difficli della sua carriera,stupendo Ben Gazzarra nei panni del cieco del paese,da antologia il duetto finale con la presenza di un pezzo da novanta come James Caan.
i primi minuti sono caratterizzati dalla attenzione vesro le scenografie, forse grezze, ma senza dubbio originali, all'inizio possono far storcere il naso, mka ci si abitua subito. La prima parte, caratterizzata dalla ipocrisia del buon costume, dalla falsa morale, la seconda dall'animo mescino dell'uomno che si approfitta della fragilità di una persona indifesa.il finale....
La fine è il momento più importante, l'indole di Grace, pronta a giustificare tutti, considerate le condizioni e la natura degli abitanti, si scontra con un giudizio più qualitativo: va bene giustificare...ma sono stati abbastanza bravi? La risposta è ed il verdetto è spietato (memorabile il "falli fuori tutti"). Il cane sarà l'unico a sopravvivere, considerata la sua natura non aveva fatto niente di "abbastanza cattivo". Qualche dubbio su Tom, simbolo si della falsa morale, ma come non giustificare la rabbia con il "tutti hanno avuto il tuo copro ed io no?" traditore e personagio debole si, ma forse meritava un'altra punizione rispetto agli altri (in raltà ognuno avrebbe meritato una punizione ad personam, ma il film sarebbe andato avanti per un'altra mezz'ora).
Un gran film, intenso, che offre numerosi spunti di riflessione e di indagine. Stimoli ambientali quasi del tutto assenti grazie all'eccellente trovata della non-scenografia: in Dogville, piccolo micromondo e riflesso della società, è il comportamento umano ad essere messo a nudo. Comportamento come determinante degli eventi, e non viceversa. E ancor prima del comportamento, viene la natura umana, sfruttatrice ed egoista, brutale e ipocrita. Decisamente interessante è l'analisi del comportamento sessuale, privato di ogni minima componente che lo riconduca al sentimento. Riflessione che passa maggiormente mediante l'eccellente ritratto di Tom e della propria condotta: sibillina fin dall'inizio, si arrampica su ideali e sovrastrutture di ordine morale del tutto carenti, che si sgretolano all'ennesimo rifiuto di appagamento di un sentimento forse davvero ritenuto tale (inconsciamente?) ma del quale non è proprio capace. Sotto la maschera, non è minimamente distinguibile da tutti gli altri, è esattamente come loro. E' l'emblema di una natura mistificatrice in grado di camuffare i (presunti) reali, edonistici intenti. E in tutto ciò come si colloca la figura di Grace? sicuramente per mio conto è troppo stilizzata, troppo identificabile con simbologie religiose (che aborro). Il finale è bello e spiazzante, ma non segue un'elaborazione completamente convincente. E' anche opportuno sottolineare che dopotutto sto commentando l'edizione italiana decurtata, che non aiuta in tal senso. Permangono diversi interrogativi proprio sulla autoriduzione (?) etica che la protagonista compie dal pulpito della sua presunta 'arroganza' (parole usate per lei da...-spoiler!- che le spiattella il proprio ritratto) e sul valore di tale scelta ai fini di una riflessione più allargata, in senso sociale. Comunque brava la Kidman e tutto il cast, anche se la Bacall sarebbe potuta essere impiegata in un ruolo di maggior spicco (così come la Andersson).
Una parabola cinematrografica, questo mi è sembrato in fin dei conti il film di Lars von Trier. Un parallelo che mi è venuto in mente è la storia della città di Gomorra, come è raccontata nell’Antico Testamento. Si tratta quindi di una storia scritta apposta per dimostrare alcune tesi e non si fa mistero che è in sostanza qualcosa di “costruito” e non di realistico. La messa in scena “teatrale” toglie qualsiasi considerazione storica o ambientale per concentrare l’attenzione non sulle cose ma sulle persone e il loro comportamento. Alla fine però la mancanza di scenografia finisce per diventare LA scenografia; in altre parole il niente, il vuoto, la dura essenzialità senza colore o decorazione è il mondo che determina le persone che ci vivono, le quali non riescono o non vogliono cambiarlo. Anche la voce fuori campo dà la sensazione di storia costruita, per estraniare lo spettatore da quello che vede. Viene ritratto un ambiente tipizzato con tanti personaggi esemplari, con i loro apparenti pregi ma soprattutto con i tanti difetti, fra cui il conformismo, l’opportunismo e l’ipocrisia. Queste caratteristiche rimarranno immutate dall’inizio alla fine. In questo che è il simbolo estremizzato delle società chiuse, giunge Grace, un “ospite” (così sarà sempre sentito), una specie di “dono”, come se l’era immaginato il personaggio di Tom che simboleggia il falso idealista, la presunta guida morale della comunità. Grace è invece moralmente il loro contrario: altruista, sincera, disponibile. Anche lei però possiede queste proprietà al grado estremo senza una mediazione intermedia. E’ portata perciò a essere debole, troppo indulgente e remissiva. La storia prosegue quindi con un fare paradigmatico. All’inizio scatta l’aspetto formale delle belle maniere che si devono ad un ospite. Che il comportamento sia formale lo dimostra il fatto che nessuno si tira indietro rispetto ad un eventuale utilizzo pratico di questo nuovo venuto. Lei cerca comunque di ingentilire e migliorare la comunità, fino a che non intervengono fatti materiali che indeboliscono la sua posizione e che la rendono ricattabile. Ecco quindi che l’occasione fa l’uomo opportunista e piano piano esce fuori la vera natura della gente della comunità, la quale tende a considerare le persone non della propria comunità (soprattutto quelle più deboli e indifese) come degli oggetti a proprio uso e consumo egoistico. Allo sfruttamento materiale ci si aggiunge poi anche il disprezzo e la cattiveria. Il parallelo con la società attuale è fin troppo chiaro. Siamo noi con le nostre mani che creiamo una schiera di gente sfruttata, vittima del nostro opportunismo e egoismo e per di più disprezzata e perseguitata. Il finale è ironico e premonitore allo stesso tempo. Ironico perché la comunità viene giudicata con lo stesso metro dell’ideologia che professa, cioè quella senza pietà dell’Antico Testamento, la quale le si ritorce contro; premonitore perché avverte che la fine di una società del genere non può essere che violenta. Le immagini di povertà e emarginazione che scorrono sotto i titoli di coda avvalora il senso di avvertimento politico che è contenuto nel finale (attenti a possibili violente rivoluzioni o attentati). Ovviamente la realtà è più varia e complessa del modello proposto nella storia, ma le idee espresse non sono da prendere sotto gamba. Altri agganci li ho trovati con l’opera di Bunuel. Come Viridiana, Grace si rende conto dell’impossibilità e dell’inutilità della bontà pura. Bisogna anche essere un po’ cattivi delle volte. La bontà si dà solo a chi se la merita.
Che dire, questo regista io lo adoro. I suoi film ti fanno veramente riflettere è questo forse a tanti fa paura. A volte sono lenti, a volte sono pesanti, ma sono assolutamente geniali. Il finale forse sarà stato troppo a favore del pubblico, che voleva che accadesse solo quello che è successo, ma personalmente mi ha placato, perchè questo film ti tira fuori una rabbia incredibile. La meschinità della gente purtroppo non ha limiti. Per quanto riguarda la durata del film, non sarà da puristi, ma io se un film è troppo lento, lo guardo in due volte. Non si perde di attenzione e soprattutto lo si apprezza molto di più, perchè si colgono molti particolari che in un film di 3 ore, volutamente lento, andrebbero persi. Solo al cinema si riescono ad apprezzare certi tipi di film altrimenti.
"Dogville" è un film insolito, atroce. Insolito perchè è ambientato su un palco, in un teatro di posa. Volutamente Lars Von Trier non presenta una cittadina specifica, collocata nello spazio perchè vuole raccontare la storia di tutti. La vita così come la conosciamo, la vita che quasi sempre facciamo finta di non vedere. Atroce perchè tremendamente vero. Potrei esaurire tutti i caratteri che ho a disposizione per scrivere questa recensione eppure non riuscirei,( credetemi sulla parola!)a spiegare "Dogville" a nessuno di voi. E' un 'esperienza personale, intima. E' un film che bisognerebbe guardare da soli: per riflettere, indignarsi e anche piangere, se necessario, senza avere il timore che qualcuno ci giudichi se decidiamo di farlo. Non potete neanche lontanamente immaginare quali reazioni susciterà in voi fino a quando non vi troverete da soli, davanti allo schermo. Soli e senza difese, proprio come quando ci si guarda dentro. "Dogville" è in tutti noi e non possiamo negarlo, fa parte di una vita che conosciamo dal momento in cui siamo nati. E' un paese come ce ne sono tanti, ma è soprattutto un "paese dell'anima", un'anima meschina, sporca , gretta, ottusa, spietata. La chiave di volta del film è come direbbe Tom( Paul Bettany)"l'argomentazione", ovvero l'accettazione. Peccando di presunzione e superbia(e di peccati i questo film ce ne sono tanti),Tom approfitta dell'arrivo in città della bella e affascinante Grace (Nicole Kidman), in fuga da un gruppo di gangster,per insegnare ai compaesani l'arte dell' accettare chi è, in un certo senso, diverso da loro. All'inizio viene accolta con riluttanza e paura, poi col tempo gli abitanti di Dogville cominciano ad approvare la sua presenza in città, affidandole mansioni tutt'altro che indispensabili, senza le quali avrebbero continuato a vivere come sempre.La sua vita procede "tranquilla" per un po', ma la minaccia della polizia che è sulle sue tracce scuote la monotonia della vita delle persone. Comincia quindi lo sfruttamento: più ore di lavoro, retribuzione più bassa.
Grace è costretta ad accettare a sua volta e suo malgrado i maltrattamenti, le umiliazioni e anche la violenza carnale prima da parte di Chuck, poi da quasi tutti gli uomini del paese. Le donne,gli uomini e perfino i bambini sentono il diritto di privarla della sua libertà e delle sue speranze, arrivando a legarla alla catena come un CANE.Prova più volte a scappare, ma gli abitanti non glielo permettono, forse perchè hanno bisogno di qualcuno su cui scaricare la loro rabbia, il loro risentimento, la loro invidia.Grace diventa il "capro".L'espiazione di Dogville. Sarà lo stesso Tom (innamorato di lei) a consegnarla alla polizia. L’uomo misterioso che la inseguiva, altri non era che suo padre, un killer. Al termine il film cambia faccia, Grace si rivela in tutta la sua arroganza, si erge a giudice e condanna chi ha abusato di lei. Ordina di uccidere. La sua ira non risparmia nessuno, tranne Mosè, il cane. L'unico che merita di vivere.
Bellissimo, dalla scenografia geniale agli interpreti ed alla regia perfetta, con la solita strepitosa Kidman. Il finale è catartico e liberatorio (ed estremanìmente appagante!). E, nonostante la durata, non risulta nemmeno troppo lento.
Non sono riuscito a finirlo di vedere e francamente questa corrente detta Dogma non solo non mi convince per niente ma la trovo PRETENZIOSA ed accademica.
Ora non entro nel merito del film che NON SO GIUDICARE perchè per me il cinema è un'altra cosa!
Per il resto c'è il teatro, questo stile cinematografico lo trovo un teatro di serie B per attori che hanno bisogno della sicurezza della registrazione. Valutare quest'opera con i criteri normali è sbagliato
QUESTO NON E' CINEMA e a prescindere da tutto a volte Von Trier è tremendamente noioso
bellissimo film,che spiega perfettamente la natura dell'essere umano in una maniera semplice ma al tempo stesso particolare.eccezionale anche l'ambientazione:l'assenza di scenografia fa apparire l'attività quotidiana dei cittadini ancora più morbosa ,infatti dà l'idea che le persone sappiano cosa sta accadendo nelle varie abitazioni ma si comportano come se nn lo sapessero...()inoltre nonostante duri tre ore,ti tiene incollato allo schermo e il tempo passa velocemente!
BELLISSIMO !! se non fosse ke dura quasi 3 ore ( e purtroppo il peso della durata si sente tutto ) meriterebbe senza dubbio un 10 pieno. Tralasciando la recitazione magistrale della kidman ( ke gia da sola vale il voto al film ) è innegabile ke von trier sia 1 vero e proprio genio ; la trovata di girare il film in poki metri quadrati adibiti a mo di teatro rende ankora + buia e triste la storia,narrata in modo impeccabile e splendida seppur a tratti prevedibile... Azzarderei 1 paragone con arancia meccanica....nel capolavoro di kubrik odiamo alex nella prima parte del film , poi siamo dispiaciuti qnd viene maltrattato ma alla fine proviamo 1 certa allegria qnd ritorna qll di prima a fine film...qui la questione è simile perkè alla fine troviamo 1 certa soddisfazione nel massacro finale ! IL discorso finale tra grace e suo padre è da antologia del cinema x non parlare di quella ke a mio parere è 1 delle scene + belle ke abbia mai visto ( spoiler )...FINALE DA BRIVIDI ! meriterebbe senza dubbio la top 25 dato ke è superiore ad almeno 5 film ke sono in top attualmente
IDILLIACA LA SCENA IN CUI GRACE COMANDA AGLI SCAGNOZZI DEL PADRE DI UCCIDERE I FIGLI DI ( MARTA? UFF NON RICORDO I NOMI :( ) 1 AD 1 FINO A KE LA DONNA NON SMETTA DI PIANGERE ... anke la scena finale del cane ke prende vita è qlks di favoloso!
era mezzanotte quando inizio a guardare il film, e con una stanchezza che si faceva abbastanza pesante pensai che l'avrei visto in almeno due volte visto la sua durata! poi vedo che il film è interamente girato in una mappa alla 'the sims' e inizio a pensare che invece di due volte me ne sarebbero servite almeno 3 o 4!! tutto ciò si rivela estremamente sbagliato: è proprio vero che spesso la prima impressione può portare a conclusioni errate! dogville parla di una donna che si ritrova in una piccolissima cittadina, composta da 15 adulti, un pò di marmocchi e un cane!! tutti sembrano persone disponibili, dolci e dai buoni sentimenti, mentre quella che non convince è Grace (la kidman)!! un film dove non si riesce a capire chi siano i cattivi e i buoni, forse sono proprio tutti cattivi; ma ogni scena è incredibilmente interessante e utile per arrivare ad un finale col botto! si, proprio il finale è quello che mi ha colpito maggiormente, dove per protagonista c'è un grandissimo caan che si addentra in un discorso tanto complesso quanto vero con la kidman! poi non dico più nulla, rischierei di rovinarvi la visione!! in conclusione questo per me è un vero e proprio CAPOLAVORO, ma per apprezzarlo bisogna avere un pò di pazienza, soprattutto durante la prima ora!
E' il terzo film del regista danese che vedo, e devo dire che mi comincia proprio a piacere. Dogville appare molto diverso dai film precedenti di Von Trier a causa anche della mancanza totale di una scenografia, anche se il tema principale non cambia: il sacrificio e la voglia di riscatto(assente in "Dancer in the dark" e "Le onde del destino"). La mancanza scenografica spinge lo spettatore a concentrarsi di più sulle interpretazioni, ottime a mio avviso, su di tutte quella di una stupenda Nicole Kidman. Dogville è un'opera lenta, difficile ma anche molto curata. Il motivo musicale che si ascolta durante la visione del film è particolarmente azzeccato. Con questo film Von Trier si lascia definitivamente il Dogma alle spalle. Alcuni lo considerano eccessivamente lungo...questione di punti di vista. Bellissimo.
Anche a detta di Tinto Brass, il manifesto “Dogma” di Trier ha senso soprattutto sul piano economico e finanziario, per promuovere la produzione di film a basso costo. A detta invece del Mereghetti, “Dogville” sarebbe una sorta di rinnegamento delle regole di tale manifesto, poiché la parsimonia nella scenografia e nel parco luci, nonché la macchina da presa sempre in mano e traballante, non è più funzionale al proclama d’un cinema realista. Eppure c’è realismo e realismo, quello formale e quello contenutistico. E in “Dogville” il secondo raggiunge un vertice inedito nell’opera del regista grazie proprio all’adozione d’una modalità di rappresentazione quanto mai astratta e antinaturalistica. Per quasi tutti i 178 minuti del film ci viene fatto credere d’assistere all’ennesima apologia dell’eroina martire e vittima sacrificale, ma gli ultimi 10 minuti inducono uno scossone tremendo, imprevisto e potentemente salutare. La gratuità apparente d’una scenografia solo abbozzata da linee bianche e dal minimo sindacale di oggetti di scena diventa improvvisamente sensata già durante la sequenza in cui la protagonista viene violentata letteralmente sotto gli occhi di tutti, sotto il silenzioso assenso dell’intera micro-popolazione. Un campo totale ci mostra dal di dietro il rimbalzo dello scroto dello stupratore nell’indifferenza di ogni singolo abitante. È una chiamata di correità universale: davvero esiste anche solo uno di noi che non sia responsabile del male che infuria per ogni angolo del nostro mondo? Tuttavia fin lì i carnefici hanno vita facile a causa della masochistica disponibilità del personaggio recitato dalla Kidman: il suo patologico concetto di purezza rende possibile e attuabile ogni forma di sadismo ai suoi danni, cioè diventa accondiscendenza, vulnerabilità disponibile a qualsiasi sopruso. Ma il colpo d’ala finale del film consiste proprio in questa presa di coscienza: una Grazia (“Grace”) senza Giustizia è immorale, perversa e maligna tanto quanto il reciproco. Lei se ne rende conto in un attimo, nel lampo d’un cambio di luce. Intuizione degna d’un Monet: un solo istante di diversa illuminazione e cambia l''intera prospettiva esistenziale. La violenza indotta dall’insano rifiuto della legittima difesa provoca effetti devastanti identici allo sterminio nudo e crudo. Un *****tto alla bocca dello stomaco per farci riflettere sulla distanza siderale che ancora ci separa dalla quadratura del cerchio fra i due poli della moralità. Tesi ineccepibile, ma 178 minuti per enunciarla sono insostenibilmente eccessivi.
Affascinante film di Von Trier..trama molto bella e accattivante..fascinosa e intrigante sino all'epilogo finale. Purtroppo però lo stile teatrale della sceneggiatura non m'è piaciuto granchè..anche se alla fine com'è stato detto si finisce per abituarsi anche a quella. Ottima interpretazione di una splendida (e sempre bellissima) Nicole Kidman.
Assurdo. La totale mancanza di ambientazione all'inizio spiazza tantissimo ma a poco a poco ce ne scordiamo, per poi ricordarcene ogni volta che sentiamo sbattere una porta che non c'è, e per tornare prepotentemente in primo piano verso il finale. Angosciante come pochi altri film. Certo difficile, ma sicuramente un gran film.
Forse è il film più bello che ho visto. è stato un pò di tempo fa ma oggi mi è venuta voglia di votarlo. Tutto è particolare, geniale. La scenografia richiamamolto al teatro sperimentale. Gli attori sono eccezionali e tutta la narrazione cresce di intensità e violenza con il passare dei minuti. C'è un forte processo di identificazione nella protagonista e alla fine del film non si può che uscire dal cinema con una senzazione di odio per tutta l'umanità e l'atto finale ripaga del senso di frustrazione che pervade tutto il racconto. Non sono se sono riuscito a spiegarlo ma è un film che va assolutamente visto perchè in giro non c'ènulla di simile.
il primo film che ho visto di lars von trier , un film molto particolare con un atmosfera teatrale del tutto diversa rispetto ad altri film, nn male ,anzi bella la storia, ma lo stile nn mi ha entusiasmato visto che io nn amo piu di tanto l ambito teatrale. bravissima la kidman
la storia è eccezzionale =10 Kidman da sballo =10 ATTORI =9 Ma il resto è da 2: Scenografia 2, paesaggio 2, il teatro non lo si vede al cinema......... PECCATO ERA UN CAPOLAVORO SE FOSSE STATO GIRATO NELLA REALTA'
Un'altra toccante storia sulla bruttura dell'uomo, nuovamente ambientato nell'america mai visitata di Lars Von Trier. Lo sperimentalismo estremo - che seguita ad essere la cifra del regista danese - non sminuisce la partecipazione emotiva a questa vicenda di vittime e carnefici. Uno dei migliori film del bravissimo ed antipaticissimo regista danese.
Questo film mi ha scioccato..mi sono dovuto sforzare per la prima mezz'ora..ma a poco a poco ho cominciato a galleggiare all'interno di questa storia fino a quando, stupito, mi sono accorto che mi era piaciuto pure.. La cosa paradossale è che alla fine la figura più " umana " sembra apparire il gangster padre della bella nicole.. ed anche se non mi piace assolutamente la morale che penso potrebbe derivarne, non posso che ammettere la genialità di questo regista che dal nulla riesce a costruire un qualcosa e a far si che i protagonisti si dissolvano ancora più della quasi inesistente scenografia.
Curiosa l'idea della scenografia anche se il senso non mi è proprio chiarissimo, ma il cane e i cespugli disegnati per terra col gessetto sono veramente da ricovero... Riguardo al film la prima metà non mi è dispiaciuta e, sembrerà strano, non l'ho trovato così noioso... la seconda metà però è veramente ridicola e senza senso, poteva essere svilupata senza tutte quelle esagerazioni nella storia.
Sapete che me l'ero detto? "Adesso tanto per gradire se ne esce dalla macchina e dice ai gangster di sterminarli tutti a mitragliate, così, tanto per rendere il film più divertente" e mi sono messo a ridere pregustando una scena che non avrei mai visto. Poi è successo e ho riso più forte, per poi cadere subito nella mestizia di un finale così osceno...
all'inizio pensi che sia una presa per i fondelli... poi ti accorgi che Von Trier stà facendo sul serio... tremendamente sul serio... il finale è un pugno nello stomaco
film molto discusso alla sua uscita, certo pretenzioso ma originale nella sua dichiarata teatralità ed afisicità dello spazio, a me è piaciuto molto, così come l'interpretazione della protagonista, che non è certo una delle mie attrici preferite
dogville è un film sconcertante e meraviglioso allo stesso tempo. credo che sia uno di quei film che o ami o odi, almeno tra i miei amici mi sono accorta che è così: o l'hanno detestato o l'hanno adorato. non è un film facile di certo da seguire, soprattutto per l'assenza totale di ambientazione che può disorientare all'inizio. più si va avanti nella visione del film più aumenta la sensazione di angoscia per la crudeltà degli abitanti di quel piccolo paesino. un finale shockante e inaspettato, che però si dimostra essere il finale migliore per questo film, che una volta visto è impossibile dimenticare.
Forse il film più crudo che abbia visto fin'ora. In confronto Arnacia meccanica, natural born killers sono i puffi senza gargamella. Geniale è dir poco, cresce con un intensità sempre più avvolgente fino all'apoteosi finale.
uno dei pochi casi in cui prima ho "gioito" della vendetta e poi ho cercato di riflettere razionalmente se era giusto o meno, e cosa avrei fatto o voluto mostrare. Credo che la trovata dell'assenza-presenza dei muri sia allucinante per il grado di tensione che noi proviamo: lei che viene violentata in un luogo che è aperto ma nessuno può o vuole vedere. Uno che salvi Sodoma e Gomorra nemmeno a trovarlo in Dogville...